Rivista Anarchica Online


ai lettori

Una linguA, tante persecuzioni

La copertina e il dossier al centro di questo numero sono dedicati, come preannunciato, al romanés. Per quanto ci risulta (ma potremmo sbagliarci) si tratta del primo “manuale” di questo tipo, che dopo una prima parte di chiarimento metodologico e di ricostruzione dei “percorsi storici” della o delle lingue dei rom, fornisce appunto uno strumento pratico per poter iniziare a (cercare di) sostenere un primo colloquio con gli “zingari”.

Già, gli “zingari”. Metto la parola tra virgolette, perché l'uso di questo termine è da alcuni rifiutato perché esterno alla tradizione linguistica rom, anzi in qualche modo spregiativo. Si preferisce in questo caso definirli “rom e sinti”, ma correttamente alcuni aggiungono i camminanti. E neanche in questo caso si può esser certi di averli nominati tutti. Noi, a suo tempo, quando producemmo nel 2006 il 2DVD+libretto “A forza di essere vento” mettemmo come sottotitolo esplicativo “Lo sterminio nazista degli Zingari”, perché questo termine ci sembrava e ci sembra il più chiaro nell'indicare il popolo (o i popoli, il dibattito etno-storiografico è aperto) cui ci riferiamo.

Certo è che la nostra rivista da una ventina d'anni segue con particolare attenzione le vicende storiche e soprattutto attuali della “questione zingara”. Lo fa per la simpatia istintiva, prima ancora che meditata e programmatica, che nutriamo per tutti coloro – individui e gruppi – che stanno alla base della piramide sociale e ancor più sono invisi alle maggioranze per le loro caratteristiche peculiari, e per questo hanno subito e subiscono discriminazioni, esclusioni, persecuzioni: nel caso degli zingari, anche veri e propri tentativi di sterminio – dei quali quello nazi-fascista è stato certo il più sistematico e tragico, ma assolutamente non l'unico.
Non credo ci siano da spendere molte parole per spiegare perché noi anarchici si abbia questa attenzione e questa simpatia nei confronti dei rom e dei sinti. E uso la parola “simpatia“ proprio nell'accezione greca del termine, che appunto deriva da 'insieme' e 'patire', perché in qualche modo – pur nell'assoluta autonomia e diversità delle nostre storie – entrambi abbiamo patito e patiamo le conseguenze di ritrovarci “ai margini” e nel mirino del potere. È un discorso che facciamo con la massima circospezione, senza assolutamente voler creare parallelismi che non ci sono e non ci possono essere. Tantopiù che la nostra simpatia verso questo popolo si ferma, come con tutti i popoli, sulla soglia del diritti, delle e della libertà degli individui e dei gruppi, a partire da una concezione libertaria appunto e pluralista della società. Non coinvolge e non può coinvolgere i valori, le pratiche, le specificità – tra l'altro assai differenziati nel mondo che noi genericamente consideriamo “zingaro” – che anzi spesso ci trovano molto, molto critici.
In poche parole, siamo dalla parte degli zingari appunto quando questi sono vittime dell'ignoranza e del razzismo della gente e di politiche discriminatorie da parte dei governi. Così come siamo dalla parte dei cattolici quando questi vengono perseguitati in Pakistan o in Nigeria, o dei palestinesi di fronte a certe scelte dei governi israeliani, o degli ebrei quando sono vittime di quell'antiziganismo al quadrato che è da qualche millennio l'antisemitismo.

Ma torniamo al dossier realizzato da Angelo Arlati.
Al di là del suo valore “scientifico” e del suo essere concreto strumento per iniziare ad apprendere una lingua tanto viva quanto “nascosta” (come nascosti sono i campi-rom nelle periferie e accanto alle discariche delle nostre metropoli), è il suo valore simbolico che ci preme sottolineare: e che – ci auguriamo – sarà apprezzato e fatto proprio anche da quel piccolo ma importante settore della cosiddetta “società civile”, di matrice laica o religiosa, che non ha mai avuto paura di “sporcarsi le mani” con questo popolo che, non fosse altro che per il carico di sofferenze di cui è stato gravato da noi gagé nel corso di un millennio, merita attenzione e diritti. E anche questo piccolo manuale, per favorire un dialogo forse non impossibile.

Paolo Finzi