Rivista Anarchica Online


Rom

Dietro il Patto di Legalità
di Giorgio Bezzecchi

Si continuano a considerare i rom e i sinti come un problema sociale, da trattare con leggi e disposizioni speciali.
La denuncia di un Rom da sempre impegnato in difesa dei diritti del proprio popolo.

 

Nel corso del 1800 si svilupparono (in Europa) le prime teorie razziste, che maturando portarono alla Soluzione finale al problema zingaro (Decreto Himmler del dicembre1942), con conseguente deportazione ad Auschwitz-Birkenau. In una notte fra gli ultimi di luglio e i primi di agosto del 1944, tutti i rom e sinti dello Zigeunerlager furono “gasati”. Vennero eliminati conseguentemente a false e grossolane ricerche pseudo scientifiche, si attestava che i rom e sinti avessero un gene, il gene del nomadismo, l’istinto del nomadismo, il Wandertrieb. I rom e sinti protagonisti di una tragedia storica significativa il “Porrajmos”, il genocidio, mezzo milione di rom e sinti, cifra raccolta per difetto, sterminati nei campi di concentramento nazisti in quanto nati zingari.
La “Porrajmos” ha colpito tutti i rom e sinti in Europa, anche la mia comunità, i fascisti Italiani, dopo un primo censimento sul territorio nazionale, deportano le famiglie zingare presenti nel regno nei campi di concentramento, fra queste c’erano anche i miei genitori, che vengono deportati nel campo di concentramento di Tossiccìa in Abruzzo, a cui per fortuna sopravvivono. Non sopravvive invece mio nonno, che viene deportato a Birkenau; mia zia, anch’essa deportata a Birkenau, invece sopravvive, ha anche patito gli esperimenti del dottor Mengele (responsabile medico a Birkenau), e quindi torna, come dice mio padre, “un po’ strana”.
Il dottor Mengele, l’angelo della morte, amava fare gli esperimenti sui bambini zingari; probabilmente tali esperimenti miravano a capire se si potevano ripopolare certe zone occupate o rimpolpare la popolazione tedesca dopo le perdite subite al fronte, un genocidio, migliaia di famiglie rom e sinti sterminate, il “Porrajmos”, la”Profanazione”. Non vogliamo imporre il nostro protagonismo o vantare una titolarità su quello che è stato per noi il “Porrajmos” la “Profanazione”, sicuramente comprendiamo l’importanza e la difficoltà di poterne parlare.
In Italia la maggior parte dei rom e sinti, oggi, si colloca nella dizione “fasce deboli”, compresi coloro che i continui sgomberi hanno precipitato, solitamente a Milano nel degrado più completo.
Attualmente, attraverso l’Ordinanza del Governo Berlusconi (Ordinanza n°3677 del 30 maggio 2008), per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione alla presenza di comunità nomadi nel territorio della Regione Lombardia, ed in applicazione dell’art. 1 lettera c della sopracitata Ordinanza, si è istituito un vero e proprio archivio “etnico”, parallelo a quello civile, presso la Prefettura, con una evidente violazione dei diritti costituzionali di eguaglianza di fronte alla legge e con il rischio di un uso discriminatorio dei dati raccolti. Se n’è parlato poco, poche sono state le istituzioni attente, con un forte rischio di un intervento istituzionale differenziale di carattere discriminatorio, fondato sulla distinzione “etnica”. Per comprendere la complessità del processo in corso, bisogna però tornare al dicembre 2006, con l’imposizione di un Patto di Legalità e socialità, proposto da don Colmegna (Casa della Carità) e recepito da Letizia Moratti, che oggettivamente, al di là della funzione transitoria della gestione di questo o quell’insediamento, presenta i rom e sinti come “problema sociale” da considerare e trattare come un fatto eccezionale e con strumenti derogatori.
Se, infatti, nelle intenzioni di alcuni dei proponenti, il Patto avrebbe dovuto innescare un circolo virtuoso, coniugando gli interventi di legalità con quelli di solidarietà, al punto da venir proposto dal Commisario Europeo Frattini come modello per l’Europa, nei fatti si segna un salto di qualità, indicando le Comunità rom come gruppi associali particolarmente esposti alla devianza. Il Patto, cioè, viola alcuni basilari principi costituzionali in quanto non si rivolge ad un soggetto individuale ma ad una entità collettiva, in cui unico denominatore comune è l’appartenenza etnica.
Al carattere demagogico si associa l’umiliazione delle persone per bene; i delinquenti, poiché sono tali, lo firmeranno senza patemi e continueranno ad essere delinquenti, gli onesti, lo firmeranno continuando ad essere tali, con la differenza che la loro dignità sarà calpestata.

Giorgio Bezzecchi

La bandiera Rom sul pennone

Lussemburgo, 15-17 settembre 2006. La bandiera (Eppur si muoveNevertheless in motion, 2002 – 2006 tessuto in nylon, cm 900 x 600) è stata esposta sul principale pennone del Paese dove solitamente sventola la bandiera lussemburghese, che viene ammainata solo in caso di una visita di Stato di un rappresentante di un’altra nazione quando si sostituisce con quella del paese ospitato.

La bandiera è rimasta innalzata i tre giorni del fine settimana che hanno coinciso con l’inaugurazione della mostra antologica, Ovunque a casa propria (At home everywhere, Überall zu Hause), di Luca Vitone.

L’immagine sintetizza il disegno di due bandiere, quella anarchica e quella che rappresenta il popolo rom e sinti. Una ruota rossa su fondo nero, espressione di un’idea di nomadismo libertario che afferma il desiderio del muoversi liberamente tra i luoghi del nostro vivere.

Luca Vitone