Rivista Anarchica Online


dossier Cuba

Cyberspazio e libertà d’espressione
di Daniel Pinos

Nonostante censure, autocensure e i mille occhi (ed orecchie) del Grande Fratello, Internet rappresenta un possibile canale di libertà di informazione e di contatti.

 

Dal 1959 il presidente Fidel Castro è stato il leader indiscusso di Cuba. Negli anni ’90, con il crollo dell’URSS, Cuba ha visto un significativo calo degli aiuti economici dagli antichi alleati; da qui una crisi, aggravata dall’embargo economico degli USA del 1962. I cambi politici nell’antico blocco dell’Est hanno obbligato Fidel a cercare nuove alleanze in America Latina. Il miglioramento delle relazioni con il continente ha raggiunto l’apogeo nel 2005/2006, con l’arrivo al potere in molti paesi di coalizioni di sinistra, unite da idee populiste, un forte sentimento antiamericano e relazioni economiche. Nel 2006 il potere presidenziale è passato al fratello Raúl. Alcune dichiarazioni hanno evidenziato il bisogno di riforme economiche e strutturali e il miglioramento delle relazioni con gli USA, ma non è cessato il controllo del regime sul popolo. Nel luglio 2007 Raúl ha chiesto al popolo di iniziare un dibattito sulle trasformazioni da realizzare nelle strutture del paese. Si sono riunite le organizzazioni studentesche, le associazioni di quartiere e i sindacati. Dalla base sono sorti nuovi spazi e forme d’espressione, per un nuovo sviluppo della società civile. Internet e la posta elettronica sono fondamentali nella diffusione delle opinioni. Queste esperienze rivelano “dissidenze” che le autorità considerano opposizione allo Stato e contraddizioni interne al sistema. È interessante che, contrariamente ai gruppi minoritari che desiderano una restaurazione liberale che porterebbe il paese oltre alla rivoluzione, altri gruppi sociali “dissidenti”, partendo dalle loro istituzioni e dai loro valori della rivoluzione, continuano a identificarsi con il socialismo. Artisti e scrittori denunciano le vecchie pratiche culturali e la censura; gli economisti propongono nuove forme cooperative dando il potere al popolo; i militanti di base si appellano alla riforma per rinvigorire l’esperienza socialista; i sociologi e gli psicologi studiano la povertà e il razzismo. Per diffondere i loro lavori ricorrono al cyberspazio.
A Cuba le numerose forme d’espressione – politica, culturale, religiosa o basata sull’identità – sono penalmente represse con arresti, pubbliche molestie, minacce poliziesche, vigilanza, controllo della residenza, restrizione dei viaggi o perdita dell’impiego. Le draconiane regolamentazioni comprendono la libertà d’espressione e d’associazione e riguardano numerose fasce della società cubana. Le relazioni turbolente tra Cuba e gli USA gettano un’ombra sull’evoluzione economica e politica dell’isola. L’immigrazione clandestina da Cuba agli USA continua senza sosta. Negli ultimi anni, i guardacoste americani hanno intercettato migliaia di cubani che cercano di attraversare lo stretto della Florida, impedendo così il loro sviluppo economico. Questo è stato il pretesto per ristringere severamente la libertà d’espressione e altri diritti civili e politici. Nel quadro giuridico, il diritto di libertà d’espressione è al servizio della realizzazione degli obiettivi dello Stato socialista. L’intimidazione, le molestie e l’arresto di artisti, scrittori, giornalisti, dissidenti e militanti dei diritti umani è frequente.

Uno dei 10 Paesi al mondo con più censura

La Costituzione cubana aggiornata nel 1992 si basa sul marxismo e il leninismo. Art. 5: il Partito Comunista è il motore dello Stato e della società, che “organizza gli sforzi comuni orientati verso gli elevati obiettivi della costruzione del socialismo”. In virtù dell’art. 53, la libertà d’espressione è riconosciuta sempre e quando sia “in armonia con gli obiettivi di una società socialista”. L’art. 62 enuncia le specifiche restrizioni in tutte le libertà concesse ai cittadini, inclusa quella d’espressione, e dichiara che nessuna di queste libertà “può essere esercitata se contraria a quanto stabilito dalla Costituzione e dalla legge”. Queste libertà non possono essere contrarie all’esistenza e agli obiettivi dello Stato socialista. Cuba è uno dei dieci paesi con più censura al mondo. Pur non esistendo una legge in merito, il Dipartimento d’Orientamento Rivoluzionario, sotto l’autorità del segretario ideologico dell’Ufficio Politico del Partito Comunista, si dedica al controllo della circolazione dell’informazione nella società cubana. Il Codice Penale è la base giuridica della repressione e della dissidenza. Si puniscono i punti di vista ritenuti antigovernativi o pro-americani, come la diffusione di informazioni non autorizzate.
Grazie alle disposizioni del Codice Criminale la Polizia Nazionale Rivoluzionaria può arrestare o mettere sotto vigilanza per pericolosità sociale, anche senza aver commesso alcun atto illegale. Con la legge sulla riaffermazione della dignità e della sovranità di Cuba, e la legge per la protezione dell’indipendenza nazionale e dell’economia si limita la libertà d’espressione. L’art. 91 del Codice Penale è stato approvato in seguito alla promulgazione negli USA della legge Helms Burton (1996) che rafforza l’embargo su Cuba. L’art. 91 del Codice Penale stabilisce che “la persona che, nell’interesse di uno Stato straniero, commette un atto per causare danni all’indipendenza dello Stato cubano o all’integrità del suo territorio, sarà punita da dieci a vent’anni di carcere, o alla pena di morte”. Le attività dei giornalisti stranieri a Cuba sono controllate dal Centro Stampa Internazionale (CPI). Per stare a Cuba necessitano di un visto speciale. Il CPI può ritirare arbitrariamente i visti di chi non accetta le regole di cooperare intensamente con le autorità dell’immigrazione, dipendenti dal Ministero dell’Interno. Le agenzie straniere non possono contrattare un giornalista cubano come corrispondente senza la mediazione del ministero degli Affari Esteri. La costituzione cubana non prevede il diritto di richiedere informazioni al governo. È strettamente controllato l’accesso a numerosi documenti degli Archivi Nazionali e delle biblioteche. L’accesso ai documenti governativi è limitato dalle norme di sicurezza previste dalla legge sui segreti di Stato (1973).
La legge sui segreti di Stato si applica a tutti i documenti amministrativi dello Stato e la sua violazione è punita dal Codice Criminale. L’assenza di mezzi di comunicazione indipendenti lascia poco spazio a un dibattito politico aperto. A Cuba solo il Partito Comunista è legale. I candidati alle elezioni per le assemblee nazionali, provinciali e municipali sono selezionati su base individuale e nessun partito politico è autorizzato a fare campagna. Quasi tutti i cubani adulti appartengono ai comitati di difesa della Rivoluzione, con un ruolo fondamentale nella vita quotidiana: coordinare i progetti pubblici, proteggere e diffondere l’ideologia socialista, proteggere la rivoluzione dalle “attività controrivoluzionarie”. Non c’è una stampa indipendente: i media appartengono al Partito Comunista, che li controlla. I giornali sono pubblicati dal governo cubano. Quasi tutti i cinquantotto canali televisivi cubani appartengono allo Stato. Si trasmettono programmi educativi dell’Università per Tutti ma anche programmi brasiliani e messicani, e le telenovelas colombiane. Si producono film, libri e musica; ma il controllo sulla cultura e sulle arti vieta la diffusione nei canali ufficiali delle forme d’espressione considerate controrivoluzionarie, e gli artisti che ricorrono a circuiti di produzione alternativa possono essere incarcerati.

Carcere preventivo

Nell’ottobre del 2006 solo il 2% dei cubani accedeva a internet. I due server esistenti sono della Compagnia Telefonica di Cuba. Il governo accusa l’embargo dell’ostruzione all’accesso alle nuove tecnologie. C’è bisogno di cavi per sviluppare una rete a basso costo, e i server devono usare connessioni satellitari molto care. Con la crescente popolarità di internet, nel 1996 il governo ha adottato il decreto legge “Accesso dalla Repubblica di Cuba alla rete mondiale dei computer”, che stipula che internet non deve violare i principi morali della società cubana e le leggi del paese. Risalgono al 2000 le restrizioni per la creazione di un centro di tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni. Chi vuole accedere privatamente a internet deve presentare “valide ragioni” e ottenere l’approvazione di un “comitato locale”. Una connessione illegale può condurre a cinque anni di reclusione. A Cuba ci si può connettere in due modi: uno meno caro permette l’accesso solo alla posta nazionale, l’altro consente la navigazione internazionale. Un’ora costa quanto un terzo del salario mensile medio. A chi usa parole sospette un messaggio automatico chiude la mail per ragioni di sicurezza.
Nelle comunicazioni quotidiane c’è molta auto-censura. Secondo il Codice Penale chi scrive un articolo per una pagina web straniera può essere considerato un “controrivoluzionario”, punibile con vent’anni di carcere. Secondo il Codice Criminale, il governo può ordinare la detenzione prima del processo, o la vigilanza, anche se non è stato commesso nessun reato. Questa minaccia di criminalizzazione comprende l’attività di stampa e dei lavoratori nei media. Anche senza ricorrere a misure tanto estreme, esistono molte forme di violenza e di intimidazione dirette ai giornalisti e ai militanti dei diritti dell’uomo. I comitati per la difesa della Rivoluzione e le brigate di rapido intervento sono gruppi organizzati localmente che vigilano le “attività controrivoluzionarie” con atti di “ripudio”, violenza verbale o intimidazioni, aggressioni fisiche, pietre scagliate contro le case dei cubani considerati “nemici dello Stato”. Artisti, scrittori, giornalisti o difensori dei diritti umani sono maltrattati, minacciati e incarcerati, considerati dissidenti che cercano di abbattere il potere del governo cubano e i valori del sistema socialista. In numerosi casi, sono perfino accusati di essere finanziati e manovrati dagli USA. Nel 2003 novanta militanti per la democrazia sono stati arrestati, e settantacinque processati e riconosciuti colpevoli di aver cercato di abbattere l’autorità statale, di essere spie al soldo degli USA o di aver rilasciato false dichiarazioni alla stampa straniera sull’economia. Tra i condannati ci sono ventidue giornalisti, con detenzioni che vanno dai sei ai ventotto anni.
Il Codice Penale ha depenalizzato ufficialmente l’omosessualità, ma “il comportamento omosessuale che provochi pubblico scandalo” può essere punito con detenzioni fino ai dodici mesi. La polizia continua a vigilarne i locali. L’Associazione Cubana di Gay e Lesbiche, nata nel 1994, è stata proibita, e i suoi membri arrestati. La firma di Cuba di un patto internazionale, nel febbraio 2008, relativo ai diritti economici, sociali e culturali, e di un altro patto sui diritti civili e politici, offre allo Stato la possibilità di rispettare gli impegni in materia di diritti fondamentali quali la libertà d’espressione, di associazione e di movimento. Nonostante l’arsenale repressivo messo in moto dallo Stato, e le minacce che pesano su di loro al minimo segno di chiusura politica, i nuovi attori del cyberspazio sfidano la tranquillità dei burocrati e dei tecnocrati cubani. A Cuba vige la repressione ma i progetti che aprono nuovi spazi sono un elemento indispensabile per la consolidazione di un progetto rivoluzionario. Per il professor Jorge Luis Arcanda, lo sviluppo del cyberspazio “è indubbiamente una novità, ma anche la speranza di un popolo nella scommessa di scrollarsi di dosso il giogo e l’alienazione del capitalismo”.

Daniel Pinós
(traduzione di Arianna Fiore da “Tierra y Libertad”, aprile 2010)