Rivista Anarchica Online


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Pa Kin compie cent’anni
di Jean-Jacques Gandini

 

Una biografia del grande scrittore che tradusse in cinese le opere di Kropotkin.

 

Nato nel 1904 da una famiglia di proprietari terrieri dello Szechuan, una provincia della Cina occidentale, Li Pei Kan, che poi si farà conoscere con lo pseudonimo di Pa Kin (Pa Chin o Ba Jin, secondo la traslitterazione), ha attraversato il secolo più convulso della storia cinese, avendo assistito in sequenza alla fine dell’impero manciù, alla prima repubblica, alle scorrerie dei signori della guerra, al regime nazionalista di Chiang Kaishek, all’invasione giapponese, alla guerra civile e infine all’avvento della Repubblica Popolare nel 1949, insanguinata nel 1989 dalla tragedia di piazza Tienanmen, nel corso della quale l’Esercito Popolare ha sparato addosso al popolo.
Aveva trascorso i primi diciannove anni della propria esistenza a Chengdu, la capitale dello Szechuan, nella grande dimora che ospitava i cinquanta membri della famiglia Li, padre, zii, mogli e concubine, cugini e cugine, e quarantacinque servitori, governata in modo autocratico e patriarcale dal nonno. Persi i genitori a dodici anni, ebbe un’adolescenza infelice e solitaria sotto quello che egli stesso definì un regime dispotico nella sua trilogia “Torrente”: Famiglia (il suo romanzo più famoso), Primavera e Autunno.

Pa Kin

Giovanissimo ed entusiasta delle idee che venivano dall’Occidente, aveva aderito al Movimento per una Nuova Cultura, che rifiutava il confucianesimo a favore della diffusione delle idee illuministe, la cui nascita si vuole datare nel 1915 e che culminerà con il Movimento del 4 Maggio 1919, con una serie di scioperi e di azioni di boicottaggio, in una rivoluzione sociale e intellettuale che avrebbe cambiato profondamente il volto della Cina moderna.
Per il giovane si riveleranno fondamentali gli articoli di Emma Goldman sull’anarchia, un’opera teatrale intitolata All’alba, che metteva in scena la vita dei terroristi rivoluzionari russi prima della rivoluzione del 1905 e, soprattutto, Ai giovani di Pëtr Kropotkin, che ricorderà con queste parole: «Non m’immaginavo che potesse esistere un libro del genere. Era esattamente il mio pensiero, ma espresso con una nettezza, una precisione di cui io ero affatto incapace. Quelle idee forti e stimolanti, quello stile pieno di calore infiammarono il cuore di quel ragazzo quindicenne che io ero.»

Contro i signori della guerra

La tappa successiva fu quindi, secondo logica, quella che lo spinse a mettere in pratica le sue idee, aderendo nel 1919 a un gruppo anarchico locale, «La Società dell’Equità», partecipando alle manifestazioni studentesche contro i signori della guerra del posto e distribuendo volantini e stampati rivoluzionari. I membri del gruppo erano legati da un’amicizia profonda e questo sentimento avrà un ruolo importante nella sua vita e sarà esaltato nei suoi romanzi.
Nel 1923, dopo una lotta energica, la famiglia accondiscese a mandarlo a studiare a Nanchino e poi a Shanghai. Era molto dotato per lo studio delle lingue straniere, soprattutto dell’inglese, del francese e del russo, e divenne un adepto dell’esperanto, lingua sintetica allora molto in voga negli ambienti anarchici.
La sua prima opera importante di scrittura fu la redazione di un opuscolo intitolato La tragedia di Chicago, che raccontava quanto era accaduto il 3 maggio 1886 a Haymarket, e la successiva condanna a morte di cinque militanti anarchici, figure di primo piano del movimento operaio dell’epoca, incriminati con prove del tutto false.
Gli anni 1925 e 1926 segnano una fase di grande effervescenza per il movimento rivoluzionario cinese, fase che culminerà nell’aprile 1927 con lo sciopero generale di Shanghai, promosso dal partito comunista e represso nel sangue dopo il voltafaccia di Chiang Kaishek, il capo del Kuomintang, il partito nazionalista fino a quel momento alleato dei comunisti. Nel contesto della doppia appartenenza anche Mao Zedong, a un certo momento, fece parte del comitato centrale del Kuomintang.
Stretti tra l’incudine e il martello, gli anarchici erano emarginati ma si rifiutarono di scegliere tra comunisti e nazionalisti. Fu allora che Pa Kin decise di andare a studiare in Francia. Nel biennio 1927-28 vivrà a Parigi e nella cittadina di Château-Thierry, sulla Marna, con brevi intervalli a Londra. Questi soggiorni in Europa erano abbastanza normali in quell’epoca e altri studenti, che sarebbero diventati i capi della Cina trent’anni dopo, come Chou Enlai e Deng Hsiaoping, l’avevano preceduto nel contesto del Movimento Studio-Lavoro avviato dal gruppo parigino di anarchici cinesi nel 1916. Si trattava di offrire agli studenti la possibilità di andare in Francia e di restarvi il tempo necessario per completare gli studi grazie al lavoro procurato sul posto. Per maggiori particolari sul tema, rimando al mio saggio Aux sources de la révolution chinoise: les anarchistes, Atelier de Création Libertaire, 1986.
Per parte sua, Pa Kin lascia la Cina per “andare verso Occidente alla ricerca della verità”, come ebbe a spiegare in un’intervista a “Le Monde” (18 maggio 1979), in occasione della sua visita ufficiale a Parigi, cinquant’anni più tardi, al momento dell’uscita della traduzione francese con le edizioni Flammarion/Eibel del suo maggiore romanzo, Famiglia: «Per questa ragione sono venuto in Francia a mie spese. Certo, partendo il mio obiettivo era in linea di principio quello di studiare economia. Nel corso del primo mese di soggiorno ho studiato anche il francese all’Alliance Française.
Quasi subito, però, sono venuto a sapere che la mia famiglia era rovinata. Siccome non poteva più mandarmi il denaro necessario a pagarmi gli studi, ho dovuto interrompere l’apprendimento della lingua francese. Poi anche la mia salute cominciò a indebolirsi e un medico mi suggerì di prendermi un periodo di riposo. Così mi trasferii a Château-Thierry, in un collegio dove altri giovani cinesi studiavano anche il francese. Laggiù, come a Parigi, ero completamente isolato. A Parigi mi bastava sentir suonare le campane di Notre-Dame per sentirmi solo.
Fu allora, e forse proprio per esprimere quel senso di solitudine, che misi mano alla penna per scrivere un romanzo. Il campanile di Notre-Dame suonava ogni ora così a lungo che non potevo dormire. Così posso proprio dire che ho imparato a scrivere romanzi in Francia, grazie al mio viaggio in Francia.»

Il “maestro” Bartolomeo Vanzetti

Nonostante quella «solitudine» era in contatto con il movimento anarchico, continuava la corrispondenza con Emma Goldman iniziata nel 1924, incontrava a Londra il compagno di lei, Alexander Berkman, uno dei primi a denunciare l’impostura della rivoluzione bolscevica in Russia, partecipava attivamente alla campagna per salvare Sacco e Vanzetti, i due anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti, condannati e uccisi nel 1927 malgrado una mobilitazione mondiale a loro favore mai vista prima. Pa Kin scambiò delle lettere con Bartolomeo Vanzetti e di lui scrisse: «Ho un “maestro”! Mi ha insegnato l’amore e la generosità».
Intanto continuava a collaborare con le riviste anarchiche di Shanghai, traduceva in cinese l’opera fondamentale di Kropotkin, L’Etica (1), pur convincendosi che la letteratura avrebbe potuto essere un’arma non solo per combattere le ingiustizie, ma anche e soprattutto per divulgare l’ideale anarchico molto meglio degli opuscoli e dei volantini.
Il primo romanzo, Distruzione, fu dunque scritto a Parigi, ma solo nel 1995 fu tradotto in francese da Angel Pino e Isabelle Rabut, pubblicato dalle edizioni Bleu de Chine. In quest’opera descrive la vita dei rivoluzionari nella Shanghai degli anni venti.
Amore per gli oppressi, odio per gli oppressori, diritto per chiunque alla felicità, il terrorismo come metodo di lotta rivoluzionaria: queste sono le principali tematiche del romanzo.
Egli personalmente si pronuncia contro l’omicidio politico, perché ritiene che «non esistono altri mezzi per arrivare all’anarchia se non un movimento di massa organizzato». Dimostra però comprensione per i terroristi e addebita all’immobilismo della società cinese la responsabilità dei loro atti disperati. Questa prima opera conosce un successo straordinario, soprattutto tra i giovani cinesi che s’identificano agevolmente con i principali protagonisti. Comincia così la sua carriera di scrittore.
I primi venticinque anni della sua vita si possono intitolare «Il risveglio all’Occidente e all’anarchia»; i venti successivi «Lo scrittore impegnato».

La miseria delle vittime

Rientrato a Shanghai nel 1929, riprende a collaborare con la stampa militante e intanto pubblica la prima raccolta di racconti, tradotta in francese nel 1980 con il titolo Vengeance dalle edizioni Seghers. Sono storie che evidenziano la miseria degli individui vittime dell’ingiustizia sociale, che ci parlano delle tragedie della guerra e di quelle dell’amore. Nel 1931 esce il suo capolavoro, Famiglia, che trattava un argomento di scottante attualità: la lotta per affrancare i giovani e le donne dal vecchio sistema familiare, feudale e patriarcale.
Prendendo lo spunto da vicende in gran parte autobiografiche, sapeva di farsi portavoce di coloro che, come lui, erano sfuggiti dalle «grinfie demoniache del dispotismo familiare [per non essere] sacrificati sull’altare dei riti ancestrali»: matrimoni per costrizione, piedi fasciati, suicidi; tale era la sorte delle vittime di quel sistema.
La rottura e la rivolta, agli occhi di Pa Kin, erano la sola via di scampo possibile per i giovani: «Ciò mi obbliga a impugnare la penna e prendere la parola in nome di coloro che sono morti con il sangue alla bocca e di quelli che moriranno». Seguono altri due romanzi, La nouvelle vie e Brouillard, ma intanto incalzano gli eventi politici.
Nel 1931 il Giappone invade la Manciuria e nel gennaio-febbraio 1932 bombarda Shanghai. Il manoscritto de La nouvelle vie va perso nell’incendio della tipografia. In reazione egli scrive Le Rêve sur la mer, una violenta requisitoria contro l’invasore giapponese e i suoi complici, i membri dell’«alta società» cinese, e un elogio della resistenza offerta dalla gente del popolo e dagli intellettuali rivoluzionari.
Nel 1934 conclude la trilogia “Amour”: Brouillard, Pluie e Eclair, cui aggiunge un racconto intitolato Tonnerre. La trilogia descrive la vita di intellettuali rivoluzionari e del loro lavoro all’interno di organizzazioni di massa. In una successione di avvenimenti drammatici, di dialoghi accesi e di monologhi interiori, si affrontano numerosi temi essenziali: lo scopo della vita umana, le convinzioni politiche, la tattica rivoluzionaria, l’amicizia, la lealtà, l’amore.
Ma nonostante il titolo, l’amore non ha una funzione centrale nello sviluppo dei personaggi. «Più importante è la loro fede» dice l’autore. Come quasi tutte le opere narrative di Pa Kin, «Amore» ha una finalità pedagogica e vuole mostrare ai lettori come vivere e per questo vuole dare loro un modello da emulare. Pa Kin considerava questa trilogia la sua opera migliore. Di diversa opinione, però, erano il pubblico e i critici, la cui preferenza andava all’altra trilogia “Torrente”, che comprende il già citato romanzo Famiglia, oltre a Primavera e Autunno.
In questo stesso periodo dovette prendere posizione nei confronti del conflitto sino-giapponese che si andava inasprendo. Perseguitato dalla polizia del regime nazionalista, nel 1934 era stato costretto all’esilio in Giappone e solo nel luglio 1935 era rientrato in Cina, mentre all’orizzonte si profilava la dichiarazione di guerra ufficiale del Giappone al governo cinese e all’interno era al massimo la tensione tra i nazionalisti di Chiang Kaishek al potere e i comunisti guidati da Mao Zedong che avevano ripreso slancio dopo l’epopea della Lunga Marcia.

Denunciato come sabotatore

Pa Kin si trovava di fronte a un dilemma spinoso: da un lato si era nettamente distinto come un risoluto avversario del regime nazionalista, sempre più corrotto e fascistizzante, per l’altro era il partito comunista che aveva preso la testa del movimento antigiapponese in nome della «difesa della nazione» e aveva costituito, rivolta agli intellettuali rivoluzionari, l’Associazione degli scrittori cinesi, la cui figura di punta era Lu Hsun, il maggiore saggista e romanziere cinese del Novecento, l’autore del celebre romanzo La vera storia di Ah Q e altri racconti, un’allegoria dei difetti del carattere cinese sotto l’influsso della morale e delle istituzioni tradizionali, alle prese con l’assalto dei valori di provenienza occidentale. Poiché Pa Kin si era rifiutato di aderire nel luglio 1935 all’Associazione, fu severamente criticato dai comunisti che considerarono la sua scelta un tentativo di «rompere il fronte unito degli scrittori per la resistenza contro il Giappone».
Denunciato come sabotatore (era l’epoca dei «sabotatori hitlero-trotzkisti» secondo la terminologia in voga a Mosca) si salvò grazie a una vigorosa difesa del diritto di libera scelta di adesione da parte dello stesso Lu Hsun.
Uno dei principali motivi della mancata adesione di Pa Kin era il suo sostegno entusiasta della Rivoluzione spagnola. Il 1936, infatti, si può considerare l’anno di svolta per la messa in pratica delle idee anarchiche. Pa Kin appoggiava la posizione della CNT-FAI e la politica di collettivizzazione in corso soprattutto in Catalogna e in Aragona, rifiutandosi di entrare nel coro comunista che cantava le lodi della «repubblica», la famosa fase di transizione obbligatoria secondo i canoni classici del marxismo-leninismo.
Dopo la dichiarazione di guerra, però, ufficializzata il 7 luglio 1937, in seguito all’«incidente del Ponte Marco Polo» di Pechino, dovette risolversi a sostenere la «guerra contro l’oppressore» quando l’invasione giapponese si estese a tutto il territorio cinese. Entrò dunque nella «Associazione pan-cinese degli artisti e degli scrittori per la Resistenza contro il nemico» e i suoi romanzi di questo periodo hanno come sfondo la guerra cino-giapponese ed esaltano la resistenza contro il nemico. In uno di questi, Feu, descrive la partecipazione dei giovani alla battaglia per la difesa di Shanghai della fine del 1937 e, dopo la ritirata dell’esercito cinese, la resistenza clandestina contro i Giapponesi.
Nel 1945 gli nasce la figlia, Hsiao Lin, e rientra a Shanghai dove traduce le opere complete di Kropotkin. Il 1946 è l’anno della pubblicazione di Gelide notti, il suo miglior romanzo insieme a Famiglia. L’azione si svolge negli ultimi anni del conflitto e i protagonisti, Wang Wen Huan e sua moglie, entrambi poco più che trentenni, sono completamente presi dai propri problemi personali e dalla lotta per sopravvivere.
Come tanti intellettuali in tempo di guerra, essi vivono in un’atmosfera malsana di privazioni. Il loro rapporto non è affatto felice e la madre dell’uomo, molto possessiva, non fa che peggiorare le cose. Alla fine la donna ha il coraggio di uscire dal gorgo che rischia d’inghiottirla e lascia il marito malato, che muore poco dopo la resa giapponese.

Gli anni della guerra civile

Gli anni tra il 1945 e il 1949 sono quelli della guerra civile in Cina. Il Kuomintang al potere si fascistizza sempre di più e davanti alla corruzione dilagante il partito comunista fa la figura di un monumento di integrità e di ascesi, tanto più che gode di un immagine eroica per il suo comportamento nel conflitto con il Giappone. Pa Kin, seppure sempre più isolato sulla scena cinese, resta in contatto con il movimento anarchico internazione, poiché nel marzo del 1949, due mesi dopo la presa di Pechino da parte dei comunisti, continua, firmandosi con il suo vero nome di Li Pei Kan, a corrispondere con la CRIA (vedi box, N.d.R.), la Commissione per le Relazioni Internazionali Anarchiche, con sede a Parigi.
Nell’ottobe 1949 è proclamata la Repubblica Popolare e Pa Kin si avvicina a poco a poco al nuovo potere: Si apre così il terzo periodo della sua vita che copre un lasso di tempo di venticinque anni, che si potrebbe intitolare «Il popolo ha sempre ragione».
Inizialmente il nuovo regime pratica la politica della mano tesa e affida allo scrittore ogni sorta di responsabilità ufficiale nell’ambito della «Associazione degli Scrittori Cinesi» ma anche come deputato all’Assemblea Nazionale Popolare.
Il drammaturgo Cao Yu adatta per il teatro il romanzo Famiglia che sarà messo in scena più volte, mentre si girano film tratti da Famiglia, Autunno e Gelide notti.
Nel 1956 il presidente Mao lancia la campagna dei «Cento fiori» con l’appello: «Che cento fiori sboccino, che cento scuole gareggino». Pa Kin si schiera subito tra i suoi critici, pur guardandosi bene dal mettere in discussione l’egemonia del partito comunista.
L’anno seguente però, Mao attua una nuova stretta: è una doccia fredda per il romanziere che viene criticato per la sua temerità; deve fare un’onorevole ammenda e ammettere gli errori dovuti alla sua origine feudale e borghese. Nello stesso anno 1957 è anche costretto a prendere parte alla campagna di denuncia della «cricca antipartito» degli scrittori Ding Ling, Chen Dixia e Feng Hsuefeng, un fatto che incrina la sua immagine agli occhi dei giovani intellettuali critici.
Nonostante questi cedimenti, resta sempre nel mirino del potere. Le nuove edizioni delle sue opere sono pubblicate solo dopo una minuziosa revisione. Dalle trame deve fare scomparire tutto ciò che potrebbe rivelare l’identità anarchica dei suoi personaggi o semplicemente le loro simpatie per l’anarchia: i titoli dei libri che leggono, i quadri appesi alle pareti delle loro abitazioni, le citazioni di autori anarchici.
Lo confermerà René Etiemble nella prefazione all’edizione francese di Gelide notti, pubblicata da Gallimard nel 1977, ricordando il suo incontro con Pa Kin a Shanghai il 14 giugno 1957: “Gli parlai subito della sua famosa trilogia ‘Torrente’, un affresco fortemente critico della tribù patriarcale, e del film che ne era stato tratto. Il film non gli era piaciuto: i personaggi ne erano usciti falsati e gli effetti lo avevano deluso.
Quando gli chiesi se ci avrebbe dato presto un quarto episodio della saga, questa fu la risposta: ‘Dopo la Liberazione non ho quasi più tempo per lavorare. Ho tradotto i racconti di Oscar Wilde, Herzen, Tolstoj e altri ancora. Poi ci sono le riunioni che s’inghiottono intere giornate. Se tutto va bene, l’idea sarebbe di scrivere l’anno prossimo un quarto volume che ho in mente da tempo ma mai realizzato’.”. Etiemble poi prosegue, ritornando al 1977: «Si deve ritenere che non sia andato tutto per il meglio, perché il quarto volume, per quanto ne so, non è mai stato pubblicato e quella conversazione risale a vent’anni fa».

Protesta contro i burocrati della letteratura

Se l’ispirazione narrativa pare definitivamente logora, egli sfrutta comunque un nuovo periodo di minore pressione per scrivere un discorso dal titolo Coraggio e senso di responsabilità degli scrittori, una veemente protesta contro i burocrati della letteratura e un’esortazione agli scrittori perché dicano la verità e offrano la propria visione della realtà.
Questa presa di posizione non poteva evitare di dare i suoi effetti: all’inizio della Rivoluzione Culturale Pa Kin è attaccato dalle Guardie Rosse e criticato per il suo passato anarchico e per le sue tendenze borghesi.
Dall’ottobre 1966, per ordine dei «Quattro» (la famigerata «Banda dei Quattro» composta da Jang Qing, la moglie di Mao, e dai suoi tre accoliti, Wang Hongwen, Yao Wenyuan e Zhang Chunqiao), è bruscamente epurato subito dopo avere presenziato, come vicecapo della delegazione cinese, ai lavori della Conferenza degli scrittori afroasiatici svoltasi a Pechino in giugno-luglio. Fino al gennaio 1970 è costretto a presentarsi ogni giorno nella sede dell’Associazione degli scrittori di Shanghai, ma non per fare un’attività intellettuale: «Facevo lavoretti manuali, servivo alla mensa, scopavo, sturavo i lavandini e le toilette», come ricorda in un’intervista all’AFP nel 1978.
Nel 1970 ha sessantasei anni. Yao Wenyuan lo definisce «anarchico e antesignano dell’anarchia in Cina». Viene bollato come «culmine dell’accademia reazionaria» il suo capolavoro Famiglia e inserito nella categoria delle «erbe velenose». Nella strada principale di Shanghai compaiono datzebao dal tetto al marciapiede che lo definiscono «traditore della nazione». Pur non essendo fatto oggetto di violenze fisiche, gli viene impedito di ricoverare in ospedale la moglie che muore di cancro nel 1972. È costretto a partecipare a riunioni di «critica e autocritica davanti alle masse», anche in diretta alla televisione.
Ha il divieto di scrivere e per due anni è confinato in campagna, in una «Scuola del 7 maggio», per «ascoltare i contadini», secondo la terminologia ufficiale. Ricorda così quei due anni: «Restavo in piedi, poi mi veniva dato il permesso di sedermi. Quando mi facevano una domanda, mi alzavo. Spesso mi ingiuriavano, ma io mantenevo la calma. Molte accuse erano contrarie alla realtà. Qualche volta mi rifiutavo di accettare la critica e allora mi accusavano di non essere onesto. Ma se l’accusa era giusta, io l’accettavo».
La sua situazione, comunque, dopo un po’ migliora grazie all’intervento del primo ministro Chou Enlai: è trasferito all’ufficio traduzioni dell’Associazione degli scrittori di Shanghai, anche se rimane il divieto di qualsiasi attività sociale.
Traduce dal russo Terre vergini di Turgenev, ma gli è impossibile scrivere qualcosa di suo e resta sotto la continua sorveglianza di un autentico inquisitore: «Un uomo di fiducia della Banda dei Quattro veniva da me spesso, per verificare che non scrivessi storie per smascherarli».
Nel maggio 1977, una volta epurata la stessa Banda dei Quattro dopo la morte di Mao avvenuta nell’ottobre 1976, Pa Kin è ufficialmente riabilitato.

Cultura cinese messa a mal partito

Arriviamo così alla quarta e ultima parte della sua vita, che intitoleremo «La serenità ritrovata».
Volente o nolente ridiventa una figura ufficiale del regime, che cerca di dare di se stesso all’estero un’immagine dai tratti più «liberali», per far dimenticare le innominabili e innumerevoli prepotenze della Rivoluzione Culturale. La cultura cinese, messa a mal partito per anni, ha bisogno di una figura di prestigio e, quel che più conta, riconosciuta tale anche all’estero.
Nel giro di sei anni saranno tradotti e pubblicati in francese quattro dei suoi romanzi, Gelide notti, Il giardino del riposo, Famiglia e Primavera, come quattro raccolte di racconti, Vengeance, Les secrets de Robespierre, L’automne dans le printemps e La pagode de la longévité.
Purtroppo, oltre al fatto che queste opere escono in ordine casuale, senza nessuna logica o coerenza tra loro (otto libri, sette editori e otto traduttori diversi!), Pa Kin è presentato come uno scrittore impegnato al servizio della rivoluzione cinese in versione maoista, la sua adesione all’anarchia passa nel conto profitti e perdite (con l’eccezione delle prefazioni di René Etiemble e di Marie-José Lalitte), tanto più che le traduzioni sono tutte effettuate sui testi delle edizioni cinesi successive al 1958, quelle espurgate.
Gli stessi traduttori non lo nascondono, come dichiarano la signora Alezais e il signor Li Chou-hua per Famiglia: «Per la traduzione di quest’opera pubblicata nel 1931, abbiamo seguito l’ultima edizione uscita a Pechino nel 1977, ma siamo in certi casi ricorsi a edizioni precedenti quando ci sembrava che presentassero variazioni interessanti».
Lo sfondo anarchico non deve essere parso loro una variante interessante, come meglio si capisce quando proseguono così: «Esprimiamo la nostra riconoscenza a Michelle Loi, che ha accettato di rileggere la nostra traduzione e ci ha offerto consigli preziosi».
Ci si può affidare a Michelle Loi per cancellare del tutto qualsiasi riferimento anarchico, dato che costei, filocinese della prima ora, scriveva nel 1974 su «Libération», a proposito dell’uscita del libro di Simon Leys Ombres chinoises (2): «Ma quando si lavora in “Libé” e per “Libé”, come si fa a permettere che si dia voce agli aggressori di tutto ciò che spinge la vera sinistra, la quasi sinistra e la sinistra della destra (sic!) ad ammirare della Cina, accettando la responsabilità di mettere sotto gli occhi del vasto pubblico non informato una caricatura della Rivoluzione Culturale, uno degli avvenimenti della nostra epoca più ricchi di senso per tutti?»
Si può anche notare che sul risguardo di copertina del Giardino del riposo Pa Kin è presentato come «un compagno di strada del movimento comunista» e si dice che dopo il 1948 avrebbe fatto definitiva abiura (ammiriamo tra l’altro l’uso del termine religioso) dell’anarchia.
Solo Marie-José Lalitte, la traduttrice di Gelide notti, indica Emma Goldman come «madre spirituale» di Pa Kin, indicando in nota: «Emma Goldman, 1869-1940, eminente anarchica americana. Il suo nome non è più citato nelle riedizioni delle opere di Pa Kin dopo il 1949».

Il Nobel mancato

In ogni modo, grazie all’uscita della traduzione francese di Famiglia, il nostro ha la possibilità di rimettere piede in Francia dopo cinquant’anni, nel maggio 1979, alla testa di una delegazione di scrittori e di critici cinesi. Vi ritorna nuovamente nel settembre 1981, in occasione del quarantacinquesimo congresso del Pen Club. È al culmine degli onori. Dal dicembre 1981 presidente dell’Associazione degli scrittori cinesi, è considerato, dopo la scomparsa di Mao Dun (marzo 1981) il maggiore romanziere cinese vivente e il suo nome viene citato più volte, nel corso degli anni ottanta per l’attribuzione del premio Nobel per la letteratura che, a tutt’oggi, non è mai stato conferito a uno scrittore cinese, perché Gao Xinjian l’ha ricevuto nel 2000 come cittadino francese.
Resta il fatto che dopo avere pubblicato, tra il 1928 e il 1948, venti romanzi, tredici raccolte di racconti e novelle, cinque libri di viaggio e dodici volumi di saggi, non ha più scritto niente di narrativa, ma solo qualche operetta di circostanza e su commissione, fino a quella intrapresa all’inizio degli anni ottanta, chiusa la vicenda della Rivoluzione Culturale che l’aveva tanto provato, cioè la redazione delle sue memorie.
Con il titolo Au gré de ma plume, le memorie sono uscite in cinque volumi, uno dei quali è stato tradotto in francese e pubblicato nel 1992 dalle edizioni Litérature chinoise. Nella prefazione Pa Kin afferma: «Esprimo pensieri e riflessioni come mi vengono, semplicemente, senza nessun piano precostituito… Scrivo semplicemente per esprimere i miei sentimenti. Finito per caso a occuparmi di letteratura, sono diventato scrittore scrivendo». Si presenta così come uno di quegli autori che riporta ciò che vede e che sente direttamente, senza affidarsi alla fantasia: «La fonte di ogni realizzazione artistica è davvero la vita, di lì solamente viene l’ispirazione… Un’opera letteraria rispecchia il modo in cui l’autore comprende la vita».
Nelle memorie parla ancora dell’origine del suo pseudonimo. Negli anni venti, giovane militante anarchico a Chengdu, capitale dello Szechuan, firmava gli articoli con il proprio cognome e nome, Li Pei Kan. Ma scrivendo il suo primo romanzo, Distruzione, durante il soggiorno in Francia del 1927-28, pensò di utilizzare uno pseudonimo per distinguere gli scritti di militante politico da quelli di romanziere. Comunque, anche se gli specialisti di letteratura cinese, come Monsterleet o Hsia, e la sua biografa Olga Lang ritengono che Pa (o Ba) sia la prima sillaba di Bakunin e Kin l’ultima di Kropotkin, egli stesso si schermisce sostenendo che Ba era un omaggio al suo amico Ba Enpo e se Kin faceva davvero riferimento a Kropotkin, quella non era una scelta politica, ma solo dovuta al fatto che stava traducendo l’opera postuma dell’anarchico russo, L’Etica, e Kin era un ideogramma facile da ricordare. Angel Pino, il più profondo conoscitore francese dell’opera di Pa Kin, si è dilungato sull’argomento in un articolo che vuole essere «definitivo», pubblicato sul secondo numero della rivista «Études Chinoises» del 1990, dal titolo Ba Jin, sur l’origine d’un nom de plume. Per parte mia, io mi convincerei soltanto se si ritrovasse un testo sull’argomento scritto da Pa Kin in persona e precedente al 1949…

Centenario suo malgrado

In ogni caso quest’ultimo periodo della sua vita, quello che si potrebbe intitolare «La serenità ritrovata» lo vede rivolgere nel 1989 un «Saluto agli studenti della Primavera del 1989», quella scintilla che ha dato fuoco a tutta la società civile urbana prima di essere soffocata nel sangue sotto i cingoli dei carri armati della piazza Tienamen. Ma da dieci anni, compiendo in dicembre 2004 cento anni, vive da recluso sotto la vigile custodia della figlia. Il suo testamento politico potrebbe essere l’omaggio che rivolse a Shen Congwen, deceduto nel 1988, che aveva scelto il silenzio dopo l’avvento del regime comunista nel 1949, A la mémoire d’un ami, pubblicato nel 1992 dalle edizioni Mille et Une Nuits, un testo straordinario sul rifiuto dell’intellettuale davanti al potere.
Centenario suo malgrado, Pa Kin è ridotto da qualche anno in uno stato vegetativo, piegato dalla vecchiaia e dal morbo di Parkinson. Su un letto d’ospedale, alimentato con flebo, non ne può più di questa vita che non vuole più finire. «La longevità è una punizione» avrebbe sussurrato. Sì, Pa Kin reclama l’eutanasia, ultima lezione di coraggio di un uomo la cui esistenza si è intrecciata con le vicende del secolo passato, un secolo che ha generato tante speranze e ha prodotto altrettante delusioni.
Ma non disperiamo per l’avvenire! Le idee anarchiche restano più che mai attuali. Sta a noi metterle in pratica.

Jean-Jacques Grandini
traduzione dal francese di Guido Lagomarsino

Lettera di Pa Kin alla CRIA, 18 marzo 1949:

Caro compagno,
Ho ricevuto la lettera e te ne ringrazio. Scusami se ti rispondo in ritardo, ma in questi giorni ero occupatissimo. Comunque ho spedito otto giorni fa le mie edizioni di dipinti di Sim e di Castelao sulla rivoluzione spagnola.
Non mi sono ancora arrivate le pubblicazioni che mi hai inviato da Parigi. Sono contento che tu me le abbia mandate.
Ricevo regolarmente il giornale giapponese e anche la proposta di organizzare un congresso per l’Estremo Oriente. Ma non credo che un congresso sia possibile nelle situazione attuale in Asia. In primo luogo non è possibile andarsene di qui all’estero senza il benestare del governo e la corrispondenza destinata al Giappone passa sotto la censura qui e laggiù.
Purtroppo non di posso dare informazioni sul movimento anarchico in Cina, giacché, a dire il vero, un movimento del genere in Cina non esiste. Qui io sono del tutto solo, opero e faccio la propaganda solo in quanto scrittore. Curo la redazione delle Opere complete illustrate di Kropotkin in cinese, delle quali sono già usciti quattro volumi. Di quest’opera sono anche l’editore. C’è un altro compagno che ha tradotto Parole e che sta traducendo La scienza moderna per me, ma era un anarchico filo-Kuomintang.
Anche Lu Chien-ho è isolato a Chengdu, ma c’è suo fratello che non è un compagno, ma un simpatizzante e conosce il francese. È infaticabile nel lavoro. Purtroppo, però, pubblica il suo giornale «Pensiero» come supplemento del quotidiano del Kuomintang di Chengdu (il cui redattore è suo amico personale), perciò non è tanto letto. Nel Fukien e solo là esiste un movimento libertario. Non è grande ma è un movimento reale. Laggiù c’è una scuola fondata dai nostri compagni e una piccola casa editrice che ha pubblicato una decina di opuscoli in cui si trova l’articolo sull’anarchia di Malatesta tradotto da Lu e la prima parte del mio Bakunin.
Del resto ti scriverò un’altra volta.
Con i miei migliori saluti, ti stringo fraternamente la mano
Li Pei Kan

Dall’archivio del Centre International de Recherches Anarchistes di Losanna, Svizzera.

  1. Una delle ultime pubblicazioni in italiano de L’etica di Kropotkin è quella curata da La Fiaccola, Ragusa, 1990.
  2. Di Simon Leys venne pubblicato, per le edizioni Antistato, il libro Gli abiti nuovi del presidente Mao, Milano, 1977. Il libro è una cronaca dissacrante della cosiddetta rivoluzione culturale maoista.

 

È uscito, nel mese di settembre 2004, per i tipi dell’editrice Nutrimenti il volume di Shen Congwen, Il vecchio e il nuovo, pp. 258,15,00 euro, traduzione di Lucia Regola.

Shen Congwen, amico di Pa Kin (vedi l’articolo di Jen-Jacques Gandini), (1902-1988) nacque a Fenghang, una cittadina del Hunan occidentale, regione cinese di frontiera. Dapprima militare, secondo la tradizione familiare, divenne poi scrittore e fu contrario sia ai nazionalisti di Chiang Kai-shek sia ai comunisti di Mao Zedong. Quando i comunisti presero il potere, le sue opere furono bandite in Cina. Solo le aperture seguite alla morte di Mao lo riportarono in auge. Sempre apprezzato in Europa dagli addetti ai lavori e più volte candidato al premio Nobel per la Letteratura, ha influenzato molti scrittori cinesi contemporanei che al suo stile si ispirano.
Dieci racconti cinesi da cui emana una luce calda e chiara. Dieci piccoli capolavori per immergersi in altri ritmi e in un altro modo di guardare il mondo e la vita. La Cina lontana degli anni Trenta del secolo scorso, il conflitto fra tradizione e modernizzazione, tra "vecchio e nuovo", appunto. Una natura dolce e gioiosa che si accorda con la profonda serietà di coloro che conducono in pace i propri amori e i propri affari; un modo di concepire e vivere la sessualità del tutto sconosciuto a noi, che non possiamo non dirci cristiani. Sullo sfondo, i nazionalisti, i comunisti, i signori della guerra. Dieci racconti morali in cui è inutile cercare condanne, se non quella contro la stupidità della violenza.

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