Rivista Anarchica Online


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Se anche i moderati scendono in piazza...
di Cosimo Scarinzi

 

… allora vuol dire che qualcosa di profondo sta succedendo.
Alcune osservazioni del segretario nazionale della CUB-Scuola sulle recenti mobilitazioni.

 

Durante una delle numerose manifestazioni svoltesi nelle scorse settimane mi è capitato di parlare con un insegnante molto working class (essenzialmente un tecnico) di appartenenza cislota e di orientamenti moderati, insomma un cislota non per caso, del suo essere in piazza.
Egli, ridacchiando, mi faceva notare che se uno come lui scioperava e manifestava vuol proprio dire che il governo l’ha fatta grossa. È, infatti, uno di quei moltissimi insegnanti che chiedono solo di essere lasciati in pace, che non hanno troppe pretese economiche (ragionevolmente, visto che di aumenti salariali non se ne parla nemmeno, risolve l’esigenza di reddito con una dose moderata di lavoretti fuori orario), che non amano questo governo ma che non gli sono ostili in linea di principio. Il fatto che siano entrate in fibrillazione persone di questo tipo (1) è la prova che siamo di fronte ad un movimento reale che tocca gli strati profondi della società.
Conferma di questa sensazione l’ho avuto quando una collega, questa volta molto middle class e di conseguenza non interessata di norma all’azione sindacale, mi ha scritto:
“Nel caso interessasse: ieri sciopero della Scuola Italiana di Madrid con più del 70 per cento (credo) scioperante. Siccome all’estero tolgono 300 euri netti a sciopero ti immaginerai che in genere più della solidarietà politica può la taccagneria... quindi uno sciopero c’è solo quando la gente è superincazzata.
Manifestazione con un centinaio di ragazzi e vari docenti di ogni ordine e grado e genitori illuminati davanti all’ambasciata. Seguito con riunione in università assieme ai ragazzi dell’Erasmus. Siamo su You tube.”
È chiaro che se agli insegnanti delle scuole all’estero tolgono centinaia di euro per un giorno di sciopero è perché hanno retribuzioni tre o quattro volte superiori agli insegnanti “normali”.
Si tratta, in altri termini, di una ristretta (2) aristocrazia interna alla categoria degli insegnanti che si può ragionevolmente immaginare come soddisfatta delle proprie condizioni e preoccupata solo di non essere scoperta da qualche castologo e denunciata al pubblico ludibrio con conseguente taglio dei privilegi.

Moderati in lotta

Se hanno scioperato persino questi colleghi quanto si rilevava sulla base del comportamento del cislota trova una conferma, se possibile, più significativa. Che entrino in lotta i moderati è un fatto di grande importanza, che si mobiliti chi gode di un privilegio notevole e che lo faccia non come individuo ma come gruppo fa pensare.
Proviamo a valutare un aspetto, diciamo così, suggestivo delle mobilitazioni in atto nella scuola, aspetto che si è potuto rilevare nelle piazze del 17 ottobre prima e del 30 ottobre poi.
I lavoratori e le lavoratrici della scuola hanno teso a scendere in piazza sulla base non delle appartenenze sindacali o della libera circolazione nei cortei (3) ma del gruppo di scuola. Sfilavano, appunto, le scuole con i propri striscioni e con un fritto misto di insegnanti, genitori, studenti.
Era un modo, la cosa mi pare evidente, di affermare l’autonomia del movimento, per un verso, e di costruire legame sociale, per l’altro. La scuola da luogo dell’alienazione, della noia, dell’inessenzialità si trasforma, grazie al movimento, in luogo ricco di relazioni, in comunità nella quale ci si riconosce.
Paradossalmente, questa tendenza “comunitaria” non dispiace, almeno per ora, alle burocrazie dei sindacati concertativi. Nel movimento senza aggettivi, infatti, le posizioni si stemperano, si concentra l’azione, e la cosa è, per molti versi, inevitabile, contro il governo e la povera ministra che ne rappresenta la politica scolastica e si perde memoria di quanto è avvenuto sino ad ieri e persino di quanto sta avvenendo oggi (4).
L’unità del movimento viene propagandata e percepita come un bene prezioso da salvaguardare ad ogni costo e questo comporta difficoltà per i sindacati di base e per i settori più combattivi della categoria anche se la buona riuscita dello sciopero del 17 ottobre dimostra che queste stesse difficoltà non sono insormontabili.
Bisogna domandarsi anche da cosa derivi la capacità del sindacalismo istituzionale di cavalcare questo movimento, si pensi alla buona riuscita dello sciopero e delle manifestazioni del 30 ottobre, a differenza, per fare un esempio recente, di quanto avvenne nel 2000 in occasione della rivolta contro il concorso indecente con i sindacati istituzionali alla gogna.
Certamente conta il fatto che allora c’era un governo di sinistra ed ora uno di destra, che questo governo di destra non è eguale alle sue versioni precedenti e che ha deciso di fare della scuola l’esempio di una campagna contro i diritti dei lavoratori e delle famiglie senza precedenti ma va considerato un altro aspetto della situazione.

Non tornare all’ovile

Nel movimento, come abbiamo visto, vi sono tutte le aree culturali e sindacali che costituiscono la categoria degli insegnanti e tutti gli strati sociali che sono presenti fra i lavoratori della scuola che, lo si dimentica troppo spesso, non sono solo insegnanti.
È, in altri termini, interessante notare che nelle comunità di scuola che si stanno muovendo c’è spesso il dirigente scolastico. Il fatto che molti DS sostengano la mobilitazione non deve stupire, molti di loro aderiscono ai sindacati istituzionali, simpatizzano per il PD, semplicemente temono, penso ai migliori, lo smantellamento della scuola. La loro presenza favorisce il movimento, gli spiana la strada, è certamente più facile scioperare quando sciopera anche il DS, organizzare iniziative di scuola se il DS le sostiene.
Ma, appunto, quando, e credo proprio avverrà, qualcuno a sinistra dirà che la ricreazione è finita cosa avverrà. Si tratta, credo, di stare dentro il movimento e di essere pronti, in quel momento, a non tornare all’ovile.

Cosimo Scarinzi
segretario nazionale CUB-Scuola

Note

  1. Al contrario, se si mobilitano quelli come me, coloro che si notano solo quando non ci sono, è doveroso riconoscere che il fatto non ha alcun significato generale.
  2. Ed evidentemente superprotetta, da chi di dovere.
  3. Ovviamente spezzoni sindacali e liberi battitori c’erano ma non erano loro a dare il tono ai cortei.
  4. Penso, ad esempio, alla recente firma, ad opera di ben tre dei cinque sindacati che hanno indetto lo sciopero del 30 ottobre di un protocollo sugli aumenti contrattuali per il personale che comporta un ulteriore e secco taglio delle retribuzioni.