Rivista Anarchica Online


eutanasia

Modi bizzarri di morire
di Derek Humphry

 

Tanti metodi “fantasiosi” per chi ricerca la “buona morte”, tratti da un capitolo (di cui abbiamo ripreso il titolo) del libro “Eutanasia: uscita di sicurezza” edito da Elèuthera nel 1993 e recentemente ripubblicato.

 

In realtà non ho alcuna voglia di scrivere questo capitolo. Ma devo farlo. La gente che intende togliersi la vita mi scrive quasi ogni giorno con l’intenzione di ricorrere a metodi di cui ha sentito parlare o che inventa da sé. Buona parte del mio tempo lo passo rispondendo: «No, non ritengo sia una buona cosa».
Una parte tutt’altro che trascurabile di persone è affascinata dai modi più curiosi e assurdi per togliersi la vita. Così, se voglio evitare che continuino ad aumentare le lettere di coloro che non si sentono presi in considerazione, dovrò per forza affrontare questo argomento.
Per cominciare, lasciatemi illustrare alcune tecniche di suicidio davvero singolari.
Un giorno del 1986, nella città di Seattle, quando il sole si alzò alto nel cielo entrò in funzione un meccanismo che colpì a morte il suo inventore. Quest’uomo, un infelice ingegnere elettronico con disturbi psichici, aveva collocato una cellula fotoelettrica nella finestra della sua stanza d’albergo. Un filo elettrico collegava la cellula a un congegno con alcune resistenze che egli aveva sistemato sul suo torace. I raggi del sole provocarono il riscaldamento delle resistenze che a loro volta fecero esplodere un petardo. La detonazione liberò un proiettile di piccolo calibro che andò a conficcarsi diritto nel suo cuore. Suppongo che per un uomo del suo genere si sia trattato di un’«uscita in grande stile».
Nella California meridionale, un altro uomo depresso, che aveva la passione dei serpenti a sonagli, lasciò deliberatamente che uno di questi suoi beniamini lo mordesse cinque o sei volte sulla mano destra. Fu colpito da un attacco cardiaco che si rivelò fatale.
Per l’ostinata determinazione che la caratterizza, questa storia del 1987 è difficilmente superabile: un ragazzo inglese di ventidue anni che aveva rotto con la sua fidanzata, si lanciò contro quattro differenti macchine e un camion, cercò di strangolarsi e si gettò da una finestra. Venne curato in ospedale per lesioni minori!
Un ragazzo austriaco di ventitre anni colpito dall’AIDS si tolse la vita lanciando deliberatamente la sua automobile contro un treno che sopraggiungeva in direzione contraria. Lanciare l’automobile contro barriere o alberi è un metodo per suicidarsi piuttosto frequente, reso senza dubbio attraente dalla speranza che invece di un suicidio possa essere considerato un incidente. Le statistiche governative mostrano che negli Stati Uniti ogni anno almeno 30.000 persone decidono di porre fine alla propria vita: la cifra indubbiamente più alta del mondo. Ma esperti che hanno studiato il comportamento suicida mi dicono che la cifra reale corrisponde di certo al doppio, e forse al triplo, perché molti non vengono scoperti.
Non descriverò minuziosamente i metodi di suicidio tramite elettrocuzione, impiccagione, annegamento, arma da fuoco, asfissia, avvelenamento per mezzo di piante o sostanze chimiche contenute nei prodotti per la pulizia delle case, perché sono tutti inaccettabili per gli individui che, come me, credono nell’eutanasia volontaria per un malato terminale. Tuttavia ne sottolineerò gli inconvenienti e le controindicazioni.



Elettrocuzione

Alcuni lavoratori hanno talvolta perso la vita in seguito a una forte scarica elettrica, mentre altri sono miracolosamente sopravvissuti, subendo a volte notevoli danni fisici e gravi paralisi. Al giorno d’oggi gli impianti elettrici sono così ben protetti con fusibili e salvavita che vanno immediatamente in cortocircuito e interrompono la trasmissione di corrente allorché si registra un sovraccarico o una dispersione. Alcune persone mi hanno detto che pensano di togliersi la vita infilandosi nella vasca da bagno e immergendovi in seguito una stufetta elettrica. Potrebbe funzionare, o magari no. Ricorda inoltre che la stessa sorte potrebbe colpire la persona che ti trova. A meno che tu non sia un esperto e provetto ingegnere, l’elettricità è uno strumento assolutamente sconsigliato per l’autoliberazione.

Impiccagione

Chi decide di suicidarsi ricorrendo all’impiccagione compie quasi sempre un atto di protesta, evidenzia il desiderio di ferire e colpire qualcuno. Di conseguenza la maggior parte delle persone che decide per l’eutanasia la evita. Tuttavia un membro della Hemlock mi ha detto di non essere d’accordo «Tutto quello di cui si ha bisogno sono circa quindici minuti di tempo indisturbato, un po’di corda... è molto rapido... si perde coscienza in pochi secondi e la morte arriva nel giro di minuti». Eppure, quando gli chiesi se avrebbe permesso che la famiglia, o qualche amico intimo, lo trovassero in quelle condizioni, mi rispose di no. Anche se si fa in modo che il corpo sia tirato giù da un poliziotto o da un lettighiere, continuo a ritenerlo un modo inaccettabile di togliersi la vita. Non ho mai avuto notizia di un membro di una associazione per l’eutanasia che si sia impiccato.

Annegamento

La morte sopraggiunge rapidamente per ipotermia se ci si getta nell’acqua gelida. Più bassa è la temperatura, più celere è la fine. Ma c’è sempre la possibilità di essere salvati. Questo modo di morire lascia inoltre senza risposta alcune domande: si è trattato di un gesto deliberato? Sarà ritrovato il corpo? Saranno necessarie intense ricerche, con i relativi costi per l’intera comunità?

Arma da fuoco

Per chi crede nell’eutanasia questa scelta è da escludere. Ho sentito di diverse persone che si sono sparate per sottrarsi alle loro sofferenze, spesso quando sono provocate da un enfisema in fase avanzata. Il numero di donne che sceglie questa strada è molto più basso di quello degli uomini. Negli Stati Uniti, tra il 50 e il 60 per cento dei suicidi ricorrono a una pistola. I rapporti ufficiali indicano che il metodo preferito è quello di infilarsi la pistola in bocca e sparare con la canna rivolta verso l’alto, in direzione del cervello. Alcuni di quelli che si sono puntati la pistola alla tempia hanno mancato il punto vitale e sono sopravvissuti. Altri si sparano nel petto, puntando in direzione del cuore. Ma anche questo metodo non è a prova di errore. Nel 1945, mentre le forze d’occupazione si avvicinavano alla sua casa di Tokyo, il generale Tojo, primo ministro del Giappone, si preparò a spararsi. Il suo medico di fiducia gli aveva segnato con un gesso, sul torace, il punto in cui si trovava il cuore. Così, quando un gruppo di soldati si presentò alla sua porta, egli fece fuoco con una Colt calibro 32 nel punto che gli era stato indicato. Sebbene seriamente ferito, aveva mancato il cuore ed è sopravvissuto per essere giudicato in tribunale per i crimini di guerra commessi. La letteratura medica riporta il caso di un uomo che, nel timore di sbagliare, si era puntato una calibro 32 a una tempia e una calibro 22 all’altra. Fece fuoco simultaneamente e – la cosa certo non sorprende – ottenne il risultato voluto.
Più grande è la pistola, maggiori sono le probabilità di farcela; e un proiettile con la punta smussata produce una ferita più larga. Una pistola calibro 22 è raramente letale, e alcuni individui che l’hanno impiegata per suicidarsi spesso hanno dovuto fare fuoco due volte. Che una pistola provochi una morte violenta e sanguinosa è fuori discussione, ma molti la preferiscono perché è veloce, sicura e indolore. Questo metodo non è favorito dal movimento per l’eutanasia perché è antiestetico (chi pulisce?) e dev’essere attuato in solitudine, proprio il contrario di quanto sostengono i fautori della buona morte, che si pongono come obiettivo la condivisione dell’esperienza della morte.

Tubi di scarico

Avvelenarsi mediante l’infiltrazione nell’abitacolo del gas di scarico emesso da un’automobile con il motore al minimo è un metodo seguito da diverse persone, in particolare dalle coppie anziane che desiderano andarsene insieme. Tutto quello che serve è un tubo di gomma di media lunghezza da fissare al tubo di scarico e far passare quindi attraverso il finestrino, che andrà poi sigillato. Un piccolo box, ben isolato, potrebbe ovviare alla necessità di un tubo, tuttavia occorre assicurarsi che il serbatoio sia pieno e che dunque il motore possa girare al minimo per due o tre ore. L’inconveniente principale di questo metodo è la possibilità che il motore si arresti e le alte probabilità di essere scoperti. Il tempo richiesto varia in base alla densità del gas, tuttavia sembra che la perdita di coscienza preceda una morte dolce e lenta. Diversi assertori dell’eutanasia optano per questa forma di liberazione.

Forni

Oggi che il metano ha sostituito il vecchio gas di città, letale ed esplosivo, questa via non è più praticabile.

Derek Humphry
Eutanasia:
uscita di sicurezza

Istruzioni per l’uso
traduzione di Stefano Stogi

1993 – II ed. 2007
prefazione di Sebastiano Maffettone

228 pp. € 14,00

Sostanze chimiche contenute nei prodotti per la casa

Prodotti letali sono certamente presenti in ogni abitazione. Candeggina, soda caustica e i prodotti in genere impiegati per le pulizie possono uccidere. Questo modo di morire è estremamente doloroso e non sempre efficace. Ho sentito raccontare di gente che dopo avere bevuto della soda caustica si è gettata agonizzante dalla finestra.

Bracieri a carbone

Alcune persone muoiono accidentalmente per avere acceso delle stufe a carbone all’interno di tende o stanze invece che all’aperto. Alcune sono state fortunatamente scoperte in tempo e salvate. Il grado di incertezza è troppo elevato perché la si possa utilizzare per l’eutanasia. Se ci fosse un’esplosione altre vite verrebbero messe a repentaglio. È incredibile quanta gente prenda in considerazione questo metodo, contro il quale continuo a mettere in guardia.

Piante velenose

Un gran numero di persone è ossessionato dal pensiero di poter cogliere una pianta dal proprio giardino, con un semplice gesto, e ottenere un risultato fatale nel più naturale dei modi. La mia cassetta delle lettere è piena di domande sull’argomento. Sì, la cicuta, la digitale, l’oleandro e alcune altre piante possono essere tossiche fino ad essere letali. Ma in quale quantità? Nessuno può dirlo dato che dipende dall’età della pianta, dalla condizione della persona, da ciò che vi è nello stomaco e così via. Ciò che è sufficiente per uccidere un bambino – più facilmente soggetto a un incidente di questo tipo – potrebbe non bastare per un adulto. Tutto quello che ho potuto leggere circa la morte causata da piante velenose indica che è insicura e dolorosa. I sintomi vanno da nausea e vomito a crampi e diarrea mista a sangue. Altri effetti collaterali sono ustioni alla bocca, vertigini e disturbi alla vista. Riportando casi di pazienti anziani che avevano deliberatamente mangiato foglie di oleandro, il «Western Journal of Medicine» del dicembre 1989 scriveva che morte o sopravvivenza erano dovute alle differenze riscontrabili nell’età, nei sistemi di difesa dell’organismo, nelle specie di oleandro impiegate e nella preparazione del veleno. Inoltre, anche se l’identificazione e la classificazione sono diventate una scienza già a partire dal Medio Evo, il grado di tossicità delle piante è ben lungi dall’essere definito in base ai criteri di una scienza esatta. Dipende troppo dal luogo nel quale sono cresciute e dal periodo dell’anno in cui vengono raccolte. Perciò considero le piante velenose uno strumento troppo inaffidabile e doloroso. Non ha importanza quanto tu sia disperato, sono una risorsa cui non devi nemmeno pensare!

Assideramento

Un metodo non del tutto bizzarro, e per il quale ho un certo rispetto, è la morte per assideramento in montagna. Chi sceglie questa strada deve conoscere le montagne, essere determinato e avere il coraggio necessario per andare avanti sino alla fine. Deve trovarsi inoltre in condizioni fisiche che gli consentano di affrontare il viaggio. Ho conosciuto alcuni malati terminali che sono saliti al calar del sole sulla loro montagna preferita, accertandosi di superare la linea di congelamento per quel particolare periodo dell’anno. Per evitare che la loro macchina parcheggiata attirasse l’attenzione, hanno raggiunto la località con i mezzi pubblici. Poi, vestiti con abiti leggeri, si sono seduti in un luogo appartato e hanno atteso la fine. “Alcuni mi hanno spiegato che intendevano prendere un tranquillante per accelerare il sonno della morte. Per quello che si sa dell’ipotermia, una volta che il freddo ha raggiunto un certo livello si perde coscienza e la morte dovrebbe sopraggiungere nel giro di poche ore. Ovviamente, se il clima è particolarmente rigido non c’è bisogno di scalare una montagna.
I primi ad applicare questa idea furono gli eschimesi, che usavano i banchi di ghiaccio, e i giapponesi, che scalavano le montagne. Secondo la tradizione giapponese, se una persona non era in grado di scalare la montagna, uno dei figli doveva caricarsela sulle spalle. Va però detto che gli eschimesi praticavano questa forma di eutanasia per eliminare i più vecchi, così che la tribù potesse muoversi abbastanza velocemente attraverso la tundra a caccia del cibo. I giapponesi lo facevano invece in situazioni di miseria. Non penso che questi due popoli ricorrano anche oggi a tale pratica, ma alcuni moderni sostenitori dell’eutanasia hanno adottato questo metodo come il migliore per abbandonare la vita.

Medicinali esenti da prescrizione medica

Dato che molte persone non riescono a farsi dare farmaci letali dal loro medico, non passa giorno senza che io riceva una lettera nella quale mi viene chiesto quale farmaco, e in quali dosi, debba considerarsi letale. È certamente possibile togliersi la vita con farmaci acquistati senza prescrizione medica, ma la morte, che comunque non è sicura, sarà lenta e dolorosa. Massicce dosi di farmaci come l’aspirina, per esempio, potranno ulcerare le pareti interne dello stomaco per diversi giorni. Il tempo richiesto perché questi farmaci comincino a fare effetto rende quasi inevitabile la scoperta del proposito suicida e il viaggio in ambulanza verso l’ospedale. Per non dire dei rischi di lesioni fisiche o cerebrali permanenti. Non lo ripeterò mai abbastanza: non ricorrete a farmaci non prescritti per l’autoliberazione. Sono una «ricetta» per il fallimento.

Derek Humphry

tratto da: Derek Humphry, Eutanasia: uscita di sicurezza, Elèuthera, Milano 2007 (1° ed. inglese 1991,1° ed. italiana, 1993).


Derek Humphry, giornalista e scrittore da sempre attento alla difesa delle libertà civili,
comincia a occuparsi di eutanasia dopo la drammatica morte della prima moglie nel 1975.
Nel 1980 fonda negli Stati Uniti la Hemlock Society (Società della cicuta),
la maggiore organizzazione che si batte per la legalizzazione della “buona morte”.
Nel corso degli anni ha scritto diversi libri sull'argomento
raggiungendo notorietà internazionale e influenzando il dibattito
etico e politico sul diritto all'eutanasia oggi in corso in diversi paesi.