Rivista Anarchica Online



a cura di Marco Pandin

 

Mercantinfiera

Il lavoro tutt’attorno a “Mille papaveri rossi” mi ha permesso di prendere contatti con numerosi musicisti e gruppi impegnati a cantare e suonare le canzoni di Faber. Alcuni già li avevo sentiti, di altri avevo sentito dire.
C’erano anche vecchi amici, ma in grande parte sono nuove conoscenze tutte da scoprire.
Tra quelli che mi hanno sorpreso per la vitalità e il sorriso con cui sanno rivestire le canzoni, i Mercantinfiera mi hanno lasciato addosso una bella voglia di ascoltare e riascoltare. Non li conosco se non per posta, ma so che stanno insieme da tanti anni e che suonano volentieri per beneficenza e nelle scuole, cosa che mi sembra ottima e condivisibile, oltre che ricca di significati.
A “occhio”, dalle piccole foto di copertina nei cd, mi sembrano tutti giovani, mentre a “orecchio” mi sembrano tecnicamente tutti assai dotati: chitarra e violino s’inseguono veloci e leggere come farfalle innamorate, senza impantanarsi in virtuosismi inutili. Lo stesso il flauto, bell’acquisto recente della formazione. La sezione ritmica dimostra buon gusto ed equilibrio pur se risulta poco appariscente perchè un po’ penalizzata nel missaggio finale, ed è curioso e assai personale l’apporto del tastierista, esplicitamente innamorato di quelle sonorità tipiche dell’alba sintetica/prog degli anni Settanta (a volte certe sezioni sembrano strappate ai vecchi dischi della PFM ...e nelle mie intenzioni questo vuol essere un complimento).

Mercantinfiera

Difficile poi non restare colpiti dalla voce di Giancarlo Andreetto, che corre via veloce e lontana senza cadere in trappole imitative e che contribuisce non poco a tenere alto il livello complessivo di queste versioni.
Due i cd, entrambi autoprodotti, pubblicati sinora dal gruppo veronese: In tu rimenta registrato dal vivo nell’estate del 2001 e che sa ben rendere l’emozione del concerto, e il più recente Minuscoli frammenti, organizzato in maniera più ragionata sì ma senza esagerare.
Il cd dal vivo ha un non so che di speciale: è profondamente umano e spontaneo, innanzitutto. Si avverte chiaramente l’emozione di questi ragazzi mescolata alla tensione, il nodo alla gola che si allenta pian piano liberando un singhiozzo di gioia mano a mano che si sgrana il rosario delle canzoni, gioia che esplode letteralmente nella liberatoria e conclusiva Il pescatore.
Ecco: dimostrano d’essere bravi e capaci senza strafare, sanno essere semplici senza essere banali.
I Mercantinfiera li ho mancati dal vivo un paio di volte e per un soffio (alcuni miei compagni di lavoro, nel raccontarmi i loro concerti, me ne hanno fatto una descrizione entusiasmante e non ho motivi di dubitarne), e spero di potermi rifare presto perché sento d’essermi perso qualcosa.
Nel frattempo, come dicevo all’inizio, mi "accontento" di questi bei cd che continuo ad ascoltare e riascoltare.

Mercantinfiera

Contatti: mercantinfiera@libero.it. A segnalazione già scritta, gironzolando per il web, sono inciampato per caso nel loro sito www.mercantinfiera.net che offre, tra l’altro, l’ascolto di alcuni brevi scampoli.

Carlo Ghirardato

Senza dubbio da segnalare anche un lavoro delicato e piuttosto fragile: si tratta del cd di Carlo Ghirardato, cantante e chitarrista romano dalla voce assai particolare, interprete di Fabrizio De André e mosso in questa attività solo da amore sconfinato.
Il suo cd Ora che il cielo ai bordi le ha scolpite, autoprodotto, raccoglie un’ora scarsa di versioni assai ben eseguite che hanno il solo difetto (...o il pregio, a seconda dei punti di vista) di accendere più la nostalgia che la voglia di cantare.
Carlo si pone controcorrente rispetto alla grande parte dei singoli e gruppi che ripropongono le canzoni di Faber, tutti con rispetto profondo sì ma misto a sincero divertimento, scegliendo di muoversi nelle zone più introspettive del songbook di Fabrizio, scegliendo quelle più struggenti e intime, accarezzando appena le ombre tra le pieghe dei testi quasi fosse timoroso di aggiungere un pizzico della propria personalità.
Nonostante alcune discutibili scelte d’arrangiamento (in Carlo Martello stride il contrasto tra la duttilità delle parti vocali e certi suoni sintetici tremendamente artificiali, in Rimini il rallentamento del metronomo fa inceppare il testo), l’album ha molto da offrire e richiede una certa attenzione per potersi svelare, ricco com’è di cesellature impossibili da intercettare a un ascolto superficiale.
Richieste via e-mail a info@carloghirardato.com, segnalo che il sito web www.carloghirardato.com indicato sulla copertina del cd è al momento in cui scrivo spoglio d’ogni informazione.

Marco Pandin
stella_nera@tin.it

 

Musica a cui voler bene

Questo mese un bel po’ di segnalazioni, per cui bando ai preamboli.

Da Pian Fum… all’Orizzonte è un CD masterizzato autonomamente da Art, un musicista non a tempo pieno che, sfruttando le sue doti di tastierista e la sua passione per Bach, utilizza in modo creativo computer e music software. Il lavoro sta nel solco di certa new age (ma non tanto quella pulita, perbene, e noiosa) e l’idea di mescolare classica e popular music, prog come si diceva una volta. L’operazione è fatta con molto amore e dedizione e quindi l’ascolto è piacevole, a tratti commovente. Ludovico Einaudi o Philip Glass potrebbero esserne i padrini; quindi se è questo che cercate, uno sguardo dall’alto di vette innevate, come suggerisce la grafica, scrivete ad Art, come Artista ma soprattutto come Arturo.

L’aria triste che amavi tanto CD pubblicato da Mescal. Contiene il sonoro dello spettacolo teatrale omonimo prodotto da Assemblea Teatro (di Torino) sulle canzoni e la vita di Luigi Tenco. A parte alcune letture che illuminano il percorso umano e politico del nostro autore poeticamente più notevole, qui ci sono le sue canzoni, cantate benissimo da Edo Cerea e il suo gruppo. Di lui ne abbiamo già parlato qualche mese fa per il suo CD Come se fosse normale (testi di Marco Peroni, autore del bellissimo libro e CD proprio su Tenco, edizioni Ricordi e che è stato l’ispiratore di questo reading-musicale dell’Assemblea Teatro). Di Tenco molto si è detto e scritto ma ascoltatelo, c’è una Italia nuova, la gioventù, una visione mai fredda ma profonda e “blues” della vita. C’è la rabbia e una fantastica “facilità” compositiva, come nessuno dopo di lui. www.assembleateatro.com.

Due album da Londra, meglio da Jonson Family, una label indipendente di cui ho scritto in lungo e in largo. L’attitudine e le proposte di questa etichetta sono spesso, per non dire sempre, meritevoli di una mail, lettera, telefonata oltre Manica per ascoltare cosa bolle in pentola. We lowered a microphone…, primo CD (dopo vari singoli e compilation) per Reigns, un duo di fratelli veramente “fuori”. Ogni loro lavoro è un oggetto sonoro a se stante; questo è una sorta di fantastico viaggio al centro della Terra (nel senso letterale) che lascia assolutamente spiazzati: potrebbe essere ambient oppure prog oppure elettronica. Ma dopo un po’, salutarmente, mandi a stendere steccati e critica seriosa e ti fai prendere da questo viaggio sonoro, variegato e coinvolgente. Bravi; matti da legare ma bravi. Altra uscita Jonson Family, e questa è proprio da non perdere, Hey Colossus, II, in marmorei numeri romani. Qui c’è l’estremismo rock che piace al sottoscritto: un perfetto misto, tra geometrie rigidissime e granitiche (Monster Magnet, Helmet, Melvins, Sabbath) e psichedelia sonica che ti porta via, vicina a certa California, vedi Sister Double Happiness, derivazioni Black Flag e rock da ipnosi stile Can. Ancora un CD che vostra moglie o vostro marito vi proibirà di ascoltare mentre i bambini dormono. Dunque consigliato. www.jonsonfamily.com.

Ogni stagione quella fucina di talenti e energia musicale che è Torino (sono un po’ partigiano, d’accordo) produce “il” gruppo di cui si parla, che riempie ogni locale, sera dopo sera, che passa di bocca in bocca, giovani e studenti in particolare. E questa va da se, sono costoro che escono e spendono di più; alla mia età, dopo un paio di brani, si va al bancone per una grappa o due e poi a nanna, spesso scuotendo la testa. Ma “I Los Tres” si godono fino in fondo, soprattutto se si ha una familiarità indurita sul classico rock’n’roll, sul country folk USA e le sue varianti swing, jazz, morriconiane. Il fatto è che questi qua sono solo in 3 e usano 2 acustiche e un cajon, ovvero una scatola di legno sulla quale ci si siede e percuote allo stesso tempo. Congiu, Robbo e Vito Miccolis sono i soliti noti, davvero fondamentali protagonisti del rock bastardo torinese. Folk and Roll Trio primo mini CD (che contiene anche Fascismo, brano a la Rino Gaetano che crea quel giusto spessore) è suonato benissimo, è allegro e filologico allo stesso tempo. lostres@fastwebnet.it.

Alla prossima, buona estate.

Stefano Giaccone