Rivista Anarchica Online


antimilitarismo

Guerra alla guerra
di Maria Lacerda

 

Oltre settant’anni fa una femminista brasiliana così spiegò il suo rifiuto a collaborare con l’esercito. In qualsiasi modo.

 

“Né carne femminile per i postriboli, né carne maschile per le bocche dei cannoni”.
Maria Lacerda femminista e antimilitarista

In occasione della giornata dell’8 marzo, le Edizioni Spartaco presentano per la prima volta al pubblico italiano la scrittrice femminista brasiliana Maria Lacerda de Moura (1887-1945), ancora poco nota nel nostro paese ma di nuovo al centro dell’interesse in Brasile: il recente Forum mondiale dell’educazione tenutosi a San Paolo le ha riservato uno degli spazi dedicati a cinque grandi educatori brasiliani. Gli scritti dell’antologia Amatevi e non moltiplicatevi. Educazione, femminismo, libertà sessuale, antimilitarismo (collana «il risveglio» n. 20, pp. 220, € 12,00) – sono stati raccolti e introdotti dalla maggiore studiosa di Maria Lacerda, la storica Miriam L. Moreira Leite, docente di storia delle donne e del femminismo dell’università di San Paolo del Brasile (il volume è completato da un breve saggio di un’altra storica brasiliana, Mônica R. Schpun; le traduzioni sono di Giulia Brunello).
Nata nel Minas Geraes e vissuta a San Paolo nel periodo del massimo sviluppo urbano dovuto alla coltivazione del caffè, Maria Lacerda fu insegnante, pedagogista libertaria, pubblicista. Oratrice di successo, tenne conferenze nelle associazioni del movimento operaio di San Paolo, spesso promosse da immigrati italiani. Anarchica individualista, riteneva che l’atteggiamento «antisociale», ovvero il rifiuto di un’organizzazione sociale autoritaria e contraria alla donna, fosse l’unica base possibile della convivenza, della mutua comprensione e della solidarietà. Negli anni trenta si batté contro il riarmo e per denunciare la preparazione della guerra che tutti gli stati stavano allora predisponendo dietro l’ipocrisia dei discorsi inneggianti alla pace e delle conferenze per il disarmo organizzate dalla Società delle Nazioni; avvertì con angoscia il pericolo che l’umanità stava correndo a causa delle armi chimiche e dell’aviazione che in quegli anni si stavano cominciando a sperimentare; indicò nella diserzione, nell’azione diretta non violenta e nella non collaborazione la strada per evitare il massacro; invocava una Internazionale del Pensiero per contrastare l’Internazionale degli armamenti. Discutendo temi quali il femminismo, la pedagogia libertaria, l’antimilitarismo e la libertà sessuale, Maria Lacerda mostra il legame tra liberazione dell’individuo – in primo luogo della donna – ed emancipazione dell’umanità dalle fedi, dalle religioni e dagli eserciti.
L’antologia illustra i campi dell’impegno politico e la varietà degli interessi di Maria Lacerda: la libertà sessuale delle donne; la figura e l’insegnamento di Francisco Ferrer, esponente di primo piano della pedagogia libertaria condannato a morte nel 1909; l’amore plurale teorizzato da Han Ryner, basato sulla libertà individuale e sull’armonia degli esseri dell’universo; la maternità scelta liberamente e non imposta dalle convenienze o dall’ignoranza (Amatevi e non moltiplicatevi); la denuncia dell’ipocrisia delle condanne della prostituzione (Civiltà, palo di tortura degli schiavi); la condanna del patriottismo e del militarismo, e il rifiuto di collaborare sotto qualsiasi forma all’esercito e alla preparazione delle guerre (Servizio militare obbligatorio per le donne? Mi rifiuto!); l’anticlericalismo dinanzi alla minaccia del clericofascismo in Brasile (Fascismo, figlio della Chiesa e del Capitale).
Come osserva Miriam L. Moreira Leite, le riflessioni di Maria Lacerda, che negli anni settanta sembravano stravaganti e contraddittorie, sono diventate attuali per una serie di ragioni: un rinnovato interesse degli studi sociologici e antropologici per i rapporti tra sfera pubblica e privata e per le relazioni interpersonali; le preoccupazioni dovute a un’esplosione demografica incontrollata; la paura nei confronti dell’industrializzazione e di uno sviluppo economico fondato sulla violenza delle nazioni più ricche su quelle più povere; e infine il venir meno della fiducia nel progresso e nella progressiva diffusione di una migliore qualità della vita.
Si presenta qui un lungo stralcio dell’articolo Servizio militare obbligatorio per le donne? Mi rifiuto! (ed. or. Serviço militar obrigatorio para a mulher? Recuso-me! Denuncio!, Editorial “A Sementeira”, S. Paulo, febbraio 1933).

Edizioni Spartaco

 

Servizio militare obbligatorio per le donne? Mi rifiuto!

di Maria Lacerda

Senza Patria, senza Frontiere, senza Famiglia e senza Religione: affermando l’Umanità devo negare la Città. Fuori dalla legge: rifiuto i diritti di cittadinanza. Lo Stato, come la Chiesa, è di origine divina. Patriottismo, nazionalismo, frontiera, bandiera nazionale, sono corollari. Idoli voraci, gli dèi degli eserciti e degli atti di fede esigono vittime di massa. […]
Diventiamo obiettori di coscienza, ora che in Brasile si discutono i progetti di una Costituzione molto moderna, che rasenta il Fascismo. Perché, se per le trincee viene fatta una selezione (al contrario!) e vengono scelti i forti e i giovani, per i servizi militari di retroguardia, nelle future guerre di sterminio, torneranno utili tutti – uomini, donne, vecchi e bambini. E non facciamo come i preti e i religiosi che organizzano battaglioni e li mandano nelle trincee, tenendosi però prudentemente a distanza, e poi rifiutano il servizio militare obbligatorio per motivi di fede. Noi non ci appigliamo a nessun tipo di sostegno e ancor meno al sostegno di qualsiasi religione, rivelata o positiva. Diventiamo obiettori di coscienza per l’umanità. Contro la tirannia. Contro la crudeltà. Contro la violenza. Contro l’Autorità. Contro ogni e qualsiasi dispotismo. Contro la tirannia della forza armata per la difesa dello Stato, che è il partito di coloro che stanno in alto.
Stiamo andando anche noi, in Brasile, verso il Fascismo crudele e istrionesco. […] Abbiamo già una polizia specializzata. Abbiamo già la Carta del Lavoro (1) e il Ministero poliziesco del Lavoro. Avremo il voto obbligatorio per uomini e donne. Avremo il «servizio militare obbligatorio totale», ovvero per entrambi i sessi!
Mi rifiuto.
Denuncio.
[…] Il nostro motto è un postulato di umanità: né carne femminile per i postriboli, né carne maschile per le bocche dei cannoni. […]
Tre mesi fa, in questo Brasile pacifista, da una parte e dall’altra, le borghesi di San Paolo o le femministe di Rio de Janeiro si sono mobilitate per la guerra, prestando «conforto morale» ai soldati, distribuendo sorrisi, caramelle e sigarette. Hanno fatto del loro meglio per la difesa nazionale… Eccellente strumento nelle mani della reazione, alla quale diamo il nome di «rivoluzione».
A tal punto si è messa ostentatamente al fianco della violenza, a tal punto ha applaudito, reso omaggio agli «eroi» e divinizzato i «vincitori», a tal punto si è messa al servizio del massacro umano e ha mostrato le sue qualità virili, da conquistare il diritto di voto, e con esso il dovere di uccidere. L’uomo forte e virile, vittorioso ed eroico, crede che la propria madre non si sia elevata fino a lui tanto da avere diritto ai suoi diritti: lei deve raggiungere il suo stesso livello nella sua bestialità. I sessi si equivalgono nelle «rispettive imbecillità».
[…] Il mondo intero è sulla soglia del fascismo. Il nemico comune ha due nomi: guerra e fascismo. La nostra bandiera ha due motti:
Guerra alla guerra!
Guerra al fascismo!

Maria Lacerda

Il gigantismo militare

[…] Ci sono tre modi diversi di porre la questione della guerra e della pace:
1) Aumentando gli eserciti. Moltiplicando gli arsenali. Facendo crescere in qualità e quantità le macchine di guerra. Mobilitazione generale: uomini, donne, vecchi, malati e bambini. Eserciti giganti che comprendono l’intera popolazione civile. Il gigantismo nel campo militare. 2) Limitazione degli armamenti. 3) Disarmo.
Mentre a Ginevra si discute sulla limitazione delle armi o sul disarmo generale nella tragica farsa della Società delle Nazioni, i governi si armano fino a denti. È il primo postulato che si sta affermando.
La Russia bolscevica ha chiamato la donna alla mobilitazione permanente – per la futura difesa dei suoi principi, la cosiddetta dittatura proletaria. L’Italia fascista ha organizzato il fascio femminile e le gare atletiche riservate alle donne. Ho sotto mano l’edizione tedesca La lotta per il disarmo, in quattro lingue – inglese, tedesco, francese e spagnolo –, nella quale ci sono fotografie di ragazze in divisa militare e persino munite di maschere antigas, e di altre in esercitazioni di tiro, marcia eccetera. E le didascalie: «Uomini, donne, bambini. Invece di verniciare i banchi di scuola, gli alunni polacchi imparano a cavalcare come soldati di cavalleria e le ragazze a sparare nella fanteria». E ancora: «Uomini, donne, bambini.
Non è solamente nella Russia sovietica, ma anche in Polonia, negli Stati Uniti e in Inghilterra che si impartisce l’istruzione militare alle donne». Il Giappone segue lo stesso motto. E nella Cina moderna, nazionalista-sovietica, si dice che le donne andranno nelle trincee, come le donne russe, quando sarà necessario. Già si vede che il primo argomento ha grandi sostegni – per la pace universale…
I contrari al primo modo di pensare alla pace sono convinti che la «difesa della patria» stia al di sopra della maternità e della natalità, e sono sicuri che tutta la popolazione civile sarà militarizzata; sanno bene che quando le nazioni prendono questa strada, la casta militare, guerriera e distruttrice dominerà, e tutti i crediti le saranno assegnati per il massacro, a danno di tutto il resto (istruzione, salute, assistenza eccetera).
I contrari al primo modo di pensare sanno bene che cosa comporti tutto ciò: l’avvento del crimine, del saccheggio, della peste, della miseria, senza risultato e senza alcun beneficio per il genere umano, perché «la scienza ha ucciso la coscienza»; «la forza di ciascuna nazione non aumenterà proporzionalmente, ma aumenteranno enormemente le perdite in vite umane e in ricchezze»; gli istinti bestiali della carneficina, una volta risvegliati e resi violenti dall’ardore guerriero, molto difficilmente si potranno spegnere; esasperate le passioni, nessuno potrà più contenere l’onda di delirio e di distruzione; all’interno di una organizzazione sociale di cannibali civilizzati e intossicati dalla scienza di uccidere, il rispetto della vita umana, della libertà individuale e dello spirito di indipendenza sarà un’illusione; questa «follia planetaria» è il suicidio collettivo del genere umano a cui porta il gigantismo della tecnica della guerra scientifica.
I contrari al gigantismo degli eserciti e della mobilitazione generale di tutti gli esseri impiegati nei settori bellici, chiedono di limitare gli armamenti o il disarmo totale. Le due ultime ipotesi sono assurde tanto quanto la prima.
Limitare gli armamenti è impossibile nello stato aggressivo e industriale a cui è arrivata l’organizzazione sociale. Ogni paese vuole la supremazia e difende aggressivamente il suo imperialismo contro l’imperialismo vicino. E l’industria degli armamenti è la Machiavellica Associazione Anonima che governa il mondo moderno.
Il disarmo totale è ancora più utopico. Bisognerebbe prima disarmare gli spiriti. E l’Umanità non è composta di tanti Cristo o di tanti Gandhi. Sarebbe necessario che tutti i popoli si trasformassero in popoli di apostoli. […] Ci vorrebbe un intero popolo di apostoli all’altezza di Gandhi.
[…] Ciò significa semplicemente che è arrivato il momento decisivo di fare una scelta in accordo con i sogni del fraternismo (2), della solidarietà umana e della non violenza che da anni indichiamo come ideali, noi, avanguardie e costruttori dell’avvenire.
Quanto a me, mi rifiuto di contribuire alla carneficina civilizzata della prossima guerra scientifica.
Mi rifiuto di arruolarmi o di presentarmi alla chiamata della mobilitazione generale.
Mi rifiuto di cooperare in qualsiasi modo all’esercito che stermina la vita umana e disprezza la libertà individuale.
Fin d’ora mi considero arruolata al fianco di quelli che saranno sacrificati volontariamente alla furia nazionalista.
Preferisco morire anziché uccidere. E preferisco morire anziché collaborare alla follia militarista e patriottica che distrugge la vita e avvilisce la dignità individuale.
Aspetto il giorno, molto vicino, in cui il mondo intero, sconvolto da una guerra di sterminio, decida di fucilare in massa gli obiettori di coscienza ai quattro angoli della terra. E, sfidando la brutalità collettiva, invece di aspettare che vengano a prendermi per la mobilitazione, sarò io a presentarmi volontariamente per essere fucilata all’istante, risparmiando a me stessa l’angoscia di vedere la dissennatezza del diritto della forza, tra bandiere e archi di trionfo, tripudiare sopra la coscienza umana illuminata da un Cristo e nobilitata da un Gandhi.

Maria Lacerda

Caramelle, sorrisi e promesse

E che le donne non si lamentino: questa mobilitazione è opera loro. È il risultato del loro ardore patriottico a servizio dei governi o dei partiti politici. È la loro incoscienza amorevolmente coltivata dalla passività mentale. È il loro servilismo, l’abitudine a ripetere la parola d’ordine della civiltà unisessuale. Sono le donne che, eleganti, ieri e oggi, riempiono le sale degli ospedali della Croce Rossa, portando ai guerrieri «conforto» morale, caramelle, sorrisi e promesse.
Sono loro che si offrono alle officine militari, agli arsenali, alle fabbriche di munizioni, e che lanciano fiori ai soldati che, in massa, passano stipati nei vagoni come carne da macello. Sono loro che, divinizzate dal Patriottismo e dalla Religione, distribuiscono nelle stazioni sorrisi, bibite, dolci e sigarette, eccitando gli uomini al massacro dei loro fratelli. Sono loro che aiutano il clero a far arrivare carne da cannone, con ardore patriottico, in nome di quel Cristo mite e dolce di cuore (3). E che domani, quando sarà «legalizzata» e dichiarata la mobilitazione femminile, non si lamentino o non vengano a dire, come gli uomini di oggi, sia civili che militari, che «sono obbligati» e che vanno a «svolgere un dovere».
Patriote o passivamente rassegnate – sono complici degli uomini in questo delirio tragico di gigantismo militare.
Compiere un dovere! Compiere il dovere di uccidere! Ma non ripugna alla coscienza l’idea di assassinare o mutilare o cose del genere? Non ripugna la distruzione di tutti gli sforzi millenari del genere umano? E come si può accordare una coscienza all’idea di uccidere il prossimo? Chi mi potrà convincere che devo uccidere qualcuno? Quale forza umana può armare il mio braccio affinché io tolga la vita a mio fratello? Chi ha il diritto di imporre alla mia coscienza il dovere di prendere le armi, di fabbricare armi o di contribuire al massacro di una guerra?
Questo dovere è una vigliaccheria collettiva. È la bestialità umana.
Il mio dovere, il dovere che la mia coscienza mi impone è il dovere di lasciarmi uccidere, prima che mi obblighino, per una convenzione idiota e utile ai potenti, ad armarmi per il massacro dei miei fratelli.
In nessun modo contribuirò, con il mio impegno, a questa odiosa carneficina – in nome degli idoli della legge, della patria o della civiltà.
Avrò il coraggio eroico di astenermi, di resistere, di sfidare.
Faccio mie le parole di Einstein, il maggior scienziato vivente: «Io rifiuterei qualsiasi opera di guerra, diretta o indiretta, e cercherei di convincere i miei amici ad adottare lo stesso comportamento, e questo indipendentemente da ogni opinione critica sulle cause delle guerre» (4). E inoltre: «Sono pacifista assoluto. Sono disposto a essere additato come oppositore o disfattista, senza eccezione alcuna quando si tratti di guerra e di metodi violenti. Questa attitudine non è basata solamente su una teoria scientifica, ma anche sull’avversione e sul disgusto profondo verso l’odio e la crudeltà» (5).
Il progetto di Paul Boncour in Francia, come la mobilitazione della donna russa, polacca, inglese, americana o fascista italiana, costituiscono disgraziatamente l’inizio dell’organizzazione del gigantismo militare della tecnica moderna per il massacro scientifico. Sarà il suicidio collettivo.
È finita la pace nel mondo. Disertiamo. Non veniamo a patti con questi crimini abominevoli. In questo caso, essere fucilati equivale alla liberazione. Socrate e Cristo hanno preferito questa strada.
Sarà la nostra, se sarà necessario.
La scienza ha ucciso la coscienza. O il massacro umano che nelle guerre scientifiche causerà, grazie alla tecnica moderna, l’estinzione della specie, con la morte o con un processo di degenerazione; oppure la salvezza grazie alla non violenza eroica, nella suprema resistenza alla perversione organizzata legalmente dalle classi medie dei banditi o dei vampiri sociali.
O Gandhi e Einstein, o tanks, gas, sottomarini, aerei, raggi della morte e razzi manovrati dall’epilessia della forza e del potere.
O la bontà evangelica di Gandhi e la saggezza di Einstein, o il regno dell’industria pesante di armi e munizioni degli sciacalli che accumulano fortune sul lutto, sul martirio e sul sangue.
O la violenza armata e il massacro di tutto il genere umano, o la non violenza, il sorgere di una nuova alba che porta al risveglio della ragione, e l’albeggiare della coscienza che in nome del fraternismo apre nuovi sentieri alla ricerca del pane e del benessere per tutti.
Sfidando la bestialità disumana, io mi schiero al fianco dell’«Internazionale dei Resistenti alla Guerra», per l’azione diretta della non collaborazione con il massacro cannibalesco che la società civilizzata ha preparato per i nostri giorni. E mi colloco, da sola, senza nessun impegno di associazione, insieme ai maggiori esponenti del pensiero contemporaneo […].
Tutti i governi, in modo cosciente o incosciente, sono complici dei cannibali civilizzati, fautori di guerre. Le Nazioni non rappresentano niente e non sono grandi né si elevano grazie alle infernali strategie dei loro generali, ma illuminano il mondo con il genio umano dei loro pensatori e artisti.
Uniamo le mani e i cuori, uomini e donne di tutte le razze, di tutti i credi, esseri coscienti di tutto il mondo, contro la ferocia bestiale delle future guerre di sterminio.
Proclamiamo la nostra umanità: per le leggi di natura non ci sono né patrie né frontiere.
Tutti gli umani sono, come Socrate, cittadini dell’universo.
L’Internazionale del Pensiero deve eliminare la vergogna barbara dell’Internazionale degli armamenti.

Maria Lacerda

Note

  1. In italiano nell’originale. NdT.
  2. Termine coniato da M. Lacerda, che denuncia l’ipocrisia insita nel termine «fratellanza». NdT.
  3. «Ora, donna di Baurù, io vengo a prendere i tuoi figli, i tuoi mariti, i tuoi fidanzati, i tuoi nipoti, i tuoi generi…» (dal «brillante» discorso di Sua Eminenza Duarte Costa, vescovo di Botucatú, il 25 agosto a Baurù, organizzando il Battaglione Diocesano di Cacciatori).
  4. Intervista al quotidiano di Praga Warheit (Verità).
  5. Intervista concessa a pacifisti americani.


Contro la guerra, concretamente

Abbiamo consegnato una terza sottoscrizione ad Emergency, in sostegno dell’ospedale di Goderich, in Sierra Leone.

Lo scorso 3 gennaio abbiamo effettuato un bonifico bancario di 378,55 euro, pari al 50% dell'utile ricavato nel primo semestre 2005 dalla vendita del nostro Dvd Fabrizio De André: ma la divisa di un altro colore. Considerando anche i nostri precedenti tre versamenti di complessivi 7.453,00, finora abbiamo consegnato ad Emergency 7.831,55 euro, specificamente destinati al Centro Chirurgico di Goderich, in Sierra Leone.

Nei primi due anni e mezzo di vita del Dvd (uscito a fine giugno 2003), infatti, abbiamo venduto circa 7.000 Dvd (sui 10.000 prodotti), incassando 98.354,25 euro e spendendone 82.691,14. L'utile è stato, al 31 dicembre 2005, di 15.663,10 euro, che – suddiviso a metà tra noi ed Emergency – corrisponde appunto a 7.831,55 euro per il Centro chirurgico di Goderich e altrettanti che sono entrati nelle nostre casse.

Ricordiamo che un ulteriore utile Emergency ha ricavato (e ricaverà) dalla vendita del Dvd sui propri banchetti, grazie al prezzo "speciale" tra noi concordato proprio per le copie vendute direttamente da Emergency. Nel frattempo continua il nostro comune impegno nella vendita del Dvd e all'inizio del prossimo luglio, secondo i nostri accordi, provvederemo a un nuovo versamento.

Ciò è stato possibile anche per la disponibilità e l'entusiasmo dei tanti che ci hanno dato una mano nella realizzazione del Dvd e che ci piace ricordare ancora una volta (in ordine alfabetico): Ketty Agnesani, Eleonora Alborghetti, Associazione culturale "Paolo Maggini", Beppe Andreetto, Iride Baldo, Patrizio Biagi, Bruno Bigoni, Lorena Borghi, Gloria Busi, Mariano Brustio, Rafaela Brusia, Massimo Caroldi, Elisabetta Casali, Ilaria Casali, Cristina Capelli, Giorgio Cordini, Lella Costa, Elisa Cremonesi, Antonio D'Errico, Edoardo De Angelis, laia De Capitani, Michela Di Buono, Mai Esteve, Libera Failla, Federazione Anarchica Milanese, Dori Ghezzi, Minnie Ferrara, Fondazione Fabrizio De André, Guido Harari, Reinhold "Denny" Kohl, Juri Lanzini, Letizia Luzzardi, Sabrina Marini, Piero Milesi, Massimo Ortalli, Moni Ovadia, Mauro Pagani, Marco Pandin, Franco Pasello, Carla Pisoni, Lara Prati, Margherita Quadri, Dario Sabbadini, Fabio Santin, Teresa Sarti, Clara Sforza, Margherita Sforza, Ilaria Tognazzi, Viviana Tognazzi, Alex Steiner, Gianni Tassio, Erika Tomasotti, Rossana Tonoli, Maria Torri, Cristina Valenti, Patrizia Waechter, Anna Ziliani, Tommaso Ziliani.
E scusateci se abbiamo scordato qualcuno.

Un grazie anche a tutti coloro che ci hanno dato e ci danno una mano nella distribuzione del Dvd (e degli altri nostri "prodotti" legati a Fabrizio). Siamo davvero in tanti a ritrovarci coinvolti in questo bel progetto di solidarietà concreta contro la guerra e in sostegno delle sue vittime, a testimonianza dell'attualità della poesia e dell'impegno civile di Fabrizio, dell'opera umanitaria ed esplicitamente antimilitarista di Emergency e della storia e della volontà di noi anarchici.