Rivista Anarchica Online


Cile-Italia

Cittadino del mondo
di Vicente Taquias Vergara
foto di Roberto Gimmi

Dalla militanza politica e sociale nel Cile post-’68 allo stadio di Santiago, dove venne rinchiuso con migliaia di altri oppositori politici da Pinochet (settembre 1973), all’impegno politico in Italia, terra per lui d’esilio ma anche di lotte. La testimonianza di “Urbano”, anarchico cileno.

 

Testimoniare sulla mia esperienza e sulle lotte sociali che mi hanno visto partecipe e protagonista, pagando a duro prezzo in termine di repressione e d’esilio, solo per il fatto che sono un militante libertario. Ho continuato coerentemente le lotte in base con le mie idee a fianco dei lavoratori. Degli immigrati e per la difesa dei diritti che per tutti noi sono universali come il diritto alla casa, al lavoro ad un ambiente ecologicamente sano e per il diritto all’autogestione dei lavoratori e dei popoli per una vita più degna e per un mondo più pulito. La mia è una storia particolare. Sono nato a Santiago del Cile; come tutti sapranno all’inizio degli anni 70 in Cile governava Salvador Allende il quale aveva creato una coalizione di partiti di centrosinistra che avevano vinto le elezioni con un programma che a quell’epoca appariva all’Occidente e all’America latina come un evento rivoluzionario. Sono saliti sul carro dell’Unità Popolare tutti quanti nell’Occidente, le forze di sinistra e l’intellettualità che con la loro disattenzione che li caratterizza non hanno tenuto conto che quel processo politico era il frutto di anni e anni di lotte delle masse di lavoratori e del popolo e di tutti i diseredati contadini e del popolo Mapuche che in fondo avevano aiutato a vincere le elezioni. Ma il progetto del popolo che per più di 50 anni, cioè dagli anni 20 aveva sviluppato una propria teoria nata dal basso nel sindacalismo libertario con tutto quello che comprendeva sulla rivendicazione elaborata dai baraccati,dai contadini dai Mapuche era sull’autogestione e sulla fine del capitale e dei capitalisti che fino a quel momento avevano sfruttato al massimo la popolazione e tutte le risorse naturali del territorio Cileno. I governi di destra, i fascisti e l’impero del Nord America fino ad allora avevano visto questi popoli e questo territorio come un qualcosa dalla quale potevano fare tutto ciò che volevano. Negli anni 70 io facevo parte di un sindacato anarco-sindacalista che era la federazione dei lavoratori del cuoio, noi eravamo i zapateros, facevamo le scarpe e lavoravamo nelle fabbriche in condizioni di super sfruttamento. Molti di noi hanno iniziato a lavorare ben presto e a 14/15 anni eravamo diventati operai, dei lavoratori che prendevano conoscenza del futuro nero che li aspettava. Prima degli anni 70 io come sindacalista libertario ero molto impegnato nelle lotte che portavamo avanti per conquistare migliori condizioni di vita per i lavoratori e la società in generale.

Vicente Taquias Vergara, detto Urbano

Nonostante la repressione

Tutto ciò era molto difficile perché come tutti sanno il capitale non ha mai dato tregua ai lavoratori né tanto meno a noi libertari che proponevamo un sistema diverso. Come inizio e come cambio reale volevamo l’autogestione di tutti i mezzi di produzione per i lavoratori delle fabbriche, per i contadini per i giovani e per il popolo Mapuche. Potete immaginare la repressione nei nostri confronti dallo Stato, dai Marxisti e tutti quelli che volevano fare delle riforme come il governo dell’Unità Popolare che in fondo cambiavano tutto per non cambiare niente. Mi ero impegnato attivamente anche sul diritto alla casa. In Cile negli anni 60/70 non c’era nessuna politica edilizia di case popolari per i lavoratori. A quell’epoca a Santiago c’era stato un flusso di immigrazione di contadini poveri provenienti dalle campagne del sud e dal territorio Mapuche. Si spostavano nella capitale per trovare lavoro e migliorare le condizioni di vita, ma i governi come al solito non davano niente e non avevano diritto a nulla così erano costretti a vivere negli accampamenti nella periferia di Santiago senza servizi, senza acqua, senza luce senza assistenza sanitaria, senza scuola. Migliaia di bambini morivano per denutrizione e per mancanza di assistenza.
Io e altri lavoratori nati nei quartieri occupati ci siamo presi la briga di andare a parlare con loro proponendogli l’unica soluzione fattibile per uscire dalla miseria e dal degrado che era l’organizzazione e l’occupazione di terra dove poter costruire le case, le scuole e il policlinico. Questo movimento nonostante la repressione e centinaia di vittime è riuscito con le lotte molto dure a conquistare la terra e costruire dei quartieri che hanno fatto crescere Santiago anche come numero di abitanti. Gli operai, i baraccati, i contadini e i Mapuche sono stati i protagonisti di una nuova epoca dove i cambi sociali li vedevano in prima fila con l’idea fissa di lottare contro lo Stato, contro i padroni e contro il capitale per poter cambiare le condizioni di vita e di lavoro. Non avevamo più paura dello Stato né della repressione. Quando è arrivata l’Unità Popolare negli anni 70 il suo programma riformista non aveva niente di rivoluzionario. Questo governo è durato 1.000 giorni e il presidente Allende è stato assassinato dai militari comandati dal genocida Pinochet. Questo in parte fa parte della storia, in tutto l’Occidente e nel mondo è stato venduto come un governo democratico e socialista, ma tutti quanti gli intellettuali e i partiti di sinistra dell’Europa sono stati ben attenti a nascondere e mistificare la vera storia, quello che veramente era successo in quel periodo in Cile: Per la prima volta i lavoratori avevano preso in mano le fabbriche e le avevano messe in autogestione e i contadini avevano occupato e messo in autogestione la terra. Il popolo Mapuche aveva ricuperato in parte il proprio territorio cacciando via i latifondisti. Noi i lavoratori, i giovani e gli studenti avevamo partecipato attivamente nella lotta a favore di questo popolo colonizzato e oppresso dallo Stato Cileno che non lo ha mai voluto riconoscere come etnia.
Nel periodo del governo Allende sono stato molto impegnato a lottare contro il mercato nero. La coalizione dell’Unità popolare aveva fatto significativi aumenti salariali per diminuire la povertà. Tutto veniva banalizzato dalle destre e dai padroni e dagli Stati Uniti che cercavano a qualsiasi costo di rovesciare il governo, nascondendo le merci, distruggendo le derrate alimentari buttandoli nei fiumi o facendoli marcire. I latifondisti portavano gli animali (soprattutto le mucche) in Argentina attraversando la frontiera distruggendo anche le macchine agricole per poi accusare il governo di non essere in grado di governare. Noi abbiamo proposto l’occupazione e la gestione di tutte le derrate alimentari e gli abbiamo messo sotto controllo formando delle organizzazioni popolari nei quartieri.

Ponti

Il golpe, che colpo!

Il ruolo principale era gestito dalle donne e dalle lavoratrice, erano le uniche che capivano i bisogni delle famiglie,dei bambini dei lavoratori e della società in generale che in quel periodo stava attraversando un momento molto difficile (il diritto all’esistenza). L’Unità Popolare con i mezzi che disponeva ce lo siamo trovati contro, perché nel loro programma riformista non era previsto e non ne faceva parte che il popolo andasse per una via non stabilita da loro ma creata dal frutto di anni e anni di lavoro, di sacrificio pagato a volte con il carcere, la repressione e la vita di molti libertari che avevano seminato l’autogestione all’interno del popolo dei lavoratori e dei diseredati. Il governo mandava i carabinieri per reprimere le lotte che facevamo perché il popolo era andato più a sinistra del governo e della coalizione che lo sosteneva. La reazione dell’imperialismo Americano e dell’esercito dopo gli 1.000 giorni dell’Unità Popolare e dopo l’autogestione della popolazione ha colpito il governo i lavoratori i contadini e i Mapuche con un colpo di stato. Tutto un popolo che aveva lottato per cambiare definitivamente la propria vita uscendo fuori dal sistema imposto di sfruttamento e di oppressione si è ritrovato schiacciato e calpestato peggio di prima. In questo scontro dell11/9/73 abbiamo verificato che i parti e il governo di sinistra aveva abbandonato il popolo al proprio destino non ha voluto distribuire le armi per difenderci. Ci siamo trovati disarmati nonostante siamo andati alle barricate in pochi giorni i militari si sono impadroniti di Santiago installando dei campi di concentramento ovunque. Tutto il nostro futuro e le nostre battaglie sono andate in fumo! Tutti abbiamo combattuto con i mezzi che avevamo che non erano certamente tanti, più o meno possedevamo delle pistole, certo non era sufficiente per fermare la marina l’esercito e i militari che possedevano un’attrezzatura imponente da guerra. Per questa ragione fummo sconfitti.
Il 27 settembre 1973 sono stato catturato e portato in campo di concentramento dell’aviazione con altri 32 compagni del quartiere Guatemala che tra l’altro quel quartiere era stato costruito all’inizio degli anni 70 per i militari dell’aviazione composta da 540 case e noi il 4/9/70 l’abbiamo occupato, lo stesso giorno che Allende vinse le elezioni. Pochi di noi hanno perso quelle case, solo i militanti più compromessi me compreso.
Sono stato prigioniero per 3 giorni nell’aviazione e abbiamo subito delle torture per farci dire i nomi dei compagni fuori e ovviamente non abbiamo detto nulla. Hanno deciso di fucilarci a me e un altro compagno calzolaio libertario mettendoci contro il muro e hanno sparato ma a salve ma non ci siamo piegati. Hanno preso tutti i 32 prigionieri del quartiere Guatemala e ci hanno caricato sulle camionette e portati via, pensavamo che ci uccidessero e ci buttassero nella periferia della capitale, visto che in quei giorni ammazzavano centinaia e migliaia di persone per buttarli nelle fosse comuni nelle campagne. Invece ci hanno portato nello Stadio Nazionale, lì ci aspettavano due lunghe file di militari uno a destra e l’altro a sinistra (in Cile si chiama callejon hoscuro. Noi dovevamo passare all’interno di questo schieramento dove tutti ci picchiavano e difficilmente arrivavi alla fine con le tue gambe. Eravamo massacrati, avevamo capito purtroppo cosa ci aspettava. Per 12 giorni siamo stati torturati con la corrente elettrica messa in tutto il corpo anche nei genitali, finte fucilazioni e con tutti i mezzi inimmaginabili pur di farci crollare e ottenere le informazioni ma non sono riusciti, nessuno di noi 32 abbiamo collaborato anzi in noi nasceva più profonda la rabbia contro di loro e l’unica cosa che pensavamo era di uscire vivi da quell’inferno per riorganizzare la resistenza. Io sono uscito dallo Stadio Nazionale il 14/10/73, quel giorno in una strada nel centro di Santiago veniva assassinato mio fratello maggiore, in una fermata dell’autobus dove si trovava insieme a una decina di persone. Il dittatore Pinochet aveva vietato l’assembramento di persone,quindi hanno sparato sul quel gruppo che non stava facendo niente aspettavano solo l’autobus. Sono stato costretto a passare alla clandestinità, nonostante i lutti e i compagni assassinati e quelli imprigionati pensavamo che comunque si poteva organizzare la resistenza e questa volta non per la rivoluzione sociale ma per la nostra sopravvivenza. Dopo 1 anno io e altri compagni capimmo che era impossibile la nostra impresa perché eravamo ricercati ovunque , allora abbiamo deciso per l’esilio, ma non sapevamo assolutamente dove andare. Alla fine di settembre 74 abbiamo occupato l’Ambasciata Italiana. Non è stata un’impresa facile,perché dovevamo portarci dietro donne e bambini e i parenti dei compagni sia quelli che erano nei campi di concentramento che quelli che non si sapeva più che fine avevano fatto. Il fatto di essere clandestini e di non lasciare niente dietro di noi che potesse aiutare i militari, onde evitare che prendessero donne e bambini e li torturassero davanti ai famigliari per farli parlare, così abbiamo portato via un bel po’ di persone per metterli in salvo. Facendo i conti erano rimasti pochissimi compagni libertari.

Pareto
Montechiaro

Mio padre mi aveva parlato di Carrara

Una volta arrivati a Roma dovevamo pensare come vivere, dove andare e come riorganizzarci e soprattutto trovare un lavoro, perché non eravamo immigrati ma militanti politici e non avevamo mai vissuto di espedienti ma sempre del nostro lavoro. A Roma ho dovuto organizzare il Comitato Lavoratori Cileni Esiliati perché prima di noi, erano arrivati, subito dopo l’11/9/73 i rappresentanti politici dell’Unità Popolare che avevano monopolizzato la rappresentanza di una resistenza che loro non avevano fatto e quindi gli accordi erano fatti fra lo stato Italiano e loro, per noi che non facevamo parte della loro organizzazione e contro il quale portavamo avanti una critica molto forte, accusandoli che sono stati loro la causa della sconfitta e di non essere stati all’altezza di rispondere al colpo di stato e ai militari, perché all’11 settembre noi gli dicevamo di armarci visto che eravamo 3 milioni e mezzo di lavoratori organizzati e i militari erano solo 80mila fra la marina, l’esercito e l’aviazione. La responsabilità politica di quel disastro era di loro e che non avevano nessun diritto di stare a Roma a rappresentare alcun ché. Il nostro ragionamento ci ha creato parecchi problemi, così ci hanno accusato di essere dei delinquenti comuni e che non rappresentavamo niente anche su questo il governo Italiano è andato dietro. Per avere l’asilo politico come dicevo, ho dovuto organizzare il Comitato Lavoratori Cileni Esiliati perché era in gioco la possibilità di avere o no il diritto all’asilo politico. Alla fine l’abbiamo spuntata noi, avuto questo riconoscimento si poteva scegliere dove andare; i socialisti sono andati a Milano, i comunisti nell’Emilia Romagna ed io che ero una persona particolare (per loro) ho scelto Carrara con grande stupore di tutti. Per me era fondamentale, per la mia sopravivenza e per la mia famiglia.
Mio padre mi aveva parlato di Carrara e di Barcellona con grande amarezza ma con grande orgoglio libertario, mi diceva: Lì troverai dei compagni e della gente che ti capirà! Mio padre fu il fondatore del sindacato anarco-sindacalista del cuoio negli anni 30). Arrivato a Carrara sapevo che dovevo darmi da fare, avevo appena 30 anni, mi portavo dietro tanta rabbia, volevo partecipare nelle lotte insieme agli italiani perché ormai avevo capito che per me sarebbe stato difficile ritornare in Cile, quindi ho scaricato qui tutta la mia esperienza e il mio bagaglio politico e teorico. Ho conosciuto tanti compagni a Carrara, gente eccellente, ho conosciuto i partigiani anarchici: Belgrado Petrini, Sergio Ravenna, Giovanni Zava, Giovanni Mariga (il padovano) Umberto Marnocchi, Gogliardo Fiaschi e Alfonso Nicolazzi e la famiglia di Alfonso Failla, grandi compagni e amici, questo ha arricchito in me le mie convinzioni e la forza delle idee libertarie perché molti di questi compagni con il loro contributo e sacrificio non facevano altro che farmi capire che per portare avanti un progetto libertario si sa quando si inizia ma solo con la forza di volontà si riesce a capire quando hanno pagato in Cile e in Italia e nel mondo i libertari che non si sono arresi alle barbarie al capitalismo e al totalitarismo.
Per me era una situazione nuova e tutta da scoprire come diciamo noi “la nostra patria è il mondo intero”. Mi sono inserito facilmente e insieme ai compagni ho lottato a livello locale le battaglie che portavano avanti. In queste lotte ho sempre dato il massimo del mio contributo personale Quelle battaglie a favore dell’ambiente che sono durate 12 anni. Mi ero inserito senza chiedere il permesso di cittadinanza a nessuno, mi muovevo abbastanza bene sul territorio, viaggiavo in continuazione per tutta l’Italia per denunciare i crimini che venivano commessi contro il popolo Cileno da Pinochet.
A Massa Carrara contro la Montedison 12 anni di lotta dura, all’Acna di Cencio; da diversi anni partivo da Carrara per sostenere i compagni di Alessandria nella lotta contro l’Acna di Cencio. Nel frattempo avevamo vinto a Carrara contro la Montedison, ma essendo un operaio e per questa lotta gli imprenditori non mi davano più lavoro ritenendomi uno dei responsabile della chiusura della fabbrica “della morte.”Allora mi sono trasferito in Piemonte. Per tutte le cose che sono successe, molti esiliati politici e per la militanza di ognuno di noi, ci siamo trovati a fare i conti anche con le compagne che ci siamo portati dietro le quali non erano all’altezza , non erano disposti a fare dei sacrifici a una militanza che era più che altro sacrificio, così mi sono separato perché come tutti sanno non tutto dura per sempre e non si possono fare compromessi con le proprie idee..
In Alessandria sono arrivato da solo con diversi processi che dovevano farmi. Lì ho ricomposto una nuova famiglia, ho trovato una compagna con la quale condividiamo tutt’ora sacrifici e speranze per un mondo migliore. Lasciato Carrara ho continuato la lotta contro l’Acna di Cencio, finita anche quella con una vittoria nostra; e che se ne dica i verdi e gli ambientalisti fra gli anni 80/90 le uniche fabbriche della morte sono state chiuse con la lotta dal basso con la gente del popolo e gli anarchici.

Il mio impegno ora: piantare alberi

In Alessandria mi sono impegnato nella lotta a favore degli immigrati e io con la mia compagna abbiamo speso tanta fatica per creare l’associazione degli immigrati di Alessandria e Provincia dove abbiamo vinto diverse volte con le nostre lotta delle rivendicazioni di base come il diritto alla mensa, alle case popolari, un dormitorio per che non aveva casa, per i rinnovi dei soggiorni per 4 anni (nel 92) senza presentare nessuna documentazione e tutto ciò l’abbiamo vinto scendendo in piazza a manifestare; praticamente io ho continuato a fare le stesse cose che facevo in Cile con i lavoratori, con i contadini e con i Mapuche. Sono stato uno dei primi nel 98 a lanciare una grande battaglia contro il dittatore Pinochet arrestato a Londra il 16/10/98.
Sono stato il primo operaio profugo politico (vittima di quella dittatura e così pure la mia famiglia) a denunciarlo formalmente alla procura di Milano. Questo mi ha permesso a livello assoluto di mantenere una campagna che è durata 16 mesi e per la quale sono stato costretto a lasciare il lavoro. I partiti della sinistra e intellettualità non approvavano la mia posizione sui confronti di quel genocida, Io come libertario ero riuscito a bucare lo schermo e a guadagnarmi le prime pagine di tutti i giornali a livello nazionale e internazionale, quindi come anarchico potevo portare avanti una campagna contro Pinochet e non c’era nessuno in questo Stato che poteva impedirmelo. Per me è stata una grande soddisfazione, perché sono un operaio e perché mi sono dovuto confrontare con la sinistra italiana, con i giornali e con i mezzi di informazione, senza mai perdere di vista che sono un libertario. Nel 2007 mi hanno dato la cittadinanza che mi era stata negata (dal compagnero presidente Giorgio Napolitano) allora Ministro dell’Interno del primo governo Prodi il quale mi dichiarava pericoloso per l’ordine pubblico e per la sicurezza dello stato. Io sono stato sì diverse volte processato per le campagne ambientalistiche ma sono stato sempre assolto. Ho atteso che la mia domanda di cittadinanza venisse accolta, finalmente mi è venuta riconosciuta nel 2007 dopo 32 anni di vita in Italia. Solo con la mia tenacia ho sempre raggiunto dei risultati che mi hanno dato ragione, perché non mi sono mai piegato e perché la cittadinanza mi aspettava di diritto.
Oggi per me, nel 2011, non mi posso vantare di essere italiano e non ho niente da ringraziare a nessuno . Il mio impegno oggi è a favore della memoria dei nostri compagni caduti e scomparsi durante la dittatura di Pinochet per i quali portiamo avanti un progetto conosciuto in tutto il mondo che si chiama “ECOMEMORIA” piantando degli alberi dedicandoli alla loro memoria. Sono ormai sette anni e questo ci permette di aprire il dibattito di quello che è successo in Cile di chi sono i responsabili dei genocidio e di quelli che dal 90 ad oggi, con governi chiamati di centro sinistra non hanno fatto niente per dare giustizia ai caduti, agli assassinati, agli scomparsi e ai famigliari. Dal 90 ad oggi quella cosiddetta centrosinistra ha governato con la costituzione di Pinochet, non ha cambiato niente, tutte le leggi del genocida sono ancora in vigore. Il neoliberismo è la linea maestra con la quale si governa in Cile. Oggi le leggi di antiterrorismo e sicurezza dello Stato vengono applicate contro il popolo Mapuche, contro i lavoratori e gli studenti. La società è tutta privatizzata, scuole, sanità non ci sono neppure i contratti collettivi, le multinazionali depredano il territorio e le sue risorse naturali con il beneplacito del governo. Oggi dopo 20 anni la destra è al potere di nuovo, ma per me è come se la dittatura fosse durata 37 anni non è cambiato nulla.
Io non mi sento Cileno, ne tanto meno cittadino Italiano. Ho 65 anni e mi sono sempre considerato cittadino del mondo, la nostra patria è il mondo intero e dove ci sarà bisogno noi saremo presenti. Con le nostre idee, con il nostro contributo e con il nostro sacrificio che abbiamo già messo in conto e che non ci pesa e lo rivendichiamo con forza, un lavoratore libertario che porta con orgoglio le idee libertarie e non ha paura di propagandarle al mondo intero!

Vicente Taquias Vergara “Urbano”

Senal 3 in Italia

Il Comitato Lavoratori Cileni Esiliati ha ospitato Senal 3 per tre giorni di iniziative che avevano come scopo far conoscere una televisione autogestionaria nata dalla resistenza contro il dittatore Pinochet. All’inizio degli anni 80, questi compagni che facevano parte della resistenza, cercavano anche di rendere visivo a tutto il resto della popolazione Cilena i crimini della dittatura e anche la resistenza.
Noi abbiamo avuto la possibilità di vedere molti filmati della resistenza stessa contro il dittatore, documentati da questo canale che noi riteniamo che oggi devono essere considerati dei documenti storici come tutti sappiamo la resistenza Cilena è stata tradita dai partiti della cosiddetta sinistra che hanno scelto di accettare le condizioni imposte dai militari perché i civili andassero al governo nel 90, ma alle loro condizioni. Il tradimento ha comportato che molti uomini e donne che avevano fatto la resistenza finissero immediatamente in galera con la nuova democrazia e che non era altro che la continuazione stessa della dittatura perché in fondo era come qualcosa che qui abbiamo già visto: cambiare tutto per non cambiare niente! Migliaia e migliaia di Cileni sono morti assassinati e scomparsi lottando per la liberazione e per un mondo più giusto di giustizia e di libertà. Noi abbiamo avuto 20.000 morti,5.000 scomparsi più di 200.000 hanno dovuto prendere la strada per l’esilio. In 17 anni di dittatura 1.500.000 di Cileni dei lavoratori di donne e di giovani hanno dovuto lasciare il paese ed emigrare altrove perché la condizione di sopravivenza era minacciata da quella dittatura genocida.

Senal 3 (nella foto uno dei redattori venuto in Italia) è stato invitato da noi per avere un confronto diretto con le problematiche e le lotte che oggi portano avanti i Cileni, i lavoratori, i giovani, gli studenti, i Mapuche e gli anarchici. In Cile sono stati perquisiti e chiusi diversi centri sociali e inoltre c’è un processo contro 14 compagni , 4 dei quali sono agli arresti domiciliati e 10 si trovano ancora in galera. La repressione in Cile contro gli anarchici è molto dura, nonostante i colpi subiti il movimento libertario in Cile continua a crescere è presente nelle lotte dei lavoratori, dei giovani, degli studenti e all’interno della resistenza Mapuche e per questo motivo attira lì attenzione della repressione.
Venerdì 19 Novembre li abbiamo accompagnati all’Arci Blob di Arcore, quindi il giorno dopo a Libera, a Modena.
Abbiamo ricordato 10 compagni assassinati e scomparsi durante la dittatura. Questo fa parte delle politiche del nostro Comitato che mantengono la memoria viva e non dimenticano quello che è successo nel nostro paese ne tanto meno perdoniamo i responsabili del genocidio contro i lavoratori e contro il popolo Cileno. Infine abbiamo concluso questo giro di Canal 3 nel laboratorio Anarchico Perla Nera con una cena, con i filmati e un dibattito.
Noi pensiamo che il soggiorno in Italia di Canal 3 ha lasciato un segno positivo perché era la prima volta che venivano in Italia e noi abbiamo voluto che ci fosse un confronto diretto con i Compagni Anarchici Italiani, questo ci sembra molto importante soprattutto perché di queste iniziative Canal 3 faranno 2 documentari che saranno trasmessi in tutt’America Latina attraverso la rete delle televisioni comunitarie che oggi esiste ed è una rete che coinvolge tutte le televisioni comunitarie autogestiste in un rete internazionale. Uno dei documentari è sul confronto con gli anarchici Italiani e l’altro su Ecomemoria e questi documentari arriveranno a noi a fine febbraio e chi vuole averle basta contattarci.
In queste tre serate abbiamo raccolto 550 euro, che sono stati consegnati direttamente a loro, una parte per sostenere la scuola e una parte per la lotta del popolo Mapuche.

Comitato lavoratori cileni esiliati