| Tra le tante notizie 
                  di fine anno che irrompono nelle nostre vite ce n’è 
                  una che ha dello sconvolgente: Ecco la scuola che ha abolito 
                  il Natale (“Il Giornale”, 24 dicembre 2004). 
                  Sparata in prima pagina, con titolone degno dell’evento 
                  epocale che annuncia ciò, la notizia in effetti non è 
                  che l’ultima (speriamo) di una serie di “scoop” 
                  che i giornali nazionali e locali hanno pubblicato lungo tutto 
                  il mese di dicembre, coadiuvati da servizi televisivi e dalla 
                  regina delle trasmissioni di cultura della nostra Rai, la vespiana 
                  “Porta a porta”. Se questo presunto fatto (già, perché assolutamente 
                  inesistente, state tranquilli bigotti di ogni specie) non fosse 
                  maledettamente serio nelle sue implicazioni culturali, non me 
                  ne occuperei. Ma è opportuno spendere alcune riflessioni 
                  e alcune considerazioni.
 La presunta abolizione del Natale matura in una scuola elementare 
                  di Treviso per opera degli insegnanti che invece della tradizionale 
                  festicciola o recita che precede le vacanze natalizie, mettono 
                  in scena (rivista e corretta) una rappresentazione su Cappuccetto 
                  Rosso, parte di un programma di lavoro didattico da anni progettato. 
                  Apriti cielo! Soloni, benpensanti, amministratori leghisti e 
                  non, trevigiani di pura razza Piave, ecc., scatenano una disgustosa 
                  polemica e lanciano una nuova crociata in favore della liberazione 
                  delle scuole da questi infedeli.
 Fin qui è la notizia, come si vede triste e strumentale, 
                  in una città già ampiamente all’onore delle 
                  cronache per tante esternate e praticate azioni amministrative 
                  distintesi solo per ignoranza, violenza, intolleranza (è 
                  la città dello sceriffo-sindaco ma anche, e soprattutto, 
                  dei tanti che lo acclamano).
 Ma da questo fatto di cronaca mi pare indispensabile dover partire 
                  per sollevare alcune questioni di più certa importanza.
 L’irrompere della questione islamica nei vari Paesi europei, 
                  ha prodotto una riapertura della discussione su laicità 
                  e religiosità, alla quale le diverse culture hanno dato 
                  risposte variegate, contrastanti, contraddittorie. E queste 
                  discussioni si sono tradotte in provvedimenti legislativi, in 
                  manifestazioni e dibattiti ad ogni livello.
 A questi temi non possiamo essere insensibili e, credo, neanche 
                  accontentarci di consumate certezze di una sempre pur importante 
                  derivazione illuministica.
   Espressione di spiritualità Vorrei affrontare questo argomento non nelle sue implicazioni 
                  socio-politiche ma piuttosto in quelle filosofico-culturali. 
                  La storia delle religioni è una conoscenza importante 
                  e indispensabile per capire non solo gli avvenimenti storici 
                  ma soprattutto il modo con il quale gli uomini e le donne, nel 
                  corso di migliaia di anni, hanno cercato di dare risposte ai 
                  più inquietanti problemi dell’esistenza. Arte, 
                  cultura, simbologia, ritualità, pratiche, musica, ecc. 
                  non sono forse state contaminate da questa importante manifestazione 
                  dell’animo umano e del potere secolare della Chiesa? Per 
                  questo la religione è un’espressione della spiritualità 
                  dell’uomo che non possiamo trascurare e proprio per questo 
                  il pensiero anarchico, seppur con accenti diversi, ha indirizzato 
                  le sue riflessioni nello svelarne la natura repressiva in quanto 
                  Autorità di ogni altra autorità, autorità 
                  per eccellenza. Da qui nasce l’ateismo anarchico, vale a dire che la religione, 
                  in quanto forma di autorità interiorizzata e di potere 
                  secolarizzato, è sempre stata combattuta e additata come 
                  espressione del dominio e costante elemento di sottomissione 
                  (le chiese) e di auto-imposizione (le religioni).
 Ma possiamo negare che esista una religiosità, una spiritualità, 
                  che l’uomo esprima in tante forme e in contesti storico-geografici 
                  diversi? Credo di no, così come credo che una società 
                  veramente libera, cioè senza dominio alcuno (esterno 
                  o interno), libererà molteplici e diverse forme di spiritualità 
                  che non sono altro che diversi modi di esprimere l’essere 
                  nella sua autenticità. Poco importa che io sia ateo o 
                  agnostico (più il secondo del primo) ma molto importante 
                  è che io accetti tutto ciò come una espressione 
                  dell’individuo nella sua evoluzione.
 Queste premesse (molto schematiche lo ammetto) mi servono però 
                  per leggere anche la realtà quotidiana nelle sue varie 
                  e articolate manifestazioni e le risposte dei classici del pensiero 
                  filosofico occidentale non bastano a cogliere la portata degli 
                  avvenimenti storici e dell’immaginario sociale ad essi 
                  legati. Una volta assodato che ogni forma di espressione umana 
                  quando si trasforma in dominio non può essere accettata, 
                  che fare quando la diversità di “essere nel mondo” 
                  tocca un tema come questo? È la stessa logica dei sentimenti, 
                  quelle forme di “sentire” la propria relazione con 
                  gli altri, la natura, se stessi, che arricchisce la nostra esistenza? 
                  Quante domande, quanto bisogno di cercare risposte non scontate, 
                  non convenzionali (anche tra noi anarchici ci diamo spesso risposte 
                  di questo tipo, anche tra noi esistono atteggiamenti fondamentalisti).
   Proibizionismo laico E allora come reagire di fronte alle scelte dello Stato francese, 
                  ad esempio, lo Stato laico per eccellenza, di fronte alla proibizione 
                  di ostentare nella scuola i propri simboli religiosi nel proprio 
                  abbigliamento, è con una proibizione che possiamo ampliare 
                  la dimensione della libertà, siamo d’accordo solo 
                  perché la neutralità è rassicurante e invece 
                  l’espressione della diversità può fare paura? 
                  Oppure temiamo che delle statuine che raffigurano una natalità 
                  possano turbare animi innocenti e puri da non condizionare? 
                  Per favore, diamo per scontato che nessuna istituzione in quanto 
                  forma dello stare assieme debba essere confessionale, almeno 
                  tra di noi. Ma pensiamo di negare la diversità religiosa, 
                  o peggio la spiritualità dell’uomo, con questi 
                  provvedimenti? Non credo che ciò sia possibile e neanche 
                  giusto. In fin dei conti anche il laicismo è una forma di dominio 
                  in quanto pretende di far assurgere a verità comune una 
                  questione che è prima di tutto individuale e tale deve 
                  restare. Insomma non essere credenti non significa imporre ad 
                  altri di diventarlo. Ancora una volta è nelle cose di 
                  ogni giorno, nelle relazioni interpersonali e sociali, che possiamo 
                  trovare momenti di confronto e di arricchimento personale. Sento 
                  vicini a me, al mio modo di pensare, di agire, di vivere, tante 
                  più persone religiose, sinceramente e non strumentalmente 
                  legate ad una particolare forma di espressione religiosa, che 
                  tanti rivoluzionari tutti d’un pezzo o peggio tanti religiosi 
                  di potere. Non temo questi incontri, anzi li cerco, perché 
                  da essi nascono tanti motivi di confronto, spesso molto più 
                  autentici di altri.
 Con questo voglio dire semplicemente che incontrare e condividere 
                  tratti di strada comune con esseri umani che professano una 
                  fede religiosa, non si è mai dimostrato come un fatto 
                  che abbia in alcun modo compromesso un comune sentire e un desiderio 
                  forte di modificare una realtà oppressiva qualsiasi. 
                  Quando la religiosità e la spiritualità sono prive 
                  di secondi fini (secolarizzati) o quando esse sono un mezzo 
                  per esprimere una maggiore profondità del proprio vissuto 
                  e una più autentica natura del proprio essere, non sono 
                  mai di ostacolo a questo incontro tra diversità.
   Volgari e violente strumentalizzazioni Detto tutto ciò non posso che denunciare, proprio anche 
                  in nome di questo mio anarchismo, come siano volgari e violente 
                  le strumentalizzazioni che soprattutto la Lega ha messo in atto 
                  a seguito di questi fatti locali e, al contempo, come vi sia 
                  una evidente ondata clericale che, soprattutto nella scuola, 
                  sta assumendo forme decisamente insopportabili. Ma non è 
                  un caso che proprio la cultura pedagogica del cattolicesimo 
                  romano-bergamasco (il cattolico professor Bertagna, ispiratore 
                  dei nuovi provvedimenti e indirizzi nazionali scolastici è 
                  di Bergamo), si incontri con la cultura berlusconiana delle 
                  tre “i” (inglese, informatica, impresa) e che Chiesa 
                  e Industriali siano quelli che hanno il disegno più chiaro 
                  circa il presente e il futuro da dare anche alla scuola. E questo 
                  non ci piace, statene certi e per quanto possiamo, e potremo, 
                  lo osteggeremo. Ma senza confondere tutto ciò a cui stiamo 
                  cercando di dare delle risposte, magari con tanti punti di domanda 
                  al posto di quelli ostentatamente esclamativi. La religione 
                  non è pertanto in se stessa oppio dei popoli ma lo diventa 
                  quando una forma qualsiasi di potere la strumentalizza per consolidare 
                  il proprio dominio. Io comunque resto un post-religioso che 
                  non nega la propria dimensione spirituale.   Francesco Codello
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