Rivista Anarchica Online


Costa Rica

I popoli del Sud camminano con dignità
di Gaia Raimondi

Una marcia per l'autonomia e i diritti degli indigeni della Costa Rica ha attraversato il Sud del paese, gridando la propria volontà di por fine allo sfruttamento e…

Se vuoi arrivare primo, corri da solo.
Se vuoi camminare lontano, cammina insieme.

proverbio popolare

Il 6 ottobre 2009 una marcia per l'autonomia e i diritti degli indigeni della Costa Rica ha attraversato il Sud del paese per rivendicare gli ineluttabili diritti umani negati da 500 anni a questa parte alle popolazioni autoctone che sono riuscite a sopravvivere alla colonizzazione e repressione dello spietato dominio iberico, sfruttate e sterminate da interessi espansionisitici e dall'usurpazione delle risorse naturali di cui è ricco il territorio.
In Costa Rica, quasi cinquemila ettari di territorio, ufficialmente di proprietà delle comunità indigene Curré, Térraba e Boruca, verranno espropriati per lasciare posto alle acque di una centrale idroelettrica, che comporta, secondo dati ufficiali, anche lo spostamento di 1700 persone, tra cui almeno 400 indigeni.
Si tratta di un progetto che riapre la controversia tra le comunità autoctone e lo Stato, e che rinnova la problematica della condizione di sfruttamento che ancora vivono gli indios centroamericani. Mentre, da una parte i tecnici dell’impresa interessata agli espropri, la statale Ice, Instituto Costarricense de Electricidad, insistono sulla bontà dell’opera e del coinvolgimento delle popolazioni locali attraverso incontri e dibattiti, dall’altra le associazioni in difesa dei diritti umani denunciano quello che viene definito un ennesimo abuso.
La Costa Rica si caratterizza per essere uno dei paesi dell’America Latina con minore presenza autoctona, in quanto la repressione effettuata dai conquistadores spagnoli e dai loro successori fu particolarmente sanguinaria. Oggi, solo il 2% della popolazione costaricense (di quasi 4 milioni di abitanti) è indigena. Nel 1977, si cercò di proteggere l’identità di queste comunità attraverso una legge, chiamata appunto “Ley indígena”, che dichiara che le terre delle riserve costaricensi, proprietà dei gruppi autoctoni, non possono essere poste in vendita in quanto patrimonio esclusivo degli abitanti nativi (1).

Prezzi, a dir poco, scontatissimi

Fu la legge che permise la creazione delle riserve a carattere inalienabile, ma che oggi si trovano invece in grave pericolo. Gli studi di fattibilità effettuati per la costruzione della diga, che comprendevano anche la verifica sulle proprietà, hanno rivelato infatti che oggi solo il 10% di queste terre è in possesso dei legittimi proprietari. Dal 1977, complice anche la pessima situazione di vita in cui versano gli indigeni, la vendita di interi lotti è diventata una pratica comune. Per lo Stato costaricense queste transazioni non hanno validità, ma la questione acquista una luce differente in vista delle espropriazioni che si prevedono per la costruzione della diga Boruca.
L'affare, per chi sta illegalmente utilizzando i terreni, è ottimo. Le indagini condotte hanno infatti dimostrato che gli indigeni hanno venduto i loro appezzamenti a prezzi scontatissimi qualche volta solo in cambio a cambio di bestiame. Inoltre, chi dispone dell’usofrutto non è tenuto a pagare nessuna tassa, trattandosi di aree che si avvalgono dello status di riserva. Ma il piano dell’Ice, oltre ad aver rivelato la pessima situazione patrimoniale degli indigeni, ha allertato i gruppi ambientalisti. Per la sua realizzazione, infatti, tra la diga e le infrastrutture che verrebbero costruite, sono in gioco 260 chilometri quadrati di foresta e di ecosistema in gran maggioranza vergine.
La Costa Rica è considerato uno dei 20 Paesi più ricchi di biodiversità nel mondo. La sua posizione geografica, le sue due coste e il suo sistema montagnoso, che dà vita a numerosi e vari microclimi, sono alcune delle ragioni che spiegano questa sua ricchezza naturale, sia di specie animali sia di ecosistemi. Nel Paese sono state registrate quasi 8500 specie di piante, incluse più di 1.300 specie di orchidee; 220 specie di rettili; 160 specie di anfibi, 205 specie di mammiferi e 850 specie di uccelli. Ufficialmente sono state riconosciute 85 specie di uccelli, 15 di mammiferi, 81 di anfibi e 28 di rettili con popolazione ridotta o minacciata e 17 specie di uccelli, 13 di mammiferi, 2 di anfibi e 8 di rettili in pericolo di estinzione. Nella regione vivono dunque una grande quantità di animali, tra cui puma, giaguari, scimmie, oltre alle specie di uccelli e di rettili che sarebbero costretti a doversi ritirare in aree sempre più ristrette.
La Costa Rica ha depositi di zolfo, manganese, mercurio, bauxite e oro. Le riserve di ferro ammontano a 40 milioni di tonnellate. Sono importanti anche le riserve di carbone, che si trovano nella zona della Liberia. Sono stati scoperti depositi di petrolio nel sud, e tutto questo fa capire perché ci siano interessi da parte delle multinazionali a mettere mano su un territorio a parer loro “infestato” da Indios che non sanno sfruttare adeguatamente il territorio ma comunque decisi a non lasciarlo. Sfruttando le acque del fiume Térraba, l’Ice vuole avviare un ambizioso progetto che va oltre la necessità di coprire il fabbisogno nazionale per trasformarsi in un vero affare. L’energia procurata sarà infatti venduta ai vicini paesi centroamericani e da qui nasce il rifiuto e l’opposizione ad un piano che, calpestando i diritti delle comunità indigene e la cura dell’ambiente rivela la sua natura prettamente commerciale.

“Abbiamo cominciato il nostro cammino...”

Non ci sono parole migliori che descrivano la situazione quali il comunicato stesso della Coordinadora di popoli indigeni che si è creata per contrastare questo scempio in atto:

“Questo martedì 6 Ottobre abbiamo cominciato il nostro cammino dalla sponda del fiume Río Grande de Térraba, con i colori della terra e del bosco, la strada interamericana si è riempita di forza, coraggio e ribellione; partendo alle 8 del mattino dall'ingresso del Territorio Indígena Térraba abbiamo innaffiato i semi di lotta e speranza fino al centro di Buenos Aires de Puntarenas. Donne, uomini, bambini e bambine, giovani e anziani, contadini e vicini delle comunità indigene di Abrojo, Cabagra, Curré (Yimba Cajc), Salitre, Térraba y Boruca, gemellati con compagni e compagne di Corredores, Río Claro, Santa Rosa de Piedras Blancas, Finca 9, Finca 2-4, Sierpe y Buenos Aires; ci siamo incontrati tutti e tutte per condividere l'impegno nella “Coordinadora de Lucha SUR-SUR” e abbiamo realizzato, il passato 6 ottobre la “Camminata popolare per la dignità nel sud”.
Vogliamo parlare, confrontarci, conoscere gli altri popoli del Sud, condividere le nostre lotte, i nostri dolori, la nostra rabbia, ma anche i nostri sogni e le nostre speranze; urliamo a gran voce che siamo stufi di subire, diciamo basta allo sfruttamento, al fatto che in pochi si impossessino delle nostre terre e delle nostre risorse naturali, diciamo basta al saccheggio delle nostre vite e delle nostre conoscenze e vogliamo fermare la discriminazione.
In questo siamo coinvolti, parlando, conoscendoci e organizzandoci per lottare contro questo sistema capitalista neoliberale, che cerca di inabissarci nella miseria e nella disperazione; ma non ci riusciranno, e la pagheranno cara perche presto saremo uniti con questa forza che viene dal basso.
Camminando, siamo stati abbracciati dal sole, animati dalla convinzione che dobbiamo lottare e per questo dichiariamo:

  • NO al Progetto Idroelettrico Diquìs, non ne abbiamo bisogno né lo abbiamo chiesto, nessuno vuole che affondino le nostre terre e le nostre radici.
  • Che vogliamo finirla con le multinazionali produttrici di ananas, che avvelenano le nostre terre, le nostre acque e ricattano uomini e donne con la minaccia della disoccupazione.
  • Che non vogliamo allevamenti intensivi di tonni, né progetti di marine mercantili nelle nostre coste.
  • Che non vogliamo l'aeroporto Internazionale del Sud, progetto ideato e realizzato solo per gli stranieri e per il narcotraffico.
  • Che rifiutiamo l'espansione corrotta e aggressiva dei progetti immobiliari e turistici nella Fila Brunqueña e nel litorale del Pacifico Sud, che distrugge i nostri boschi e contamina le nostre fonti d'acqua.

Ascoltate bene, politici corrotti, imprese multinazionali e leccapiedi coloni costaricani: stiamo dicendo no a tutti questi megaprogetti di morte che portano benefici a pochi e al prezzo di far morire di fame i popoli indigeni, che sequestrano le risorse naturali che appartengono a tutti e tutte; esigiamo questo e per questo lottiamo.

Compagni e compagne,
continuiamo il cammino per incontrarci sudati, condividendo il cibo, la carne, i tamales di riso, ma unendo le nostre forze e la nostra dignità. Come popoli indigeni vogliamo:

  • Terra, per produrre ciò che mangiamo in maniera sana e poterlo condividere con altri, dobbiamo recuperare le terre che ci hanno rubato, che hanno sottratto con la forza ai popoli indigeni e contadini, come per esempio le terre che appartengono alla comunità della Finca 9.

  • Case, per vivere dignitosamente, in salute e con un'istruzione adeguata.

  • Dobbiamo costruire le nostre opportunità di lavoro autonomo e autorganizzato, partendo da noi per il benessere di tutto il popolo.

  • Vogliamo continuare a convivere in armonia con la Madre Terra, raccogliendo con rispetto i frutti che ci offre.

  • Continuiamo a costruire un modello di democrazia diretta, partecipativa, dove siano le comunità stesse a decidere autonomamente del loro modo di vivere, di pensare, di organizzarsi e di autogovernarsi; vogliamo piena autonomia indigena, contadina e comunitaria.
Questo è tutto per il momento; alla fine della giornata andremo a urlare le nostre verità in faccia ai politicanti della Municipalidad di Buenos Aires, agli sfruttatori di PINDECO e ai capi del PH Diquis; sappiamo che non vogliono ascoltarci e che faranno finta di non capire, ma noi glielo diciamo in faccia. Questo è tutto per il momento, continueremo come popoli indigeni il nostro cammino di resistenza, costruendo dalle nostre radici nuove comunità, nuovi mondi, degni e ribelli.

Aspettiamo tutti e tutte, uomini, donne, bambini e anziani alla prossima assemblea popolare della Cordinadora sabato 24 ottobre in Bajo Conte.

Coordinadora de Lucha Sur-Sur” (2)

Forza e clamore

E come in Costa Rica anche nel resto dell'America Latina si è assistito nell'ultimo periodo ad una forte ripresa delle lotte di rivendicazione di diritti umani affinché le popolazioni indios ancora presenti negli svariati territori del continente possano vivere una vita degna; dal Perù, all' Ecuador, dal Guatemala,al Cile, a Panama: negli ultimi mesi la voce dei popoli indigeni dell’America Latina ha guadagnato forza e clamore. Dopo la rivolta che ha insanguinato l’Amazzonia peruviana (oltre trenta morti), portando alla sospensione della contestata legge sullo sfruttamento delle risorse naturali nella regione. Dopo che la sollevazione dei nativi ecuadoriani ha costretto il presidente Rafael Correa ad aprire un tavolo di trattative sulla legge mineraria, in occasione del Columbus day la protesta indigena si è fatta sentire in molti Paesi della regione. In Guatemala una manifestazione di protesta dei contadini indigeni contro il Dia de la Hispanidad ha provocato un morto, due feriti d’arma da fuoco e una decina di contusi. I manifestanti hanno infatti bloccato numerosi accessi alla capitale Guatemala City, provocando le ire di automobilisti e autotrasportatori e la situazione è degenerata in violenti scontri.
A Panama gruppi di discendenti dei popoli originari hanno bruciato le bandiere spagnole e marciato per le strade del Paese per chiedere il rispetto delle proprie terre e tradizioni, la cancellazione delle concessioni distribuite ad aziende multinazionali per lo sfruttamento delle risorse naturali, e protestare per il mancato rispetto dell’autonomia dei popoli indigeni. Gruppi di manifestanti hanno bloccato uno degli accessi della frontiera con il Costa Rica, mentre un altro gruppo ha “assediato” l’ambasciata spagnola. La marcia dei popoli originari cileni ha portato a Santiago del Cile diverse migliaia di persone, che hanno ricordato il Dia de la Hispanidad dalla prospettiva indigena. Vestiti con abiti tradizionali si sono dedicati a canti e balli ricordando il “Bicentenario della repressione” e protestando per la situazione nella regione di Arucania, dove da anni è in atto un battaglia legale e civile da parte dei nativi che chiedono il riconoscimento dei diritti su vaste aree che sono state date in concessione a imprese agricole o del legname. La situazione si è fatta più tesa dallo scorso mese di agosto quando un giovane è morto dopo essere stato colpito da una pallottola alla schiena nel corso di una manifestazione.

Omertà europea

Il 12 ottobre da alcuni anni è diventato, in America Latina, il giorno delle proteste dei contadini indigeni che, coscienti dell’eco internazionale che le celebrazioni per la scoperta dell’America risvegliano in tutto il mondo, cercando di “usare” i riflettori accesi per l’occasione come un’opportunità per far conoscere all’opinione pubblica le proprie problematiche. La questione dei popoli originari però non è solo un problema “interno” o locale, ma una realtà politica di cui quasi tutti i Paesi della regione devono tenere conto, soprattutto quelli in cui, come Bolivia ed Ecuador, i capi di Stato hanno cavalcato le rivendicazioni indigene per ottenere il successo politico.
È incredibile l'omertà assoluta dei mass media europei di fronte a tutto questo; ovviamente cercano di occultare in ogni modo questi segnali di ribellione popolare affinché noi “occidentali” possiamo continuare a rimanere sopiti e imbrigliati nelle maglie del nostro benessere menefreghista e ottuso, in grado solo di occuparsi di mantenere e perpetuare un sistema capitalista fagocitante. Stimoli ed esempi come quelli che arrivano dalle lotte indigene vengono accuratamente rimossi dalla circolazione delle informazioni proprio perché più potrebbero dar adito a qualche risveglio delle coscienze, che potrebbe tradursi in un sostegno concreto e attivo delle lotte popolari in America Latina, in difesa degli oppressi, degli emarginati, degli sfruttati e della Pachamama, la nostra tanto dilaniata madre terra. E questo per chi domina e sfrutta senza vergogna uomini e risorse naturali naturalmente non deve accadere.

Gaia Raimondi

Note:

  1. Fonte dei dati: Maurizio Campisi, Per un pugno di Terra, reperibile all'indirizzo web www.peacereporter.it.
  2. Comunicato mandatomi da un compagno della Costa Rica, qui tradotto e riprodotto fedelmente. Per una visione più completa dell'iniziativa si consiglia il video autoprodotto dalla compagna Michele Ferris reperibile all’indirizzo web: http://www.youtube.com/watch?v=Yb0WEO7lGnE.