Rivista Anarchica Online


antimilitarismo

Emergency 1

Dall’ospedale di Emergency
di Monia Ghiaroni

Una tecnica di cardiochirurgia bolognese lavora per sei mesi al Salam Centre, il centro di eccellenza per le malattie cardiache realizzato da Emergency a Khartoum, in Sudan. Ecco il suo racconto.

 

Sulle sponde del Nilo, una costruzione bianca e rossa, immersa in un lussureggiante giardino, è l’unica cosa che interrompe il panorama color sabbia che per chilometri rende il paesaggio uniforme. Le strade, le case, le automobili, i molti muli con annesso carretto, i vestiti e le rare piante... tutto è color giallo ocra. Il colore della sabbia, del deserto.
Khartoum è la capitale, nel deserto, del Sudan. Qui Emergency ha costruito il “Salam Centre”, centro d’eccellenza per la cura delle malattie cardiache. Unico centro gratuito... in Sudan tutta la sanità è privata. Si paga tutto: medicinali, lenzuola, pasti... tutto. Il Salam Centre accoglie pazienti da 16 Paesi, soprattutto bambini. Io sono tecnico di cardiochirurgia e vi ho lavorato per 6 mesi.
Il lavoro è lo stesso che faccio ogni giorno a Bologna, ma tutto il resto è un po’ diverso... molto. Innanzitutto la lingua, al Salam si parla inglese, con i colleghi e con i pazienti. La maggior parte della giornata la trascorro in ospedale, il resto in una pseudo-casa collettiva con gli altri volontari internazionali. L’ospedale è un gioiello, la struttura è nuovissima, tecnologica e iperpulita.
Il personale non professionale è locale. Ci sono giardinieri che curano il giardino rendendolo spettacolare, siamo nel deserto! Ci sono i “cleaner” (diciamo inservienti) che puliscono ogni istante, il problema della sabbia non è piccolo. Ci sono i cuochi e gli addetti alla mensa, tutti diversamente abili. In un paese come il Sudan dove la vita è già difficile per tutti, per loro sarebbe impossibile sopravvivere. Ci sono gli autisti, i meccanici, i falegnami e le sarte (per le divise e per i pigiami), tutti sudanesi che qui hanno trovato un lavoro che permette loro di vivere con dignità. Il personale professionale è “misto”, sia internazionale che nazionale (infermieri e dottori).
Gli internazionali svolgono anche un’attività didattica specialistica per formare gli infermieri e i dottori locali. I pazienti... dalle prime ore del mattino, fuori dai cancelli dell’ospedale, decine di persone attendono pazientemente il loro turno per la visita... il primo passo. Arrivano da lontano anche dopo giorni e giorni di viaggio. In questo centro sono accolti solo malati di cuore... e solo quelli si presentano. La visita, la diagnosi e poi l’intervento...

Un immenso cantiere

Comunque vada, i parenti ti aspettano, ti regalano caramelle e ti ringraziano per quello che hai fatto. È quasi imbarazzante... La giornata lavorativa è lunga, faticosa ma appagante, torni a “casa” stanco ma sereno.
La “casa”. A pochi metri dall’ospedale, nello stesso giardino verdissimo, ci sono una sessantina di accoglienti stanze dislocate lungo un ombroso viale di manghi, qui dormiamo noi internazionali.
La maggior parte italiani, due inglesi e parecchi serbi. Infermieri, tecnici, dottori e amministrativi tutti qui. Alla fine del viale di manghi, a pochi metri dallo scorrere delle acque del Nilo, ci sono i locali collettivi. La sala da pranzo, la cucina, una saletta con la tv e la biblioteca. Tutto il “Cajagia village” (villaggio dell’uomo bianco) è stato ricavato dai container che sono serviti a portare tutto l’occorrente per la costruzione dell’ospedale. Manodopera locale ha tagliato, saldato e verniciato per settimane scatole di ferro per riadattarle ad accoglienti stanze.
Ogni sera ci si ritrova a cena, le cuoche locali preparano pasta, insalate, frittate, carne e pizza, si mangia bene e a volte qualcuno di noi si dedica alla preparazione di qualche piatto per tutti. Dopo cena si discute o si guarda un film per concludere la giornata. La vita collettiva è sempre piacevole e si imparano un sacco di cose. Le persone che ho trovato sono molto diverse tra loro, quasi tutti i serbi vengono in missione perché lo stipendio è migliore che al loro paese.
Gli italiani?… Mi ha colpito molto che la maggioranza delle persone che ho trovato, siano cristiani cattolici praticanti convinti. Lontanissimi dai miei ideali, vengono per spirito di sacrificio o per pietà verso un popolo bisognoso. Compagni ne ho incontrati due, geometri che da anni collaborano con Emergency, che mi confermano la notevole presenza di persone legate alla chiesa.
Il venerdì non si lavora, almeno noi che siamo in sala operatoria, si va in giro per la città. La periferia è un infinito deserto cosparso di capanne costruite con ogni materiale e di bimbi scalzi che giocano a calcio.
La città è un immenso cantiere, niente è definitivo. Le insegne luminose dei centri commerciali sono polverose come ogni altra cosa, un velo di sabbia copre tutto sempre. Solo le auto bianche con sui fianchi la scritta nera United Nations, sembrano uscite da una lavanderia in quell’istante. Sono nuove, lucenti e moltissime! Sono parcheggiate di fronte a belle case, dove vivono i “volontari” e le loro famiglie. Sono parcheggiate nei vialetti delle ambasciate o degli eleganti palazzi del centro, dove svolgono le loro “attività”, o dei ristoranti internazionali dove pagano con carte di credito UN. Ed è forse perciò che ad un incontro all’ambasciata italiana qualcuno di loro ha detto: “…ma cosa faranno quelli di Emergency tutti chiusi insieme dentro al recinto del Salam?” E loro cosa faranno? Io non lo so, ma tutte quelle auto UN sono l’unica cosa che mi ha fatto sentire in pericolo in un Paese in guerra guidato da un sanguinario Re.

Monia Ghiaroni


Emergency 2

Emergency in breve
di Nicola Pisu

Come è nata, che cosa si propone, che cosa e come lo fa.

Nei conflitti di oggi, più del novanta per cento delle vittime sono civili. Migliaia di donne, di bambini, di uomini inermi sono uccisi ogni anno nel mondo. Molti di più sono i feriti e i mutilati.
L’associazione umanitaria Emergency ong onlus nasce nel 1994 a Milano per portare soccorso a queste vittime, per iniziativa di un piccolo gruppo di persone, tra le quali Gino Strada e Teresa Sarti.
Emergency è:

  • un’organizzazione italiana privata e indipendente. È aperta senza alcuna discriminazione politica, ideologica o religiosa a tutti coloro che ne condividono i principi e gli obiettivi e ne sostengono le attività umanitarie;
  • un’organizzazione non politica e completamente neutrale, che fornisce assistenza sanitaria in base a principi esclusivamente umanitari;
  • un’organizzazione umanitaria che porta assistenza medica chirurgica alle vittime dei conflitti armati e a chi soffre le conseguenze sociali di guerre, fame, povertà, emarginazione.

Emergency crede che praticare i diritti umani – in particolare il diritto ad essere curati quando si è feriti o ammalati – sia l’unico modo per stabilire relazioni di rispetto reciproco e solidarietà.
Emergency promuove una cultura di pace e solidarietà.

Interviene costruendo e gestendo:

  • Centri chirurgici per i feriti di guerra, le emergenze, la traumatologia e l’ortopedia;
  • Ospedali per l’assistenza specialistica;
  • Centri per la riabilitazione fisica e sociale delle vittime delle mine antiuomo e di altri traumi;
  • Posti di primo soccorso (FAP, First Aid Post) per il trattamento immediato dei feriti;
  • Centri sanitari per l’assistenza medica di base.
Inoltre:
  • forma il personale locale secondo criteri e standard di alto livello professionale, allo scopo di rendere autosufficiente la struttura in cui opera e di trasferirla alle autorità locali;
  • attua interventi umanitari di assistenza ai prigionieri in contesti connessi a situazioni di conflitto;
  • realizza progetti di sviluppo nei paesi in cui opera.

Proprio perché cura gli effetti della guerra, Emergency è impegnata sin dalla sua costituzione nella promozione di valori di pace, di solidarietà e di rispetto dei diritti umani. Emergency è o è stata presente con le sue attività in Afganistan, Algeria, Angola, Cambogia, Eritrea, Iraq, Nicaragua, Palestina, Ruanda, Sierra Leone, Sri-Lanka, Sudan, Repubblica Centrafricana.
Dal 2006 Emergency ha aperto a Palermo un poliambulatorio che offre assistenza socio-sanitaria e servizi di medicina di base, pediatria, dermatologia, odontoiatria, oculistica e otorinolaringoiatria, ostetricia e ginecologia, cardiologia, psichiatria e psicologia, ai migranti con o senza permesso di soggiorno. Dai primi di dicembre 2010 anche a Marghera è stato attivato un poliambulatorio con competenze analoghe, rispondendo alla progressiva e sistematica demolizione di ogni principio civile a cui si sta assistendo nel nostro paese.
Sempre a proposito del progetto Italia, nel 2005 Emergency ha organizzato corsi di igiene, prevenzione e primo soccorso rivolti ai detenuti e uno screening della tubercolosi presso il carcere di Rebibbia Nuovo complesso. Emergency ha garantito l’assistenza di medici specialisti in alcuni istituti di pena del Lazio. L’intervento si è concluso nel 2007.
Fin dall’avvio delle proprie attività nel 1994, Emergency ha assunto l’impegno di mantenere i costi amministrativi dell’organizzazione al di sotto del 10% del bilancio totale, per ottimizzare l’impiego delle risorse finanziarie negli obiettivi statutari, infatti Emergency ritiene essere quella la quantità massima di fondi utilizzabili per il sostentamento dell’organizzazione stessa, per poter rispondere in modo concreto agli obiettivi che si è posta. La bassa incidenza dei costi di gestione è dovuta anche al prezioso lavoro svolto gratuitamente da parte di circa quattromila volontarie/i sparsi nel territorio italiano (ma non solo) e organizzati in 190 gruppi territoriali.
Le risorse finanziarie di Emergency derivano per la quasi totalità da donazioni e iniziative di privati e sono il frutto della convinzione e della volontà delle persone di sostenere i progetti umanitari della ong. Le entrate nell’anno 2009 (ultimo bilancio approvato) ammontavano a euro 25.407.125,00. Anche nel 2009 la grande maggioranza dei contributi raccolti (più dell’ 80%) proveniva da donatori privati, attraverso donazioni individuali.
Nel 2009 il costo della struttura si è attestato al 6,10% dei fondi raccolti (al netto dei relativi oneri), pari a 1.403.719 euro.
21.472.966,00 euro sono invece stati destinati alle missioni operative all’estero e in Italia. In media, ogni mese, 110 professionisti internazionali (medici, infermieri, personale sanitario, tecnici, logisti...) hanno prestato la loro opera nei progetti di Emergency nel mondo, affiancati da circa 2.000 collaboratori locali.
Secondo la modalità solita che caratterizza Emergency, ossia il coniugare il “dire” col “fare”, da un’idea sviluppata con Misna (Missionary Service News Agency), ha dato vita a PeaceReporter (www.peacereporter.net), un quotidiano online che tratta temi internazionali e mette sotto i riflettori gli innumerevoli conflitti dimenticati sparsi per il globo terrestre e le atrocità delle guerre nei confronti della popolazione civile. Per esempio, spesso sono le testimonianze degli operatori internazionali dei centri chirurgici di Emergency a raccontare attraverso PeaceReporter le conseguenze dei bombardamenti “intelligenti”sui villaggi afgani, il dolore dei bambini che saltano sulle mine, delle persone che si vedono piovere le bombe nel giardino, sopra il tetto di casa, nei bazar, e che giungono negli ospedali di Emergency (gli unici presenti o degni di potersi ritenere tali e accessibili gratuitamente) con gravi ferite da arma da fuoco.
Dal 1994 ad oggi, negli ospedali, cliniche e centri di riabilitazione di Emergency sono state curate gratuitamente oltre quattro milioni di persone.

Il Centro pediatrico di Bangui, nella Repubblica Centrafricana

Ogni 2 minuti Emergency cura una persona

Cifre che racchiudono i primi sedici anni di attività di Emergency. Ma non bastano questi numeri a render conto dell’immenso lavoro: è importante anche spiegare dove – in quindici diversi paesi, martoriati dalla guerra e dalla povertà – e come Emergency quelle persone le abbia curate, con passione e professionalità, costruendo e gestendo ospedali, Centri chirurgici e Centri pediatrici, Posti di primo soccorso, Centri di riabilitazione…
Il perché, invece, non ha bisogno di spiegazioni: semplicemente, queste persone ne avevano bisogno. È tutto qui, il senso del lavoro dei medici e infermieri in giro per il mondo: curare chi soffre, senza distinzione di razza, ideologia, sesso, religione.
Nel marzo 2009 Emergency ha aperto un nuovo Centro pediatrico nella capitale della Repubblica Centrafricana, Bangui, che ha già curato 15.306 bambini e ha lavorato molto alla costruzione della Rete sanitaria d’eccellenza in Africa. Un progetto ambizioso, che vuole stimolare la cooperazione fra diversi Stati del continente nella creazione di strutture di altissimo livello, sul modello del Centro Salam di cardiochirurgia di Khartoum, e che come il Salam abbiano una vocazione regionale. Pediatria, ostetricia e ginecologia, oncologia, traumatologia sono solo alcune delle specialità interessate da questo progetto, importante non solo sotto il profilo clinico. Emergency è convinta che riuscire a mettere attorno a un tavolo i rappresentanti di diversi Stati, anche in conflitto fra loro, per lavorare su un obiettivo comune che è la salute della popolazione, sia un bel risultato anche dal punto di vista culturale.

a cura di Nicola Pisu
volontario di Emergency, coordinatore del gruppo di Serrenti (Vs)


Emergency 3

Un anarchico volontario di Emergency
di Nicola Pisu

A Serrenti, nel Campidano, nel cuore della Sardegna, c’è un piccolo ma attivissimo gruppo di Emergency. Ad animarlo è un giovane anarchico, nostro amico. Gli abbiamo chiesto di raccontarci un po’ la sua doppia militanza.

“Come vivi il tuo essere anarchico, cosa fai per sentirti tale?”. È la domanda che un compagno appena presentatomi mi fece una mattina di qualche tempo fa presso la redazione di A-rivista anarchica. Sul momento, la risposta che gli diedi fu “sono volontario di Emergency”. Una risposta che sollevò nella mia coscienza un enorme turbamento, quello di avere usato in modo strumentale la mia appartenenza a Emergency, ma anche perchè mi sentii di botto denudato. Nell’attimo che precedette la risposta, mi cadde addosso la consapevolezza che a parte molte sensibilità e affinità col pensiero libertario, penso all’astensionismo al voto, l’ateismo, l’essere allievo spirituale di Faber, l’antimilitarismo congenito, la sensibilità ecologico-ambientalista e altre piccole cose, convinzioni e attenzioni di carattere anti-capitalistico-consumistico, non sapevo di preciso cosa facevo per praticare l’anarchismo. Leggere A-rivista anarchica e altra letteratura del pensiero libertario può essere considerata una curiosità intellettuale, una passione, ma viverla, l’anarchia, è altra cosa, e dovrebbe necessariamente significare un tentativo di attuarla praticamente, creando quel passaggio dalla teoria alla pratica, dalla testa ai piedi. Sono punti di vista, questo per lo meno è il mio, e poi ogni compagno lo fa a modo suo.
Ma perché lavorare come volontario dentro Emergency è per me un modo di vivere il mio anarchismo?

Nessuna caramella

Non intendo dimostrare chissà quale teorema, non è necessario e anzi, potrei anche dire che sono un anarchico non coerente in quanto si professa tale e poi fa il volontario per una ong “appartenente” a quel sistema che vorrebbe “combattere”. Perfetto, Emergency non è un circolo libertario, Emergency è un’associazione umanitaria che fa parte del sistema, ma che cerca di cambiarne una parte essenziale, lottando dal suo interno contro la logica della guerra e provando ad attuare i diritti umani in campo sanitario. E lo fa auto-finanziandosi, senza nutrirsi delle caramelle che quel sistema regala, lo fa quindi in maniera autonoma, staccandosi dalle logiche della politica dei partiti, in base a quelli che sono i bisogni individuati in campo sanitario e le risorse disponibili per poter effettuare un intervento che rispetti certi principi e standard di base. Emergency fa una cooperazione che rispetta la dignità delle persone, non fa beneficenza, ma cerca di fornire una sanità con standard qualitativi identici ai nostri in paesi poveri, dilaniati dalla guerra. Non esporta una sanità di serie B, di scarto, quella che potrebbe “bastare” al terzo mondo. Porta la sanità tecnologicamente avanzata, la stessa che esigiamo noi dei paesi ricchi. E lo fa gratuitamente perché l’accesso sia garantito a tutti quanti. Inoltre, attua interventi di formazione professionale del personale locale, per condividere saperi, conoscenze, esperienze e professionalità in campo medico, così che presto sia esso stesso a gestire la sanità e la medicina del proprio paese. Non è forse questo un tentativo di creare l’uguaglianza? di attuare diritti umani universali (non perché siano scritti in qualche documento ufficiale)? di ridistribuire la ricchezza? non è forse un modello che guarda al futuro?
Credo di si e questa è Emergency, questa piccola associazione umanitaria che rifiutando la logica della guerra getta le fondazioni del mondo che vorrei.
Libertà, eguaglianza, solidarietà sono i tre principi a cui fa riferimento il pensiero anarchico e la mia ansia sociale è quella di vederli attuati ovunque. Dichiararli, sbandierarli, denunciarne l’assenza, è si importante, ma non è sufficiente. Non possono restare principi cardine e basta, bisogna, dal mio punto di vista, metterli in pratica, perché dopo il progetto deve esserci la costruzione. Emergency si occupa in maniera autonoma, indipendente e neutrale di eguaglianza e lo fa attraverso la solidarietà. È mia personale convinzione che non potrà mai esserci libertà se prima non si estirpa la miseria, la fame, la sofferenza, la guerra che produce quei disastri, e si appianano le enormi differenze economiche e le disuguaglianze, che caratterizzano l’umanità a seconda della latitudine dove si abita. D’altra parte, la guerra è uno strumento autoritario, che andrebbe messo al bando, abbandonato, in quanto inutile ed inefficace oltre che dannoso, è un eufemismo, per la vita delle persone.
Quindi, per quanto finora scritto, sono anarchico e anche volontario di Emergency e ritengo che le due cose non siano in contrapposizione. Emergency conta sul lavoro di circa quattromila volontari sparsi per il territorio italiano, ciascuno con le proprie idee e preferenze politiche, appartenenze religiose, visioni differenti di società, chi ha “A” in tasca, chi Il Manifesto, chi La Repubblica, chi L’Unità, chi il Corriere. Quattromila teste pensanti accomunate dall’obbiettivo prioritario, che poi è quello di Emergency, di attuare l’eguaglianza fra gli abitanti del pianeta Terra e abolire la guerra.

Nicola Pisu