Rivista Anarchica Online


 

Silvio visto da
Stoccolma

Uno dei titoli più popolari presentato al festival del cinema di Venezia è giustamente intitolato “Videocracy”, documentario di una compilation abile di filmati di repertorio contemporaneo che descrive l’Italia come uno specchio dell’impero televisivo commerciale del primo ministro Silvio Berlusconi. Nella videocrazia che è l’Italia, l’immagine è la chiave del potere e Berlusconi è indicato come un maestro della propria immagine. Il Premiato documentarista Erik Gandini (“Surplus“, “GITMO”), nato in Italia che ora vive in Svezia, presenta un caso convincente senza ricorrere alla satira diretta o al commento politico à la Michael Moore, e il film ha un fascino morboso che ha effetto sia in un teatro così come in TV.
Anche se lo stesso Berlusconi – l’uomo, oligarca, personalità tabloid e vittima di chirurgia plastica – ha un valore innegabile d’intrattenimento, Gandini è più interessato a quello che potrebbe essere definito l’effetto Berlusconi. Quello che è l’impatto di Berlusconi sulla cultura italiana, in particolare su quelli per i quali la celebrità è potere. Ed è per questo, per caso o volutamente, “Videocracy” finisce con uno specchio più grande sul mondo.
Mentre Berlusconi è al centro del film, egli condivide tempo dello schermo con molti altri che Gandini ha scelto come simboli d’Italia di oggi –presentazioni persuasive (e ipnotizzanti e repellenti) delle figure di grandi dimensioni nella scena culturale pop: Lele Mora, agente di grande successo che dice il suo amico Silvio è “un grande uomo, un grande leader. Lui in realtà non arriva fino ai livelli dell’ideologia, dei metodi e delle modalità di Benito Mussolini, ma è ancora una grande figura.” Poi, con un sorriso sul volto, suona inni fascisti e mostra foto naziste sul suo telefono cellulare. C’ è poi Fabrizio Corona, un mercenario di foto dei paparazzi che cattura le celebrità nei momenti compromettenti, foto che vende poi di nuovo ai vip che vogliono evitare la pubblicazione in una miriade di riviste di gossip in Italia. Entrambi questi personaggi hanno un fascino agghiacciante, ma non si capisce perché il film dedichi così tanto tempo a Corona, un personaggio relativamente minore, che, tra le altre cose, si lascia filmare completamente nudo nel suo bagno.
È quando il film si concentra su Berlusconi che mette veramente a fuoco e diventa più rivelatore. Ci sono filmati della famosa villa di Berlusconi in Sardegna, girati dalla terrazza del suo vicino, il cui proprietario Marella Giovannelli scatta foto di ospiti del partito del primo ministro e le vende online.
Non è un bel quadro di Italia che emerge, e possiamo solo dire che è un poco troppo pessimista, visto che non copre tutti quelli che in Italia a gran voce resistono alla terra bruciata della televisione di Berlusconi. Tuttavia, le immagini d’archivio ci documentano il cambiamento che è venuto nel paese negli ultimi 30 anni, dai primi spettacoli di rottura di casalinghe che fanno lo strip-tease in TV alla incessante sfilata di aspiranti che danzano in lizza per la possibilità di mostrare seni e sederi come veline.
Il montaggio di apertura del film di queste immagini, insieme con la musica minacciosa di Johan Soderberg, crea un senso nauseante di pornografia di famiglia che è difficile da dimenticare. La maggior parte di tutti, il potere della TV di manipolare i giovani italiani immagini di sé si presenta come qualcosa che avrà un impatto duraturo in un lontano futuro.
Il trailer di questo film, che è stato bandito dalla RAI (e, naturalmente anche dalle reti di Mediaset), lo potete vedere a:
http://www.telegraph.co.uk/culture/culturevideo/filmvideo/cinema-trailers/7762165/Videocracy-Trailer.html.
Il film, per la maggior parte parlato in italiano con sottotitoli in inglese, lo potete vedere su http://netflix.com, dove è disponibile in streaming video.

Enrico Massetti

 

Il gabbiere Fabrizio
De André

È uscito nelle librerie Il libro del mondo. Le storie dietro le canzoni di Fabrizio De Andrè, di Walter Pistarini (Giunti, Firenze 2010, pagg. 320, €22,00). Ne riproduciamo l’introduzione dell’autore.

“Non c’è un libro che spieghi tutte le canzoni di Fabrizio De André?” È questa la domanda più comune e più difficile che spesso mi fanno sul sito www.viadelcampo.com.
De André viene “scoperto” di continuo, e chi si avvicina alle sue canzoni magari guidato dalla Guerra di Piero o da Marinella presto scopre che c’è un mondo molto più esteso di quanto sembrava e che quello che sembrava bello viene continuamente superato da altro ancora più bello.
Ma per quanto si presti attenzione, per quanto si riascoltino le canzoni, rimane spesso un che di sfuggente, come se la canzone, benché oltremodo stimolante, nasconda ancora altri messaggi, altri contenuti. E come un buon brano di musica classica, ad ogni riascolto si riscopre qualcosa, nonostante permanga la sensazione che qualcosa ancora sfugga. Credo sia una sensazione che accomuna molti appassionati, e che, appunto, fa scattare la domanda di ricerca di aiuto.
Non che non ci siano stati tentativi di risposta, anzi. La rete è ricca di discussioni e materiale molto interessante. Ci sono moltissimi siti che raccolgono e organizzano materiale su De André con amore e passione. Oltre al mio, mi piace segnalare quello della Fondazione http://www.fondazionedeandre.it/index.html, con una rassegna stampa indispensabile per ogni studio; e poi quello di Marcello, http://www.faberdeandre.com/ ricco e raffinato, con molti video; quello di Giuseppe, http://www.giuseppecirigliano.it, e quello di Giacomo, http://www.creuzadema.net. Segnalo poi una mailing list, ora praticamente inattiva (ma potrebbe risvegliarsi dal suo torpore): http://it.groups.yahoo.com/group/fabrizio/ e comunque nel suo archivio ci sono migliaia di post molto stimolanti e interessanti. Per finire un paio di forum: http://www.faberdeandre.com/forum/ e http://deandre.forumfree.it.
In ultimo, ma non per interesse, nasce un nuovo sito, con la sua particolarità: http://tangoitalia.com/fabrizio_de_andre/ la versione in italiano e inglese di “L’altro Fabrizio”, un sito dedicato alle idee anarchiche di Fabrizio de André. Nel sito ci sono molti video con le canzoni di Fabrizio, completi di parole e commenti, in italiano e inglese (e in dialetto genovese quando necessario).
E che dire dei libri? Ad un mio rapido conteggio ne ho listati 94, senza contare quelli sulla musica italiana. E gli articoli di giornali, i video, le interviste?
Bene. Questo è tutto il materiale che ho utilizzato per scrivere “il libro che avrei voluto leggere”. Sul sito avevo già cominciato, da tempo, a migliorare della FAQ (domande più comuni su De André) e raccogliere documentazione. Nei due anni che mi ci sono voluti per la stesura del libro ho raccolto quello che avevo già ed ho rielaborato il materiale succitato. Ho solo esteso le ricerche delle fonti, e quindi Brassens, Dylan,Cohen e qualcos’altro. È stata un’avventura entusiasmante, molto più di quanto avessi mai creduto possibile. Studiando con molta attenzione i testi, le fonti, le interpretazioni altrui, le interviste ho praticamente riscoperto tutte le canzoni di Fabrizio De André. Ho capito appieno cosa vuol dire Ivano Fossati quando definisce De André “un letterato prestato alla musica”. Infatti ogni singola canzone ha un substrato culturale impressionante. Sally, tanto per fare un piccolo esempio, è ricchissima di citazioni: inizia dalla filastrocca inglese “My Mother said that I never should / Play with the gipsies in the wood” ma poi va per la sua strada con richiami a Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez (Pilar) e El Topo di Jodorowsky… Sappiamo tutti che Smisurata preghiera è stata scritta utilizzando versi di Mutis. Quello che è meno noto è che De André ha sì preso versi da Mutis, ma li ha piegati al suo messaggio. Mentre in Mutis Maqroll che è un gabbiere (il marinaio che sta sulle vele più alte) e vede tutti dall’alto, in Smisurata preghiera è la maggioranza che sta alta e distante.
De André mantiene sempre la sua visione, molto particolare, sicuramente anarchica, di un anarchismo fiducioso nel prossimo, attento alle esigenze degli ultimi. Secondo me De André aveva la rara capacità di saper leggere “Il libro del mondo” è questo è quello che spero si riesca a intravvedere in questo testo.

Walter Pistarini