Rivista Anarchica Online


 

 

Libertà
Dai simboli religiosi

Che la polemica scoppiata in questi giorni a Ragusa sui crocifissi negli edifici pubblici, sia pretestuosa, è dimostrato dal fatto che sono già passati tre anni dal provvedimento del giudice Duchi, che li ha tolti dalle aule dei tribunali di Ragusa e Vittoria senza nessun clamore paragonabile a quello odierno. Il caso è tornato d’attualità solo perché un giudice, Tosti, che da anni è in polemica su questo tema, e che ha subito varie sanzioni per non aver voluto insediarsi in aule con il crocifisso, ha reso pubblica la situazione ragusana.
Ma dietro c’è senz’altro la decisione del magistrato di Valladolid (Spagna) di eliminare da un istituto scolastico il crocifisso, dopo un ricorso di un’associazione per la scuola laica. Questo ha preoccupato il mondo cattolico, soprattutto quello più integralista e moralista, dato che vi sono altri cattolici che da tempo sostengono non solo il ritiro dei loro simboli dai luoghi pubblici, ma anche l’abolizione del finanziamento pubblico alla Chiesa e dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica.

Riteniamo che continuare ad esporre il simbolo della religione cattolica violi i diritti dei non credenti, degli agnostici e degli aderenti ad altre fedi religiose. Non importa se siano una minoranza rispetto alla “stragrande maggioranza” cattolica: una società è tollerante e solidale quando tutela i diritti delle minoranze.
I cattolici possono dire che il crocifisso è simbolo di “tolleranza, rispetto reciproco e della persona, solidarietà umana e rifiuto di ogni discriminazione”, è un loro diritto credere in ciò. Ma non possono imporre questo loro pensiero a chi non è del loro stesso parere, e pensa, magari, che il crocifisso, nelle mani della Chiesa cattolica, è stato il simbolo delle guerre crociate, dello sterminio degli indios delle americhe, di innumerevoli guerre di religione, della caccia alle streghe, dei roghi degli eretici e dei liberi pensatori, delle stragi dei dissidenti e degli oppositori al potere temporale dei papi, della discriminazione delle donne e degli omosessuali, dentro e fuori la Chiesa, e ancora oggi rappresenta le posizioni del Vaticano contro i disabili, le libere unioni, gli omosessuali, l’autodeterminazione delle donne, l’utilizzo delle cellule staminali, ecc.
Come si vede i simboli vanno osservati da tutti i punti di vista, non da uno solo. Poi ognuno è libero di adorare e venerare quello che gli piace, ma a casa sua o nei luoghi di culto specifici, senza pretendere di imporlo anche chi non condivide le sue idee.

Siamo o no in una società laica? È vero o no che la religione cattolica non è più religione di Stato? Per quanto i cattolici si sforzino di ignorare questa verità, essa è una e incontrovertibile. Libertà di culto si, ma anche libertà dai simboli religiosi, nei luoghi pubblici.

Ragusa, 5-12-2008

Gruppo Anarchico di Ragusa
Via G. B. Odierna, 212
97100 Ragusa

 

Arte
Contro

Documenti della contestazione in Italia.
A Milano, la Fondazione Biblioteca di Via Senato, si è sempre dimostrata attenta alla promozione di tematiche ed idee che hanno caratterizzato la nostra Storia. In questa prospettiva la Fondazione propone, dal 28 ottobre 2008 al 17 gennaio 2009, la mostra Passare il segno. La forma della contestazione 1968-1977, curata dal Prof. Giovanni Baule, Prof.ssa Mara Campana e Dott. Matteo Noia.
Attraverso l’inedita esposizione di un cospicuo materiale documentario, composto da libri, riviste e giornali, manifesti, volantini e ciclostilati – facente parte del Fondo della Biblioteca di Via Senato – che vanno dalla metà degli anni Sessanta fino al 1977, si intende far conoscere le grandi innovazioni stilistiche ed estetiche apportate dai giovani creativi del periodo della contestazione, che rivoluzionarono i linguaggi della comunicazione e dell’editoria. Lo scopo è quello di costruire un percorso che, snodandosi in quattro sezioni tematiche, ci aiuti a comprendere le radici delle innovazioni formali, estetiche e contenutistiche dei processi culturali, artistici e sociali del nostro presente.
Il percorso espositivo si apre con la sezione Testo, pretesto e… contesto! L’avanguardia è di massa, che mette in luce le forme di comunicazione utilizzate dai movimenti del ’68 per attuare una vera e propria controinformazione in opposizione alle notizie diffuse dai mezzi di comunicazione tradizionali. In questa fase l’urgenza dei militanti è rappresentata dalla diffusione del significato, del contenuto, per cui viene data ancora scarsa importanza all’aspetto grafico, alla forma. Libri, volantini e tatzebao sono infatti impaginati in modo austero, l’immagine è assente.
I volantini rappresentarono il mezzo più efficace ed immediato per la mobilitazione e la circolazione di idee. Venivano quasi sempre realizzati con mezzi di produzione poveri – tra cui il ciclostile – che diedero comunque luogo a soluzioni originalissime.
I tatzebao, il cui nome rimanda alla rivoluzione culturale cinese, davano voce alle istanze mosse dalla “base” delle assemblee studentesche o di fabbrica. Erano scritte, sovente affisse sui muri, che davano vita ad una vera e propria opera collettiva in continua evoluzione.
Infine nell’impaginazione rigorosa e severa della copertina dei testi – in questa fase prevalentemente d’orientamento ideologico – si nota l’embrione della riforma tipografica che esploderà negli anni successivi: si afferma l’uso dei caratteri bastoni, dell’impaginazione del testo a bandiera e, mediante le interlinee ed il cambiamento dei corpi, si assegna una gerarchia di senso.
Nella sezione intitolata Dal segno al disegno. Arrivano i grafici, si passa al rinnovamento linguistico introdotto negli anni Settanta. Nei libri di questo periodo l’immagine, pur se sintetizzando con accezione simbolica il contenuto del testo, comincia ad acquisire un’importanza sempre maggiore. Fotografie, disegni ed illustrazione irrompono sulle copertine grazie all’influenza delle sperimentazioni artistiche in atto nel mondo anglosassone, in particolare la Pop Art e la grafica psichedelica dei manifesti dei concerti e delle cover dei dischi. Inoltre con la nascita delle riviste alternative, come Re Nudo e Linus, e di piccole case editrici indipendenti, tra cui Stampa Alternativa e Arcana, il fumetto diventa uno strumento critico.
La terza sezione, Quotidiani Manifesti. Giornali e riviste della contestazione, è dedicata all’irrompere di una miriade testate che danno voce al movimento femminista ed alla frammentazione dei gruppi di sinistra, rappresentati in giornali come “Lotta continua”, “Avanguardia Operaia”, “Potere Operaio”. Contrassegnate da periodicità instabile, queste testate si differenziano per formato e originalità grafica introdotta. Da questo clima creativo, di sommovimento dei rigidi canoni tipografici e di comunicazione nascerà, il 14 gennaio 1976, il quotidiano “La Repubblica”, destinato a mutare radicalmente l’universo della carta stampata.
Nella quarta ed ultima sezione, L’immagine al potere. Potere all’immagine, si assiste alla parabola conclusiva di questo percorso: l’immagine ed il colore diventano i principali strumenti di comunicazione della controinformazione, contenuto e forma vengono ad acquisire la stessa importanza. Questa innovazione interessa libri, manifesti e riviste delle frange politiche di sinistra in cui la fotografia si mette al servizio della contestazione, diventa reportage, un atto di documentazione e denuncia di una serie di esperienze da far confluire in un impegno politico permanente.
Ma il contesto che maggiormente rivoluzionò il linguaggio fu quello dell’underground, soprattutto di derivazione hippy-psichedelica. Nei libri e nelle riviste di questa scena creativa i testi e i disegni erano stampati con l’inchiostratura arcobaleno, tipica della psichedelia. Un uso rivoluzionario del colore: magenta, zafferano, turchese, oro, arancio, irrompe nelle pubblicazioni underground italiane, come già era avvenuto oltreoceano. L’informazione non era più considerata statica ma qualcosa di tangibile. L’impaginazione in verticale o alla rovescia costringeva il lettore ad una fruizione interattiva e quindi ad una attenzione costante. Scritto e figurato formavano un unico insieme poiché i testi erano incorniciati da tralci e motivi floreali, secondo la rilettura psichedelica dell’Art Nouveau, assemblati entro disegni orientali ed elementi grafici, fotomontaggi e collage. Sempre più spesso si utilizzano le immagini fotografiche solarizzate e rielaborate cromaticamente o si impiega la tecnica dello scontorno.
La forma di dissenso creativo elaborata dalla scena underground è profondamente ludica e provocatoria, fondandosi sulla miscela di arte, azione e gioco: i titoli non sono più allineati ma si compongono in assetti liberi, irrompono il libro a fumetti, le pubblicazioni interamente disegnate ed i comix underground. L’aspetto sorprendente consiste nella straordinaria moltitudine ed originalità di soluzioni grafiche raggiunte con tecniche artigianali e a basso costo, semplicemente liberando la fantasia.

Francesca Caputo

 

Giovanna Caleffi Berneri
Questa sconosciuta

La giornata di studi Giovanna Caleffi Berneri e la cultura eretica di sinistra nel secondo dopoguerra, promossa dall’Archivio Famiglia Berneri – Aurelio Chessa (Reggio Emilia, 22 novembre 2008), ha richiamato l’attenzione del folto pubblico su una figura di militante anarchica, di giornalista politica e, più in generale, di intellettuale critica in larga misura sconosciuta.
Dopo l’assassinio di Camillo Berneri, avvenuto a Barcellona il 5 maggio 1937, Giovanna Caleffi (1897-1962) si impegna a tenere viva e a difendere la memoria del marito, partecipando a Parigi, per la prima volta, alle riunioni degli anarchici italiani e avvicinandosi, così, alla militanza politica. Con l’occupazione della Francia da parte dell’esercito tedesco, viene arrestata nell’ottobre 1940. Deportata in Germania, è infine consegnata alle autorità italiane e condotta al carcere di Reggio Emilia (luglio 1941), poi al confino in Irpinia. Nel dopoguerra, Giovanna si stabilisce a Napoli, dove stringe un sodalizio sentimentale e politico con l’intellettuale anarchico Cesare Zaccaria, insieme al quale anima due riviste militanti di grande interesse: “La Rivoluzione libertaria”, che esce già nel corso del 1944 nel Sud liberato, e “Volontà”, edita prima a Napoli poi a Genova, a partire dal 1946. La campagna di informazione sul «controllo delle nascite» e l’esperienza pedagogica della colonia “Maria Luisa Berneri”, che la vedono protagonista tra la fine degli anni 40 e il decennio successivo, restano come luminosi esempi di pratiche libertarie efficaci e concrete.

Giovanna Caleffi Berneri e (alla sua sinistra) Cesare Zaccaria

La giornata di studi si è aperta con la relazione di Nico Berti, che ha tracciato con chiarezza il quadro del movimento anarchico italiano nel secondo dopoguerra. Estremamente ricco e stimolante lo sguardo lanciato sugli anni 50 da Goffredo Fofi, che ha confermato la sua peculiare capacità di scrutare il passato ponendosi, però, sempre come problema principale quello dell’oggi. L’impostazione biografica e il lavoro di curatela sui carteggi della Caleffi hanno portato Carlo De Maria ad ampliare l’arco cronologico del suo intervento al trentennio 1930-1960. Gli interventi di Tiziana Pironi e Francesco Codello si sono soffermati sulle problematiche pedagogiche. Giorgio Sacchetti ha analizzato l’attività redazionale nei tre lustri passati da Giovanna alla direzione di “Volontà”. Pietro Adamo si è immerso nell’analisi del pensiero libertario di Zaccaria. Stefano d’Errico si è spinto alla ricerca dell’influenza di Giovanna Caleffi e del lascito berneriano nelle battaglie per le libertà civili in Italia. Hanno arricchito la giornata alcuni brevi interventi, tra i quali si ricordano quelli di due giovani studiosi, come Alessandro Bresolin e Giovanni Stiffoni, e quelli di Franco Melandri (rivista “Una città”), Roberto Pavani (compagnia teatrale “Zero Beat”), Maria Alberici, in rappresentanza della famiglia Caleffi, e Fiamma Chessa, principale organizzatrice del convegno.

Carlo De Maria


Alessandria, dicembre 2008. Iniziativa del Comitato Lavoratori Cileni in Esilio e degli anarchici alessandrini
in ricordo di un mapuche ucciso dalla polizia cilena e di Giuseppe Pinelli

Città del Messico, 19 dicembre 2008.
Manifestazione della Federacion Local
Libertaria di fronte all’ambasciata greca,
in solidarietà con le lotte in Grecia
dopo l’assassinio da parte
di un poliziotto del giovane
Andreas (Alexander) Grigoropoulos