Rivista Anarchica Online


dossier America Latina. 5

L'isola delle vedove

Testo e foto di Emma Volonté


Nel Salvador è la principale causa di morte maschile. In Nicaragua miete più vittime di Aids e diabete insieme. L'insufficienza renale cronica e le responsabilità dei colossi dello zucchero.


A Carmen Ríos l'insufficienza renale cronica (IRC) ha portato via tre fratelli e il padre. Lavoravano tutti come braccianti nell'Ingenio San Antonio, uno zuccherificio di 40mila ettari che si trova nel municipio di Chichigalpa, nel nord ovest del Nicaragua. Lo zuccherificio è di proprietà della Nicaragua Sugar Estate Ltd, che fa parte del colosso economico nicaraguense Grupo Pellas. Dalle canne l'impresa ricava zucchero, etanolo e il prestigioso rum Flor de Caña, esportato anche in Italia.
Tutta la costa pacifica del Centroamerica è stata colpita dall'epidemia di IRC: nel Salvador, l'insufficienza renale cronica è la principale causa di morte fra gli uomini, mentre nella popolazione maschile nicaraguense ha fatto più vittime dell'Aids e il diabete messi insieme.
Nel municipio di Chichigalpa, circa 7mila dei 45mila abitanti si sono ammalati di IRC e i loro famigliari hanno creato l'associazione ANAIRC (Asociación Nicaraguense de Afectados por Insuficiencia Renal Crónica). Accusano il Grupo Pellas di essere responsabile della morte dei loro cari, tutti ex lavoratori dell'Ingenio San Antonio, e da tre anni si sono accampati in una zona centrale della capitale Managua per chiedere all'impresa di sedere a un tavolo di negoziazione. “Il Grupo Pellas dice di non avere nulla a che fare con le morti e che i suoi pesticidi, proibiti negli Stati Uniti, in Canada e nell'Unione Europea, non provocano nessuna malattia” – spiega Carmen Ríos, presidentessa di ANAIRC – “ANAIRC si è formata nel 2004 e l'anno seguente abbiamo marciato per tutti i 135 km che separano Chichigalpa da Managua. Dal 9 marzo 2009 stiamo occupando questa zona del centro della città e ci viviamo a turno. Chiediamo che il Grupo Pellas smetta di utilizzare i pesticidi che danneggiano la salute dei lavoratori e inquinano l'acqua che tutti beviamo, vogliamo che riforestino la zona e che siedano ad un tavolo di dialogo, per stabilire un indennizzo per le morti e i danni che provocano alla nostra salute. E vogliamo che la gente sappia cosa c'è dietro lo zucchero che consumano, dietro al rum che bevono o all'etanolo con cui riempiono i loro motori, devono sapere che qui in Nicaragua molte persone stanno morendo”.

Cartello di propaganda del governo sandinista
accanto alla pubblicità del rum Flor de Caña

Un destino già scritto

Il caso più grave di IRC è quello della comunità La Isla – cinicamente ribattezzata “La isla de las viudas”, l'isola delle vedove –, che si trova all'interno dell'Ingenio San Antonio. Nella comunità interamente circondata da campi di canna da zucchero, il 70% degli uomini e il 30% delle donne hanno riscontrato la malattia renale. Intere famiglie morte di lavoro, con tutti i problemi sociali e psicologici che una situazione di questo tipo può comportare: ragazzini che vivono pensando di morire presto e giovani spose che s'immaginano vedove, con figli e figlie da crescere. Questi dovranno poi affrontare gli stessi problemi: è un ciclo da cui è difficile uscire, perché nel municipio di Chichigalpa le alternative occupazionali sono ben poche.
“Nel 2006 la Banca Mondiale prestò denaro al Grupo Pellas per costruire la fabbrica di etanolo”, racconta Viola Cassetti de La Isla Foundation, una controversa fondazione che lavora a Chichigalpa. “I lavoratori presentarono un reclamo dicendo che l'utilizzo di alcuni pesticidi e la mancanza di protezioni adeguate stavano causando un'epidemia. La Banca Mondiale commissionò quindi uno studio sulla materia all'Università di Boston, che dopo quattro anni non ha ancora una risposta chiara, però ha pubblicato una relazione in cui afferma di non aver trovato nessuna connessione diretta tra i pesticidi e l'IRC, ma che non può nemmeno escluderla.
Le cause dell'epidemia possono quindi essere varie: si può trattare di contaminazione ambientale, ma possono influire anche fattori genetici. Un'altra ipotesi che è stata presa in considerazione è la disidratazione dovuta a caldo eccessivo: i braccianti perdono due litri di liquidi ogni ora, è un tipo di lavoro che si può paragonare a correre una maratona. Dovrebbero bere dieci litri di acqua al giorno e riposare 45 minuti ogni 15 di lavoro”.
Molti considerano semplicistica questa spiegazione. Secondo Martha Flores Recinos dell'Associazione Inti Pacha Mama di Managua, “Il calore è una caratteristica climatica del luogo, come di molti altri, non può essere la causa della malattia di tutte queste persone. A Chichigalpa l'acqua è contaminata con diciotto tipi di agrotossici”. Infatti, i primi ad ammalarsi di IRC sono stati i braccianti che lavorano nei campi dell'Ingenio San Antonio, ma la malattia contagia ora tutti gli abitanti della zona, che bevono l'acqua inquinata.

Managua, immagini del presidio di ANAIRC,
dove i famigliari delle vittime dell'IRC
resistono dal marzo 2009

Una scoperta scomoda

Il primo a scoprire la presenza di agrotossici nei pozzi e a ipotizzare una relazione con la IRC è stato il dott. Enrique José Ríos Urbina, fratello della presidentessa di ANAIRC, con il supporto del laboratorio dell'Universidad Autónoma de Nicaragua, che ha sede nella città di León.
Il dott. Ríos Urbina lavorava nell'ospedale dell'Ingenio San Antonio e quando rese pubblica la sua scoperta venne licenziato. Morì in seguito proprio a causa dell'IRC.
Nell'ottobre 2008, anche il Tribunal Permanente de los Pueblos (TPP) si è occupato del caso. Si legge nella sentenza: “La responsabilità dell'impresa, che non è dubbia, è aggravata dal fatto che ha un monopolio virtuale sul servizio medico: l'ospedale è di proprietà del Grupo Pellas, che occulta le reali ragioni della malattia e di conseguenza somministra trattamenti medici inadeguati. Inoltre, secondo una testimone qualificata, il 98,7% dei pozzi sono contaminati”.
Nello stesso anno, il governo italiano insigniva Carlos Pellas – che vanta origini italiane – dell'onorificenza di Grande Ufficiale dell'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana, e nominava l'imprenditore nicaraguense console onorario della Repubblica italiana.

Emma Volonté