Rivista Anarchica Online


dossier (in)giustizia

Il caso Mastrogiovanni
di Angelo Pagliaro

Entrato vivo e uscito morto dal reparto psichiatrico dell’ospedale di Vallo della Lucania (Sa), il maestro anarchico Francesco Mastrogiovanni è al centro di una vicenda giudiziaria che sta progressivamente mettendo a nudo una realtà di detenzione ospedaliera, di comportamenti e di omissioni davvero impressionante.
Il “Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni” sta portando avanti una battaglia politico-giudiziaria della quale ci sentiamo parte attiva.

 

Superficie e profondità di un delitto di Stato
di Angelo Pagliaro

Ritorniamo sulla vicenda della morte del maestro anarchico Francesco Mastrogiovanni in un letto del reparto psichiatrico dell’Ospedale di Vallo della Lucania (Salerno).
Uno dei tanti casi di “omicidio di Stato” venuto alle luci della ribalta nonostante i tentativi del Potere di nascondere tutto.

“Se si fosse trattato unicamente dell’ennesimo caso di persecuzione politica, di accanimento individuale, di punizione per lesa maestà, considerati i casi Aldovrandi, Cucchi, Bianzino, Lonzi ecc. l’analisi per cercare di comprendere le cause di questo efferato delitto sarebbe stata ugualmente triste ma relativamente semplice: impreparazione del personale, protocolli non applicati, comportamenti inaccettabili, disprezzo dei deboli ma, purtroppo, non è stato solo questo”.

Questa è una delle dichiarazioni che Giuseppe Galzerano, amico di Francesco Mastrogiovanni, ha rilasciato alla nostra rivista.

“Nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo della Lucania – aggiunge Galzerano – il trattamento di contenzione, riservato a Mastrogiovanni, stroncato da un edema polmonare, il 4 agosto 2009, dopo 80 ore di contenzione, legato mani e piedi a un letto, alimentato solo con liquidi che hanno contribuito al suo decesso, è risultato che veniva applicato anche ad altri pazienti senza che ve ne fosse richiesta e/o necessità”.

A conferma di quanto dichiarato, a suo tempo, dal nostro interlocutore, il GIP del Tribunale di Vallo, Dr. Marrone ha emesso, giovedì 21 gennaio 2010, un’ordinanza d’interdizione dalla professione, per due mesi, di 12 tra medici e paramedici perché durante la visione del video shock, sequestrato nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo della Lucania, tra le altre atrocità che hanno indotto il giudice ad adottare il provvedimento, ha notato che vicino a Mastrogiovanni era stato legato al letto anche un altro paziente, M. G.. Quest’ultimo, si era ricoverato spontaneamente e quindi senza alcuna prescrizione di TSO, strumento, ricordiamolo, esposto per sua natura agli abusi, che mira alla psichiatrizzazione totalitaria dei comportamenti e a causa del quale si muore abbastanza spesso. Nell’ordinanza, a proposito di M. G., si legge:

“Solo fortunosamente nel corso della notte riusciva a bere dell’acqua da una bottiglia appoggiata su un tavolino, prima avvicinando il tavolino con un piede, poi facendo cadere la bottiglia ed in seguito addentandola con la bocca e riuscendo in tal modo a bere qualche sorso d’acqua”.

E pensare che alcuni psichiatri, a proposito del TSO, affermano che “legare un paziente vuol dire legare noi stessi” perché i regolamenti prevedono che i sanitari dedichino un’attenzione costante ai ricoverati e un monitoraggio continuo dei parametri vitali degli stessi (con conseguente annotazione sulla cartella clinica), operazioni possibili solo grazie ad una presenza assidua degli stessi nella stanza. Questa è la “superficie” di un dramma che ha sconvolto, nonostante i silenzi della grande stampa, delle televisioni nazionali e di un’opinione pubblica convinta che il mondo carcerario e psichiatrico siano lontani anni luce dalla propria quotidianità, la sensibilità di migliaia di cittadini di ogni parte d’Italia. Per indagare la “profondità” di una tragedia umana che è iniziata con un’ordinanza di TSO emessa da un sindaco di un paese estraneo alle vicende, ordinato (come si evince dalla relazione dei Carabinieri) alle 8,30 del 31 luglio 2009, ossia molte ore prima di acquisire i due certificati medici necessari, si sono mobilitate, in tutto il Paese, forze straordinarie e singole professionalità che si mantengono in contatto continuo con il comitato costituito dai familiari e dagli amici del maestro.
A seguito dell’ordinanza del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, si è proceduto ad un vero e proprio sequestro di persona (reato contestato dai giudici) a cui, a seguito della prolungata contenzione, durata quattro giorni e quattro notti, è seguita la morte di Franco Mastrogiovanni. In data 27 gennaio 2009, alle ore 10,45, sul Blog “La dimora del tempo sospeso”, nella sezione dedicata al maestro anarchico, sono apparse gravissime denunce da parte di anonimo (riconfermate nello stesso giorno in una seconda e mail alle ore 13,51 e il 2 febbraio in una terza alle ore 11,12) dove vengono riportati fatti gravissimi di sua conoscenza e perfino le iniziali di un infermiere del reparto – facilmente individuabile – con riferimento tra l’altro, a traffici illeciti e a una denuncia di violenza sessuale, verificatisi negli anni passati in quel reparto di psichiatria e dallo stesso denunciati senza alcun esito.
A nulla sono serviti gli appelli sul blog affinchè l’anonimo si recasse dai magistrati per esporre i fatti a sua conoscenza e il 4 febbraio 2010, Giuseppe Tarallo, Giuseppe Galzerano e Vincenzo Serra, a nome del Comitato, hanno presentato denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vallo della Lucania (SA) per chiedere di verificare se ci siano state responsabilità a carico di funzionari e dirigenti della struttura pubblica, nonché di coloro che hanno disposto o concorso all’emanazione ed all’esecuzione dell’Ordinanza di TSO a carico di Francesco Mastrogiovanni chiedendo, tra l’altro, al giudice:

come mai dalla lettura della relazione dei CC risulta che l’ordinanza di TSO è stata disposta alle 8,30 del 31 luglio 2009 ossia prima della redazione dei certificati medici e invece poi, gli stessi certificati, risultano essere alla base della stessa ordinanza che dalla relazione del comandante dei vigili urbani si evince che il sindaco di Pollica… abbia firmato solo dopo la convalida da parte della dr.ssa Di Matteo e quindi dopo aver acquisito i 2 certificati medici (cioè c.a verso le ore 12)?

La protesta verso l’impiego di penalità supplizianti verificatesi a Vallo della Lucania si è estesa anche ad altre città dove, nelle carceri o negli ospedali, su altri corpi di degenti sofferenti e bisognevoli di amore e di cure, sono stati inferti trattamenti crudeli, inumani e degradanti. A pag. 10 dell’atto del Tribunale del riesame di Salerno, difatti, si ribadisce: “l’ordine di contenere il Mastrogiovanni e il M. era illegittimo”. Ma non finisce qui, il giudice del riesame, tra l’altro, scrive che a Francesco poteva essere evitata la morte con un pronto intervento da parte anche dei soli infermieri argomentando anche in termini tecnici:

“l’edema polmonare non comporta un exitus immediato e quindi una volta riconosciutane l’insorgenza nel corso di uno dei negati accessi notturni da parte degli infermieri (X) e (Y) ben potevano essere predisposte manovre rianimatorie in grado di salvate la vita al paziente”.

Gli infermieri hanno applicato le tecniche di rianimazione quando il maestro era già morto e da diverse ore.

Luoghi “guantanamizzati”

I membri del Comitato rilevano però una contraddizione nelle argomentazioni del giudice del riesame quando, all’inizio del provvedimento, scrive che le carenze non giustificano un comportamento illecito da parte degli operatori sanitari e poi alla fine fa venir meno le esigenze cautelari proprio perché, nell’ospedale, ci sono carenze organizzative. In ogni caso, per il Tribunale del riesame risulta provato il nesso di causalità tra contenzione e morte, dato confermato persino dalla perizia presentata dagli avvocati degli operatori sanitari indagati. Altra verità che fa inorridire è contenuta nell’affermazione presente a pag. 9 laddove si afferma: “l’agitazione appare più collegata al prolungarsi della contenzione che alla patologia”. L’obiettivo più importante che la lotta per la verità e la giustizia per Franco si propone è quello di far si che non si verifichi più, in nessun luogo, ciò che si è verificato a Vallo della Lucania. Il Comitato, invitato ad un incontro dal Commissario dell’ex ASL Dott. Di Muzio, pur ringraziando, in una lettera aperta datata 8 febbraio 2010, ha dichiarato che nessun incontro con gli attuali amministratori dell’ASL sarà possibile se non si metteranno in essere quegli strumenti previsti dagli ordinamenti (inchiesta interna, rimozione dal servizio dei responsabili, costituzione di parte civile ecc.) per ridare a quel nosocomio la credibilità persa. Per gli amici e i compagni di Franco il reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania rientra, a pieno titolo, tra i luoghi “Guantanamizzati” del Paese, luoghi della memoria di una nuova Shoah penitenziaria e sanitaria che conta numerose vittime e che sembra non conoscere fine.

Gli arti di Francesco Mastrogiovanni,
dopo il trattamento ospedaliero

A questo punto alcune riflessioni sono d’obbligo e nascono dal groppo alla gola di noi tutti che, prima di scrivere, abbiamo dovuto verificare notizie incredibili e comportamenti inconcepibili che hanno consumato un fragile confine tra tortura e abbandono, tra accanimento e osservazione cinica di una morte evitabile. Tocca a noi, oggi, affrontare il problema delle colpe e delle responsabilità alla luce di un utilizzo aberrante del TSO che così come è stato applicato ha consentito di creare un clima da cerimonia punitiva dove ci si è abbattuti infrangendo la legge, su un corpo costantemente sedato impadronendosene per mostrarlo marchiato, vinto, spezzato, ferito, come nel caso di Franco, “fino alla carne viva”. Ed ora, come fanno notare giustamente i Filiarmonici,

“gli stessi carabinieri che avevano fatto il blitz contro Mastrogiovanni che passeggiava in ciabatte da mare, portano avvisi di garanzia a medici e infermieri. Lo stesso stato che ha determinato il danno, ora pretende di giudicarlo e di distribuire assoluzioni e forse anche condanne. Nei riguardi tutti, salvo che di sé stesso e delle sue leggi”.

Cosa significa per gli operatori sanitari essere stati testimoni silenziosi? Qual è stato il ruolo di tutte le parti, di chi ha visto e taciuto, di chi non si è opposto?

“L’enormità di questa tragedia fa sì che nulla possa esserne tralasciato, e che ogni gesto, ogni atto, ogni assenza, vada per necessità rilevata, sondata, discussa”.

Chi sono i colpevoli? C’è ancora qualcuno che crede, nel 2010, di possedere quel potere che nel diritto romano si chiama merum imperium, diritto in virtù del quale il principe fa eseguire la sua legge, ordinando la punizione del criminale? Il 26 febbraio 2010 il Tribunale del riesame di Salerno ha annullato l’ordinanza di interdizione affermando la non necessità delle esigenze cautelari richieste dal GIP Marrone, fermo restando l’impianto accusatorio del PM che viene ulteriormente avvalorato.

Francesco Mastrogiovanni

 

Quel maestro gigante

Quella di Francesco Mastrogiovanni è stata una vita breve e difficile. Il 7 luglio del 1972 fu arrestato per essere stato vittima di un’aggressione omicida da parte dei fascisti di Salerno (ci riferiamo alle vicende del processo Marini), il 5 ottobre 1999 gli sono state rimesse le manette ai polsi per aver protestato per una semplice multa per divieto di sosta a Vallo Scalo. Il maestro denuncia tutte le persecuzioni subite in venti anni: dall’arresto illegale, alle lesioni personali, all’abuso di autorità e calunnia. Per lui scattano gli arresti domiciliari presso l’abitazione familiare, a Castelnuovo Cilento e il compito di controllarne l’osservanza, guarda caso, viene affidato agli stessi carabinieri da lui denunciati. Questi meccanismi di osservazione ossessiva e capillare da parte dello Stato, messi in atto in un piccolo paese di provincia, dove esiste una sproporzione fra soggetti da controllare e controllori, insieme alle continue vessazioni, hanno provocato quelle idiosincrasie che Franco nutriva nei confronti di chi riteneva operasse, nei suoi confronti, forte della divisa che indossava, in modo irrispettoso, violento e illegale.
L’unica ancora di salvezza per la mente di quest’uomo, continuamente perseguitato, è stato l’insegnamento, il rapporto con i bambini della sua scuola. Gli scolari adorano il loro “maestro gigante” e le uniche proteste dei genitori sono sempre state avanzate perché era poco severo. Era riuscito a rimanere se stesso superando tutto e anche questa volta ha cercato, nonostante la sedazione, in un sussulto di dignità e di orgoglio, di defibrillare il rancore dei suoi novelli Caronte sapendo, perché lo aveva detto, che “Se mi portano all’ospedale di Vallo della Lucania, non ne esco vivo”.
Al pari di Schlomo, nel film “Train de vie” del regista Radu Mihaileanu, aveva capito tutto quel matto di un anarchico!

Angelo Pagliaro

 

La parola ai magistrati...

a cura di Angelo Pagliaro

Disamina dei punti salienti dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Salerno – Sezione riesame – in data 26 febbraio 2010, a firma dei Magistrati: Dott. Massimo Palumbo – Presidente; Dott. Giuliano Rulli – Giudice Dott. Pietro Indinnimeo – Giudice rel. Ecco le più significative affermazioni contenute nel provvedimento, raccolte per punti.

Sulla contenzione

“È evidente quindi che la contenzione non potrà mai essere dettata da motivazioni di carattere punitivo o giustificata per sopperire a esigenze organizzative. Da quanto detto discende come naturale corollario che, durante tutto il periodo in cui viene contenuto, il paziente dovrà essere assistito continuativamente e in maniera personalizzata”. (pag.7)

“Detta decisione, (il ricorso alla contenzione n.d.a.) posta per la sua natura, deve essere annotata nella cartella clinica sulla cui natura giuridica non può che condividersi il percorso logico giuridico già esplicitato dal GIP nella ordinanza applicativa della misura interdittiva. Inoltre, all’interno della cartella clinica, devono annotarsi tutte le terapie personalizzate collegate alla contenzione e si deve dare conto anche della durata della stessa che non può mai superare le 12 ore salvo casi eccezionali in cui può arrivare fino a 18 ore. Oltre detti termini il paziente deve essere liberato”. (pagg. 7 e 8)
“In assenza di tale necessità ( situazione di emergenza, pericolo attuale per sé o per gli altri – con auto o eterolesionismo n.d.a.) o, pure in presenza di tale stato, in assenza del rispetto di detti protocolli essa deve considerarsi illecita con conseguente antigiuridicità del fatto tipico da sussumere nella fattispecie legale tipica di cui all’art. 605 del codice penale sostenuti, entrambi i delitti, tenuto conto della preparazione tecnico – professionale del personale medico e paramedico ( quanto al solo delitto di sequestro di persona loro rispettivamente imputato) che impedisce di ritenere imputabile a mera negligenza l’apposizione di detti vincoli e il loro mantenimento in così palese discrasia dalla modalità prescritte dai più avanzati protocolli applicativi non potendo ritenere dette corrette modalità di esecuzione non conosciute né conoscibili dagli indagati, dalla coscienza e volontà di indebitamente comprimere il bene giuridico collegato alla fattispecie legale e tipica descritta, la libertà personale”. (pag. 8)

“Detta contenzione non è stata preceduta da nessuna attività diretta a far fronte allo stato di agitazione psicomotoria del Mastrogiovanni né calibrata alla diminuzione degli effetti del suo stato delirante né è stata essa stessa annotata in cartella clinica. Inoltre in violazione di ogni protocollo la stessa è stata condotta senza soluzione di continuità dal 31.7.2009 alle ore 14.30 fino alla morte del Mastrogiovanni quindi ben oltre le 12 ore o le 18 ore volendo pure ritenere (come hanno sostenuto tutti gli indagati) il Mastrogiovanni un paziente al quale detta contenzione doveva essere imposta per motivi di eccezionale necessità”. (pag. 8)
“Tuttavia, su tale ultimo punto, non può non rimarcarsi che il contenuto del filmato, puntualmente richiamato dal GIP, e i frames individuabili dai file bitmap prodotti dal Della Pepa, evidenziano una agitazione che appare più collegata al prolungarsi della contenzione che alla patologia. Si notano, altresì, lunghi periodi di sostanziale tranquillità sia autodeterminata che etero determinata tramite la somministrazione di sedativi. Detta somministrazione non può che ritenersi già ex se idonea a far fronte a detta agitazione. Le informazioni ricavabili da tale prova documentale sono già sufficienti a ritenere la insussistenza dello stato di necessità”.(pag. 8 e 9)

“A questo punto la indicazione di permanenza dello stato di agitazione psicomotoria (di per sé comunque non legittimante la contenzione) annotata sul diario clinico in data 3.8.2009 alle ore 9 appare maggiormente riferibile, come accennato, al perdurare insopportabile della contenzione piuttosto che alla prosecuzione della patologia legittimante il TSO tenuto conto anche della continua sedazione alla quale il paziente era sottoposto con somministrazione di soli liquidi idonei poi, come si vedrà, a favorire l’insorgenza dell’edema polmonare in uno con la posizione supina del paziente e il conseguente exitus”. (pag. 9)

Sul ricovero volontario del paziente M. (compagno di stanza di Mastrogiovanni)

“Quanto al M. (paziente ricoverato nella stessa stanza di Francesco Mastrogiovanni n.d.a.) è appena il caso di sottolineare che costui si sottopone a ricovero volontario e che dal diario clinico la patologia da cui è affetto non legittima in alcun modo mezzi di contenzione neppure per un periodo di tempo ridotto. Ed invece anche per costui in alcun modo sono stati rispettati i protocolli relativi a tale invasivo mezzo di limitazione della libertà personale posto che la contenzione oltre ad essere indebitamente applicata si è ingiustificatamente protratta ben oltre il limite delle 12 ore previsto nel caso in cui il paziente rappresenti un pericolo attuale per sé o per gli altri di un danno grave alla persona”. (pag. 9)

Sulla legittimità dell’ordine di contenere i due pazienti

“Nel caso di specie deve muoversi da un assunto già sceverato con le argomentazioni precedenti: l’ordine di contenere il Mastrogiovanni e il M. era illegittimo”. (pag. 10)

Il delitto di sequestro di persona

“Nel caso di specie, poi, deve aggiungersi che l’ordine del personale medico di disporre la contenzione al Mastrogiovanni e al M. aveva ad oggetto la commissione di un reato da parte del personale paramedico ovvero il delitto di sequestro di persona”.(pag. 11)

Due i delitti ipotizzati

“La mancata applicazione della causa di giustificazione, la cognizione della natura del mezzo di contenzione e la preparazione da pretendere anche dal personale paramedico induce il Tribunale a ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 605 c.p. commesso sia nei confronti di Mastrogiovanni che di M., ma anche del delitto di concorso omissivo nel delitto di omicidio colposo”. (pag. 11)

L’edema polmonare

“Con riferimento all’edema polmonare ritenuto antecedente causale dell’exitus del Mastrogiovanni preme sottolineare che devono condividersi le argomentazioni del consulente tecnico del PM posto che da tempo la letteratura medica segnala tale rischio direttamente collegato alla lunga contenzione”. (pag. 12)

La possibilità di salvare la vita di Mastrogiovanni

“È evidente che il rifiuto di esecuzione della contenzione al Mastrogiovanni al suo arrivo, il sottrarsi alla disposizione relativa alla protrazione di tale mezzo di coazione, rilevatane la illiceità, da parte del personale paramedico, con la attivazione dei mezzi di contestazione oltre che con le richieste di intervento dei dirigenti della ASL avrebbe, con alto grado di credibilità razionale, interrotto il contatto causale ed impedito l’insorgenza dell’edema polmonare”. (pag. 12)

“Gli intervalli, il conseguente mutamento di posizione del paziente, il ristoro avrebbe senza dubbio alcuno impedito alla contenzione di divenire antecedente causale dell’edema polmonare o lo avrebbe posposto nel tempo o comunque ne avrebbe garantito una minore potenzialità lesiva”. (pag. 13)

“Da ultimo preme osservarsi che la assistenza personalizzata prevista non può ridursi alla mera osservazione nel corso della notte di un monitor di 32 pollici con piccoli riquadri per ogni malato ma deve sostanziarsi nell’accesso presso le stanze e nel controllo personale del malato contenuto”. (pag. 13)

“Quanto detto rileva non solo ai fini organizzativi ma proprio nell’ottica di caducazione dell’evento morte posto che, come è noto, l’edema polmonare non comporta un exitus immediato e quindi una volta riconosciutane l’insorgenza nel corso di uno dei negati accessi notturni da parte degli infermieri (X) e (Y) ben potevano essere predisposte manovre rianimatorie in grado di salvate la vita al paziente”. (pag. 13)

Mastrogiovanni muore alle 1.35 della notte ma se ne accorgono solo alle 7.30 del mattino

“Detta accortezza infatti avrebbe certamente evitato che del decesso del Mastrogiovanni il personale paramedico e medico si accorgesse solo alle 7 e mezzo del mattino quando dal filmato appare l’exitus di costui avvenuto addirittura alle 1.35 della notte”. (pag. 13)

Motivazioni del giudice ed annullamento della misura interdittiva

Quanto alle esigenze cautelari i ricorsi proposti sono fondati. Ed invero il pericolo di recidivanza è apparentemente motivato posto che il GIP sostanzialmente si rimette alle argomentazioni del PM senza alcun vaglio critico delle stesse. Inoltre al fine di sostenere detto pericolo il giudice di prime cure si riferisce a precedenti illegittime contenzioni per nulla dedotte dal PM e neppure versate agli atti della procedura come sintomatiche di indizi di reità. Da ultimo nel merito comunque il Collegio deve rilevare che le condotte ascritte al personale medico e paramedico si riferiscono ad un evento che proprio per le modalità esecutive appare decisamente occasionale collegato a situazioni fortemente emergenziali agevolmente evincibili proprio dalla visione del filmato e dei frames prodotti dal Dott. Della Pepa posto che essi danno conto delle condizioni strutturali del nosocomio (del tutto incompatibili con l’esecuzione di prassi virtuose) e dal registro delle presenze che attesta il sottodimensionamento dell’organico di medici ed infermieri con relativa indubitabile difficoltà di correttamente svolgere il proprio lavoro alla quale doveva farsi fronte mediante le opportune segnalazioni alle Autorità competenti e giammai mediante una progressiva scadenza della qualità del servizio sanitario offerto con inaccettabile compressione di ogni diritto del malato già costretto al ricovero in una struttura a fatica qualificabile come ospedale e poi ancora posto in un regime di ricovero ripugnante per qualunque essere umano.
Non vi sono, comunque però elementi (inferibili ad esempio da precedenti penali indicativi di responsabilità professionale in casi analoghi) dai quali ricavare che costoro, inseriti in qualunque altro contesto lavorativo meglio organizzato e funzionale, possano porre in essere nuove condotte sussumibili nei reati contestati e in assenza di tali elementi non può sostenersi detto pericolo utilizzando giudizi etici che debbono rimanere sempre estranei ad ogni valutazione giurisdizionale.

PQM

Letti gli art.li ..........................................
In accoglimento dell’appello proposto nell’interesse di ………………………….
avverso l’ordinanza applicativa della misura interdittiva di cui all’art ............... emessa dal GIP del Tribunale di Vallo della Lucania in data 18.1. 2010 e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Per saperne di più (alcuni siti)

http://www.osservatoriorepressione.org

http://filiarmonici.wordpress.com

http://www.giustiziaperfranco.it

postmaster@giustiziaperfranco.it

http://www.reset-italia.net

http://rebstein.wordpress.com