Rivista Anarchica Online



di Cristina Valenti

 

L’infanzia come immaginario e il bambino come spettatore attivo e sensibile:
il Premio SCENARIOinfanzia.


Samir Oursana in Giuditta (foto di Francesca Savini)

“Veramente rivoluzionario è il segnale segreto dell’avvenire che parla dal gesto infantile”. Le parole di Walter Benjamin hanno ispirato e guidato alla fine degli anni Sessanta l’esperienza dell’animazione teatrale. Un teatro dei bambini per i bambini, che spiazzava i linguaggi e le competenze e reinventava il teatro come gioco e libera manifestazione creativa. L’avvenire del gesto infantile sembrava indicare, allora, la prospettiva utopica non solo di un nuovo teatro, ma di una nuova società, dove l’esperienza artistica non avrebbe più conosciuto limiti né gerarchie.
L’infanzia come immaginario e il bambino come spettatore attivo e sensibile sono stati in seguito alla base dell’invenzione del teatro per i ragazzi, che, dopo aver dato vita a una straordinaria stagione creativa, è sembrato assestarsi nelle certezze e quindi nelle contraddizioni di un settore nato all’insegna della ricerca e segnato dalla maturità, professionale ma anche generazionale.
Il Premio SCENARIOinfanzia è nato proprio per rispondere con un gesto concreto all’insoddisfazione serpeggiante nel mondo del professionismo teatrale per l’infanzia e la gioventù, al quale si rimprovera uno scarso ricambio generazionale e un eccessivo condizionamento di logiche aziendaliste e di mercato. Il premio, alla sua prima edizione, ha voluto rappresentare perciò un’occasione e uno stimolo per i giovani artisti, invitandoli a ripensare il teatro per i bambini e i ragazzi in termini innovativi, alla ricerca di “nuovi linguaggi per nuovi spettatori”.
Alla sfida hanno risposto una novantina di progetti, 22 dei quali presentati alla tappa di selezione di Cascina (Città del Teatro, 27/29 settembre) e 7 alla finale di Parma (Zona Franca Festival, 16/17 novembre).
I lavori presentati hanno dimostrato nella massima parte la capacità di realizzare una sintonia concreta con l’universo percettivo dell’infanzia, che sperimenta il teatro come ambiente circoscritto e “provvisoriamente inviolabile” dove valgono le regole del gioco e dove il mondo si rappresenta per immagini eloquenti e misteriose insieme, conferendo realtà alla realtà e verosimiglianza alla fantasia. Se è possibile cogliere segnali contemporanei dalle rappresentazioni del mondo che i giovani artisti hanno portato a SCENARIOinfanzia, se ne trae un ricchissimo caleidoscopio di immagini dove la fantasia non è mai una fuga né un esercizio di stravaganza, e la contemporaneità si rappresenta per contesti macrosociali e tematiche psicologiche attinenti alla crescita e alla scoperta.

Beauty Omoruji in Panopticon Frankenstein
(foto di Francesca Savini)

Lontani dai linguaggi TV

Per limitarci ai sette progetti finalisti, il quadro che ne è emerso ha dimostrato una volta di più che l’esperienza artistica può trarre elementi di significativo rinnovamento, sul piano dei linguaggi e dei contenuti, quanto più si ponga nelle condizioni di prescindere da definizioni, consuetudini e certezze (professionali, linguistiche o di “genere”). I giovani artisti hanno rappresentato ai giovanissimi spettatori storie ed esperienze assai distanti da modelli televisivi o riferimenti virtuali, rivelando un teatro (e quindi un mondo) giovanile non affatto omologato alle rappresentazioni mediatiche imperanti.

Luca Di Tommaso, Nicola Laieta e Margherita Vicario in Taniko
(foto di Francesca Savini)

La storia di Frida e il leone (Circomistico, Bologna) racconta di un amico invisibile inventato come rifugio, ma anche come proiezione di una zona d’ombra feroce e ribelle; Fa Mulan (Ass. Abaco, Cagliari) è un viaggio al di fuori dei confini geografici e culturali conosciuti, alla scoperta di un mondo nuovo e diverso, che utilizza il linguaggio dell’Opera di Pechino con la contaminazione di musiche elettroniche; Chiamiamo a testimoniare il Barone di Munchausen (Fuori Quattro, Milano/Napoli) porta in scena storie che appartengono all’universo fantastico dei bambini rivendicandone la realtà e mettendo sotto processo, non le avventure del Barone, ma coloro che di quelle avventure intendono fare a meno imponendo che si rinunci alla fantasia; Panopticon Frankenstein (Babilonia Teatri, Verona) costruisce uno spazio circolare attorno a una torre centrale che è gabbia di discoteca, ma anche struttura di controllo di un carcere a pianta circolare, e infine cabina di regia di un reality show globale, dove un intrattenitore/regista/carceriere offre lo spettacolo di storie spiate dentro celle, o case, o micromondi isolati. E sono la storia vera di Beauty, nera, arrivata in Italia per fuggire a una vita di servitù e finita prima sulla strada poi in carcere, la storia di Badre, 21 anni e 5 compleanni trascorsi in carcere, e la storia del mostro di Frankenstein e della sua esclusione dal mondo. Uno spettacolo nato dal lavoro teatrale in carcere e che al carcere ha sottratto almeno Beauty, che racconta personalmente la sua storia e alla fine disegna per terra una casa col gesso, dove invita tutti gli altri a cantare insieme una canzone della sua terra.
Poi i tre spettacoli vincitori o menzionati. Sono qui (Maria Ellero, Bologna), progetto di teatro – danza – immagine multimediale, vede in scena due danz-attrici, una delle quali è una bambina di dieci anni, che si guardano, si scoprono, cercano un abbraccio, comunicano attraverso le rispettive solitudini con la necessità e la fatica di superarle. Per una volta, finalmente, sulla scena non solo lo sguardo dell’adulto verso l’infanzia, ma anche quello dell’infanzia verso l’adulto, il suo linguaggio, i suoi gesti, le sue parole, il suo mondo semplice e misterioso insieme. Il progetto ha ottenuto la menzione speciale della giuria “per aver mostrato un frammento esemplare del processo di costruzione dell’identità femminile di due donne, differenti per età e asimmetriche per ruolo, fondato sulla curiosità, sulla reciprocità e sulla cura”. Taniko (Antonio Calone, Napoli), si ispira a un dramma didattico brechtiano (Il consenziente e il dissenziente) per parlare di un tempo lontano, quando gli dei scesero sulla terra convinti che il mondo potesse essere salvato dai piccoli uomini. Una rilettura originalissima del teatro didattico, che ne individua una possibile attualità, attraverso un meccanismo scenico al quale sono chiamati concretamente a partecipare i giovani spettatori. Dovendosi pronunciare sullo scioglimento della vicenda, il pubblico sperimenta di fatto la possibilità di un “funzionamento sociale partecipativo”. Con la motivazione, fra l’altro, del “rigore formale […] di un conflitto drammatico che supera i confini della scena per parlare delle lacerazioni del mondo reale”, il lavoro è risultato vincitore ex aequo del Premio SCENARIOinfanzia insieme al progetto Giuditta. Quest’ultimo, presentato da un giovane marocchino immigrato di seconda generazione (Samir Oursana, Modena) si rivolge ai bambini con un linguaggio astratto e misterioso, mettendo in scena una creatura senza sesso né identità, che appartiene a qualsiasi tempo, e a qualsiasi parte del globo, un bozzolo che si apre al mondo, un implume che si prepara al volo, una prova di vita in grado di comunicare ai bambini per segni imperscrutabili, evocativi e universali.

Maria Ellero e Cecilia Cavalcoli in Sono qui
(foto di Francesca Savini)

Se un segno forte è possibile trarre dalla complessità dei lavori presentati dai giovani artisti, è certamente quello di un’esperienza artistica non infantilizzata, ma aperta a codici lontani e misteriosi, in grado di comunicare per vie non solo illustrative, contaminando linguaggi nel segno dell’interetnicità e della sperimentazione a tutto campo. Una pratica del teatro essenzialmente fisica e concretamente relazionale, che contempla margini di incomprensibilità che appartengono alla sostanza poetica e visionaria dell’esperienza artistica. Un’esperienza che, nel rapporto con l’infanzia e la gioventù, non si intende affatto come minore, ma semmai “innocentemente astorica e divinamente barbarica”, alla stessa maniera del mondo che Laura Morante voleva salvato dai ragazzini.

Cristina Valenti


Scenario

L’Associazione Scenario è nata nel 1987 dall’impegno di un gruppo di soggetti teatrali, con lo scopo di promuovere iniziative culturali rivolte in particolare ai giovani artisti.
Negli anni l’Associazione ha raccolto nuove adesioni, fino a contare attualmente 35 strutture socie: compagnie e teatri d’innovazione appartenenti agli ambiti del “teatro ragazzi” e del “teatro di ricerca e sperimentazione”.
Le iniziative dell’Associazione sono sostenute essenzialmente dal contributo dei soci e affidate al lavoro volontario degli stessi. I contributi pubblici (Eti, Ministero, Regioni) sono stati negli anni limitati e saltuari.
L’Associazione è giunta quest’anno all’undicesima edizione del Premio Scenario, che si rivolge a giovani artisti teatrali accogliendo progetti che non sono ancora diventati spettacolo, ma che appartengono a necessità e linguaggi in via di esplorazione.
Nel corso delle sue dieci edizioni passate, il Premio Scenario ha vagliato oltre 1.650 progetti, dei quali circa 400 presentati pubblicamente durante le varie tappe e più di 100 nelle fasi finali.
Dal 2003 la collaborazione con l’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica ha dato vita al Premio Ustica per il Teatro, organicamente collegato al Premio Scenario e rivolto a progetti teatrali incentrati sui temi dell’impegno civile e della memoria.
Nel 2006 l’Associazione Scenario ha dato vita alla 1ª edizione del Premio SCENARIOinfanzia allo scopo di promuovere “nuovi linguaggi per nuovi spettatori”.

www.associazionescenario.it