Rivista Anarchica Online


letteratura

Louise Michel e Ventimila leghe sotto i mari
di Santo Catanuto

Note, voci e conferme sul vero autore del noto romanzo.

Nel ricostruire lo sfondo da cui emergono alcuni drammi anarchici tradotti dal francese, stampati e diffusi in Italia nei primissimi anni del primo decennio del Novecento, mi sono imbattuto in un testo alquanto raro (1) che riporta, tra l’altro, interessantissime notizie circa l’indole letteraria dell’irriducibile comunarda, autrice anche di almeno quattro drammi: Nadina, commedia che, «messa in scena [nel 1882] dal suo amico Lisbonne, altro deportato, allora direttore del teatro “Bouffes du Nord”, sembra non aver avuto che poche rappresentazioni»; Il Gallo Rosso che «fu rappresentato al teatro di Batignolles nel 1888», La Figlia del popolo, «dramma in cinque atti del 1883, [che] avrebbe avuto una più gran risonanza se Luisa non fosse stata condannata a sei anni di reclusione e incarcerata proprio nel momento stesso in cui il dramma appariva sulle scene» e Prometeo che «verosimilmente fu pubblicato dalla libreria Internazionale d’Alfortville, che l’annunziava in stampa nel 1905 (2), [e] fu rappresentato a Londra sotto il titolo L’orco e il Prometeo» (3).
Registrate queste annotazioni, mi dilungo nella lettura e m’imbatto nel seguente passaggio: «Sempre sul genere sociale-scientifico, Luisa Michel scrisse Ventimila leghe sotto i mari. Un giorno che aveva estremo bisogno di danaro, vendette il manoscritto, non ancora terminato, a Giulio Verne per cento franchi» (4). Una curiosa affermazione, peraltro non suffragata da alcuna pezza giustificativa, che andrebbe approfondita – mi sono detto – perché le cose sono due: o Planche ha preso per buone certe leggende (5), oppure dice il vero, per averne avuto notizia (lettere, testimonianze e simili) senza preoccuparsi, però, di indicare date e circostanze, vecchia abitudine di molti agiografi del passato, non solo remoto.
Sapere che l’affermazione di Planche sia fondata o meno nulla toglie, ma, per mera curiosità, ho ritenuto utile rilevare e comparare alcuni dati biografici della Michel e di Verne, nati, rispettivamente, nel 1830 e nel 1828.

Louise Michel

“Per estremo bisogno di denaro”

Di Louise Michel, sappiamo che all’età di venti anni, morta la madre putativa, viene allontanata dagli eredi del castello di Vroncourt, dov’era nata e cresciuta, e si trasferisce a Chaumont, dove completerà gli studi ottenendo il diploma di istitutrice. Dopo il periodo di Chaumont (1851-1852), si reca prima a Layny, poi, nel gennaio 1853, ad Audeloncourt, nell’Alta Marna. Qui insegna in una scuola privata, continua a scrivere racconti e poesie, intrattiene rapporti epistolari con Victor Hugo, già frequentatore della casa del padre, enciclopedista e volteriano.
Nel 1856 si trasferisce a Parigi e per nove anni insegnerà presso il Castello-d’Eau, gestito da Mme Voiller. Nel 1865, a trentacinque anni, decide di dedicarsi all’educazione dei ragazzi socialmente svantaggiati e fonda, con altre, una libera scuola nel popolare quartiere di Montparnasse, creandovi anche una mensa interna per gli allievi più poveri.
Per Louise i primi anni del periodo parigino sono molto fecondi dal punto di vista letterario: abbozza le molte idée di romanzi che ha in mente e inizia a manoscriverne alcuni fin quasi a completarli. Più burrascosi, invece, per la non ancora anarchica Louise – lo diverrà nel periodo della deportazione nella Nuova Caledonia – sono i cinque anni che vanno dalla fondazione della scuola di Montparnasse ai giorni della Comune, anni in cui Louise, sempre più impegnata, sul piano sociale e politico, entra in contatto col gruppo “I diritti delle “, svolge funzioni di segretaria nella “Società democratica di miglior morale”, è tesoriera del “Comitato di soccorso ai profughi russi”, aderisce all’Internazionale blanquista. È in questo quinquennio che la sua combattività, la sua determinazione e la sua capacità oratoria diventano proverbiali, così come il suo vestire, tanto modesto da apparire trasandato. Per come si svolgeranno gli eventi che la riguarderanno, durante e dopo la Comune di Parigi, molti suoi manoscritti di questo periodo andranno perduti e solo alcuni saranno recuperati, in parte o per frammenti, in epoca successiva (6).
Il quadro fin qui delineato ci mostra con chiarezza che Louise Michel scrive, tanto e bene e che non vive nel lusso, anzi: la scelta di insegnare in una scuola libera e in un quartiere popolare le comporta una precarietà economica al limite della povertà che compensa sia conducendo uno stile di vita semplice, sia dando lezioni private (7). Su questo sfondo assume plausibilità l’affermazione di Planche per cui: «un giorno che aveva estremo bisogno di danaro, [Louise] vendette il manoscritto, non ancora terminato [di Ventimila leghe sotto i mari] a Giulio Verne per cento franchi».
Si tratta ora di vedere se Verne, o chi per lui, ha acquistato davvero il manoscritto o se l’opera è sua a tutti gli effetti nonostante le “dicerie” raccolte da Planche.
Se c’è stata intersezione nei percorsi esistenziali di Louise Michel e di Jules Verne il luogo non può essere che Parigi, nei primi anni in cui la Michel s’impegna nella scuola popolare perché prima Louise non avrebbe avuto un così «estremo bisogno di danaro».

Scorrendo la biografia di Jules Verne si apprende che il romanziere lavora a Ventimila leghe sotto i mari nel 1867, rielaborandolo e rimaneggiandolo più volte prima della pubblicazione a puntate, nel 1869, su «Le magazin d’éducation» (8). Il biennio coincide col periodo in cui Louise, povera in canna, insegna nella scuola popolare e ciò potrebbe bastare, senonché Marc Soriano, studioso di Verne (9), scrive: «Come impedire alle voci di circolare? Per esempio che Ventimila leghe sotto i mari sarebbe stato scritto da Louise Michel in Nuova Caledonia. No, abbiamo appurato, è impossibile, visto che la prima puntata del romanzo in questione esce il 20 marzo 1869 su “Le magazine” di Hetzel, prima che Louise fosse deportata» (10). Molto addentro, per lavoro e passione, nella biografia di Verne, il docente francese non conosce quella della Michel, commette anch’egli l’errore di non indagare sulle date, prende per buona un’altra “diceria” – quella della Nuova Caledonia come luogo in cui la Michel avrebbe scritto la bozza del romanzo – e sancisce un giudizio di inconsistenza circa l’attribuzione alla Michel di Ventimila leghe sotto i mari o, comunque, del canovaccio originario. Abbiamo visto, però, che la Michel, che aveva abbozzato parecchie idée per romanzi nel suo primo periodo parigino, poteva cedere a Verne il manoscritto incompiuto solo nei primi anni dell’impegno nella scuola a Montparnasse, periodo – che coincide esattamente coi tempi della rielaborazione verniana indicata da Soriano [1867] – in cui Louise aveva «estremo bisogno di danaro» e non dopo il ritorno dalla Nuova Caledonia, epoca in cui Ventimila leghe sotto i mari era già stato pubblicato. Senza quel riferimento topico depistante Soriano avrebbe avuto meno sicurezze nello smentire ciò che per lui sono solo “voci che circolano”, ben sapendo che spesso le voci non circolano per caso: vox populi vox dei.
A sostegno del sospetto che Verne, nella sua frenetica attività letteraria, frammista a lunghi viaggi, acquistasse manoscritti altrui da rielaborare, interviene un passaggio, nel testo di riferimento, per cui apprendiamo che sono di Paschal Grosset l’idea e il canovaccio dei Cinquecento milioni della Begum (L’éritier de Langevol), su cui Verne lavora a partire dall’ottobre 1878 per pubblicarlo l’anno dopo: «per mano di un certo abate de Manas, Hetzel (11) riceve un manoscritto del suo amico Paschal Grousset, un comunardo rifugiatosi a Londra, intitolato L’éritier de Langevol; lo passa a Verne che lo rifà. Il canovaccio è pagato a Grousset 1.500 franchi» (12). Va ricordato, inoltre, che nel 1883 Verne, mentre lavora alla stesura de L’arcipelago in fiamme, è impegnato nella rielaborazione de L’étoile du Nord sempre di Paschal Grosset, romanzo che sotto la penna del fantasioso scrittore francese diventerà La stella del Sud (13).

Intrinseca femminilità

Questi dati ci dicono che Verne, scrittore prolifico e frenetico, come tutti i frenetici e i prolifici che hanno conquistato pubblico, fama e denaro, se vuol continuare a far fronte agli impegni editoriali assunti col ritmo imposto dagli impegni stessi, deve necessariamente darsi da fare. Nel 1862 aveva firmato, infatti, un contratto che lo impegnava a scrivere tre volumi l’anno in cambio di 1925 franchi al volume, impegno che manterrà per quasi tutta la vita, meravigliando non pochi per la sua eccezionale prolificità letteraria. Edmondo De Amicis, nel 1895, «insospettito da quella caterva di romanzi che escono a cadenza regolare a opera di un autore che […] vive in provincia e non si vede mai», nel dubbio che Verne, in realtà, non sia mai esistito, si reca coi figli ad Amiens per constatare di persona. «Il vecchio maestro li riceve con cordialità. Viene steso un verbale: Jules Verne esiste» (14).
Tra il 1865 e il 1866 Verne “zappetta” alcuni progetti: un Uncle Robinson, su cui l’editore pone il veto, e due viaggi: uno sotto le acque, l’altro per mare e per terra. Quest’ultimo, che sarà finito per primo, è pubblicato col titolo I figli del Capitano Grant. Sull’altro, invece, Verne ha continui ripensamenti. «Quando Jules Verne scriverà Ventimila leghe sotto i mari sdraiato tutto il santo giorno a pancia in giù sulla sua barca, il Saint-Michel I, [Honorine, sua moglie] dirà meravigliata: Come fa Jules a scrivere tutte queste cose se non fa altro che voltar loro il culo!» (15). Il sospetto che quel canovaccio non sia suo si consolida sia prendendo atto che lo stesso Verne, molto più tardi, rivelerà al suo editore che «il lungo articolo da lui firmato sulla rivista americana “The Forum”, La giornata di un giornalista americano nel 2889, non è suo ma del figlio Michel» (16), sia registrando che già nel 1875 un tal «Delmas, detto de Pont Est, accusa Verne di aver plagiato nel Viaggio al centro della terra il suo racconto La tête de Minerve» (17).
Queste annotazioni volgono a favore dell’affermazione di Planche, indirettamente avvalorata anche da alcune stranezze emergenti dall’analisi che Soriano conduce sul vasto materiale letterario verniano (articoli, epistole, calembour, racconti, drammi e romanzi) ipotizzando in Verne una omosessualità latente compensata, fin dall’adolescenza, dalla compulsione con cui scrive, legge e viaggia realmente o mentalmente (18). A sostegno vengono più volte citati diversi brani e passaggi tratti dai romanzi Dalla terra alla luna, I figli del generale Grant, L’isola misteriosa, Viaggio al centro della terra, Il giro del mondo in ottanta giorni, mentre Ventimila leghe sotto i mari, pur giudicato come il più “femminile” di tutti i romanzi verniani, è citato pochissimo e solo per sottolineare l’intrinseca femminilità che l’attraversa: «la donna è qui costantemente presente […]. Se, come ipotizzato da Marcel Morè, la macchina è per Verne la metafora della donna, non dimentichiamoci che questa donna è “fallica”» (19). «In Verne i personaggi femminili sono ridotti alla loro più semplice espressione (fotografia, apparizione) ma al tempo stesso la donna, in quanto elemento, costituisce sempre il supporto all’azione: il mare percorso dal Nautilus, la rapida, aggressiva e vivida isola costituita dal Nautilus, attengono in qualche modo alla femminilità, ne diventano simboli […]. Il romanzo di Verne evolve verso la chiusura in uno spazio ristretto (il Nautilus). Solo all’interno di questo spazio possono sbocciare i piaceri raffinati di questi cuori malinconici (devozione, spirito di sacrificio, tenerezza), l’eccesso di affettività che non può e non sa investirsi altrove» (20).
Soriano, quindi, pur ritenendo una diceria che l’autrice di Ventimila leghe sotto i mari, se non del testo definitivo, almeno del suo canovaccio, sia Louise Michel – dando credito, però, a un’altra diceria: che fu scritto dalla Michel in Nuova Caledonia – tuttavia coglie nel romanzo un “senso interno” inquietante, una particolarità d’ordine psicologico che stride con la personalità di Verne: l’intrinseca femminilità che attraversa quel romanzo più che ogni altro. Non fosse per quel depistaggio “a priori” indotto dal continuare a considerare Ventimila leghe sotto i mari in tutto e per tutto farina originale del sacco di Verne, sarebbe emersa in tutta evidenza una originaria mano femminile e non è per caso, quindi, che Soriano, in fondo, tratti il romanzo – citandolo pochissimo ma sottolineando molto questa cosa della femminilità intrinseca – quasi fosse intimamente estraneo alla penna di Verne. In più – riferendosi allo stile di Verne – cita come un “caso particolare” la professione di fede di Cyrus Smith al Capitano Nemo: «Il vostro torto è stato quello di pensare che si potesse risuscitare il passato e di aver combattuto contro il progresso ineluttabile», frase ritenuta incongruente che non corrisponde alla tipologia assegnata da Verne al Capitano Nemo (aperto al progresso e al futuro), ma diventa coerente se le caratteristiche del personaggio, in origine, fossero state delineate nel senso di una critica al progresso (e forse, nel canovaccio originario, tutta la “futuribilità” di Ventimila leghe sotto i mari era completamente ribaltata), sicché è legittimo supporre, che originalmente le “vedute” espresse da Nemo e da Smith fossero esattamente ribaltate.
Quando nel 1869 Hetzel, l’editore e amico fraterno, chiede a Verne di rivedere il brano in cui il Nautilus affonda una nave inglese (21), questi gli risponde: «se dovessi ricostruire il personaggio [Capitano Nemo] – cosa di cui sarei assolutamente incapace, poiché sono due anni che gli vivo insieme e non saprei concepirlo in modo diverso – dovrei fermarmi a Parigi un intero mese» (22). Quest’ultimo passaggio conferma che Verne ha in mano il canovaccio (suo o della Michel) dal 1867, convive da due anni col personaggio principale del romanzo in “costruzione” e sarebbe «assolutamente incapace», lui così fantasioso e prolifico, a ricostruirne un altro perché non saprebbe «concepirlo in modo diverso». Quando, più avanti, Verne riceverà l’ordine di scrivere il seguito della Storia dei grandi viaggi e dei grandi viaggiatori, pretenderà un documentalista incaricato di reperire i testi dell’opera «che Jules Verne deve rivedere e modificare fino a farla propria». Verne e il suo editore, insomma, sono un’impresa che copre un ampio segmento del mercato editoriale dell’epoca e deve macinare romanzi su romanzi, ad ogni costo.
Per concludere: nel periodo parigino Louise Michel intrattiene buoni rapporti col fotografo Nadar (23) – a cui Verne ed Hetzel si appoggiano in varie occasioni, così come farà anche Eliseo Réclus (24) – ed è abbastanza probabile che sia stata la passione per la geografia, allora in estrema evoluzione, a determinare nei personaggi reali di questa breve narrazione, e nelle loro proiezioni non solo letterarie, più di uno stimolo, sul piano inventivo, oltre che l’intersezione “stellare”, per dirla alla Nietzsche, delle loro esistenze, sia pur per il breve tratto d’un lampo e d’un tintinnìo di monete.

Santo Catanuto

Note

  1. Fernand Planche, La vita ardente e intrepida di Luisa Michel, “la vergine rossa”, traduzione di Umberto Consiglio, Siracusa, edizioni “Terra e Libertà”,1948.
  2. Lo stesso anno in cui Louise Michel muore.
  3. F. Planche, op. cit., pp. 246-247.
  4. Ivi, p. 235.
  5. Le quali, una volta attestatesi nei profili agiografici, i cosiddetti “medaglioni”, vengono riproposte meccanicamente, come, ad esempio, l’impressionante quanto logisticamente poco plausibile numero delle conferenze statunitensi di Pietro Gori che in un solo anno avrebbe tenuto ben 400 discorsi in moltissime città macinando, in lungo e in largo, 11.000 miglia.
  6. Planche ricostruisce l’avventura letteraria di Louise Michel: I barlumi nell’ombra [poesie], pubblicato nel 1859 circa con lo pseudonimo Enjolras, lo stesso usato per firmare gli articoli de «Il Grido del Popolo» di Vallès; Il sogno dei sabati ebrei (inedito); La saggezza di un pazzo (inedito); Trattenimenti per ricreazioni infantili (edito nel 1866 con firma Luisa Quitrine); Attraverso la vita (versi); Il libro di Capo d’anno (edito nel 1872); Racconti di fanciulli (stampato mentre Louise è in N., Caledonia); La Miseria, edito nel 1881, scritto a due mani con G. Guètre (pseud. di Mme Tynaire); La figlia del popolo, edito nel 1883, scritto anch’esso a due mani con Giovanni Winter (pseud. di Grippa), con Bakunin personaggio principale; Il Bastardo Imperiale, pubblicato lo stesso anno; I contadini, a due mani con Emilio Gautier (edito nel 1883 o nel 1886); Racconti e leggende (1884), Leggende e Canti Canachi (1885) e Oceaniche [questi ultimi tre furono pubblicati almeno due volte]; I microbi umani (romanzo “scientifico” alla G. Verne) riscuote grande successo; L’affamato, pubblicato nel 1890; Il Gallo Rosso e I delitti dell’Epoca apparvero in cento dispense nel 1888, così come le Letture Enciclopediche l’anno dopo. Le Memorie e i Ricordi ed avventure della mia vita sono forse rimasti inediti; Era Nuova (edito intorno al 1919); La Comune (pubblicato nel 1898); Il Secolo Rosso (inedito); La donna attraverso le età (a puntate in «Lo scomunicato»); Il Mondo Nuovo (forse inedito); Prometeo, stampato nel 1905; La leggenda del Bardo (inedita). A questi titoli vanno aggiunti i frammenti ritrovati dei seguenti manoscritti: Il libro di Herman; Letteratura agganciata; Le diavolerie di Chaumont; Le memorie di Hanna, la nichilista; il Libro del Bagno [penale]; Coscienza; Libro dei morti [gli ultimi tre andati perduti] e gli incompiuti: Gli svaligiatori; Prigioni; La conquista del mondo.
  7. È noto che George Sand l’assume come istitutrice della figlia Solange.
  8. Il primo volume in-18° esce nell’ottobre dello stesso anno. Del romanzo verniano esistono diversi manoscritti, dei quali uno fu donato dallo stesso Verne al duca di Parigi e altri due sono conservati alla Società di Geografia di Parigi, insieme ad un frammento di Cinque settimane in Pallone. In volume unico, in-8°, sarà pubblicato il 9 dicembre 1871.
  9. Per un approccio significativo alla biografia di Verne ho utilizzato: Marc Soriano, Il caso Verne, trad. Maria Luisa Mazzini, Milano, Emme, 1982, ad oggi uno dei più interessanti studi sullo scrittore francese.
  10. M. Soriano, op. cit., p. 14.
  11. L’editore di Verne.
  12. M. Soriano, op. cit., p. 210.
  13. Ivi, pp. 210 e 363.
  14. Ivi, p. 13.
  15. Charles-Noël Martin, Jules Verne, sa vie et son œuvre, Losanna, Rencontre, 1971, p. 60.
  16. M. Soriano, op. cit., p. 14.
  17. Ivi, p. 361.
  18. Già avanzata da Marcel Morè, studioso di Verne.
  19. Ivi, p. 130.
  20. Ivi, pp. 149-152.
  21. Nella stesura definitiva il riferimento all’Inghilterra sparisce.
  22. M. Soriano, op. cit., p. 143.
  23. Pseudonimo del caricaturista e aeronauta Félix Tournachon.
  24. F. Ferretti, Il mondo senza la mappa, Milano, ZIC, 2008, p. 207.

 

Louise Michel vista dalla matita di Fabio Santin

Senza dubbio affascinante e suggestiva l’ipotesi che Santo Catanuto illustra in questo articolo, di una Louise Michel in ristrettezze economiche che, prima di diventare l’appassionata comunarda, vende per cento franchi l’idea e la trama del famosissimo Ventimila leghe sotto i mari, al grande romanziere Jules Verne. Un’ipotesi, del resto, che ebbe già una certa fortuna negli ambienti letterari della Francia di inizio Novecento, suffragata, forse, dalle molte voci relative a una spregiudicata propensione del romanziere a cercare “collaborazioni” un po’ qua e un po’ là.

Resta il fatto, comunque, che questa ipotesi, anche se fatta sostanzialmente propria da Fernand Planche, non viene affatto condivisa dagli altri biografi della comunarda. Infatti sia Jean Maitron, il maggiore storico dell’anarchismo francese (Jean Maitron, Dictionnaire biographique du mouvement ouvrier française, Paris, Editions de l’atelier, 1997) che gli anarchici Hem Day (Cahiers Pensée et Action, n. 9 del 1959) e Andre Lorulot (L’Idée Libre, aprile 1959) affermano esplicitamente che sia ben poco credibile. Senza dimenticare Herscovici, poi, che in un suo articolo biografico di Louise Michel, apparso sul numero 11/1962 di Volontà, ritiene di non doverla neppure citare.

Certo che sarebbe quanto mai seducente rileggere il romanzo pensandolo uscito dall’ingegno della “vergine rossa” ma, purtroppo, pare proprio che questo non sia possibile.

la redazione