Rivista Anarchica Online


attenzione sociale


a cura di Felice Accame


L'implicazione
stretta



1. Leggendo un romanzo di Hans Tuzzi, La morte segue i magi (Boringhieri, Torino 2009), proprio all'incipit, il lettore è chiamato a metterci subito del suo per comprendere quello che gli si rivelerà come il rimuginamento pensieroso – o il “monologo interiore” – del personaggio femminile. È in aereo, sta volando verso l'annuale Fiera del Libro di Francoforte e, nell'inattività forzata, si ritrova a fare i conti con ampi margini di insoddisfazione sempre meno latente. Fra questi, sondando la sua vita affettiva, emerge anche una constatazione, fastidiosa ma fino a quel momento ancora rintuzzabile: “sì, d'accordo, lei e Norberto non erano sposati; e allora?”.

2. L'estate scorsa, al mare, rientrando da una lunga passeggiata, mi cade l'occhio su due ragazzine giovani-giovani che stanno fumandosi una sigaretta con quella ostentazione e quella artefatta disinvoltura con cui, di solito, fumano i neofiti di questa pratica sociale. Una delle due, la più grandicella – rossetto sulle labbra, trucco vistoso – indossa una maglietta bianca su cui spicca, in nero, la scritta: “Sono stronza E allora?”.
Il giorno dopo, in una vetrina, ne vedo la fonte. La maglietta – proprio la stessa – è lì su un manichino, che, intanto – nel proporla come modello di comportamenti per genere e specie –, ne annuncia la riproduzione in serie.

3. All'incirca un mese dopo, in una tabaccheria di Milano, chiudo l'argomento. Tre occorrenze fanno una legge. Sto guardando la ricca offerta di accendini a buon mercato: a colori, con immagini accattivanti, perlopiù maschilisti, con scritte più e meno spiritose di cui una, in particolare, pretende tutta la mia attenzione. Come facessi una scoperta e, al contempo, mi si confermasse una tesi. Su un accendino stava scritto: “Non so cucinare: e allora?”

4. Nella storia della logica – una storia che vien fatta cominciare dagli Analitici Primi di Aristotele – compare in varie forme il concetto di “implicazione stretta”. Detto alla svelta, si può dire che tale concetto si riferisce a soluzioni argomentative del tipo: “Se la proposizione p è vera, allora è vera anche la proposizione q”, “non è possibile che sia vera l'una e falsa l'altra”. Come tale, nella forma del “se... allora” compare nel nostro frasario quotidiano: “se piove, (allora) porto l'ombrello”, “se c'è il sole, (allora) vado al mare”, ecc.

5. Nei tre casi precedenti, però, l'implicazione stretta è monca, un segmento dell'argomentazione manca e si richiede all'interlocutore (lettore, ascoltatore) un suo personale intervento attivo. “E allora?” dopo l'asserzione che “io e Norberto non siamo sposati” presuppone che “ci amiamo lo stesso” e che, dunque, l'asserzione non implica strettamente una seconda asserzione che altri, ma non lei, farebbe. “E allora?” dopo l'asserzione che lei “non sa cucinare” presuppone che “può essere o è una buona moglie o una buona compagna lo stesso” e che, dunque, l'asserzione non implica strettamente una seconda asserzione che altri, ma non lei, farebbe.
Non solo. Questo “e allora?” presuppone anche un tono, e un atteggiamento da cui farlo scaturire – una sorta di sfida, come a dire: il “mondo” dice che, se non siamo sposati, non possiamo essere una coppia felice, ma noi lo siamo ugualmente. Il “mondo” dice che, se non so cucinare, non posso essere una buona moglie o una buona compagna, ma io lo sono ugualmente. Alla faccia del “mondo”. Bene, da questo punto di vista si sarebbe tentati di apprezzare questa forma argomentativa come un atto di ribellione rispetto alle convenzioni sociali e al perbenismo; si sarebbe tentati di attestarne l'encomiabilità.

6. Tuttavia, ho l'impressione che nel caso della “stronza” le cose non stiano esattamente così. Cerco di spiegarmi. I casi della donna non sposata e della donna che non sa cucinare sono casi di mancata generalizzazione. Si parte da un particolare – un particolare che, perlopiù, implica uno stato di cose, ma si nega, per l'appunto, questo stato di cose. Ci si oppone. Nel caso della “stronza”, invece, si parte già da una generalizzazione e, dunque, lì si rimane – qualsiasi asserzione particolare si voglia negare (ce ne sarà senz'altro qualcuna nella mente di chi la pronuncia o di chi la fa propria) non potrà più, comunque, contraddire l'asserzione di ordine generale.

7. Senza contare che un attestato di autonomia di pensiero non lo posso trovare in boutique o in qualsivoglia altro mercato (tabaccherie incluse). Anzi, lì è proprio il contrario: una merce è prefabbricata rispetto a chi la compra e in nessun caso una prova dell'indipendenza di questi – non dico neppure della sua ribellione – mi può venire dall'averla semplicemente comprata.

Felice Accame

Post scriptum: A proposito di maschilismi. Per una volta guardiamo alle tasche proprie: chi ha detto che chi non sa cucinare sia una lei? In effetti non sta scritto da nessuna parte.

Nota
Hans Tuzzi è il nome di un personaggio di Musil ne L'uomo senza qualità. È stato scelto dal bibliologo Adriano Bon come pseudonimo per firmare la serie dei suoi gialli di ambientazione milanese il cui protagonista è, per l'appunto, il commissario Norberto Melis.