Rivista Anarchica Online


dossier gli Anarchici contro il fascismo

Anarchici a Piombino
di Federazione Anarchica Piombinese

L’attivo impegno degli anarchici piombinesi contro il fascismo, prima e durante la Resistenza.

 

Nei primi mesi del 1921, quando già in tutta la Toscana si è scatenata l’offensiva fascista, Piombino non conosce ancora la violenza squadrista e ancora per più di un anno resisterà al cerchio nero che la stringe.
A differenza di altri luoghi, a Piombino il fascismo nasce all’ombra delle ciminiere con il denaro dei “dirigenti” dell’ILVA e della Magona, le due fabbriche siderurgiche più importanti della città, occupate nel ’20 dagli operai armati. Questi due colossi industriali non forniscono solo i finanziamenti, ma anche i gregari per le azioni teppistiche trasformando in squadracce nere le guardie dei due stabilimenti, gente abituata da sempre all’odio antioperaio. Tuttavia questi primi fenomeni del l’ondata fascista non trovano lo spazio per ingrandirsi e attecchire perché circoscritti da una classe lavoratrice estremamente combattiva e rivoluzionaria, fortemente influenzata sia dagli anarchici, sia dagli anarcosindacalisti della locale Camera del Lavoro federata all’USI.
Per avere un’idea di questa influenza basta guardare i risultati delle elezioni politiche del ’19, con 3.483 schede bianche contro 1.487 voti socialisti, su un totale di 6.098 votanti ed alla composizione delle Commissioni Interne dell’ILVA e della Magona con 15 delegati anarcosindacalisti dell’USI contro i 5 delegati socialisti e comunisti della FIOM.
È così che alla fatidica “marcia su Roma” nell’ottobre del ’22, il fascismo piombinese non arriva nemmeno a cento teppisti. Prima del ’22 i fascisti locali non osano tenere i loro raduni nella città; anzi ogni volta che lo squadrismo pisano, senese o fiorentino compiva qualche “impresa” doveva subire l’ira degli anarchici e degli Arditi del Popolo.
Il lento affermarsi del fascismo a Piombino in certa misura è da attribuirsi anche all’azione sprovveduta della CGL e del Partito Socialista che, assieme agli esponenti dei vari partiti, degli industriali e dei fasci di combattimento, forma un Comitato Cittadino per pacificare la città e risolvere la crisi dell’industria siderurgica che minacciava di chiudere, licenziando tutte le maestranze.
Questo riconoscimento ufficiale delle forze socialiste verso il nascente fascismo è l’equivalente locale della stessa politica che a livello nazionale porterà al Patto di Pacificazione fra fascisti e socialisti. Sarà proprio il Comitato Cittadino che, purgato dagli elementi socialisti, prenderà in mano l’amministrazione di Piombino dopo la conquista della città.
Ovviamente a questo Comitato Cittadino sia gli anarchici che la Camera del Lavoro federata all’USI rifiutano di partecipare, ribadendo che non è possibile nessuna pacificazione sia con gli industriali sia con i fasci di combattimento, ma che anzi è dovere rivoluzionario scendere nelle piazze e combattere per soffocare la violenza fascista.
Furono infatti proprio gli anarchici e gli anarcosindacalisti i maggiori sostenitori e attivisti degli Arditi del Popolo. Per iniziativa del deputato socialista Giuseppe Mingrino si era costituito a Piombino il 144° battaglione degli Arditi del Popolo, cui aderivano gli anarchici e l’ala comunista del Partito Socialista, che dopo poco esce dal partito per formare il Partito Comunista. Presto però i comunisti usciranno da queste formazioni operaie di difesa ed anzi una circolare dell’esecutivo del PCd’I diffida tutti i militanti dall’entrare negli Arditi o anche solo di avere contatti con loro. Dopo questa defezione, gli Arditi del Popolo a Piombino saranno costituiti quasi esclusivamente da elementi anarchici e anarcosindacalisti e saranno loro a sostenere le lotte dure e spesso sanguinose che impediranno, nella metà del ‘22, ai fascisti di entrare a Piombino.

La sede della Camera Sindacale
dell’USI di Piombino
all’inizio degli anni ‘20
dello scorso secolo

L’attentato al socialista Mingrino, il 19 luglio 1921, fa scattare per la prima volta gli Arditi. Essi attaccano il “covo” dei fascisti piombinesi ma lo trovano deserto, quindi casa per casa e nei luoghi di lavoro catturano i fascisti e costringono un loro capo, il direttore del Cantiere navale, a firmare un atto di sottomissione.
Le Guardie Regie corse in aiuto dei fascisti vengono sopraffatte e disarmate.
Solo dopo alcuni giorni la reazione degli Arditi termina e le forze dell’ordine riescono a riprendere il controllo della città.
Intanto il 2 agosto socialisti e fascisti firmano a Roma il Patto di Pacificazione. Gli Arditi affiggono a Piombino un manifesto: “Non vi può essere nessuna possibilità di pace, in questo momento, tra il proletariato piombinese e i suoi sfruttatori... gli arditi del popolo resteranno vigili ed armati contro gli sgherri neri”.
Il 3 settembre l’anarchico Giuseppe Morelli sorpreso ad affiggere manifesti contro il Patto di Pacificazione reagisce con la pistola alle guardie regie ed ai fascisti, rimanendo ucciso nel conflitto.
Durante la notte, prevedendo la reazione degli anarchici, la Polizia irrompe nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro (durante i turni notturni) arrestando oltre 200 compagni. Privati gli arditi e gli anarchici dei loro militanti politici e sindacali più attivi, i fascisti capirono che quello era il momento per sferrare il loro attacco. Prima incendiarono la sezione socialista, poi la Camera Confederale e la tipografia la Fiamma, e quindi si diressero verso la Camera del Lavoro sindacale, ma si scontrarono con una pattuglia di giovani anarchici, fra cui: Landi, Lunghi, Venturini, Marchionneschi, Panzavolta, Franci, Messena Lucarelli. Giungevano nel frattempo gruppi di operai e la polizia fu costretta ad arrestare i fascisti per salvarli dalla sana ira popolare.
Racconta Armando Borghi: “Una conferenza la tenni a Piombino, presente il deputato comunista Misiano. I fascisti lo avevano scacciato dal Parlamento, minacciandolo di morte, e lui si era rifugiato sotto la protezione degli anarchici, nella cittadina toscana, tenuta ancora dai nostri alla fine del 1921”.
I fascisti tentarono la conquista di Piombino il 25 aprile del ’22, ma giunti alla periferia della città, trovarono gli anarchici e gli Arditi che rapidamente misero in fuga le camice nere.
Frattanto, dopo la riapertura degli stabilimenti siderurgici, manovrando abilmente con le assunzioni discriminate per rendere più debole la compattezza operaia (Piombino anche allora era una città-fabbrica) le direzioni aziendali preparavano il colpo definitivo, essendosi anche assicurata la totale collaborazione del Comitato Cittadino.
Un’altra vittima fu il giovane anarchico Landi Landino (21 maggio 1922), che i fascisti tenevano presente come il principale artefice delle loro “ritirate”.
Il 12 giugno (dopo un incidente appositamente creato dove rimaneva ucciso uno studente fascista e per i funerali del quale giunsero in città i fascisti di tutta la zona) gli squadristi e le guardie regie inviate da Pisa a “ristabilire l’ordine” si impadronivano della città.
Dapprima occupano il Comune e la Pretura, poi i fascisti assaltano e distruggono le sedi del Partito Socialista e della CGL. Per tutta la notte e tutto il giorno dopo, con centinaia di assalti, le squadracce tentano la conquista della Camera Sindacale dell’USI e della tipografia del giornale anarchico “Il martello”, sempre respinti. Solo dopo un giorno e mezzo di combattimento, fascisti e guardie regie riescono a piegare anche gli anarchici.
Il fascismo era passato anche a Piombino ed i compagni più in vista trovarono scampo nell’espatrio; altri dovettero subire persecuzioni e angherie durante tutto il regime fascista.
Prendiamo ad esempio le vicende di due compagni: Egidio Fossi e Adriano Vanni.
Egidio Fossi, condannato nel ’20 dalle Assise di Pisa a 12 anni e 6 mesi, 2 anni dei quali trascorsi in segregazione a Portolongone, gli altri in varie galere. Venne liberato per amnistia nel mese di ottobre 1925, fu poi perseguitato ripetutamente, ammonito e minacciato dai fascisti, finché espatriò clandestinamente in Francia. Anche all’estero non sfuggì alla persecuzione e comincio così la vita randagia del fuoriuscito, braccato anche dalla polizia francese.
Alla notizia che in Spagna il popolo era insorto contro il tentativo di “golpe” franchista, non mise tempo in mezzo e raggiunse nell’agosto 1936 la colonna italiana Francisco Ascaso; partecipando a tutte le azioni sul fronte aragonese di Huesca, rimanendo a combattere in Spagna fino al marzo del 1939; fu poi internato nel campo di concentramento di Gurs e mandato nelle compagnie di lavoro. Nel 1940 fu fatto prigioniero dai tedeschi, venne quindi tradotto in Italia e assegnato al confino di Ventotene per 5 anni. Fu liberato nel settembre 1943; poté rientrare a Piombino nel 1945, dove riprese il suo posto nelle file anarchiche e come operaio all’Italsider.
Adriano Vanni, condannato insieme a Egidio Fossi e scarcerato nello stesso periodo fu subito bastonato a sangue dai fascisti; dovette riparare all’estero, ma anche qui ebbe vita difficile. Rientrato in Italia dopo qualche anno, cominciarono di nuovo le persecuzioni del regime e le bastonature dei delinquenti in camicia nera. Partecipò attivamente alla sommossa della popolazione contro i nazifascisti del 10 settembre 1943. La lotta partigiana lo vide fra i più validi animatori della resistenza e assieme ad altri libertari operò in formazioni che agivano nelle zone all’interno della Maremma; fece parte anche del nucleo periferico del CLN. A liberazione avvenuta, nonostante si ritrovasse faccia a faccia con molti dei suoi aguzzini del ventennio, ebbe la forza morale di non vendicarsi.
Altri compagni dovettero prendere la via del fuoriuscitismo da Piombino, come Franci Dario, Bacconi, (dirigente dell’USI), Agnarelli Smeraldo, e altri ancora. A Torino si trasferirono compagni come Guerrieri Settimo, Baroni Ilio (caduto nelle formazioni GAP), Bellini e Cafiero. I compagni che riuscirono a rimanere a Piombino non rimasero immuni da ammonizioni e minacce e, quando venivano personalità del regime, erano prelevati dalle loro abitazioni e tenuti in carcere per 3 o 4 giorni.

Federazione Anarchica Piombinese