Rivista Anarchica Online


conflittualità

Il politico e il sociale
di Cosimo Scarinzi

 

Per un’opposizione radicale che, aldilà dell’area libertaria, guardi alla sinistra sociale.


Torino Corso Marconi

Nell’arco di 100 metri, un manifesto di Alleanza Nazionale riporta il volto pacioso di un candidato che promette “fatti”. Anni addietro avremmo immaginato scontri di piazza e molotov, oggi è evidente che si riferisce al vigore amministrativo.
Da un manifesto della Margherita un candidato, sempre con la propria immagine in bella vista, garantisce che continuerà a difendere i consumatori se sarà eletto e dichiara la sua appartenenza, appunto, ad un’associazione di consumatori.
Da un manifesto di Forza Italia campeggia una signora che loda il taglio, immaginario, delle tasse e ci assicura che “siamo sulla strada giusta” indifferente al fatto che la riduzione della tassazione diretta, che beneficia solo i redditi medio alti, si accompagna ad una raffica di tasse indirette di portata maggiore rispetto a quanto il governo ha concesso.
Un cartellone dei DS, quello fatto meglio, si impegna a far sì che nessuno resti solo e mostra una giovane signora con in spalla un grazioso bambino diversamente abile. Un inno ai buoni sentimenti.
L’unico manifesto politicamente netto è quello della Lega Nord in difesa dei prodotti e del lavoro, non specifica se italiani o padani, contro la concorrenza sleale dei prodotti cinesi. È evidente che la Lega cerca di occupare lo spazio lasciato libero dalla svolta governativa e liberale di Alleanza Nazionale e di conquistare consensi popolari.
Sintetizzando, la politica parlamentare diventa quello che è sempre stata: un supermercato dove si possono acquistare, apparentemente a basso prezzo, prodotti equivalenti fra loro. Non si propagandano programmi ma slogan o, per usare il linguaggio oggi di moda, loghi.


IIS Ubertini di Chivasso Assemblea sindacale

Al termine di un’assemblea molto vivace e partecipata sulla riforma della scuola secondaria superiore, mentre colleghe e colleghi discutono sulle forme di lotta da mettere in atto per difendere la scuola pubblica e l’organico, interviene un insegnante iscritto alla UIL, eccitante come la camomilla, che fa rilevare che l’occupazione delle scuole, lo sciopero del biglietto, i blocchi ferroviari, ecc. possono essere pericolosi e metterci dalla parte del torto, e che a breve avremo l’occasione di punire il governo per le sue malvagie imprese, votando per l’opposizione.
Gli facciamo cortesemente notare che un’assemblea sindacale non è il luogo più adatto per un comizio elettorale e che è noto a tutti, in primo luogo che l’attuale riforma non è che una prosecuzione e un aggravamento della politica scolastica del centro-sinistra e, in secondo luogo, che un eventuale governo di sinistra che succedesse all’attuale sarebbe, in mancanza di un forte movimento dei lavoratori e degli studenti, tentato di dare per scontato ed irreversibile quanto fatto dal governo attuale per quanto riguarda la scuola e non solo.
Con mio piacere la gran parte dei colleghi comprende ampiamente queste argomentazioni che vengono riprese e sviluppate, direttamente da alcuni colleghi, il giorno seguente in un’assemblea sugli stessi argomenti all’IIS Bodoni-Paravia di Torino.
Appare evidente ai lavoratori più consapevoli delle questioni oggi all’ordine del giorno che la fase elettorale, anche ammesso costringa i partiti parlamentari a mostrarsi disponibili alle pressioni sociali, rischia di essere un freno a forme di azione efficaci.
Due mi sembrano gli elementi che è possibile cogliere:

  • la politica con la P maiuscola, nonostante le contorsioni che ci ammannisce il circo equestre elettorale, subisce un depotenziamento che sembra irreversibile. È un comune sentire che i partiti parlamentari tendono all’equivalenza se si ragiona sulle questioni di merito;
  • vi è, al contrario, un forte interesse alle questioni che le persone vivono e queste questioni, per quanto specifiche e limitate, appaiono, nel senso più alto del termine, come politiche.
Basta, a questo proposito, pensare alla mobilitazione dei ferrovieri e dei pendolari che si va sviluppando in questi giorni.
Le modalità dello sciopero, indetto dopo la strage di Crevalcore il 16 e 17 gennaio, sono, da questo punto di vista, assolutamente indicative.
Un’assemblea autoconvocata, al di là delle appartenenze sindacali, è stata velocemente organizzata ed ha avuto sia la forza di indire uno sciopero che la sapienza tattica, l’indizione ad opera di un gruppo di Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza su un tema di rilevanza tale da impedire l’applicazione della legislazione attuale, di trovare le forme per aggirare la normativa antisciopero.
Nulla di meno spontaneo se con questa parola si vuol dire irriflesso, nulla di più spontaneo se per spontaneo si indica la capacità di produrre nuove pratiche e nuove identità.
Il fragoroso silenzio dei sindacati istituzionali – solo la CUB ed il SULT hanno indetto lo sciopero oltre agli RLS – ne conferma il rapporto di complicità e di subordinazione rispetto all’azienda che ne garantisce potere e privilegi e, soprattutto, dimostra l’impotenza della burocrazia quando un movimento reale si sviluppa fra i subalterni.
Lo stesso universo dei pendolari, che vede sue forme di interessante organizzazione a livello locale, siti, mailing list, comitati, è un esempio di tessuto sociale, per certi versi, tradizionale e capace, d’altro canto, di rovesciare la condizione di stress al quale è sottoposto in conflitto aperto ed, in una qualche misura, vincente.
I pendolari, a differenza della massa indifferenziata degli automobilisti, consegnati alla loro situazione individuale ed all’isterismo, costituiscono, infatti, un universo ricco di relazioni sociali. Sui treni nascono amicizie, amori, dialoghi. Chiunque abbia condotto questa vita sa bene che le persone costrette a prendere per anni un certo treno, finiscono per occupare sempre lo stesso posto, se posto c’è, per intavolare discorsi, per giocare a carte, per porre in relazione vissuto quotidiano e lavoro.
I pendolari, come i ferrovieri, pagano di persona il degrado del trasporto ferroviario, sono un esempio di come l’Innovazione – chi non ricorda con fastidio lo slogan “Trenitalia lavora per voi” – si rovesci sugli strati più deboli attraverso l’aumento dei prezzi, l’inefficienza, l’abbandono.
Lo scarto fra ideologia mercantile, quell’ideologia per la quale non siamo più cittadini ma clienti, e vissuto quotidiano viene collettivamente percepito e vissuto dai pendolari. Non sono più cittadini che hanno diritto ad un servizio pubblico e, come clienti, sono trattati come una zavorra da sacrificare alle ferrovie nuovo modello, appunto, dell’alta velocità e dell’alta capacità.
Da ciò i blocchi delle linee ferroviarie, lo sciopero del biglietto, la “disponibilità” delle regioni coinvolte e di Trenitalia a “venire” incontro alle rivendicazioni più immediate.
Da ciò, soprattutto, la presa d’atto che la questione dei trasporti è una questione politica e sociale centrale. Solo l’azione diretta e collettiva trasforma il disagio generico, la lamentela, l’astio in politica, in scontro fra soggetti collettivi, in occasione di ragionare collettivamente sulle regole del gioco che, volenti o nolenti, giochiamo.

Ancora una volta il politico e il sociale

Immediatamente dopo lo sciopero delle ferrovie è avvenuto che in Puglia le primarie della sinistra premiassero, a sorpresa o, almeno, così pare, il candidato del PRC Vendola.
Come è facile immaginare, a mio avviso l’introduzione nel sistema politico italiano delle primarie non fa che accentuarne il carattere mercantile ma non è questo il punto che mi interessa trattare.
Di colpo i media di destra e di sinistra si sono dedicati all’evento. Un omosessuale comunista ha battuto un moderato presumibilmente eterosessuale. La destra si è affrettata a dichiarare che il centrosinistra è ostaggio del PRC, il gruppo dirigente del PRC ha visto nella vittoria di Vendola la prova della giustezza del percorso “unitario” intrapreso e l’occasione per mettere ai margini gli oppositori interni riottosi sulla via dell’unità a sinistra, i DS hanno manifestato qualche, comprensibile, mal di pancia per la sconfitta del loro candidato.
Tutte questioni, per molti, interessanti. A scanso di equivoci, ammetto che Niki Vendola non mi sta antipatico.
Detto ciò, tutte questioni che giacciono su di un piano che poco ha a che vedere con lo scontro fra le classi ammesso che in qualche modo possa essere posto in relazione con la questione sociale. La stessa attenzione, un po’ morbosa, per le preferenze sessuali di Niki Vendola è, per molti versi fuorviante, visto che non mi risulta che la Puglia sia il regno di una stupida omofobia e che lo stesso Vendola ha diritto a vedersi riconosciuta un’identità politica generale che non si risolve nelle sue scelte personali di vita.
Quello che mi ha colpito, non troppo ma mi ha colpito, è il fatto che la sinistra statalista sembra aver dimenticato lo scontro in atto nelle ferrovie, per poi tornarvi in occasione dei blocchi delle linee e dello sciopero del biglietto, per concentrarsi sullo scenario elettorale.
Una riprova dell’indebolirsi delle sue radici sociali e del suo concentrarsi nello scontro interno al ceto politico e, soprattutto, una riprova dell’impraticabilità di ogni forma di “parlamentarismo rivoluzionario”.
Dal nostro punto di vista, mi pare evidente che quanto sta avvenendo dimostra che vi è uno spazio enorme per una sinistra sociale che non è la stessa cosa dell’area libertaria ma che può aprire spazi interessanti se avremo la forza e la capacità di praticare il terreno che ci viene lasciato.
Credo, in altri termini, che ogni discorso sull’autorganizzazione, sulla separatezza rispetto alla politica istituzionale, sull’indipendenza degli interessi di classi trovi la sua verità pratica nella capacità delle compagne e dei compagni di cogliere gli elementi di critica generale dell’esistente che, con mille limiti e difficoltà, vanno sviluppandosi.
Su quest’ordine di questioni vi è molto da scavare e da costruire, senza timidezze e senza presunzione.

Cosimo Scarinzi