Rivista Anarchica Online


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La base del film è la vicenda

In Plutarco troviamo una citazione consona alla riflessione sul cinema che stiamo tentando. Quando fu domandato a Demostene quale fosse la prima parte di un’orazione, egli rispose “azione”, e per la seconda? “azione”, e per la terza rispose nuovamente “azione”. Questa è ancora oggi la legge fondamentale del cinema. Azione come atto creativo finalizzato a creare un effetto. Certo per fare un buon film bisogna tener conto delle sequenze, dei passaggi, dei movimenti di macchina, del lavoro degli attori, del ritmo, del montaggio, del dialogo, della musica. Ma senza una buona storia che contenga “l’azione” non potrà esistere nessuna storia e senza storia non esisterà nessuna reazione del pubblico.
Azione da non confondere con tecnologia, effetti speciali, trucchi e quant’altro. Di questi tempi sembra che l’aspetto tecnico di un film sia diventato la vera e unica chiave di lettura. Più effetti speciali, più violenza, più ritmo sono la chiave di accesso al successo della pellicola.
Più vedo film e meno apprezzo la stravaganza nell’utilizzo della tecnica cinematografica. Determinare lo sviluppo di una storia affidandosi esclusivamente alla tecnica e agli effetti speciali che oggi offre la tecnologia, crea una sorta di mostro audiovisivo. L’anima del cinema (e di riflesso di quelli che il cinema lo fanno) deve essere emotiva. Può essere spiritosa, può essere seria, ma deve essere sempre costruttiva, appoggiare la sua estetica (e perché no anche la sua etica) a immagini non stereotipate e tanto meno costruite al computer.
La costruzione di una storia, di una vera storia (e di conseguenza la forma che gli si vuole attribuire) deve tener conto di numerosi e complessi aspetti ma mai dimenticare il fine. Realizzare un film che parli allo spettatore, che le trasmetta qualcosa, che gli lasci traccia di un pensiero.
Nulla abbiamo contro il cinema di intrattenimento, spettacolare di suo. Ma nulla ci può convincere che l’anima del cinema, il suo vero corpus sia lontano mille miglia da immagini vuote, rumori assordanti e violenza gratuita.
Uno dei più comuni errori della narrazione cinematografica è di offrire una sorpresa invece di una sospensione. Lo spettatore non ama essere sorpreso. Ama essere ammesso alla confidenza dell’autore. Gode a vedere i personaggi che si sorprendono tra di loro. Apprezza soprattutto il momento in cui un personaggio, per ingenuità, cade in una situazione che lui, lo spettatore, conosce e sa essere in agguato. Così come una vicenda in diversi quadri chiude ogni quadro con un sipario inteso a creare nello spettatore l’ansia di sapere quello che sta per avvenire, così i punti di sospensione sono essenziali per conferire tensione alla narrazione cinematografica.
Emotività e sospensione sono quindi la formula magica scoperta dall’uomo e perfezionata dall’autore per fare del cinema un arte così profonda.

Bruno Bigoni