Rivista Anarchica Online


 

 

Berneri
Ad Arezzo

“Scalinata Camillo Berneri (1897-1937) militante libertario”. È la targa che comparirà, molto presto, sulla scalinata che va da via Guido Monaco a Piazza del Popolo, sul lato destro della facciata delle Poste Centrali.
L’ok arriverà nella prossima riunione della commissione toponomastica, la stessa che mercoledì scorso ha “saltato” la pratica (invece attesa) sull’intitolazione a Berneri su una via.
Il folto Comitato di intellettuali e gente della strada è tornato ieri in Comune per protocollare una nuova richiesta di intitolazione ed ha ottenuto ampie assicurazioni per una strada che ricordi l’anarchico ucciso in Spagna dai sicari di Stalin.
La scalinata appunto, che conduce a Piazza del Popolo dal teatro Petrarca, a due passi dal liceo classico che Berneri (poi insegnante) ha frequentato nel suo soggiorno ad Arezzo. Un luogo molto significativo.

Arezzo, la scalinata Berneri

In subordine c’è una alternativa: lo slargo che insiste su via Colcitrone che prenderebbe il nome di Largo Camillo Berneri.
Si arriverà probabilmente alla prima soluzione, con grave ritardo e davvero scarsa sensibilità, per intellettualismo snob o inerzia, non sappiamo.
Comunque Arezzo ci arriverà. Un segno importante per non dimenticare un intellettuale senza patria (l’anarchico più espulso d’Europa) che ha combattuto i totalitarismi di ogni colore e per questo è stato ucciso. Un pensatore eclettico che ha vissuto ad Arezzo e ha insegnato a Cortona prima dell’esilio.
Allievo di Salvemini, amico di Gobetti e dei fratelli Rosselli, fuoriuscito in Francia, il grande pensatore libertario è stato tra i primi antifascisti ad accorrere in Spagna dove redige “Guerra di Classe” ed è delegato politico della “Colonna Rosselli”. Combattente antifranchista, viene ucciso a Barcellona per mano di altri antifascisti, assassinato dai sicari di Stalin nelle tragiche giornate del maggio 1937. Su facebook un gruppo che chiede una via per Berneri è ricco di personalità illustri. Fra le ultime la parlamentare aretina Donella Mattesini e l’ex presidente della Provincia di Arezzo Vincenzo Ceccarelli. Ma anche tanti altri politici, sindaci dell’Aretino e intellettuali di ogni colore. Tutti insieme per difendere un pensiero eclettico, limpido, evoluto. Un pensiero da condanna a morte firmata dai russi: per ciò che era, ciò che scriveva Berneri mentre combatteva contro Franco. Uno che non ci sentiva Berneri (non solo perché era sordo): studiava, dava fondo a una attività pubblicistica straordinaria su ogni argomento, tanto che è difficile indicare uno scritto per sintetizzarne il tratto, il pensiero. Libero Berneri, da scappare con la famiglia in Francia quando le leggi del regime si fanno fascistissime, per poi accorrere fra i primi, a rischiare la vita in Spagna, contro i Franchisti. Resterà ucciso. ma dai suoi “compagni”, per una “condanna a morte” firmata dagli stalinisti e inequivocabilmente rivendicata.
Arezzo e l’amministrazione Fanfani, terminata l’amnesia, faranno davvero un gesto giusto.

Federico Sciurpa
(http://federicosciurpa.blogspot.com/2009/11/scalinata-berneri-fra-teatro-e-poste.html)

 

 

Venezuela: assassinato
Un attivista dei diritti umani

L’assassinio di un attivista dei diritti umani a Barquisimeto ha rivelato la politica sistematica dello Stato venezuelano contro i dissidenti e le classi popolari. Sul periodico anarchico venezuelano“El Libertario”, edito a Caracas, si denuncia questo fatto che costituisce un nuovo capitolo dell’aggressione governativa contro le organizzazioni di base, autonome, rivoluzionarie e dissidenti.

La mattina del 26 novembre 2009 è stato ucciso il ventiquattrenne Mijail Martínez, video attivista (1) e collaboratore del Comitato di Vittime contro la Impunità dello Stato di Lara. Secondo i testimoni, due individui sconosciuti hanno abbordato Mijail nelle vicinanze di casa sua, e dopo averlo chiamato per nome, lo hanno colpito al petto con numerosi colpi di pistola.

Mijail Martínez alla videocamera

La vittima è produttore di audiovisivi e lavora nel programma televisivo di suo padre Víctor Martínez, ex militante bolivariano ed ex deputato del Consiglio legislativo della regione, il quale, a causa delle molteplici contraddizioni del processo bolivariano, ha denunciato il coinvolgimento di alti funzionari del governo e della polizia in fatti di corruzione e violazione dei diritti umani. In dichiarazioni fatte ai mass media, Víctor ha sostenuto che il movente dell’assassinio è politico e che il suo intento era di tacitare le sue denunce; Víctor ha affermato: “Chávez, io ti ho aiutato quando eri solo in carcere e nessuno intercedeva per te, eppure sei tu il responsabile della morte di mio figlio e di molti reati che vengono commessi, perché invece di essere il principale garante della costituzione, ne sei il principale trasgressore ed è per questo che tutti noi venezuelani subiamo l’insicurezza presente nel paese”.
Questo delitto politico si è verificato in un contesto regionale di profondo degrado dei differenti livelli del potere governativo. Come hanno appurato organizzazioni dei diritti umani come Provea (www.derechos.org.ve), la polizia dello Stato di Lara è il secondo corpo di polizia denunciato per violazioni al diritto alla vita, dato che, nel 2008, ha accumulato il 19,43% dei casi in tutto il paese, per un totale di 31 vittime. Inoltre, i poliziotti sono stati denunciati per aver partecipato attivamente a estorsioni, assalti a banche, sequestri, traffico e piantagione di droga in città, le cui vittime principali sono persone con redditi bassi. Una simile situazione è stata alla base della reazione sociale di varie organizzazioni popolari, come il Comitato di Vittime contro l’Impunità (CVCI), fondato nel 2004. Il CVCI ha denunciato il coinvolgimento di alti funzionari regionali, come l’ex comandante della polizia Rodríguez Figuera, nella creazione di mafie poliziesche, nonché il favoreggiamento e la partecipazione dell’ex governatore dello Stato di Lara Luís Reyes Reyes. Invece di portare avanti un’indagine in base alle denunce fatte, il governo centrale ha premiato l’ex governatore, nominandolo ministro della Segreteria della Presidenza.

Né padroni, né dei, né Chavez

I membri del CVCI, a causa delle loro denunce e mobilitazioni, sono stati oggetto di minacce di morte e di un crescente processo di criminalizzazione. Fin dalla sua fondazione, Mijail Martínez aveva ripreso a video il lavoro comunitario dell’organizzazione, con l’intenzione di realizzare un documentario su tale esperienza popolare. Qualche esempio del suo lavoro è visibile su http://www.vimeo.com/5130428.
Dal periodico “El Libertario” denunciamo questo fatto come un ulteriore capitolo dell’attacco del governo contro le organizzazioni di base, autonome, rivoluzionarie e dissidenti. Parimenti, inviamo il nostro affettuoso messaggio di condoglianze ai familiari e agli amici di Mijail, un giovane promettente nell’ambito delle lotte sociali, del cui entusiasmo e del cui solidarismo siamo stati testimoni. Sottolineiamo che questo delitto fa parte della politica di criminalizzazione della protesta popolare intrapresa da un governo servile nei confronti degli interessi del capitalismo globalizzato. Infine, denunciamo la complicità del governo, dei media statali e pseudocomunitari, della Procura generale della Repubblica, della Defensoría del Pueblo (2) e dei Tribunali di Giustizia con qualsiasi fatto che metta in pericolo la vita e l’integrità di Víctor Martínez e della sua famiglia, dei membri del Comitato di Vittime contro la Impunità dello Stato di Lara e di tutti gli altri militanti popolari della regione che hanno via via denunciato, con nomi e cognomi, i funzionari di polizia e i burocrati coinvolti in fatti di corruzione, traffico di droga, estorsione, sequestri e omicidi nella regione centro-occidentale del paese.

“El Libertario”
(traduzione di Luisa Cortese)

Per una informazione ampia e particolareggiata sulla lotta portata avanti dal CVCI-Lara e su come sia andata peggiorando la situazione dei diritti umani in questa regione, si vedano gli articoli sull’argomento pubblicati sui seguenti numeri di “El Libertario”: 52, 54, 55 e 56, consultabili su www.nodo50.org/ellibertario.

Note

  1. Neologismo che sta a indicare un militante con telecamera, cinepresa, ma anche telefonino, di cui si serve per denunciare o bloccare soprusi di varia natura. [N.d.T.]
  2. Defensoría del Pueblo: massima istanza del potere del cittadino, istituita con la Costituzione del 1999. Sue finalità sono la promozione, la vigilanza e la difesa dei diritti umani nel paese. [N.d.T.]

 

 

Il castagno
Di Anna Frank

Il primo innesto di un ramo dell’albero di castagno che Anna Frank guardava dalla sua finestra è avvenuto in un parco cittadino di Amsterdam. Il castagno sta morendo e gli innesti serviranno a far crescere altri alberi. Altri 150 rami verranno piantati in diversi paesi del mondo in omaggio alla memoria di una ragazzina ebrea morta in un campo di concentramento nazista lasciando nella soffitta dove si nascondeva con la sua famiglia un diario. Quel diario ci ha raccontato la disfatta dell’umanità come pochi libri hanno potuto e saputo fare. Quel tempo, quegli anni, li abbiamo appresi dai racconti orali di testimoni che li hanno vissuti e da libri che ci hanno tramandato storie di gente scomparsa nel nulla e storie di gente uccisa nei luoghi in cui viveva. Come tante fotografie in bianco e nero queste storie ci hanno detto la sofferenza dell’umiliazione e della morte e il miracolo della resistenza. Resistenza che prima ancora che con le armi cominciò nella coscienza di adulti, adolescenti e bambini, uomini e donne che non sempre trovarono le parole per dire quello che sentivano.

L’albero di Anna Frank, il vecchio castagno, diventa così un simbolo. Mi piace pensarlo come il segno di un patto con quante più persone possibili. Se l’arcobaleno fu dono divino per sancire un’alleanza con gli uomini dopo il diluvio, ci sia almeno un albero a crescere e a ricordarci che il mondo è di tutti e di ognuno.
Qui Il nascondiglio sito ufficiale della casa di Anna Frank per chi volesse compiere un viaggio online tra immagini e parole.

Nadia Agustoni

 

comunicato

Sulle esplosioni di Milano e Gradisca d’Isonzo

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana FAI denuncia la natura oggettivamente provocatoria e antianarchica delle esplosioni di Milano e Gradisca d’Isonzo.

Il nome degli anarchici viene strumentalmente associato a deliranti rivendicazioni che accompagnano detonazioni e fiammate, in un momento assai significativo, a poche ore dallo svolgimento di decine e decine di manifestazioni pubbliche che il Movimento anarchico ha promosso a Milano e in tutta Italia per tenere viva la memoria della strage di Stato, dell’assassinio di Pinelli e delle montature antianarchiche che quarant’anni fa a piazza Fontana aprirono la stagione della strategia della tensione.

Lo Stato, i suoi apparati e i loro servi non possono tollerare che, a distanza di quarant’anni, la memoria storica su quei tragici fatti sia ancora viva e presente nell’opinione pubblica. Per i poliziotti di professione e per quelli di vocazione, risulta intollerabile che nelle piazze, nelle scuole, e nei luoghi di lavoro gli anarchici continuino a ricordare e a far ricordare la natura criminale del potere e delle sue strutture di dominio. Ed è per questo che, con infame puntualità, la polvere da sparo viene utilizzata nel tentativo di coprire la miseria in cui si dibatte la classe dirigente del paese.

Ancora una volta, la lotta antirazzista e l’opposizione ai Centri di Identificazione ed Espulsione per immigrati viene criminalizzata attraverso l’esercizio poliziesco della provocazione dinamitarda, proprio in un momento in cui il livello del conflitto espresso dagli immigrati smaschera giorno per giorno la natura totalitaria e razzista di questi lager contemporanei.

L’acronimo FAI, associato a una presunta “federazione anarchica informale”, torna a essere vigliaccamente utilizzato per creare confusione e gettare discredito sull’impegno quotidiano profuso a viso aperto dai militanti e dai simpatizzanti della Federazione Anarchica Italiana nelle lotte sociali al fianco dei lavoratori, degli sfruttati, degli oppressi. Respingiamo fermamente la provocazione, invitiamo i cittadini a non lasciarsi confondere dal clamore mediatico ed esortiamo gli operatori dell’informazione a non prestarsi a logiche di interessata disinformazione.

Nel denunciare questo miserabile copione, esprimiamo tutto il nostro sdegno per l’infamia di questi atti, funzionali alle logiche del potere, con cui si cerca di distruggere e infangare quello che gli anarchici cercano di costruire ogni giorno: una società libera dal potere, libera dalla sopraffazione, in cui la solidarietà, uguaglianza e la giustizia sociale siano pratiche reali e quotidiane.

Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana – FAI

cdc@federazioneanarchica.org
www.federazioneanarchica.org