Rivista Anarchica Online


lettere

 

Botta.../Due ragioni per votare

Gentile redazione di A-Rivista,
in relazione all’interessante articolo di Andrea Papi pubblicato sullo scorso numero dal titolo “L’opportunità ben poco opportuna del voto”, vorrei rompere quello che giustamente Andrea Papi ha definito “muro di omertà” e spiegare le ragioni di chi come me, pur riconoscendosi nel variegato movimento anarchico, si reca quasi sempre alle urne per esercitare un diritto che, per quanto “borghese”, riveste a mio parere la stessa importanza di tanti altri cosiddetti diritti “borghesi”.
Per quanto mi riguarda, le motivazioni a corredo di quanto detto sopra sono sostanzialmente due, una teorica e generale, l’altra pragmatica e contestualizzata al momento storico.
La prima si basa sul fatto che il tipo di apparato statale influisce pesantemente sulle condizioni materiali della classe lavoratrice e sul conflitto sociale: se infatti è vero che sono i rapporti di forza tra le classi ad imporre determinate politiche economiche e sociali, è vero anche il contrario, e cioè che un determinato assetto politico può fiaccare o esaltare la lotta di classe. Già un secolo fa Francesco Saverio Merlino affermava che vi è una differenza incomparabile tra un “crispiano” ed un sincero repubblicano o socialista.
L’altra motivazione è legata al contesto storico: oggi ci troviamo di fronte ad un’involuzione totalitaria mai vista prima (almeno da me che ho meno di 30 anni), che alimenta istinti cinici, individualistici e, lo dico senza esagerare purtroppo, anche razzisti ,e che da tali istinti è a sua volta alimentata in un circolo vizioso che risucchia dentro sempre più individui. Cercare di fermare questa porcheria credo sia necessario (ma non sufficiente, chiaramente!!) anche con il voto alle forze di sinistra non compromesse (per sinistra non intendo Di Pietro, grillini, ecc. ma partiti perlomeno proletari).
Pertanto andrò anche questa volta a votare, anche solo per non trovarmi il giorno dopo dalla stessa parte di coloro che, in ossequio ad un qualunquismo dilagante verso tutto ciò che non afferisce alla sfera prettamente personale, preferiscono votare al Grande Fratello o alla trasmissione “dell’anarchico” Morgan piuttosto che alle elezioni.
Ringraziandovi per l’attenzione prestatami e scusandomi per essermi forse troppo dilungato,.
Saluti libertari.

Ignazio Leone
(Treviso)

... e risposta/Un diritto, non un dovere

Carissimo Ignazio,
grazie per aver detto la tua rispondendo all’invito implicito nel mio articolo. Almeno per quello che mi riguarda, quando le opinioni vengono dai sentimenti sono sempre ben accette. Ma veniamo al dunque che poni.
Innanzitutto il diritto di voto non è affatto “borghese”, come sostieni pur scrivendolo tra virgolette. È un diritto civile di classico stampo liberale che, soprattutto da quando è diventato in pieno suffragio universale, è giusto che ci sia, come ogni altra possibilità di libera espressione degli individui. Se lo impedissero per instaurare forme dittatoriali sarebbe giusto lottare per ripristinarlo, perché comunque rappresenta una conquista storica illuminista e di emancipazione.
Ma se è giusto salvaguardarlo, come per ogni altro diritto egualitario conquistato, è altrettanto giusto esercitare il diritto di usufruirne o no. E qui entra in ballo la coscienza personale di ognuno di noi. La mia convinzione dell’importanza della coerenza astensionista non si rivolge al diritto di voto, come sopra ho appena espresso, bensì al senso politico che tale sacrosanto diritto ha acquisito storicamente nell’impostazione generale e sostanziale della vigente “democrazia rappresentativa”.
La filosofia e la tecnologia applicative con cui è stato impostato nelle democrazie capitaliste contemporanee ne hanno completamente svilito e annullato contenuto e senso di reale e concreta partecipazione popolare. Lo spirito con cui è stato impostato e viene applicato è ben lontano perfino dai presupposti con cui i pensatori liberaldemocratici l’avevano supposto in origine.
Oggi si vota per una pura designazione di potere, non per eleggere dei rappresentanti veri, perché gli eletti anche giuridicamente non debbono attenersi a nessun reale mandato. Debbono solo essere eletti e poi possono decidere completamente sganciati, se non per un molto vago senso morale, da chi li ha designati col voto. Dove sono i controbilanciamenti di controllo dal basso e di contenimento concreto del potere che sarebbero uno dei vanti delle teorie liberali? Di fatto non esistono e non sono contemplati, perché si chiede solo consenso a priori sulla fiducia: una vera e propria cambiale in bianco.
Ma tu sostieni che trovi necessario votare perlomeno per partiti “proletari”, per contribuire ad esaltare la lotta di classe e per tentare di bloccare l’attuale involuzione autoritaria che, come dici, consideri mai vista prima.
Condivido che sia in atto una costante e pericolosa recrudescenza autoritaria, segnata da logiche di destra, ma penso che sia una forzatura aggiungere mai vista prima. Non dimentichiamoci che abbiamo conosciuto fascismo, nazismo e bolscevismo in un passato non troppo lontano, mentre in contemporanea abbiamo per esempio regimi teocratici ed altri dittatoriali, come quelli coreano e birmano, ma anche cinese. L’elenco sarebbe lungo, ma non mi sembra che tali regimi siano paragonabili alla pur misera situazione illibertaria di casa nostra. In fondo tu stesso non citi forse Saverio Merlino per dire che non tutti i regimi sono uguali?
A parte il fatto che mi hai sinceramente incuriosito. Mi piacerebbe capire quali sarebbero oggi questi famosi partiti, come scrivi tu, perlomeno proletari. Volendo essere pignolo, potrei sottolineare che un tale partito dovrebbe essere interamente formato da proletari, cioè secondo la visione classica da operai dell’industria, il che non è auspicato neppure dai partiti cosiddetti operai. Il fatto è che secondo dottrina un tale partito dovrebbe mirare alla conquista del potere per instaurare la dittatura del proletariato, che è infatti lo scopo ideologico dichiarato della lotta di classe da te auspicata. La qual cosa sarebbe una vera involuzione totalitaria, come la storia ha dimostrato, mentre tu asserisci di votare per un presunto partito proletario proprio per evitarla. In questa posizione vedo un’evidente contraddizione logica.
Se vogliamo essere pragmatici, come mi sembra che trasudi dal tuo scritto, dobbiamo smettere di essere succubi di simili illusioni, che da troppi decenni ci obnubilano la possibilità di comprendere. Oggi la sinistra, nella sua complessità, è allo sbando non tanto perché perde punti ad ogni tornata elettorale, fino a trovarsi estromessa dal parlamento. Lo è soprattutto perché i residui di forze che ancora pensano di rappresentarla sono affette da un immenso vuoto culturale e da mancanze progettuali enormi.
La sinistra votarola, in tutte le sue componenti attuali, non sa più da troppo tempo né dove vuole parare, né come muoversi con agilità, né quale tipo di società ha da proporre, perché ha perso il senso dei propri valori e dei propri fini. Non che gli anarchici siano messi molto meglio. Mi sembra di averlo chiarito nell’articolo cui fai riferimento.
Il problema allora è di altro tipo. Bisognerebbe che riflettessimo tutti seriamente sul senso delle nostre scelte e sulle possibilità progettuali, proprio per ridare senso ad un agire innovativo che volesse ristabilire le possibilità di lotta per un’autentica emancipazione dal dominio, dallo sfruttamento e dalla sottomissione. Il discorso è però lungo e complesso e non può risolversi in una breve risposta. Ciò che dovrebbe essere chiaro è che un simile titanico compito non può passare attraverso il voto alle forze residue di una sinistra agonizzante.

Andrea Papi

 

“La notte che Pinelli”

Nel libro di Adriano Sofri “La notte che Pinelli” (Sellerio editore), che sotto tutti gli aspetti è un bellissimo libro, magistrale nella ricostruzione dei fatti e degli scritti, l’autore si rammarica delle parole “orribili”, che vennero usate allora contro il commissario Calabresi e gli altri responsabili impuniti della morte di Pinelli. Diciamo invece che basterebbero tutte le scorrettezze giuridiche ed umane, usate dal commissario nei confronti degli anarchici, e il disonesto comportamento, fatto di accuse verbali e concettuali per precostituire una tesi, non suffragata da alcuna prova e neppure da indizi, a definire e condannare da sola il funzionario e anche l’uomo (e non vale ovviamente invocare la necessità di una prassi di indagine, che utilizzi “trucchi” o quant’altro....furono superati i limiti anche in questo ambito già di per sé “scivoloso”).
Il punto principale però è il seguente.
Visto che nessuno sano di mente può sostenere la tesi del suicidio di Pinelli (in questo caso non meriterebbe risposta), non resta che la piena responsabilità di tutti i presenti e in primo luogo del commissario; che secondo Pasquale Vallitutti non è mai uscito dalla stanza. Ma anche se fosse uscito durante il fatto, nessuno, sempre sano di mente, può credere che non abbia,immediatamente o dopo, saputo come i fatti si erano svolti.
Quindi ha sempre successivamente mentito ed è venuto meno al suo dovere molto gravemente e colpevolmente ed è stato comunque complice di chi ha commesso il fatto.
Allora... che smettano di santificare questo commissario e Sofri smetta di battersi il petto; che tra chi commette crimini e chi si scalda e anche minaccia con slogan generici per forte indignazione c’è un abisso di differenza, anzi, non c’è proprio paragone né relazione.
L’unica, per così dire, riabilitazione del commissario potrebbe venire se domani si scoprisse che Calabresi pentito avesse espresso la volontà di rivelare come realmente erano andati i fatti,sia che fosse presente sia che fosse uscito; e per questo i suoi stessi “amici di stato” l’abbiano fatto fuori. Avrebbe comunque dovuto dirlo subito e dunque sarebbe ancora colpevole ma solo così potrebbe avere un po’ di comprensione e simpatia.
In assenza di questo aspettiamo dignitosamente, senza vergognarci troppo di esserci accalorati per sete di giustizia,coscienti che non fa bene neanche battersi troppo e continuamente il petto; e invece di concludere “non lo so” cosa è successo al quarto piano della questura, con un po’ di coraggio è meglio dire:”non so cosa è successo con precisione ma so sicuramente che le versioni ufficiali date sono false”.
A dire il vero questo, Sofri, lo fa emergere per tutto il libro e anche a proposito di coraggio lui ne ha da vendere.

Andrea Vannucci
(Malgrate – Lc)

P.S. Non ho parlato del sentimento di pietà e commozione sia per Calabresi che Pinelli e della partecipazione al dolore delle due famiglie perché questo non può né deve mai essere messo in discussione.

 

Polemica a Brescia

Brescia 4 giugno 2009


In seguito alla distribuzione a Brescia, da parte degli anarchici del locale gruppo anarchico Bononetti, del volantino qui sopra riprodotto, il presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di piazza della Loggia, Manlio Milani, ha scritto una lettera al quotidiano locale Giornale di Brescia in cui definiva “delirante” il volantino degli anarchici contro l’assessore alla Cultura Arcai. Ecco la lettera inviata dall’anarchico Agostino Perrini a Milani, tramite il quotidiano.

Casualmente ho letto questa mattina il suo ringraziamento a chi ha contribuito a rinnovare la memoria della strage del ’74. I miei alunni giovedì 28 erano in piazza con gli elaborati che abbiamo prodotto su Euplo Natali, ma sono rimasto sorpreso dalla “vicinanza” espressa all’assessore A.A.
“Delirante” volantino, “…delirante rivendicazione..” è casuale che si faccia ricorso ad un linguaggio, a frasi stereotipe da anni piombo, quando presumo ci si voglia politicamente smarcare, ma senza voler entrare nel merito?
Che il gruppo anarchico Bonometti (di cui faccio parte) abbia ricordato in tempi di revisionismo imperante che il Vostro, negli anni ’70 non era un ingenuo fascistello, ma militante attivo e riconosciuto anche fuori dalle aule del Liceo Calini è forse deprecabile?
C’è stato forse un errore, un imperdonabile scambio di persona? Chi era quello studente universitario che a Parma andava fiero delle sue vicende giudiziarie.. orgoglioso?
Certamente è figlio di quel giudice che ha aperto l’inchiesta sulla strage ai vari Delfino&C., ma questo le pare un motivo sufficiente per sdoganarlo politicamente?
“Oggi, imbarazzante assessore alla cultura”, imbarazzante.. perché si è voluti essere magnanimi, lei ha forse avuto la fortuna di assistere a qualche intervento pubblico dell’assessore, ma se così non fosse le faccio omaggio di un Suo scritto, presentazione ad una mostra ai Monaci sotto le Stelle poche righe, ma indicative dell’intellettuale che tutti, ma proprio tutti ci invidiano.
Ora per non tediarla ulteriormente, termino con una semplice considerazione, ricordare chi era allora il figlio del giudice, non è solo uno sterile esercizio di memoria, ma cogliere la continuità e la coerenza di cui l’amministrazione comunale quotidianamente dà prova tra esternazioni e regolamenti e sanzioni, ma credo sia superfluo elencarle ciò che certamente conosce.
Un attacco frontale non è di questi tempi politicamente corretto? …amen.
Ovviamente ognuno è libero di esprimere vicinanza a chi sente prossimo per i più svariati e insondabili motivi, ma in questo specifico contesto – 28 maggio 2009 – credo sia un errore.
Mi creda, sono ben altre le contiguità irragionevoli o come lei ama definirle “farneticanti”, che non il nostro adesivo.
Scusi lo sfogo, ma da quando sono venuto tanti anni fa in via Lamarmora trovando la sua disinteressata disponibilità, (per chiederle se il volantino del gruppo anarchico che attaccava i servizi in merito alle stragi – sequestrato in p.zza Loggia – fosse passibile di una denuncia annunciataci dai i carabinieri), devo mio malgrado constatare che qualcosa si è modificato; probabilmente l’immagine che di lei ho portato con me per tutto questo tempo.

Grazie per l’attenzione.

Agostino Perrini
(A.P. via Pasubio 29/a – 25128 Brescia)

 

Una riflessione sul movimento

Cari redattori e lettori,
l’anarchismo, intrinsecamente alla sua natura, è sempre stato il movimento che ha portato sulle spalle, il gravoso peso del cercare di adattare il concetto astratto di libertà alle situazioni sociali, economiche e politiche locali, differenziandosi nei vari periodi storici in base al contesto.
Da qualche anno invece, a mio modesto parere, si sta rischiando di perdere di vista questo punto fondamentale: il sapersi adattare ai tempi e alle situazioni, per comunicare meglio con le persone.
Di recente ho letto il comunicato pubblicato dalla FdCA, il quale invitava i lavoratori a non dimenticarsi la situazione di disagio in cui si trova buona parte della classe lavoratrice e di naturale conseguenza, per una mentalità anarchica ovviamente, li esortava all’astensionismo attivo e al ritorno alla lotta.
Il problema nasce nel momento in cui chi scrive questi manifesti, e generalizzando organizza tutto il flusso informativo delle varie federazioni, non si immedesima in chi li legge e in chi deve recepire il messaggio; buona parte dei lavoratori con cui ho avuto modo di discutere tale volantino, per quanto simpatizzanti del movimento e tutt’altro che contrari ai valori che ci muovono, faticano a trovare fiducia in quelle parole, leggendole come dei clichés antiquati, senza nessun tipo di applicazione pratica e sentendole vuote, e guidate dall’idealismo fine a se stesso.
La gente sente la mancanza di pragmatismo e per l’anarchismo, questo è un grandissimo fallimento, perché quando la gente smette di ascoltarci, noi non abbiamo a chi comunicare: secondo il mio parere, dobbiamo reimparare a comunicare nella maniera più idonea, che tenga conto dell’evolvere dei tempi e dei relativi problemi.
Vorrei sottolineare, a scanso d’equivoci, che il mio non è un invito a mettere in un cassetto la nostra tanto amata Utopia, ma di considerarla per quella che è, e che è sempre stata: un punto a cui tendere, la guida delle nostre azioni, piuttosto che un monolitico fine ultimo.
Abbiamo, secondo me, bisogno di rinnovare il nostro modo di comunicare e il nostro modo di porci, non tanto rispetto al nostro dialogo interno, bensì nei confronti di chi è ancora estraneo al movimento anarchico. Dobbiamo essere pragmatici, incisivi e moderni, abbattendo le barriere che ci dividono, da chi l’anarchismo lo crede morto o lo crede un movimento di illusi idealisti, con una mentalità antiquata.
La gente crede che il movimento anarchico, serva solo ad organizzare manifestazioni estemporanee?
Bene! Diamogli dei piccoli servizi autogestiti utili a tutti!
La gente crede che l’anarchismo sia fatto di alienati?
Torniamo a fare volantinaggio davanti alle fabbriche e davanti agli enti pubblici!
La gente crede che gli anarchici sappiano organizzare solo rivolte?
Organizziamo più eventi e con una maggiore visibilità!
Organizziamo dei mercatini per la raccolta di fondi...
Diffondiamo la cultura libera!
E di questi esempi ve ne sono a centinaia... La fantasia e la volontà, sono forse gli unici limiti... Inoltre, a dover essere rinnovati, non sono solo gli strumenti operativi, ma anche i media comunicativi.
Organizzare un vero portale informativo (online), per le federazioni potrebbe essere un grande inizio, a patto sia aggiornato quotidianamente e vi si illustrino con chiarezza le date degli eventi, oltre a proporre una selezione d’articoli d’opinione, con la possibilità di inserire dei commenti.
Si tratta dunque di sfruttare la famosa “flessibilità” e “multimedialità” di Internet, usando la rete delle reti, non solo come sostituto della carta stampata a basso costo.
Purtroppo, sia il portale della FdCA, sia il portale della FAI, li trovo veramente inadeguati con i tempi, il secondo in special modo. Insisto soprattutto sul lato eventi: è impossibile a tutt’oggi, se non si è in un determinato contesto o se per caso capita sotto mano un volantino, venire a conoscenza, in tempo utile, di buona parte degli eventi organizzati dalle federazioni.
Questa lettera è soltanto una riflessione che ho voluto condividere con voi, non puntando il dito verso nessuno, ma, al contrario, provando a buttare nero su bianco, i dubbi e le speranze che ho nei confronti dei movimenti anarchici italiani. Spero in un vostro parere.
Saluti,

Dario Scella
(Torino)

 

Conversazione con Vittorini

È il 1924 quando entri in contatto con un gruppo di anarchici Siracusani in lotta contro lo squadrismo fascista; interrompendo gli studi tecnici decidi di abbandonare, per sempre, la nostra amata Terra. Però, è incredibile, non riesco ad immaginare un gruppo di Siracusani che decidono di lottare. Se tu sapessi in quale apatia vive oggi il siracusano puoi soltanto inorridirti. Come dici?, erano altri tempi!, può darsi, ma in realtà la voglia di combattere la supremazia, l’arroganza, la prepotenza, la speculazione a discapito dei più deboli non dovrebbe mai passare di moda. Di te invidio; oltre allo stile letterario, il coraggio e il dinamismo.
Avevi soltanto 17 anni quando decidi di lasciare Siracusa, ti trasferisci al Nord e già nel 1926 inizia la tua prolifica pubblicazione di opere straordinarie. In realtà sei andato via perché la città aretusea non ti offriva molto, lo so, a quei tempi i prevaricatori non mancavano e spesso approfittavano dell’ignoranza della gente del luogo; in un certo senso non è cambiato molto da allora, solo che adesso gran parte della gente ha avuto la fortuna di studiare, ma ora come allora è costretta a lasciare ugualmente l’isola e più delle volte l’Italia per non soccombere ad una mentalità prevaricatrice.
Sai che da qualche anno Siracusa è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco? E’ una bella soddisfazione per noi aretusei ma ci resta soltanto quella; se tu sapessi quanto è difficile vivere in una città che non offre nulla, soprattutto a noi operatori della scrittura, sì, come hai ben capito a me piace tanto scrivere anche se mi rendo conto che è un lusso potersi mantenere questa forma di espressione artistica a maggior ragione se vivi di espedienti. Ormai sono 20 anni o poco più che sono iscritta al collocamento, ma, come tu ben sai, il vecchio ordinamento che consentiva di essere contattati per un lavoro rispettando una graduatoria non esiste più; ora esistono i cosiddetti sportelli multifunzionali che vengono mantenuti con i soldi pubblici per illudere gli utenti di essere aiutati ad inserirsi nel mondo del lavoro, in realtà è un modo come tanti per farsi mantenere dai contribuenti. Tutto questo favorisce l’elargizione dei voti clientelari, naturalmente, a discapito dei poveri disgraziati che, pur sapendo di avere il diritto a pieno titolo a lavorare, non fanno nulla per mutare questa situazione.
Ciò detto, mi ritrovo alla mia “veneranda” età (ma non ti svelo gli anni, permettimi questo vezzo puramente femminile), pur avendo un curriculum di tutto rispetto, scavalcata dalla Noemi di turno la quale con le sue belle cosce si ritrova a soli 20 anni con una carriera destinata ad accrescersi. Come vedi i prevaricatori continuano ad esistere e i prevaricati hanno perso la voglia di lottare. Sai che la “cosa” pubblica è un concetto che va sempre più estinguendosi? Mi chiedi in che senso? Nel senso che la politica tende a privatizzare tutto senza distinzione di destra o di sinistra.
Un esempio lampante proviene proprio dalla nostra amata città dove un esponente di sinistra ha firmato accordi con una grande ditta che vuole privatizzare l’acqua pubblica. Mi chiedo io come si può speculare su un elemento fondamentale per la vita di ogni essere vivente? Ma è possibile che in questo mondo la parola etica abbia la stessa valenza di egoismo allo stato puro? Dove sono finiti quei valori che ai tempi in cui hai vissuto tu davano un senso alla propria esistenza? Spesso politici e politicanti parlano dei disoccupati che hanno perso il lavoro ma di chi non ha mai avuto un lavoro, pur avendo le qualità, perché non ne parla nessuno?
C’è gente che si ritrova a 40 anni senza aver mai firmato un contratto di lavoro, senza una casa e senza una famiglia, come se non bastasse la società li schernisce, etichettandoli con l’epiteto di “bamboccioni” perché non sono nelle condizioni di lasciare la famiglia di origine; ne vogliamo discutere? Come definiresti, tu, questi soggetti? A me viene di definirci degli “invalidi civili”, poiché la politica degli ultimi 20 anni questo ha prodotto, degli invalidi e in quanto tali, come minimo ci meritiamo una pensione. Per non parlare di chi ha voglia di studiare ma si sente dire che la prima rata di tasse universitarie, che è la più costosa, è uguale per tutti. Come dire il popolo è destinato a soccombere nell’oscurantismo perché questo “ consente” di gestirlo meglio.
Ma cambiamo discorso. Chissà quanti anni sono passati da quando sei venuto l’ultima volta a Siracusa, certo ormai è irriconoscibile, l’aria aulente scaturente dai fiori di zagara è stata sommersa dalla puzza degli acidi industriali, sì, hai capito bene, le amate coste mellilesi e priolesi sono state deturpate dal polo petrolchimico e, come se non bastasse, i capitalisti hanno intenzione di strafare pensando di costruire, prossimamente, un rigassificatore. Perché non una centrale nucleare?, quello che mi domando io. Come dici? Non c’è sufficiente spazio per costruire un ulteriore ecomostro. Non ti preoccupare che i capitalisti lo trovano non solo, cercano di convincere la popolazione, anche grazie all’aiuto di certe “politichesse” , dicendo loro che aumenterà il lavoro, pur sapendo che basta poco personale altamente qualificato per gestire questa mostruosità, in compenso da noi aumenta l’incidenza dei tumori. Tanto la salute dell’uomo, evidentemente, vale meno di una lira col buco.
Ah, a proposito lo sai che la lira non esiste più? Dal 2002 ci hanno imposto l’Euro. Come dici? Consente l’Europa di essere più unita, è il sogno del patriota Giuseppe Mazzini che si è concretizzato, sìììì...., ma è anche un ulteriore “arma” che consente ai ricchi di speculare sui poveri. Lo sai che una mia cara amica lavorava come cameriera in un hotel per 800.000 lire e ora si ritrova ad essere sfruttata per soli 400,00 euro al mese? Mi dici cosa ci fa una madre di famiglia con una miseria simile? Ma questi sono solo dettagli che fanno soffrire la povera gente “ per il mondo offeso” , d’altronde come tu ci fai notare nel tuo celeberrimo romanzo “Conversazione in Sicilia” attraverso due dei tuoi personaggi “coi baffi” e “senza baffi” i borghesi perbenisti e menefreghisti continuano a prevaricare e a disinteressarsi dei poveri che li circondano. Detto ciò ti ringrazio Elio per le belle opere che ci hai donato, spero in cuor mio che i tuoi scritti possano suscitare ai prevaricati il desiderio di unirsi per lottare contro ogni forma di “ dittatura”.
Con profonda ammirazione, la tua concittadina.

Silvia
(Siracusa)

P.S. Chi volesse confrontarsi con me o semplicemente scambiare delle idee può contattarmi attraverso la mia e-mail: silvia72sbs@libero.it.

 

 

 

I nostri fondi neri

Sottoscrizioni.
Massimo Ortalli (Imola – Bo) 120,00; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Amelia e Alfonso Failla, 500,00; Enrico Ferri (Roma) 47,40; Milena e Paolo Soldati (Clermont – Ferrand – Francia) 68.00; Andrea Cassol (Cesio Maggiore – Bl) 30,00; Piero De Leonardis (Brindisi) 20,00; Massimo Colelli (Bergamo) 4,00; Lorenzo Partesana (Sondalo) 20,00; Gianandrea Blesio (Botticino – Bs) 10,00; Paolo Cerati (Zelo Buon Persico – Mi) 6,00. Laura Cipolla (Casalmaiano - Lo) 10,00; Leonardo Muggeo (Canosa - Ba) salutando Paolo e Aurora, 20,00. Totale euro 855,50.

Abbonamenti sostenitori.
(quando non altrimenti specificato, trattasi di euro 100,00) Agostino Perrini (Brescia); Gianluca Botteghi (Rimini); Stefano Cempini (Ancona) 150,00; Patrizio Quadernucci (Bobbio – Pc); Marco Galliari (Milano) 200,00. Paola Di Nicola (Romano d’Ezzelino - Vi). Totale euro 750,00.