Rivista Anarchica Online


Dossier Disabilità e Vita Indipendente

vita vissuta

Testimonianze di vita


Correre sul filo delle emozioni

di Laura Boerci

Mi chiamo Laura Boerci e sono nata 38 anni fa a Milano. Da sempre ho una compagna di viaggio ingombrante (l’atrofia spinale) che mi impedisce di camminare e muovere le mani, ma di me si può dire tutto tranne che sia immobile. Corro sul filo delle emozioni e navigo tra milioni di idee…

Per gran parte della mia vita ho accuratamente evitato associazioni, ospedali e disabili perché per me la malattia non fa parte della mia storia. Non posso né camminare né muovere le mani, ma non mi sento, e non voglio che gli altri mi sentano, diversa. Ho sempre viaggiato, studiato, lavorato, amato e vissuto ogni istante intensamente…Che c’è di “malato” in tutto questo?
In primavera, casualmente, mi è capitato di conoscere persone che, come me, hanno alcuni limiti fisici e, per la prima volta, ho sentito parlare del progetto “vita indipendente”. In realtà non so bene di cosa si tratti, ma tutto ciò che regala indipendenza è per me meraviglioso.
Sin da piccola, giorno dopo giorno, ho cercato soluzioni, spesso bizzarre, al mio bisogno di libertà:

  • Un portapenne ricavato da un rubinetto mi permette di posizionare alla giusta altezza la matita, con la gomma sul retro, che uso con la bocca per scrivere sms, lavorare al pc, cambiare il canale della tv e gestire ogni tipo di telecomando.
  • Un porta provette circolare mi consente d’avere più matite e pennelli a portata di bocca per dipingere.
  • Un ferma tovaglia in ferro, posizionato sul lato del libro, mi permette di fissare le pagine man mano che le leggo…
Son piccole cose, ma infinitamente importanti per il mio quotidiano.
Altre forme di indipendenza per me sono legate al fatto di poter fare teatro, scrivere romanzi e far progetti lavorativi sempre più ambiziosi. Non dimentichiamoci, infatti, che i sogni e la ricerca della loro realizzazione sono gli unici ingredienti che ci permettono di essere davvero liberi ed indipendenti. Sono un’autrice teatrale, una regista ed una scrittrice. In undici anni ho scritto dodici commedie rappresentate in numerosi teatrini di provincia. Ho curato anche diversi laboratori teatrali per le scuole medie ed ho collaborato con un gruppo di adolescenti per la realizzazione di un film. A Natale ho pubblicato il mio primo romanzo: “L’aura di tutti i giorni” con Ibiskos editrice Risolo. Per promuoverlo, visto l’incompetenza della casa editrice, ho dovuto e dovrò girare personalmente per mezza Italia. In sei mesi sono stata a: Milano, Roma, Trento, Senigallia, Viterbo, Pavia, Treviso ed Alessandria. Fortunatamente viaggiare è una delle mie passioni. Con i miei genitori ho fatto15 crociere ed un gran numero di viaggi all’esterno.
Ho moltissimi amici. Purtroppo non ho una carrozzina a motore o un’auto personale, ma sono sempre uscita parecchio, soprattutto di sera. Adoro i ristoranti etnici, gli spettacoli teatrali, le passeggiate, la musica dal vivo… Quando resto a casa lavoro al pc, dipingo, guardo un’opera lirica o chiacchiero con mio nipote. Senza ombra di dubbio posso dire d’amare la vita. Una vita sì complicata. Ma ricca di spunti per sorridere e sognare. Io sogno tutto il giorno… Quattro anni fa sono stata eletta consigliere nel comune di Zibido San Giacomo. Rivesto anche la carica di presidente della commissione biblioteca e, appena posso, organizzo eventi e feste per il paese. Visto il mio amore per l’arte e la cultura, insieme allo scrittore romano Stefano Pierpaoli, lavoro per Conseguenze: Il movimento culturale che crede nei giovani artisti e trova loro spazi per esprimersi.
Tutto sommato credo di poter affermare che l’atrofia spinale non ha limitato il mio progetto esistenziale… Ha, al contrario, regalato nuovi colori ai miei giorni.

Laura Boerci



 

Superando i propri limiti

di Francesca Penno

Mi chiamo Francesca Penno, ho 24 anni e abito a Felizzano, un paese in prossimità di Alessandria. Frequento la facoltà di Scienze dei Servizi Sociali presso l’Università di Alessandria.

Per quanto mi riguarda la scoperta di “Vita Indipendente”è stata abbastanza particolare. Avevo visto il film ”Più leggero non basta”, con Stefano Accorsi e Vittoria Mezzogiorno, in cui lei interpretava la parte di una ragazza affetta da distrofia e Accorsi era il suo assistente, una storia molto bella, nel contempo toccante e più che altro reale, una realtà che anch’io, affetta da atrofia muscolare spinale vivo tuttora.
Cosa significa per me Vita Indipendente? VIVERE! Libera di vivere la mia vita come meglio mi appaga, sentirmi una persona capace di autogestire le proprie idee, iniziative, azioni, emozioni.
È ovvio che la mia disabilità motoria mi porta a dover dipendere da altre persone e sarà così per sempre ma la differenza consiste nel fatto che nel Progetto di Vita Indipendente non viene contemplata un’assistenza tradizionale subordinata alla disponibilità degli operatori, bensì alla disponibilità, alle necessità e bisogni del disabile, in altre parole l’assistente ha la funzione di sdoppiamento della personalità fisica del soggetto con difficoltà, si sostituisce ad esso nelle funzioni quotidiane contribuendo in questo modo all’autonomia di quest’ultimo.
Dopo aver visto il film, ho pensato diverse volte ad una soluzione di questo tipo che mi permettesse di vivere una vita più autonoma. Sono figlia unica e vivo in famiglia con i miei genitori. Circa 5 anni fa di comune accordo con loro ho incominciato ad informarmi sulla figura di un assistente personale che mi desse la possibilità di autogestione. L’ente a cui mi sono rivolta dopo poco mi rispose che questo tipo di servizio veniva dato solo a persone minorenni e con un handicap psichico, che si trattava di un supporto alla famiglia e di qualche ora alla settimana a seconda delle altre richieste. “Purtroppo” io ero maggiorenne e ancor peggio non avevo un handicap psichico… Per un certo periodo lasciai perdere ma capivo che, per quanto ci sia un ottimo rapporto con i miei genitori, ci sentivamo legati l’una agli altri e per certi versi costretti a fare delle scelte per puro dovere. Ritornai quindi alla carica e mi diedi da fare, cercando su internet situazioni simili alla mia, informandomi, parlandone con alcune assistenti sociali. Alla fine sono riuscita ad entrare nel progetto ed ora ne usufruisco da gennaio 2006.
Ad Alessandria il progetto vita indipendente è gestito dal C.I.S.S.A.C.A, un Consorzio intercomunale per i Servizi Sociali. Sono stata il “primo caso” nell’Alessandrino ad usufruire di questo contributo(in base alla legge 162/98) , il quale mensilmente mi viene erogato per poter assumere una persona a mio piacimento per tale progetto.
A distanza di un anno e mezzo dalla fruizione di Vita Indipendente, se devo fare un bilancio questo non può che essere positivo: ho scoperto e imparato a fare cose che prima vivevo di riflesso, per es. andare in un supermercato a fare la spesa e dover scegliere io cosa acquistare; imparare a gestirmi una o più giornate quando i miei genitori sono assenti, questa esperienza è stata molto importante per il fatto che mi sono resa conto quante e quali sono le incombenze in una casa. Altro lato positivo è che in tutto questo panorama di vita ho preso maggiormente coscienza della mia persona vedendo i limiti e quindi trovando un modo per affrontarli e gestirli.
Un unico lato negativo: 15 ore settimanali sono troppo poche per affrontare tutto ciò che ho descritto, per cui un appello che faccio è che altre persone disabili e chi ci circonda e chi ci vuol bene faccia eco in modo tale che questo progetto diventi una realtà a tutto tondo, che possa essere recepito e organizzato in modo tale da avere una Vita oltre che Indipendente anche Dignitosa.

Francesca Penno



 

La vita continua... ma che fatica!

di Lucia Cosi

Sono Lucia, originaria della Puglia, ho 35 anni ed attualmente vivo nella bellissima Toscana in un comune (Sesto Fiorentino) in provincia di Firenze……anzi, non attualmente, ma finché morte non ci separi.

Nell’anno 2000, percorrendo la Basentana (Basilicata) prossima all’uscita est di Potenza, in una giornata fredda e bagnata perdo il controllo (questo almeno era precisato nella multa fattami dalla PS) dell’automobile che si schianta contro i due guard rail opposti… dando inizio ad un odissea lunga, troppo lunga e rocambolesca…da subito, e spiego perché.
A prestarmi soccorso è un camionista che percorreva la stessa nel senso di marcia opposto, ironia della sorte, non vi erano ambulanze da mandarmi, né elicottero…ed il tempo passa, e chissà quanto ne era già passato, e magari chissà, qualcuno che percorreva il mio stesso senso di marcia? Ci sarà stato? Andava troppo di fretta?...vabbè.
Preso dalla disperazione, questo, si mette al centro corsia e ferma un furgone, è un contadino, che rientra dalla campagna con il suo raccolto di fresche verdure: non ha esitato un attimo a liberarne l’abitacolo, per mettere al riparo me, ed attendere che qualcuno più competente arrivasse. Intanto però arriva la polizia stradale, ma anche le loro telefonate furono nulle,
Ma i pompieri no, loro c’erano… Ma io dico cosa ci fanno i pompieri in una giornata di pioggia, sembra quasi una barzelletta, e ci rido sempre quando ricordo…ebbene sì, furono loro a portarmi a sirene spianate al San Carlo di Potenza…dove mi sottopongono a due interventi per la stabilizzazione della colonna, e ricostruzione della vertebra Cervicale 6 (C6) con una permanenza nel reparto di rianimazione di circa un mese. Questo almeno è quanto mi è stato raccontato.
Non voglio star qui a raccontare cosa ho pensato nel momento del risveglio, le sensazioni, le paure, le incertezze, la vita che ti sfugge, ed un interrogativo, un grande punto interrogativo che si chiede…..ed adesso? Intanto adesso, con l’Unità mobile di rianimazione mi accompagnano a Firenze, ti troverai bene” mi dicono.
Sono all’Unità Spinale di Firenze, centro rinomato in Italia, e tra i primi in Europa in quanto alla cura e gestione di traumi midollari…ma con una pecca, una grande lacuna…ora che mi avete insegnato a ri-vivere, riabilitato, e dati tutti gli strumenti necessari a livello personale per ri-organizzare la mia vita…che fate?
Semplice, si fa, come con un cucciolo di uomo o di animale quando non si è in grado di gestire la loro esistenza….tof, nel cassettone della spazzatura.
In realtà, questo è quanto è capitato a me (noi): sul territorio non vi sono servizi ad hoc che siano in grado di fronteggiare le necessità di un’assistenza continua 24 ore, in buona parte dei comuni, soprattutto nel meridione, non esistono proprio i servizi di assistenza territoriale e, nel mio comune di nascita (Miggano-LE), neanche l’assistente sociale; perché venisse assunta un’assistente sociale dovetti occupare per due giorni ed una notte la sala consiliare…
Nel mio caso poi, tutto diventa più complesso, in quanto non avendo più i genitori e non potendo far conto su nessuno dei familiari o parenti serpenti… una soluzione a questa condizione dal momento che avevo vinto già la guerra in rianimazione dovevo darmela, certo che non poteva essere un ricovero in una RSA (Residenza Sanitario-Assistenziale), in casa famiglia (che non ve ne sono adeguate oltretutto)… mi son detta, io voglio con quello che ho (fisicamente) continuare a fare la vita di sempre, mantenere dunque la mia indipendenza.
Non mi è stato possibile realizzare questo nella mia terra, da dove invece dovetti scappare per non morire e, trascorsi altri due anni all’Unità Spinale di Firenze, dandomi il tempo necessario per contrattare con l’allora Regione Puglia il mio progetto di vita indipendente.
Oggi vivo a Sesto Fiorentino, sono tre anni che vivo da sola, con alti e bassi come ogni essere umano non sento ancora questo progetto definito: ma il mio impegno continua per ultimare il tutto, per 3/4 della mia assistenza ho un contributo economico dalla ASL e Comune, il restante a mio carico, vuoi che abbia fatto il più e non porti a termine quanto ho iniziato?
E secondo te che ora mi hai letto?

Lucia Cosi



“Educazione, lavoro e disabilità” (1)

di Simone Soria

Mi chiamo Simone Soria, vivo a Modena con la mia famiglia ed ho una sorellina di 4 anni e mezzo.
Ho 26 anni, mi sono diplomato nel ’98 come perito informatico ed un anno e mezzo fa mi sono laureato in Ingegneria Informatica in corso con il massimo dei voti. Vi racconterò brevemente come sono arrivato a questo traguardo, non senza fatica ma con grande soddisfazione.

La mia vita è stata un intrecciarsi di circostanze, molte positive ed altre negative, almeno in apparenza, che mi hanno portato ad essere quel che sono. Nacqui il 24 febbraio 1979 affetto da paralisi cerebrale infantile, dovuta ad un parto ritardato. Dopo la nascita mi davano pochi giorni di vita, ma evidentemente si sbagliarono dato che ora vi sto parlando!
Anche nell’ambito scolastico ci furono alti e bassi, anche se fortunatamente incontrai spesso ambienti favorevoli. Che io mi ricorda fui praticamente sempre vicino ai miei coetanei, salvo qualche eccezione; sia alla scuola materna ed all’elementare giocavo e studiavo con loro. Mi ricordo che alla scuola materna correvo con i miei amici spingendo la carrozzella con i piedi puntati a terra, mentre alle elementari in alcune partite di calcio giocavo con i miei compagni facendo il portiere, in una porta che mi costruivano su misura. Cadevo parecchie volte e prendevo moltissime pallonate in faccia, però sono ancora vivo! Certo, le maestre si preoccupavano ed a volte cercavano di non farmi andare a giocare con i miei amici perché lo ritenevano pericoloso, ma io spesso riuscivo a convincerle.
In quarta elementare entrò il computer nella mia vita, che mi avrebbe reso nel tempo sempre più autonomo. Mi proposero un caschetto dotato di una protuberanza con cui si possono digitare i tasti di una tastiera. Fu proprio il senso di autonomia ed il desiderio di poter utilizzare a pieno tutte le funzionalità del computer, che mi rese entusiasta di iniziare ad adoperare con il caschetto appena mi fu presentato. Da quando mi fu dato il caschetto l’uso scolastico del computer divenne molto più frequente; il PC venne quindi portato in classe, dove anche i miei compagni poterono avvicinarsi e iniziare ad usarlo insieme a me. In principio, anche con il caschetto ero piuttosto lento, quindi l’uso del computer era riservato soprattutto ai compiti in classe, per quello che riguarda le attività didattiche, mentre spesso sfruttavo parte delle pause pranzo pomeridiane per allenarmi. All’epoca il PC l’avevo solo a scuola e mi veniva prestato a casa solo durante le vacanze estive.
Iniziai a frequentare anche la parrocchia ed a giocare a scacchi presso un club, con sede all’interno delle scuole superiori che affrontai successivamente. In questi due ambienti extrascolastici, che frequento ancora, mi trovai bene da subito: non ho nessun accompagnatore o tutor, ma semplicemente mi danno una mano le persone che vi trovo. Probabilmente riesco a stare nella società, senza particolari problemi, perché sono stato abituato a stare in mezzo agli altri fin dall’asilo nido.
Dalla scuola superiore ebbi tutta la strumentazione di cui avevo bisogno grazie soprattutto alla tenacia del mio insegnante di sostegno. Oltre la strumentazione, mi furono assegnate due persone, tutor od obiettori, come supporto ad attività didattiche ed alle necessità fisiologiche. Oltre a seguirmi nel periodo di tempo scolastico, esse venivano anche a casa due pomeriggi alla settimana per aiutarmi nello studio ed accompagnarmi in attività di svago; con gli obiettori diventai molto amico ed ancora oggi passiamo qualche serata insieme.
Per quanto riguarda il mio metodo di studio, lo sviluppai soprattutto grazie l’aiuto della professoressa di lettere che mi dedicò qualche ora extrascolastica per approfondire alcuni temi della didattica e per interrogarmi. Per studiare ho sempre avuto bisogno di libri ed appunti in formato elettronico, in modo da poter aggiungere le mie considerazioni ai testi e rileggerli come e quante volte ritengo opportuno; pur riuscendo a sfogliare alcuni quaderni e libri grazie al caschetto, il formato cartaceo non mi permette di avere certo quell’autonomia sufficiente per studiare in modo efficace.
Come avevo praticamente deciso fin dall’inizio della quinta superiore, continuai gli studi iscrivendomi all’Università, al corso di Laurea in Ingegneria Informatica. Per quanto riguarda la strumentazione, l’Università non ebbe mai problemi a fornirmela, mentre l’adattamento delle aule e l’assegnazione di un’assistenza adeguata è stato un processo molto lungo e graduale, poiché io fui per l’Università di Modena il primo studente con disabilità motorie gravi (….diciamo così!). Solo dalla fine del terzo anno furono rese accessibili le aule e mi furono assegnati due tutor per assistermi regolarmente durante la pausa pranzo e durante gli esami. Prima di tutto ciò devo ringraziare i miei amici che mi hanno dato una mano, se riuscì a proseguire gli studi; anche durante gli esami scritti, che svolgevo quasi sempre dettando la soluzione del compito ad una persona che scriveva per me, ricorrevo ad amici estranei al mio corso di laurea.
Il mio metodo di studio universitario fu lo stesso adottato alle superiori: a casa copiavo sul computer gli appunti presi a lezione. Ovviamente il carico di lavoro aumentò a dismisura all’Università rispetto le superiori: soprattutto al primo anno quando il numero di ore di lezione era elevato e quando la maggior parte del materiale didattico era su supporto cartaceo, spesso finivo di copiare la sera tardi gli appunti, dopo una giornata di lezioni. Facevo ovviamente una gran fatica a rimanere al passo con le lezioni, ma quello di avere gli appunti in formato elettronico è l’unico metodo di studio efficace che ho conosciuto fino adesso, quindi anche allora era l’unica strada che sapevo percorrere. Negli anni successivi il lavoro di copiatura s’è alleggerito, grazie all’aiuto del tutor ed al fatto che le materie divennero sempre più tecniche e i docenti lavorarono soprattutto con materiale già in formato elettronico.
La tesi di laurea riguardò lo studio di nuove tecnologie informatiche per consentire anche a disabili gravi di interfacciarsi con il computer (e quindi con il mondo circostante) in modo efficace. Da questa idea, finanziata dopo la laurea dal Fondo Sociale Europeo e chiamata in seguito FaceMOUSE, ho fondato con un amico una società di nome A.I.D.A. (“Ausili ed Informatica per Disabili ed Anziani”), la cui attività principale è quella di ideare e sviluppare nuove tecnologie rivolte a disabili ed anziani per facilitare loro la comunicazione e l’utilizzo del Personal Computer. Con A.I.D.A. desidero dare a persone in condizioni simili alla mia le stesse possibilità che ho avuto io: la tecnologia informatica oggi può davvero essere uno strumento di interazione con il mondo per persone diversamente abili.
Io credo che l’importante traguardo della Laurea l’abbia raggiunto, oltre che per la mia forza di volontà, anche per una serie di circostanze che si sono ben incastrate assieme: fortunatamente ho avuto vicino persone che mi hanno considerato al pari di tutte le altre, che hanno saputo risaltare le mie capacità e rendermi in grado di lavorare nel modo più autonomo possibile. Crescendo insieme ai miei coetanei, giocando e studiando con loro, penso di aver acquisito una capacità di relazionarmi con la società che mi consentirà in futuro di cavarmela, anche senza la continua assistenza di enti od associazioni.
Penso che la cosa più importante per un disabile sia quella di sentirsi una persona alla pari di tutte le altre, che può affrontare e superare gli stessi problemi, anche se magari in un modo diverso e con qualche difficoltà in più.
In realtà un disabile è semplicemente una persona diversamente abile, anche se non tutti lo sanno!

Simone Soria

Riferimenti:
Email: soriasimone@aidalabs.com
Tel: 059.306025

“Poesia”

Voglio combattere,
con le armi della mia anima,
con l’istinto del mio cuore,
voglio vincere.
Superare quegli ostacoli che
sembravano non venire giù,
gridare contro chi
mi ha detto no.
Smentire colui,
che soddisfazione;
supera anche il dolore
del mio umore,
stanco.
Ricaricare,
ripartire ancora
più forte di prima,
domani ancora io,
io ci sarò!

Simone Soria

 

  1. Tratto da Autobiografia di Simone Soria, Modena, Novembre 2005.