Rivista Anarchica Online


movimenti

I compagni Catholic Workers
di Bas Moreel

 

Anche se non sono formalmente un’organizzazione anarchica, i Catholic Workers sono stati storicamente e sono tuttora vicini all’anarchismo. Se poi considerate che in questo movimento ci sono anche protestanti ed ebrei, forse val la pena leggere queste pagine.

 

New York, 1934 – da sinistra a destra:
Ade Bethune, Dorothy Day, Dorothy Weston,
Jacques Maritain, Peter Maurin,
nella Catholic Worker House

Fin verso il 1972, il Centro Internazionale di Ricerca sull’Anarchismo (CIRA) di Losanna riceveva e archiviava il mensile “Catholic Worker”, pubblicato a New York: tuttavia, in seguito, Marie-Christine decise che l’orientamento anarchico del giornale non era abbastanza chiaro da meritarsi uno spazio nella piccola biblioteca del CIRA. Sebbene io mi sia rammaricato per questa sua decisione (non si può negare la presenza di elementi religiosi all’interno dei movimenti anarchici e i documenti relativi vanno conservati nel miglior modo possibile) non potevo biasimarla (in quel periodo collaboravo saltuariamente con il CIRA): i riferimenti all’anarchismo sono rari negli articoli del “Catholic Worker” e non è mai accaduto che la rivista si dichiarasse esplicitamente anarchica. Eppure, quando lo scorso maggio mi sono recato a Dulmen, in Germania, per il raduno annuale degli “European Catholic Workers”, e mi volevo iscrivere, mi hanno risposto con queste parole: “noi anarchici non iscriviamo nessuno”.
Il movimento dei Catholic Workers era nato nel 1933 a New York per iniziativa della giornalista americana Dorothy Day (1897-1980), su impulso del teorico e militante pacifista francese Peter Maurin (1881-1949), il quale era emigrato in Canada nel 1909 per evitare un ulteriore richiamo alle armi. Il 1° maggio 1933 Dorothy, con alcuni amici, diede vita alla rivista “The Catholic Worker” per sostenere, se non per rivendicare un’applicazione pratica delle dottrine sociali enunciate dalle encicliche papali Rerum Novarum e Quadragesimo Anno. Poco più tardi, il gruppo aprì una piccola sede per offrire una dimora ai senza tetto. Questi centri di accoglienza sono diventati l’emblema del movimento dei Catholic Workers, anche se oggi esistono iniziative che offrono “solo” pasti gratuiti o si occupano “esclusivamente” delle campagne su alcuni problemi sociali, come quelli dell’accoglienza ai profughi, della militarizzazione e della guerra. Al momento esistono circa cento iniziative dei Catholic Workers negli USA e circa quindici nell’Europa nord-occidentale. Il “New York Catholic Worker” continua a uscire ed è sempre venduto al prezzo originale di un centesimo a copia, come i fogli analoghi, il “Catholic Radical”, il “Catholic Agitator”, l’“Open Door” fra gli altri, pubblicati in altre città degli Stati Uniti. In Europa i centri di Dortmund ed Amsterdam hanno propri bollettini. Non sono a conoscenza di pubblicazioni simili prodotte da altri collettivi europei.
Forse non molti Catholic Workers si definiscono anarchici, ma il movimento, nell’insieme, presenta vari elementi che si possono considerare tali: non esiste un’istanza centrale, non c’è un organismo di riferimento, non ci sono regole né doveri, le iniziative sono prese o accettate di volta in volta da coloro che ne sono direttamente coinvolti. Il “New York Catholic Worker” nel numero di maggio comprende sempre un articolo dal titolo Aim and Means, sui mezzi e i fini del movimento.

Dorothy Day

Anarchici sui generis

Se affermo che la cattolica ortodossa Dorothy Day si era convertita al cattolicesimo quando era una studentessa e faceva parte del Partito Socialista americano, e che successivamente si definiva una comunista, le sue tendenze anarchiche sembreranno meno sorprendenti: dopo il primo Congresso dell’Internazionale all’Aja del 1872, le linee di demarcazione tra le varie correnti del movimento operaio erano rimaste piuttosto vaghe, fino alla Rivoluzione russa. Nelle sue memorie Dorothy, a proposito dei primi anni trenta, ha scritto: “Erano gli anni in cui fiorivano i gruppi di pressione, le azioni dirette e il radicalismo in tutti i collettivi, eccetto che in quelli cattolici”. E ancora: “Condivido molti obiettivi con i socialisti e i comunisti come, per esempio, quello che afferma da ognuno secondo le sue capacità a ognuno secondo le sue necessità.”
Dorothy e Peter Maurin, che per molti anni aveva fatto il maestro nelle scuole elementari in Francia, erano lettori insaziabili. Consultando vari documenti per questo articolo, ho scoperto che Dorothy leggeva o doveva aver letto Dickens, Dostoevskij, Tolstoj, Gor’kij, Berdiajev, Vera Figner, Kropotkin, Bakunin, Herbert Spencer, Karl Marx, Frank Harris (“la vita di uno degli anarchici della rivolta di Haymarket, di cui non ricordo il nome”) (1), Orwell, Ignazio Silone, Danilo Dolci, Simone Weil, Edith Stein, Emmanuel Mounier, Dietrich Bonnhofer, e che aveva almeno una conoscenza generica del pensiero di Proudhon, di Francisco Ferrer, di William Godwin, di Alexander Herzen e di Albert Camus. Ho omesso l’enorme quantità di testi religiosi che deve avere letto. In The Long Loneliness, uno dei suoi libri di ricordi, ha scritto:

Quando lavoravo per il Call (un giornale socialista, con il quale collaborò fino al 1917), in redazione c’erano anche piccoli gruppi di anarchici. Il termine ‘anarchismo’, così come lo definisce l’American Encyclopedia, è una dottrina non chiaramente determinata, che vuole abolire lo Stato e ‘ogni altra istituzione sociale ed economica prestabilita, e instaurare un nuovo ordine basato su una cooperazione libera e spontanea (…)’ In realtà, l’anarchismo non è un’unica dottrina, ma un insieme di molte; in pratica ogni teorico anarchico ha idee sue e diverse.
Il principe Kropotkin, per esempio, era uno scienziato per formazione che, dopo avere studiato in una scuola militare come aiutante dello zar, aveva optato per un reggimento che andava in Siberia, per potersi impegnare nella ricerca scientifica, lavorare per la Società Geografica ed esplorare le risorse naturali della Russia. In seguito, nelle sue esplorazione della Finlandia e della Siberia, grazie a una intensa esperienza di cooperazione, osservò che l’associazione spontanea degli uomini in una spedizione scientifica funzionava meglio della rigida irregimentazione nell’esercito. Kropotkin ha vissuto e lavorato tra contadini e artigiani, al punto che le sue opere, Campi fabbriche officine, Il mutuo appoggio e La conquista del pane sono diventati guide pratiche.
Lo spagnolo Francisco Ferrer si era invece dedicato anima e corpo alla fondazione di scuole pubbliche e ne ha create a centinaia in Spagna. Gli italiani Sacco e Vanzetti, entrambi sindacalisti, erano impegnati nell’organizzazione dei lavoratori e nel rivendicare l’abolizione del sistema salariale.
Già nell’antica Grecia possiamo ritrovare certe forme di anarchia: Zeno credeva che libertà ed uguaglianza riuscissero a far emergere le virtù essenziali della natura umana.
In Inghilterra William Godwin denunciava il governo e l’accumulazione delle proprietà terriere, ma la moderna teoria anarchica nasce con Proudhon, coetaneo e oppositore di Karl Marx.
Henri de Lubac, un gesuita francese, ha scritto un libro ricco di spunti interessanti su Proudhon, da lui definito ‘un socialista non marxiano’. A quell’epoca il termine socialista era un eufemismo per dire comunista, e forse Proudhon era considerato socialista per aver scritto Che cos’è la proprietà, dove dava questa risposta provocatoria: ‘la proprietà è un furto’.
L’opera classica di Kropotkin, Memorie di un Rivoluzionario, fu pubblicata per la prima volta nel mensile ‘Atlantic’ nel 1898.
Dopo la Rivoluzione russa, Kropotkin era tornato in Russia. Non simpatizzava affatto con una rivoluzione che aveva istituito una dittatura nel nome del proletariato e che, facendo leva sulla violenza e il terrore, forza del terrorismo, voleva produrre quello che Kropotkin aveva sperato di ottenere attraverso l’amore fraterno: una società che assicurasse ‘da ciascuno secondo le sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni’.
Kropotkin auspicava un ordine sociale più vicino per caratteristiche a quello di Eric Gill, di Padre Vincent McNabb, di G.K. Chesterton, di Hillaire Belloc e di altri fautori del ‘distributismo’, che pure si sarebbero ribellati a sentirsi definire anarchici, perché consideravano anarchia un sinonimo di caos, non di autogoverno, come la intendeva Prodhon. ‘Distributismo’ è un termine che indica un tipo di società nella quale l’uomo ha a disposizione una quantità di beni sufficienti per permettersi un livello dignitoso di vita (Mark e Louise Zwick sono forse un po’ più concreti e definiscono il distributismo una lotta per giungere ad una situazione dove tutti hanno una proprietà).
Emma Goldman e Alexander Berkman, entrambi ebrei russi e fautori dell’anarchia, hanno trascorso la maggior parte della loro vita in America e rappresentano il pensiero americano sul tema in questione. Entrambi erano forti sostenitori dell’IWW.
Ho avuto modo di conoscere di sfuggita Berkman, ma non ho mai incontrato Emma, dal momento che lei viveva a New York mentre io lavoravo al Call. Essa pubblicava un giornale intitolato Mother Earth, nel quale si opponeva alla leva militare e alla guerra imminente (mi riferisco alla Prima Guerra mondiale, che nel 1917, aveva visti coinvolti anche gli Stati Uniti).

William D. Miller scrive nel suo libro Dorothy Day. A Biography che Dorothy non aveva mai incontrato Emma e non l’aveva nemmeno mai sentita parlare a qualche conferenza, ma che negli ultimi anni le due si erano scambiate alcune lettere.

Peter Maurin

“Personalista” o “distributista”

Ricordando le perplessità riguardo alla Chiesa Cattolica, poco prima della sua conversione, Dorothy Day cita anche Bakunin:

Quello stesso inverno (1927) stavo scrivendo una serie di articoli: si trattava di interviste con operai e disoccupati. Stavo collaborando con l’Anti-Imperial League, un’organizzazione vicina ai comunisti, che dava aiuto e conforto al nemico, l’esercito del generale Sandino in Nicaragua. Ero più che mai contraria al capitalismo e all’imperialismo, e stavo passando all’opposizione, poiché la Chiesa era chiaramente schierata dalla parte della proprietà, dei ricchi, dello Stato, del capitalismo e di tutte le forze reazionarie. Così mi avevano insegnato a vederla, e la vedo tutt’ora nello stesso modo, in larga misura. Il cristianesimo, afferma Bakunin, è proprio la religione per eccellenza, poiché esprime e manifesta, nella maniera più completa la natura e l’essenza stessa di ogni sistema religioso, che significa miseria, schiavitù e annientamento dell’umanità a favore della divinità.

Quando, qualche anno fa, ero ospite in una delle due residenze dei “Catholic Workers”, un vecchio anarchico osservò, con un certo sarcasmo, che Dorothy aveva avuto più rapporti con i comunisti che con gli anarchici. Se questo è vero, non c’è da stupirsi: Dorothy aveva essa stessa ammesso di essere stata comunista nei primi anni venti (senza aderire al partito e nonostante il fatto che, secondo quanto afferma William D. Miller, essa ritenesse Karl Marx e Herbert Spencer gli scrittori più noiosi che avesse mai letto) e di avere sempre collaborato a pubblicazioni comuniste, e mai a quelle anarchiche. Sempre secondo William D. Miller, Dorothy non accettava definirsi anarchica: “Da parte sua, Dorothy non voleva avere nulla a che fare con l’etichetta di anarchica, dicendo che la voleva lasciare tutta ad Ammon Hennacy. Se doveva essere definita in un altro modo, oltre che cristiana e cattolica, preferiva che la dicessero ‘personalista’ (2) o ‘distributista’.” Dal momento che Ammon scrisse per il giornale per tutti gli anni quaranta, è possibile che qualcuno fosse indotto a pensare che il “Catholic Worker” riflettesse un punto di vista anarchico. D’altra parte, Dorothy, in uno dei suoi colloqui con Robert Coles dichiarò, riguardo al “Catholic Worker”: “Non siamo anarchici nel senso negativo del termine: però abbiamo molti collaboratori anarchici o vicini all’anarchia.”.
La prima persona da cui Dorothy prese ispirazione, che dobbiamo menzionare qui, è Peter Maurin, anche se egli non ha mai voluto definirsi anarchico. Una delle prime cose che fece, dopo il loro primo incontro, fu di fare un riassunto di Campi Fabbriche Officine di Peter Kropotkin, così da permettere a Dorothy di ricavarne idee importanti. Quando Ammon Hennacy, il più dichiaratamente anarchico del movimento, assistette a una conferenza tenuta da Maurin in una sede dei Catholic Workers, interruppe l’oratore dicendogli: “Peter, parli proprio come un anarchico”, e la risposta fu: “Certo, sono un anarchico; tutte le persone ragionevoli sono anarchiche. Ma io preferisco il termine personalista”. Dorothy Day illustrò, sul numero di febbraio 1954 del “Catholic Worker”, la posizione di Peter riguardo al pacifismo e all’anarchia e al suo rifiuto delle etichette: “Il messaggio più importante che Peter ci ha lasciato era il suo continuo rimando alla libertà umana. È per questo che non usava mai il termine pacifista o anarchico. In privato, ammetteva entrambe le posizioni”.

Ammon Hennacy

Hennacy e Berkman

Né Peter né Dorothy avevano un atteggiamento da crociati: nonostante le loro forti convinzioni non volevano imporre a nessuno il proprio punto di vista. Non so se ai tempi di Dorothy ci fossero dei non-cattolici nelle residenze dei Catholic Workers. Sono a conoscenza del fatto che due anarchici, seguendo l’esempio di Dorothy, si erano convertiti al cattolicesimo e che in seguito l’avevano abbandonato. Ma oggi ci sono molti non-cattolici che prendono parte alle iniziative dei Catholic Workers: ce ne sono per lo meno due di origine protestante in Germania e uno negli Stati Uniti , mentre a San Francisco e Chicago gli ebrei hanno ormai ruoli importanti all’interno del movimento.
Ammon Hennacy (1893-1970) era entrato in contatto con l’ambiente anarchico nel 1917, il giorno dopo il suo internamento nel carcere federale di Atlanta, dove doveva scontare due anni per aver rifiutato l’adempimento del servizio militare e per avere manifestato contro il servizio di leva obbligatorio. Gli arrivò un biglietto scritto da Alexander Berkman, il quale stava scontando una pena nella stessa prigione per aver preso a rivoltellate e coltellate l’industriale Henry Clay Frick. Berkman gli propose di incontrarsi e parlare, lo avvertiva anche del fatto che Ammon divideva la cella con l’omosessuale più aggressivo della prigione e gli offriva suggerimenti su come trattare con quell’individuo. Lo stesso pomeriggio i due si incontrarono nel cortile della prigione. Berkman spiegò a Hennacy come fare uscire le lettere dalla prigione e come poteva esercitarsi per parlare con la gola senza muovere le labbra. Infine gli fornì quattro regole di sopravvivenza in carcere: “Non mentire… Non raccontare niente degli altri carcerati… Metti un confine tra quello che intendi fare e quello che non sei disposto a fare, e non tornare mai sui tuoi passi… Non insultare le guardie.”
Prima, quando era uno studente, Ammon Hennacy aveva presentato Emma Goldman, venuta a tenere una conferenza nella sua università.
Una volta osservò di aver conosciuto due grandi uomini nella sua vita: Alexander Berkman e Peter Maurin. Ma nella sua autobiografia, The Book of Ammon, risulta evidente che il suo modello era Berkman e che non aveva colto la portata della visione di Peter Maurin. Ammon Hennacy era un uomo d’azione, di carattere cordiale e un eccellente commerciante, ma era poco incline alla riflessione e alla filosofia. Lavorava per la realizzazione di un paradiso anarchico, dove oppressione, ingiustizia e violenza avrebbero lasciato lo spazio a una comunità di uomini liberi, dove nessuna chiesa e nessuno stato potesse dividerli, organizzarli l’uno contro l’altro, opprimerli e prendersi le loro esistenze. Aderì al movimento dei Catholic Workers per l’ammirazione che nutriva per Dorothy Day. Lei aveva “per le cose che contano, un’integrità superiore a quella di qualsiasi persona di sinistra o cristiana che ho conosciuto.”
Nel periodo che trascorse con il “Catholic Worker” di New York, negli anni cinquanta, ebbe un ruolo di primo piano. Era il più attivo e capace nelle attività commerciali del gruppo. Fu lui che iniziò la resistenza contro le esercitazioni antiaeree annuali, durante le quali tutti a New York dovevano correre nei rifugi per almeno dieci minuti (che egli ed altri consideravano un espediente per abituare la popolazione all’idea di una guerra nucleare). Quelle esercitazioni, come la resistenza, andarono avanti dal 1955 al 1962. Quando suonava il cessato allarme, alle 2,05 del pomeriggio, i Catholic Workers e altri si sedevano sulle panchine del City Hall Park. La prima volta erano in trenta, l’ultima circa un migliaio. Ai partecipanti erano sempre inflitte condanne. Nel 1957 tra i dimostranti c’era Judith Malina, del “Living Theatre”, che divise la cella con Dorothy Day. La Day insistette per tenere sotto la sua ala protettiva quella bella ragazza, per difenderla dalla violenza delle altre prigioniere, che si dimostravano un po’ troppo ansiose di averla come compagna di cella.
Dopo sette anni Ammon Hennacy lasciò New York e fondò a Salt Lake City un centro di accoglienza dei Catholic Workers, chiamato “Joe Hill House”. Morì per un infarto nel corso di un picchettaggio e uno sciopero della fame, per impedire l’esecuzione di due giovani condannati a morte nello Utah. Le sue ceneri furono sparse sopra le tombe dei martiri anarchici di Haymarket a Chicago.
Dorothy Day, nel suo The Long Lonlines, ricorda i due anarchici cattolici Eric Gill e Bob Ludlow; il primo è citato come distributista e oppositore di quello che lei chiama lo “stato servile”, il secondo in quanto redattore del “New York Catholic Worker”, capace come pochi di stimolare le menti e di convincere molti studenti dell’esistenza di altre posizioni di sinistra oltre a quella marxista.

Dorothy Day nel 1934

Il centro ampliato

Un altro anarchico che ho ritrovato citato in relazione a Dorothy, solo come beneficiario di 2.000 dollari che essa gli regalò quando dispose inaspettatamente di una cospicua somma, era Karl Meyer. Costui utilizzò quel denaro per l’ampliamento della casa del centro di accoglienza dei Catholic Workers di Chicago. Karl Meyer è soprattutto noto come attivista contro la guerra: fu il primo a bruciare la cartolina di precetto durante la guerra del Vietnam; scontò molti anni in prigione, fra l’altro, anche per avere promosso una campagna contro l’imposta di guerra (di fatto si stimava che oltre il 50 per cento delle imposte federali fosse destinato a spese militari) e per essere penetrato illegalmente nella base nucleare di Omaha. Nel 1962 aveva partecipato alla marcia per la pace da San Francisco a Mosca e, dopo aver lasciato il “suo” centro dei Catholic Workers, per vari anni attraversò il paese con la sua “Peace House”, e dopo un certo tempo, cercò di costituire a Nashville, nel Tennessee, una comunità autonoma, di orientamento pacifista, con il progetto di sostenersi attraverso la coltivazione di orti urbani. Anche se disponeva di una buona biblioteca di libri sull’anarchia, nei periodi trascorsi insieme a lui ho avuto l’impressione che non fosse molto preparato sui concetti fondamentali in materia, come del resto non lo erano altri membri di quel movimento che mi è capitato di incontrare e che si definiscono anarchici.
Questo anche se ai raduni europei dei Catholic Workers, l’anarchia è stata spesso uno dei temi ufficiali di discussione. È pur vero che io non ho mai partecipato personalmente a quei dibattiti, forse in parte perché ho paura di essere considerato un esperto. Ho incontrato due donne del movimento, però, che conoscevano bene i classici dell’anarchia: una di loro era una suora.

Karl Meyer

L’esecuzione di Sacco e Vanzetti

Un anarchico di solide convinzioni, anche se esposte con discrezione, che non era interno al movimento dei Catholic Workers, ma che ha avuto un ruolo importante nella vita di Dorothy Day, è Forster Batterham. Biologo, amante degli spazi aperti, Forster era un convinto oppositore di tutte le grandi istituzioni, contrario al matrimonio e alla religione. Dorothy e Forster avevano convissuto da quando entrambi avevano 25 anni fino al 1927, poi, dopo uno dei loro ricorrenti litigi egli se n’era andato, come era solito fare, ed essa non l’aveva più lasciato tornare. Le loro discussioni riguardavano in genere il passaggio a una religiosità più profonda da parte di Dorothy (quando leggevo di questo, mi chiedevo se lei non fosse pazza, a credere così fermamente a cose basate interamente sulla fantasia e a sottomettersi a uomini che pretendevano di conoscere la verità senza avere la minima prova della concretezza delle proprie convinzioni). Nella coppia c’erano probabilmente altre ragioni di dissidio, anche perché essa desiderava avere un figlio e insistette finché non rimase incinta. Egli aveva una visione del mondo così negativa da non desiderare di veder nascere una nuova generazione.
A dispetto di tutta la sua ostilità nei confronti delle istituzioni, Forster era un uomo molto sensibile. Quando nacque la bambina, diventò il più amorevole e generoso dei padri, le portò persino alcune aragoste che aveva pescato (vivevano in una casa lungo la spiaggia di Staten Island) per il pranzo con gli amici organizzato da Dorothy dopo il battesimo della bimba, ma non volle restare e non tornò per vari giorni. Alla fine, cinicamente, si può dire che egli ne uscì per metà vincitore: la figlia abbandonò le convinzioni religiose della madre dopo essersi sposata con un uomo che Dorothy disapprovava, come forse non era difficile prevedere.
Nell’agosto del 1927 l’imminente esecuzione di Sacco e Vanzetti fu un forte trauma per Dorothy e Forster, e li ridusse quasi all’impotenza. Dorothy a ogni respiro soffriva al pensiero che ai due uomini sarebbe stata presto sottratta la gioia di vivere. In una situazione normale essa avrebbe partecipato con gli amici alle manifestazioni popolari a Boston, ma in quel momento non poteva lasciare da soli la figlia Tamara, di appena due anni, e Forster. Forster era costituzionalmente incapace di far parte di qualsiasi organizzazione: era costretto a tenere per sé tutta la sua afflizione. Smise di mangiare e trovò rifugio nella solitudine del golfo, dove passava giorni interi seduto in barca.
Non posso fare a meno di trascrivere quella specie di cantico dei cantici che Dorothy aveva dedicato a Forster e che essa riporta nel suo The Long Loneliness:

Nelle sere d’autunno leggevamo tanto. A volte usciva a prendere le esche per pescare, se la marea era bassa e la luna era alta in cielo. Rimaneva fuori a pescare sul molo, fino a notte fonda, e tornava con addosso un odore di alga marina e salsedine; entrava nel letto infreddolito, per l’aria gelida di novembre, e mi abbracciava in silenzio. L’ho amato in tutti modi, come moglie, e anche come madre. L’ho amato per tutto quello che sapeva e ho avuto compassione per tutto ciò che non sapeva. L’ho amato per tutti gli oggetti che ho ripescato dalle tasche del suo pullover e per tutta la sabbia e le conchiglie che portava in casa insieme al pesce. Ho amato il modo in cui il suo corpo esile e freddo si stendeva nel letto con il suo odore di mare, e ho amato la sua integrità e il suo ostinato orgoglio.

Bas Moreel

(traduzione dall’inglese di Manuela Moretti)

Note
  1. Si tratta del libro The bomb e il personaggio è Louis Lingg, il quinto condannato a morte per i fatti di Haymarket Square (maggio 1886) – NdR.
  2. Il personalismo è una teoria e un atteggiamento molto simile all’anarchismo, che mette però un accento sulla responsabilità personale, per cercare di costruire il migliore dei mondi possibili. Il concetto è stato sviluppato negli anni venti e trenta del secolo scorso da alcuni scrittori cattolici francesi come Emmanuel Mounier, il più noto di questa corrente, e Jacques Maritain che, con la rivista L’Esprit, era il loro portavoce. Per Peter Maurin, cui s’ispirò Dorothy Day, il personalismo era prima una disposizione d’animo per accrescere l’amore in “azione” per tutto il creato. Si trattava di “fare l’amore” con le armi di cui ognuno dispone (secondo le proprie capacità), con una vocazione all’impegno per cambiare le istituzioni, così che l’uomo possa trovare la libertà necessaria per vivere la pienezza dello spirito – NdA.