Rivista Anarchica Online



a cura di Marco Pandin

 

Anema e corde

C’è in giro da qualche mese un bel cd di Giorgio Cordini e Reno Brandoni: tutt’e due musicisti di grande e provata bravura che, saggiamente, decidono di restare ben saldi a terra senza gonfiarsi di ingenerosità e chiamano il loro lavoro con un gioco di parole mediterraneo dai toni Zen. Giorgio già lo conoscete se frequentate queste pagine: lo avevamo incontrato sul palco assieme a Fabrizio de André, a tessere vestiti d’oro a belle canzoni italiane dopo averle spogliate delle parole, poi a prestare la sua chitarra magica a sostegno di Emergency. Reno Brandoni ha suonato a lungo negli anni Ottanta con certi grandi chitarristi, da Stefan Grossman a John Renbourn a Duck Baker, per poi improvvisamente mollare tutto. Ritornato da qualche anno alla musica ed all’attività concertistica, è uno degli animatori di fingerpicking.net, che nella rete è punto d’incontro di ottime dita.

Reno Brandoni

Il cd, dunque. Se cercate una qualche colonna sonora per riempire un’ora di noia lasciate perdere: non è, questo, un lavoro da ascoltare distrattamente, come sottofondo mentre si fa dell’altro. Il mio consiglio sincero è: ritagliate un’ora della vostra vita, un’ora tutta per voi senza telefono né televisione. Staccate la spina dal resto insomma, e provate a concentrarvi sul suono. La prima impressione d’ascolto è ingannatrice: vi sembrerà di aver già conosciuto ogni singolo frammento, e correrete alle note di copertina a cercare conferme che, invece, non troverete. Sono nove composizioni originali ed inedite ed un solo rifacimento, una “John Barleycorn must die” per due chitarre assieme alle quali Chris Wood presumo avrebbe intrecciato volentieri il suo flauto. L’album non vi porta via lontano, nel senso che non c’è da aspettarsi un qualche teletrasporto che vi scaraventi altrove: direi che la vera sorpresa sta nel ritrovarsi qui ed ora a galleggiare tra innumerevoli piccole suggestioni. Nessuna fuga, insomma, e soprattutto nessun trucco: i due sono letteralmente stupefacenti nel loro approccio così naturale e senza fronzoli alla musica, ed offrono un’ora di perle di semplicità senza mai essere banali.

Giorgio Cordini

Nel cd raccolgono una manciata di composizioni eseguite appoggiandosi l’uno all’altro come onde del mare ed ali di gabbiano che si confondono in schiuma, indecise tra un raggio di sole da riflettere o una sfumatura marina da catturare. Nessuna illusione: la meraviglia è tutta nella musica, che rifugge dalle catalogazioni rimanendo pura e inattaccabile come acqua viva mentre allaga la stanza. Giorgio Cordini è un musicista che va ascoltato e riascoltato: l’investigazione tra le pieghe dei suoi arrangiamenti rivela particolari e cesellature ad ogni nuovo incontro. Di Reno Brandoni circolano un paio di cd recenti: conosco “Yelda”, assai ben fatto e altrettanto ben suonato anche se a volte un po’ troppo, come dire, sovrarrangiato (ma questa è una di quelle volte in cui potrei sbagliarmi, chiedere scusa e cambiare idea).
Potete prendere contatto via web con i musicisti tramite www.fingerpicking.net e visitando i siti www.giorgiocordini.it e www.renobrandoni.it.


Cera un sogno per cappello

Stando a quel che ci raccontano i media, questo disco e questi musicisti “non possono” esistere: Treviso, la Marca, il Veneto e addirittura il Nordest tutto sono diventati sinonimi ufficiali di intolleranza, chiusura, appiattimento, torpore, irrigidimento. Nella zona, è risaputo, è in atto un lavorio frenetico che impegna la popolazione e soprattutto i governanti locali: muri in costruzione tutt’attorno alle città, ai quartieri, tutt’attorno casa e dentro in testa per tener fuori le diversità che fanno paura. Il dissenso non c’è, è una parola cancellata dal dizionario padano. Le voci contrarie non ci sono, non hanno senso d’esistere: tutti giù in strada di ronda a difendere la razza e la tradizione, vecchi sindaci e vecchi preti, capellicorti e brave ragazze d’una volta, buoi, pecore e somari.
E allora anche Alberto Cantone non esiste: è “soltanto” una voce incontrollata che zampilla fuori da una radio libera stretta tra le frequenze blindate di qualche megastazione commerciale, è “soltanto” una voce che si alza da una vecchia audiocassetta che gira in tondo a fatica, è “soltanto” la voce di un misero signor nessuno a cui si riserva qualche pedana ritagliata in periferia, un’amplificazione precaria e sberciata, una campagna pubblicitaria fatta di passaparola e fotocopie e volantini strappati dai muri.
Eppure, la voce di Alberto c’è e non si ferma e racconta una quantità straordinaria di storie: sono solo due le sue uscite discografiche, ma sono migliaia le canzoni che ha cantato e almeno duecento quelle che ha scritto sin dai primi anni Ottanta. Non c’era la possibilità, o il tempo, o i mezzi per poterle diffondere tutte: un paio sono finite in raccolte pacifiste, poche altre sono finite dentro un disco di qualcun altro (come “Il viaggio di ritorno” alla quale i Marmaja hanno messo le mani addosso facendola diventare quella “Sei marzo” che gli è valsa il premio Ciampi nel 2004), tante sono rimaste chiuse in qualche nastro oppure intrappolate nei bei ricordi di qualche piccolo concerto.
Alberto Cantone ha una voce decisamente fuori posto e fuori tempo: a volte sarebbe stata più adatta alle piazze colorate dei tardi anni Settanta o alla Parigi effervescente del Sessantotto, forse non avrebbe sfigurato nella Berlino appena riunificata o sul ponte di Mostar e nella Sarajevo di prima della guerra. Ma Alberto e la sua voce sono qui, adesso. Lui è proprio quel genere di persona che non va mostrata in televisione, la sua voce un impasto strano sospeso tra De André e Claudio Lolli, ha un colore bruno come castagnaccio e vino nuovo, ricca di armoniche e inframezzata di respiri come rondini in primavera. È una voce che somiglia a un sogno da cui ci si sveglia trafelati e spaesati, tanti sono gli incontri: “C’era un sogno per cappello” è fin troppo ricco di citazioni e facce, stracarico di parole e suoni, ma non poteva essere diverso perché ricca di incontri e facce e parole e suoni ed emozioni e tumulti è la vita intera. Quella vera, quella vita che abbiamo.

Alberto Cantone e Claudio Lolli

Gli arrangiamenti delle canzoni sono aperti alla collaborazione di numerosi musicisti locali, a volte veri talenti del tutto sconosciuti venuti a testimoniare, armi/strumenti alla mano, che la solidarietà esiste anche se non fa notizia.
Voi che siete capaci di non soffermarvi sulla superficie delle cose, voi che non vi arrendete alle verità della televisione, ebbene, troverete qui dentro del buon pane per i vostri denti, acqua fresca per dissetare la vostra curiosità e benzina non inquinante per incendiare al meglio i vostri sogni.
Il cd è realizzato in collaborazione con l’associazione Liocorno che da anni lotta per mantenere vive, creative ed aperte le menti dei giovani del Nordest, e diffuso da Storiedinote. Contatti: www.albertocantone.it.


ResistenceInDub

Rimaniamo in zona e alziamo lo sguardo verso il Nordest estremo, al Friuli, terra di confine. Questo cd arriva in busta anonima senza uno straccio di lettera accompagnatoria, ma le spiegazioni non servono perché qui c’è “solo” da ascoltare, le parole sono tutte dentro e ci vuole impegno per tenerle insieme, catturarle, capirle. E non ci si riesce, cazzo. E non è perché questo è mezzo inglese e mezzo friulano e mezzo chissà cos’altro, ma perché le parole si trasformano in suono puro o in un’esplosione di colore come in un videogioco o in una storia inventata. Il primo ascolto letteralmente spiazza, il secondo incenerisce, poi raccogli i pezzi e il terzo e il quarto e il quinto e quegli altri che seguono ti sorprendono a cancellare le pause tra fine e inizio, resti a smanettare sul lettore o sull’autoradio o sulla tastiera del pc ad azzerare il silenzio perché il cd non lo molli, te lo porti dietro a colorare il viaggio sul treno dei pendolari, lo appiccichi sulle pareti grigie dell’ufficio, vuoi trasformarlo in una coperta per la notte o in una maglietta da mostrare per la strada.
Roba bella qui dentro, molto bella e discretamente pesante, assai ben fatta e strutturata e organizzata nel ritmo come nella scelta dei suoni. Roba che fa muovere e dimenare anche una pietra immobile come me, chi mi conosce sa che non scherzo, e ho una certa età.
Ho sognato che un programma Rai illuminato trasmetteva questo disco, che la gente improvvisamente si risvegliava e che il contagio si propagava via radio e che questi ragazzi finivano in cima alle classifiche di mezzo mondo (nell’altro mezzo no: lì la radio non arrivava mai, i ragazzi continuavano a dormire al buio).

Non credo che il cd abbia una qualche diffusione commerciale: rivolgetevi a Radio Onde Furlane (via Volturno, 29 33100 Udine – tel. 0432 530614, e-mail: ondef@friul.it), il gruppo lo trovate da qualche parte su myspace.com e, con qualche fortuna, in qualche zona libera della vostra testa.

Marco Pandin
stella_nera@tin.it


“Duemila papaveri rossi”
2 cd con libretto

I due cd contengono 37 canzoni di Fabrizio de André
interpretate da musicisti e gruppi indipendenti.
Una iniziativa a sostegno di "A" delle Edizioni stella*nera.

Una copia 15 euro

Per saperne di più e per acquistarlo online clicca qui

Paola Sabbatani e Roberto Bartoli
“Non posso riposare”
cd+dvd

Un cd e un dvd, dodici canzoni da ascoltare e un documentario realizzato da
Mario Bartoli e Giangiacomo De Stefano (Va.C.A. Vari Cervelli Associati).
Una co-produzione Editrice Bruno Alpini, Aparte e stella*nera.

Una copia cd+dvd 15 euro

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