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Venezuela / 2

Nessun mito chavista, anzi
la redazione della rivista anarchica venezuelana “El Libertario”

 

In un’intervista alla redazione del periodico anarchico venezuelano El Libertario, la critica radicale degli anarchici al presidente Hugo Chavez e ai suoi disegni politici, compreso il suo strumentale “comunalismo”.

 

Questa è la nostra risposta alle contestazioni che ci vengono solitamente rivolte sia dalla destra volgare che dalla sinistra tollerante, quella stessa sinistra che, dentro e fuori del Venezuela, ammette di sentirsi impressionata dal miraggio della pseudo-rivoluzione di Chavez. Vorremmo e potremmo dire molto di più sull’argomento, tuttavia questi sono gli aspetti essenziali del nostro pensiero, che vale la pena ribadire anche se è stato già espresso più volte.

La redazione de “Il Libertario”


Hugo Chavez parla di socialismo, sovranità popolare e partecipazione. Perché dunque mostrare dissenso se questi ideali concordano con l’anarchismo?

Chavez dice molte cose, anche che bisogna fare attenzione a ciò che fa e non solo a ciò che dice. Se accettiamo l’invito, ci accorgeremo che il suo “Socialismo del Ventunesimo Secolo” non è altro che puro e semplice populismo e capitalismo di Stato basato sulla ricchezza e sui redditi del petrolio. La sua sovranità popolare è la sovranità di un’elite fatta di militari, multinazionali e la nascente “borghesia boliviana”. E per avere un’idea di cosa il comandante intenda per partecipazione, basta ricordare la recente concessione di poteri straordinari alla presidenza, o che i suoi alleati si sono mostrati stupiti per le critiche alla loro decisione di costituire un partito unico filo-governativo. Nell’anarchismo, non è ammesso alcun tipo di leadership permanente e onnipotente, ma solo quella che viene costantemente ratificata da coloro che essa rappresenta in una particolare circostanza, espressione di sovranità e partecipazione. E ciò non è presente in questo processo né in altri sostenuti dal potere gerarchico e permanente dello Stato.


È evidente l’intenzione di questo governo di fare una rivoluzione pacifica e democratica. Quindi, perché non lasciare che il processo proceda per suo conto prima emettere giudizi su di esso?

Chavez parla di “rivoluzione”, ma ciò non significa che sia vero e si debba concedergli il nostro appoggio. Troppi tiranni e demagoghi di questo continente hanno detto le stesse cose. Nel nostro caso, è vero che c’è stata una rivoluzione, nel senso che il nostro modo di vivere è stato per molti aspetti messo sottosopra, ma le manifestazioni “positive” di essa non sono tali da indurci a sostenerla. Permettere che si consolidi significa rendere qualunque cambiamento sempre più difficile, perché i cambiamenti che gli anarchici desiderano vanno in una direzione del tutto diversa da quella in cui va questo “processo”, che dopo otto anni di governo si mostra carico di autoritarismo, inefficienza burocratica, corruzione, con percorsi, personaggi e atteggiamenti che non possiamo condividere.


Smantellare lo Stato

Anche se il suo progetto è diverso da quello libertario, Chavez comunque invita a opporsi all’oligarchia e all’imperialismo. Che male ci sarebbe ad allearsi a lui e poi, sconfitti i cospiratori oligarchici e l’aggressione imperialista, cercare insieme di fare una rivoluzione anarchica?

Le alleanze strategiche sono metodi di azione politica per la conquista del potere statale da parte dei gruppi che si alleano. Gli anarchici invece, vogliono smantellare lo Stato attraverso la partecipazione di tutti, uomini e donne. La sconfitta delle cosiddette reazione e oligarchia (che sono solo termini propagandistici) servirà solo a consolidare al potere i vincitori, che diventeranno inevitabilmente una nuova oligarchia perché questa è la logica del controllo statale, come è successo in Unione Sovietica, in Cina o a Cuba. E la rivoluzione anarchica diventerebbe ancora più difficile, come dimostra l’esempio della Spagna nel 1936. È del tutto sbagliato identificare il progetto chavista come qualcosa di antitetico alla cospirazione golpista, visto che il primo obbiettivo degli chavisti, che continuano a ostentare linguaggio e azioni da caserma, era un colpo di Stato. La lotta di una minoranza (oligarchia) contro il governo all’interno dei regimi statali si riduce a una lotta tra una minoranza e un’altra minoranza. Quanto alla lotta contro l’imperialismo, se andiamo a vedere le politiche che il governo offre e mette in pratica nel settore petrolifero, minerario, agricolo, industriale, oppure nel campo del lavoro, è chiaro che servono a sostenere l’Impero, non a combatterlo. (Per maggiori dettagli sui rapporti con il capitalismo transnazionale e gli interessi imperialistici, si veda www.nodo50.org/ellibertario).

Il governo venezuelano ha appena annunciato un’esplosione di potere comunitario, con la massiccia istituzione di Consigli Comunali, organizzazioni comunitarie e orizzontali del potere popolare. Gli anarchici appoggiano questo tipo di strutture di base?

Diciamo subito che i Consigli Comunali dovranno la propria esistenza e capacità di funzionare alla propria lealtà verso lo Stato, che si basa sul fatto che il Presidente ha la facoltà giuridica di approvare o no tali organizzazioni, secondo quanto è stabilito dalla legislazione in materia. In Venezuela ci sono situazioni simili (quella dei sindacati, tanto per dirne una) in cui le organizzazioni di base sembrano da sempre dei tram, che ricevono la corrente che li fa muovere dall’alto. Però ci sono anche tentativi di vere organizzazioni di base, a livello locale, oppure tra contadini o popolazioni native, o anche in campo ecologico, studentesco, culturale, ma queste non ricevono la simpatia del governo. Riteniamo che la sottomissione legale, funzionale e finanziaria dei Consigli Comunali al potere dello Stato costituisca un notevole ostacolo a che da esse prenda origine un movimento autonomo di base. Questo vale anche per l’istituzione nelle fabbriche dei preannunciati Consigli Operai, che sembrano un tentativo di spazzar via il sindacalismo libero.


Né esercito né nazionalismo

Perché gli anarchici criticano le Forze Armate venezuelane, che hanno radici inequivocabilmente popolari e nazionaliste, e la loro capacità di sostenere il progetto rivoluzionario?

In tutti gli eserciti moderni, dall’Europa del Diciassettesimo e Diciottesimo secolo fino all’America Latina di oggi, la componente principale delle truppe è rappresentata da coscritti provenienti dai settori popolari. Tuttavia, a dispetto di ciò, la ragione d’essere dell’esercito è la difesa di una struttura di potere e dei suoi sostenitori, e questo è il motivo per cui una organizzazione militare non potrà mai appoggiare una rivoluzione a favore degli oppressi. Può esserci la sostituzione di un personaggio con un altro, oppure qualche modificazione nella struttura del potere, ma non l’abolizione di esso, perché comando e obbedienza ne sono l’essenza. Questo è il motivo per cui non appoggiamo le Forze Armate, la Polizia o qualunque entità privilegiata che potrebbe usare la forza delle armi contro il popolo. Il nazionalismo, poi, non è un atteggiamento benvisto dagli anarchici perché implica la difesa degli interessi solo di un certo gruppo di persone, confinate artificialmente entro un territorio nazionale e convinte di essere diverse e anche migliori delle altre. Noi siamo nemici di ogni tipo di privilegio, sia esso di censo, razza, cultura, religione o luogo di nascita. Inoltre, la disgraziata storia della struttura militare venezuelana parla da sola: essa è stata istituita dal tiranno Gomez per soffocare le aspirazioni federaliste delle regioni, si è poi consolidata nella sua vocazione repressiva durante la lotta contro i movimenti insurrezionali di sinistra degli anni Sessanta, e ha fatto da boia nel massacro del 1989.


Non appoggiamo Chavez né i suoi oppositori

Gli anarchici venezuelani sono degli escuálidos (squallidi, soprannome con cui gli chavisti chiamano i propri avversari) e dunque appoggiano la socialdemocrazia e l’opposizione di destra?

Il termine escuálidos indica solo una categoria inventata dai media per un uso politico offensivo. Ma è solo uno slogan che non dice nulla di coloro che vorrebbe descrivere. Comunque, se vogliono usare questo termine per indicare chi non vuole rinunciare alla propria libertà e autonomia per sottomettersi all’autorità di una persona, di un partito o di un’ideologia, allora sì, siamo degli escuálidos. Ma se con questa parola si vuole dire che appoggiamo il liberismo economico, il disprezzo quasi razzista che le elite nutrono per la maggioranza dei cittadini, la truffa della democrazia rappresentativa o il ritorno a forme socio-politiche ormai battute dalla Storia, allora non lo siamo. Di fatto, non appoggiamo né Chavez né i suoi competitori elettorali. Possiamo trovarci d’accordo con alcune delle azioni di questo o di quello, con qualche singolo discorso, ma nel complesso critichiamo profondamente le azioni e i discorsi di tutti loro. Rifiutiamo la continua frustrazione delle speranze del popolo che ha sostenuto Chavez, ma anche rifiutiamo di avvalorare le tattiche demagogiche della cricca opportunista di quanti agiscono come sua opposizione istituzionale. E, più importante, i nostri principi non ci permettono di appoggiare chi dice di voler costruire una società migliore basandola sulla subordinazione totale del popolo alla gerarchia statale, come fanno entrambe le fazioni.

C’è gente che si considera libertaria eppure appoggia il processo di Chavez. Considerare costoro meno anarchici, non sarebbe in contrasto con lo spirito anti-dogmatico dell’anarchismo?

L’anarchismo non è un atteggiamento dell’anima. È un modo di affrontare situazioni sociali in evoluzione, cercando di ottenere il bene di ognuno nell’ambito del bene collettivo, con proposte che provengono da gruppi sociali reali e vengono discusse, accettate o rifiutate dal popolo in determinate circostanze di spazio e di tempo. Chiunque può dichiararsi anarchico perché non abbiamo tessere o battesimi per identificarci. È solo la reciproca interazione che ci identifica, quindi sono gli altri anarchici che ci riconoscono come anarchici o non anarchici, in base al nostro comportamento e alle nostre idee. Tuttavia non siamo perfetti e dunque possiamo adottare idee che possono non corrispondere alle idee accettabili dagli altri. Questo non ci rende migliori o peggiori, solo diversi, al punto che in qualche caso le idee di questo e di quello sono tanto diverse tra loro che la reciproca identificazione viene meno.


Azione diretta e autogestione

Gli anarchici parlano ma non portano alcun contributo. Cosa proponete per trasformare positivamente la realtà venezuelana odierna?

La nostra lotta non riguarda una singola situazione o circostanza, è una lotta per un nuovo modo di vivere a livello sia individuale che collettivo, dove l’azione diretta e l’autogestione ci permetta di avere il controllo della nostra vita, sinceramente e onestamente, studiando come rapportarci con gli altri, uomini e donne, rispettando l’equità ma anche le nostre differenze. Queste non ci rendono migliori o peggiori degli altri, se esistiamo è grazie agli altri e quindi dobbiamo salvaguardare gli interessi altrui tanto quanto i nostri, cui non dobbiamo rinunciare se vogliamo un’esistenza felice. Ognuno vive la propria vita e ne è responsabile davanti a se stesso e agli altri, ma nessuno può assumersi il compito della nostra “salvazione”. Questo è il motivo per cui non esiste una ricetta adatta a questa o quella particolare realtà sociale, perché le proposte e le azioni per trasformarle devono risultare da uno sforzo collettivo attento e continuo cui tentiamo di contribuire con la nostra partecipazione, promuovendo e realizzando l’autonomia dei movimenti sociali del paese dove sarà possibile ottenere lo spazio necessario per lo sviluppo e l’influenza delle idee anarchiche di libertà, equità e solidarietà.

a cura della redazione di “El Libertario”
(traduzione di Roberto Ambrosoli)