| Barbieri, 
                        Pompeo Scipione Nasce a Mezzana, frazione del comune di San Giuliano Terme 
                        (Pi), l’8 ottobre 1881 da Carlo e Angela Morganti, 
                        operaio perforatore. Giovanissimo si avvicina agli ideali 
                        anarchici e diventa in breve tempo un buon propagandista. 
                        Sue conferenze sono già segnalate nel 1907 in diverse 
                        località della Toscana. Da quell’anno fino 
                        al 1910 lavora allo stabilimento fiat di La Spezia, in 
                        questo periodo diventa un assiduo collaboratore del settimanale 
                        «Il Libertario» e stringe amicizia con Pasquale 
                        Binazzi e Zelmira Peroni. Partecipa al III convegno degli 
                        anarchici toscani (Pisa 26 dic. 1910). Nel 1911-12 è 
                        particolarmente attivo nelle campagne antimilitariste 
                        e tiene diverse conferenze e comizi in provincia di Pisa 
                        e Livorno contro la Guerra italo-turca. Collabora al settimanale 
                        «L’Avvenire anarchico» e prende parte 
                        al V convegno fra gli anarchici della Toscana (Pisa mag. 
                        1914), dove viene nominato segretario della neo costituita 
                        Unione Anarchica Toscana, incarico che però lascia 
                        nel mese di settembre. Nello stesso anno è chiamato 
                        dai gruppi della Carnia a tenere un giro di conferenze 
                        di propaganda in provincia di Udine. Deciso oppositore 
                        dell’intervento italiano nella Grande Guerra, nel 
                        maggio del 1915 viene arrestato a Pisa per aver partecipato 
                        a una manifestazione antinterventista non autorizzata, 
                        rimanendo in carcere per due mesi. Alla fine del 1919, 
                        per motivi di lavoro, torna a risiedere a La Spezia, dove 
                        riprende la collaborazione con «Il Libertario», 
                        entrando nella redazione insieme a un altro pisano, Mario 
                        Lami. B. prende parte alle lotte operaie del Biennio rosso 
                        e alle prime azioni armate contro il fascismo. Dopo l’ennesimo 
                        arresto nel febbraio 1923 decide di emigrare clandestinamente 
                        a Marsiglia dove prosegue la sua attività di agitatore, 
                        particolarmente impegnato nella campagna pro Sacco e Vanzetti. 
                        Trovato un impiego come operaio ai cantieri navali di 
                        Seyne-sur-Mer muore per un incidente sul lavoro il 15 
                        giugno 1928. (F. Bertolucci)
 Fonti: ACS, CPC, ad nomen; Pompeo 
                        Barbieri, «La Diana», Parigi, 1° ago. 
                        1928;
 Bibliografia: ACPC, ad nomen.
 
 Unione Anarchica Valdarnese 
                        (1920 circa) Caleffi, 
                        Giovannina Nasce a Gualtieri (RE) il 4 maggio 1897 da Giuseppe e 
                        Caterina Simonazzi, agricoltori, genitori di cinque figli. 
                        Il padre emigra a Pittsburgh (Usa) insieme al figlio maggiore. 
                        Giovannina (comunemente chiamata Giovanna) frequenta la 
                        scuola a Gualtieri e, dal 1914, a Reggio Emilia dove si 
                        trasferisce per completare gli studi. Frequenta il circolo 
                        socialista assistendo ad alcune conferenze di Camillo 
                        Prampolini, sentendosi socialista a sua volta. A 15 anni 
                        perde la fede cattolica sostenendo parecchie discussioni 
                        in famiglia. Ha come insegnante Adalgisa Fochi, scrittrice 
                        conosciuta e attiva conferenziere nel circolo femminile 
                        socialista. Consegue la licenza nel 1915 e comincia a 
                        insegnare nella scuola elementare a Santa Vittoria di 
                        Gualtieri (RE) prima, e l’anno dopo, già 
                        di ruolo, presso le scuole elementari di Montecchio Emilia 
                        (RE). In quello stesso anno conosce C. Berneri, figlio 
                        della sua insegnante Fochi, studente liceale iscritto 
                        alla FGS (organizzazione che lascerà nel 1916 avvicinandosi 
                        a posizioni anarchiche). Camillo si trasferisce ad Arezzo, 
                        dove la mamma insegna, e Giovanna lo raggiunge dopo circa 
                        un anno. I due si sposano il 4 novembre 1917 a Gualtieri, 
                        con il consenso dei genitori perché entrambi minorenni. 
                        Il 1° marzo 1918, assente Camillo richiamato alle 
                        armi e quindi inviato al confino, nasce la primogenita 
                        della coppia Maria Luisa. Successivamente la famiglia 
                        si trasferisce a Firenze. Qui, il 5 ottobre 1919, nasce 
                        la seconda figlia Giliana. La loro casa diventa punto 
                        di riferimento di compagni anarchici e dell’antifascismo. 
                        Fra i molti amici e conoscenti ci sono: Gaetano Salvemini 
                        e i promotori del Circolo di cultura fiorentino fra cui 
                        Piero Calamandrei, i fratelli Rosselli, Ernesto Rossi, 
                        Piero Jahier. Giovanna fino a questo momento si è 
                        occupata dell’educazione delle figlie. Non si impegna 
                        direttamente nella militanza e tuttavia vive i disagi 
                        dell’appartenenza all’anarchismo del marito. 
                        Nelle sue memorie ricorda che Camillo diceva di lei a 
                        Salvemini: «non è anarchica nel senso di 
                        essere una militante, però accetta le mie idee 
                        e le condivide in gran parte». Con l’avvento 
                        del fascismo cominciano per la famiglia le pressioni della 
                        polizia. Camillo subisce due aggressioni. Impossibilitato 
                        a continuare l’insegnamento per il rifiuto di giuramento 
                        al regime, è costretto a espatriare nell’aprile 
                        del 1926. Giovanna trascorre insieme alle figlie e alla 
                        suocera alcuni mesi presso la casa paterna a Gualtieri, 
                        e il 1° agosto dello stesso anno, varca la frontiera 
                        a Ventimiglia in maniera fortunosa. La famiglia si riunisce 
                        e va ad abitare alla periferia di Parigi in una casa a 
                        Saint-Maur-des-Fossés. La vita scorre tra grosse 
                        difficoltà finanziarie. Nel 1929 il marito cade 
                        nel tranello approntato dalla spia dell’Ovra, Ermanno 
                        Menapace, che gli è diventato amico carpendone 
                        la stima. Per questo motivo subisce una serie di arresti 
                        ed espulsioni che lo conduce a una travagliata peregrinazione 
                        attraverso l’Europa. C. prende le sue difese, scrive 
                        ai compagni, si rivolge all’avvocato Paul De Bock 
                        di Bruxelles, si accolla il peso di mantenere la famiglia. 
                        Nel 1933, grazie all’aiuto di sua sorella, e consigliata 
                        da Louis Lecoin, apre una drogheria in rue de Terre-Neuve, 
                        20, il cui retro diviene rifugio dei fuorusciti anarchici. 
                        Questa sua attività, e l’essere moglie di 
                        Berneri, comportano per lei un’attenta sorveglianza 
                        da parte delle autorità. Il 2 dicembre 1934, il 
                        Ministero dell’Interno francese chiede informazioni 
                        politiche su di lei alla Prefettura di Milano, in seguito 
                        ad accertamenti su Maria Bibbi, sua amica, che risulta 
                        lavorare nel negozio. Il momento è propizio al 
                        nazifascismo: in Italia sta per cominciare l’avventura 
                        etiopica e la Guerra di Spagna è alle porte. Camillo 
                        parte per cercare di liberare la Catalogna e Giovanna 
                        è di nuovo sola a occuparsi delle bambine. Ben 
                        presto i contrasti tra anarchici e comunisti in Spagna 
                        portano all’eliminazione sistematica di chiunque 
                        si opponga alla ferrea egemonia staliniana. Berneri è 
                        assassinato, assieme a Francesco Barbieri, dai comunisti 
                        il 5 maggio 1937 a Barcellona. Giovanna accorre al funerale 
                        con la figlia Maria Luisa. Il dolore per la perdita del 
                        marito la spinge ad abbracciare le sue idee sostituendosi 
                        a Camillo nella corrispondenza con gli anarchici d’America 
                        che chiedono contributi per le varie iniziative. Assiste 
                        i compagni italiani che, espulsi dalla Francia, vengono 
                        internati nei campi di concentramento. Un suo appello 
                        è pubblicato senza firma, per motivi di sicurezza, 
                        su «L’Adunata dei refrattari» nel 1939, 
                        tradotto e diffuso sulla stampa da Emma Goldman. Si fa 
                        promotrice a Parigi, del Comitato «C. Berneri» 
                        e nel 1938 pubblica una raccolta di scritti del marito 
                        dal titolo Pensieri e Battaglie, con prefazione 
                        della stessa Goldman. Negli anni continua a mantenere 
                        vivo il ricordo di Camillo, scrivendo articoli su giornali, 
                        riviste, e difendendone la memoria. Scoppia la Seconda 
                        Guerra mondiale, l’esercito tedesco occupa la Francia, 
                        e per ordine delle autorità consolari fasciste 
                        a Parigi, viene arrestata il 28 ottobre 1940 e resta tre 
                        mesi nel carcere de La Santé. Nel febbraio 1941 
                        viene deportata in Germania e rimane in prigione cinque 
                        mesi. Dopo alcuni trasferimenti in varie carceri tedesche, 
                        è condotta in Austria per essere consegnata alle 
                        autorità italiane. È inviata al carcere 
                        di Reggio Emilia e condannata il 25 agosto a un anno di 
                        confino a Lacedonia (AV), «per aver svolto all’estero 
                        attività sovversiva dimostrandosi elemento pericoloso 
                        per gli ordinamenti politici dello Stato». Scontata 
                        la pena si dà alla latitanza nell’Italia 
                        meridionale perché, ritornata a Gualtieri, le viene 
                        negato il passaporto per la Francia con il timore che 
                        riprenda l’attività sovversiva. Si ritrova 
                        con Cesare Zaccaria, amico di vecchia data della famiglia, 
                        e va a vivere con lui nel febbraio del 1943. Finita la 
                        guerra la nuova coppia collabora alla rinascita del movimento 
                        anarchico insieme ad Armido Abbate, Pio Turroni e altri. 
                        I due pubblicano il giornale clandestino «La Rivoluzione 
                        libertaria» (1944), il giornale «Volontà», 
                        che in seguito alle decisioni del Congresso di Carrara 
                        (1945) è sostituito dalla rivista «Volontà», 
                        alla quale collaborano Silone, Camus, Salvemini ecc. e 
                        a cui C. dà un contributo fondamentale. Pensa che 
                        la cosa più importante da fare sia quella di attualizzare 
                        l’anarchismo, a dieci anni dall’uscita di 
                        «Volontà», scrive: «Non si tratta 
                        di una rivista fatta da intellettuali, da gente colta, 
                        dalla penna facile per i quali lo scrivere è un 
                        piacere o una professione. «Volontà» 
                        è messa insieme, in generale, con il modesto contributo 
                        di lavoratori che sentono impellente il bisogno di esprimere 
                        la loro critica anarchica alla società ed agli 
                        avvenimenti attuali e di inserirvi le loro idee di rinnovamento 
                        sociale e di giustizia». Rilevante rimane la lettera 
                        che scrive, da Napoli il 12 aprile 1945, ai compagni della 
                        FCL di Livorno in cui mette in discussione l’opportunità 
                        di adesione da parte della locale federazione al Cln, 
                        come proponeva la stessa, ricordando ai compagni l’esperienza 
                        spagnola. Intensa anche l’attività editoriale, 
                        cura le edizioni RL e la Collana Porro dando alle stampe 
                        numerose pubblicazioni: da Malatesta a Volin, da Fabbri 
                        a Carlo Doglio. Affronta la campagna a favore del controllo 
                        delle nascite, insieme a Cesare Zaccaria, con la pubblicazione 
                        di un opuscolo Il controllo delle nascite (1948), 
                        immediatamente sequestrato, contenente una raccolta di 
                        articoli apparsi nel 1947 su «Volontà», 
                        che dimostra come l’eccesso della popolazione sia 
                        uno dei principali mali che affligge molti paesi e in 
                        particolare l’Italia. I due sono processati per 
                        propaganda contro la procreazione e assolti entrambi con 
                        formula piena nel maggio del 1950. Scrive su varie testate 
                        anarchiche e no: «Umanità nova», «L’Adunata 
                        dei refrattari», «Controcorrente» di 
                        Boston; «Il Mondo», «Il Lavoro nuovo» 
                        di Genova ecc. Nell’estate del 1948 concretizza 
                        un progetto a lei molto caro: assicurare vacanze a bambini 
                        di «compagni del Sud» presso «famiglie 
                        del Nord Italia». Questo esperimento pilota, in 
                        attesa di fare qualcosa di meglio, continua nell’estate 
                        1949. Nell’aprile dello stesso anno, deve superare 
                        il secondo e più grande dolore della sua vita: 
                        la morte della primogenita Maria Luisa di 31 anni. È 
                        così deciso tra quelli che vogliono onorarne la 
                        sua memoria con un’opera libera e benefica, di fondare 
                        una colonia per bambini a suo nome, con sede in Italia, 
                        ma aperta ai figli di anarchici di tutti i paesi. L’idea 
                        primaria è di realizzarla a Cesenatico, ma l’impresa 
                        non si concretizza a causa della modesta somma raccolta. 
                        Il 1° luglio 1951, la colonia diviene una realtà, 
                        anche se più modestamente, grazie a Zaccaria, che 
                        mette a disposizione la sua casa di campagna a Piano di 
                        Sorrento, ospitando tre gruppi di tredici bambini. Quest’esperienza 
                        positiva dura sette anni, concludendosi nell’estate 
                        del 1957, con un deficit di Lit. 112.419 e senza la disponibilità 
                        della casa di Piano di Sorrento (a causa della fine del 
                        rapporto con Zaccaria). Si stabilisce a Genova Nervi nel 
                        1956, dove trasferisce anche la sede amministrativa di 
                        «Volontà», dal gennaio 1959 (n. 1), 
                        anche la pubblicazione avviene a Genova Nervi. In questo 
                        numero viene pubblicata la lettera di Zaccaria che spiega 
                        il suo abbandono del Movimento anarchico e della rivista, 
                        seguita da una nota di redazione. Giovanna non vuole rinunciare 
                        a proseguire l’esperienza positiva della colonia 
                        e tenta di sollecitare compagni e amici arrivando dopo 
                        varie peripezie, all’acquisto di un terreno nella 
                        pineta di Ronchi (MS) a 700 metri dal mare: nasce così 
                        la Comunità «Maria Luisa Berneri», 
                        adoperandosi con abnegazione fino alla sua morte. La Colonia 
                        continua per altri tre anni con le quattro persone che 
                        costituiscono il nuovo gruppo della Comunità, dopo 
                        la rinuncia della figlia Giliana, unica erede. Giovanna 
                        muore tra le braccia di Aurelio Chessa il 14 marzo 1962, 
                        per scompenso cardiaco, mentre sta uscendo dall’ospedale 
                        di Genova Nervi, dove è stata ricoverata per una 
                        grave malattia. (F. Chessa – G. Sacchetti)
 Fonti: ACS, CPC, ad nomen; ivi, 
                        Berneri Camillo; ivi, Berneri Giliana; 
                        ivi, Berneri Maria Luisa; ivi, Zaccaria Cesare; 
                        AFBC, Epistolario, Giovanna Caleffi; ivi, Fondo 
                        Serge Senninger: Memoria ms. di Giovanna Caleffi; ivi, 
                        Epistolario Cesare Zaccaria; ivi, Memoria 
                        orale di Celestino Caleffi 1998; ivi, Memoria 
                        scritta di Suzanne Képès, dic. 1998; 
                        ivi, Memoria orale di Serge Senninger, 7 set. 
                        2002; ivi, Fondo Colonia M.L. Berneri; ivi, Fondo Aurelio 
                        Chessa; ivi Fondo Vernon Richard; G. Bianco, Ricordo 
                        di Giovanna Berneri, «Il Lavoro Nuovo», 
                        Genova, 15 e 16 mar. 1962; È morta Giovanna 
                        Berneri, «Avanti!», 16 mar. 1962; «un», 
                        25 mar. 1962; «Freedom», march 24 1962; Giovanna 
                        Berneri, «Controcorrente», Boston, mar.-apr. 
                        1962; U. Marzocchi, Giovanna Berneri, «Volontà», 
                        apr. 1962; Quelli che ci lasciano, «Ar», 
                        5 apr. 1962.
 Bibliografia: Scritti di C. (con C. Zaccaria 
                        e indicata come G. Berneri): Società senza 
                        stato, Napoli 1946; Controllo delle nascite. 
                        Mezzi politici per avere figli solo quando si vogliono, 
                        Milano 1955. Scritti su C.: F. Montanari, Giovanna 
                        Caleffi, «L’Almanacco», Reggio 
                        Emilia, n. 31, 1998; F. Chessa, Italia: le donne di 
                        casa Berneri, Giovanna Caleffi, «BAP», 
                        n. 12, 1999; G. Boccolari, F. Chessa (a cura di), Storie 
                        di anarchici e anarchia – L’Archivio Famiglia 
                        Berneri – Aurelio Chessa, catalogo della Mostra, 
                        Reggio Emilia, 11 mar.-9 apr. 2000.
 
 Giovanna Caleffi con le 
                        figlie Maria Luisa (alla sua destra) e Giliana Berneri Cannito, 
                        Sante Nasce ad Altamura (Ba) il 28 giugno 1898 da Graziantonio 
                        e Anna Rosa Bellacicco, maestro muratore. In un paese 
                        che agli albori del Novecento conta oltre l’80 per 
                        cento di analfabetismo, C. riesce a terminare gli studi 
                        elementari, si appassiona alla storia e l’approfondimento 
                        di questa sua passione si trasforma nel tempo in scelta 
                        politica di stare dalla parte dei più deboli. Allo 
                        scoppio del primo conflitto mondiale viene inviato nelle 
                        trincee del Friuli e, con l’avvento del fascismo 
                        («che fu la fame per tutti i lavoratori», 
                        come ha scritto nei suoi Frammenti) si trasferisce per 
                        due anni a New York. Il contatto con l’ambiente 
                        industriale americano, la vita condotta nel quartiere 
                        di Brooklyn in una casetta di legno (proprio sotto il 
                        famoso ponte) che condivide con il padre, i problemi che 
                        gli emigrati si trovano ad affrontare, il lavoro come 
                        muratore che lo porta a contatto con altri emigrati di 
                        varie origini, la miseria e l’oppressione, contribuiscono 
                        a fargli maturare quelle idee di giustizia sociale, poi 
                        affinate con la lettura dei testi di Kropotkin (La conquista 
                        del pane) e de «Il Martello» di Carlo Tresca 
                        che gli aprono nuovi orizzonti. La sua adesione al sindacalismo 
                        degli IWW e la condanna a morte di Sacco e Vanzetti maturano 
                        definitivamente C. alle idee anarchiche. Ritorna in Italia, 
                        ancora sotto il tallone fascista, ed è attivo nella 
                        sua Altamura dove il regime mette in atto l’isolamento 
                        dei suoi oppositori (socialisti e anarchici vengono perseguitati, 
                        controllati e repressi). Nelle fasi cruente della liberazione 
                        C. allaccia i rapporti con Tommaso Fiore e altri antifascisti, 
                        restando sempre fermo nelle sue idee libertarie. Dopo 
                        la liberazione, nel luglio del 1945, partecipa al convegno 
                        dei Gruppi Libertari Pugliesi e negli anni successivi 
                        sarà sempre attivo nell’opera di sensibilizzazione 
                        sociale sul territorio in occasione di eventi importanti 
                        come le occupazioni delle terre da parte dei contadini. 
                        Nel dopoguerra partecipa al movimento delle cooperative 
                        della sua città dove contribuisce a creare la Muratori 
                        ed Affini il cui statuto presenta caratteristiche e finalità 
                        libertarie, motivo per cui è invisa ai partiti 
                        e, nonostante all’inizio ottenga degli appalti per 
                        i lavori di ricostruzione ad Altamura, nel 1948 è 
                        costretta a sciogliersi a causa degli ostracismi del potere 
                        locale. C. continua nel suo lavoro di maestro muratore, 
                        mentre sul piano sociale è attivo nella battaglia 
                        contro il tentativo militare di installare i missili nella 
                        zona tra Altamura e Gravina (1960-63). Negli anni Settanta 
                        sull’onda delle lotte operaie e studentesche si 
                        registra anche ad Altamura una presenza anarchica organizzata 
                        che vede C. partecipare al lavoro e alle discussioni politiche 
                        con entusiasmo insieme alle giovani generazioni, in un 
                        rapporto aperto e comunicativo, disponibile al dialogo. 
                        Muore il 4 maggio 1994, all’età di 96 anni, 
                        mentre è ospite di un suo nipote a Isernia. (F. 
                        Schirone)
 Fonti: P. Castoro, Sante Cannito. 
                        Un uomo lungo un secolo, «UN», 22 mag. 
                        1994; B. Tragni, L’ultimo anarchico è 
                        andato a concimare la terra, «La Gazzetta del 
                        Mezzogiorno», inserto cultura, 8 mag. 1994.
 Bibliografia: S. Cannito: Frammenti 
                        di storia Altamurana, Altamura 1980 (1994, 3ª 
                        ed.).
 
 Giuseppe Ciancabilla Del 
                        Papa, Ugo Nasce a Carrara (MS) il 18 settembre 1875 da Romualdo 
                        e Lucia Pracchia, ornatista. Vicino all’anarchismo 
                        fin da giovanissimo e «caldo propugnatore di quelle 
                        delittuose teorie» secondo la definizione della 
                        Prefettura di Massa, il 22 agosto 1894 viene condannato 
                        a cinque mesi di carcere e una multa per grida sediziose. 
                        Dopo un periodo di emigrazione a New York, torna a Carrara 
                        nel 1911 per divenire «malgrado la sua mal ferma 
                        salute, l’anima del partito anarchico locale»: 
                        infatti fino al 1915 è protagonista assoluto, al 
                        fianco di Alberto Meschi, delle vittoriose battaglie combattute 
                        dal proletariato apuano sotto la bandiera della locale 
                        CdL, della quale è vice-segretario. La sua opera, 
                        insieme a quella del segretario Meschi, è infatti 
                        determinante per la riorganizzazione della massima istituzione 
                        operaia apuana, uscita pressoché distrutta dalla 
                        serrata padronale del 1905 e da quel momento in poi condannata 
                        a una stentata sopravvivenza fino a tutto il 1910. L’arrivo 
                        di Meschi, unito all’ascendente di Del Papa negli 
                        ambienti libertari carraresi e all’iniziale appoggio 
                        del locale Psi, fanno letteralmente rifiorire la CdL della 
                        regione dei marmi, dando inizio ad una lunga serie di 
                        importanti affermazioni operaie. Nell’estate del 
                        1911 arrivano i primi miglioramenti delle condizioni di 
                        lavoro dei cavatori a seguito di uno sciopero durato due 
                        settimane; un anno dopo ha luogo il grande sciopero di 
                        tutti i lavoratori del marmo per l’ottenimento della 
                        pensione, conclusosi con una storica affermazione; nella 
                        primavera del 1913 tocca ai lavoratori del piano di Carrara, 
                        Massa e Versilia conquistare l’orario unico di otto 
                        ore; poi, fra la fine del medesimo anno e l’inizio 
                        del 1914, la CdL è chiamata a difendersi da una 
                        spietata quanto pretestuosa serrata padronale tesa a distruggerla, 
                        come accaduto nel 1905 e da una misteriosa quanto innocua 
                        esplosione avvenuta nel cortile di una caserma dei carabinieri 
                        a Carrara, della quale vengono ingiustamente accusati 
                        alcuni dirigenti camerali, fra cui lo stesso D., Meschi 
                        e Riccardo Sacconi. Arrestati e poi inevitabilmente scarcerati 
                        i tre e conclusasi la serrata, stavolta la CdL, ben più 
                        forte di quanto non lo fosse nove anni prima, riesce a 
                        sopravvivere senza danni. Nel medesimo periodo D. è 
                        redattore sia de «Il Cavatore» (organo di 
                        stampa della CdL) che de «Il ’94» (periodico 
                        anarchico locale), ambedue fondati nel 1911 a ulteriore 
                        testimonianza della rinascita del movimento operaio nei 
                        paesi del marmo. A causa della sua sempre cagionevole 
                        salute, aggravatasi in seguito a lunga detenzione nel 
                        carcere di Massa nel corso del 1912 inflittagli per «eccitamento 
                        all’odio di classe», si ammala di tubercolosi 
                        e muore a Carrara il 1° giugno 1916. (M. Giorgi)
 Fonti: ASMS, Questura di Massa, Sovversivi 
                        deceduti, ad nomen.
 Bibliografia: H. Rolland, Il sindacalismo 
                        anarchico di Alberto Meschi, Firenze 1972; L. Gestri, 
                        Capitalismo e classe operaia in provincia di Massa-Carrara, 
                        Firenze 1976, ad indicem; A. Bernieri, Storia 
                        di Carrara moderna (1815-1935), Pisa 1983; M. Giorgi, 
                        Alberto Meschi e la Camera del Lavoro di Carrara (1911-1915), 
                        Carrara 1998.
 
 Emilio 
                        Canzi (a sinistra) e Giuseppe Mioli in Spagna Garino, 
                        Maurizio Nasce a Ploaghe (SS) il 1° novembre 1892 da Michele 
                        e Nicoletta Chiglioni, operaio. Nel 1895 la famiglia si 
                        trasferisce a Torino e nel 1900 a Cassine (AL). Dopo le 
                        scuole elementari e una breve permanenza in un collegio 
                        religioso G. inizia a lavorare come apprendista falegname, 
                        diventando poi modellista meccanico. Ritornato a Torino 
                        nel 1906, nel 1908 aderisce al Fascio Giovanile Socialista 
                        Torinese. Di orientamento astensionista, si avvicina all’anarchismo 
                        durante l’agitazione pro Ferrer, nell’autunno 
                        1909. Agli inizi del 1910 G. è, con Ferrero, uno 
                        dei fondatori della Scuola Moderna, una sorta di circolo 
                        culturale finalizzato alla formazione culturale e politica 
                        dei militanti operai, che pubblica anche un proprio bollettino 
                        semestrale. Attivo nella campagna contro la guerra tripolina, 
                        dopo la firma della convenzione tra la Fiom e il Consorzio 
                        automobilistico torinese (gen. 1912) duramente contestata 
                        dai disorganizzati perché in cambio del «sabato 
                        inglese» aboliva le tolleranze e introduceva la 
                        trattenuta sindacale obbligatoria, G. aderisce al nuovo 
                        SUM, sorto per opera dei sindacalisti rivoluzionari, e 
                        partecipa allo sciopero proclamato dal SUM, risoltosi 
                        dopo più di due mesi con una grave sconfitta. L’esperienza 
                        negativa della divisione sindacale lo induce a farsi portatore 
                        nell’ambito del Fascio Libertario Torinese, insieme 
                        con Ferrero, della scelta unitaria a favore della fiom, 
                        anche dopo la costituzione, nel novembre 1912, dell’usi. 
                        Il grande conflitto nel settore d’auto della primavera 
                        1913, risoltosi favorevolmente per la Fiom, segna l’eclissi 
                        del SUM, a cui farà seguito una sezione torinese 
                        dell’usi guidata da Ilario Margarita. Nel giugno 
                        1914 G. ha un ruolo di primo piano negli scioperi della 
                        Settimana rossa. Arrestato per «violenza privata, 
                        minaccia e porto d’arma», viene tuttavia prosciolto. 
                        Lo scoppio della guerra lo vede su posizioni rigidamente 
                        antiinterventiste. Il suo attivismo politico e sindacale 
                        lo costringe a cambiare continuamente posto di lavoro 
                        (Fonderie Subalpine, Acciaierie Fiat, Officine Savigliano 
                        ecc.). Dichiarato abile (anche se riformato alla visita 
                        di leva), ottiene l’esonero come «operaio 
                        specialista». Contrario alla partecipazione al Comitato 
                        di mobilitazione industriale, la sua intensa partecipazione 
                        ad azioni rivendicative gli costa l’esonero (ma 
                        verrà poco dopo nuovamente riformato) e il posto 
                        di lavoro. Tra un licenziamento e l’altro, è 
                        sempre in prima fila nelle agitazioni e partecipa ai moti 
                        torinesi dell’agosto 1917. All’interno della 
                        Sezione torinese della Fiom è, con Ferrero, tra 
                        gli oppositori della linea sia della segreteria sezionale 
                        che di quella federale e lo scontro di tendenze si fa 
                        così acceso che, in occasione del Convegno Regionale 
                        Metallurgico del 22 settembre 1918, si deve ricorrere 
                        al referendum di lista per la nomina dei delegati. Ma, 
                        soprattutto, ai riformisti appare «strano che nei 
                        delegati a questo convegno si debba includere dei compagni 
                        anarchici (quale Garino) che non possono essere favorevoli 
                        che alla assoluta autonomia della Organizzazione» 
                        (C. Artesani, Ai compagni, «La Squilla», 
                        12 set. 1918). Preoccupazione principale dei riformisti 
                        è la possibile saldatura tra il «gruppo libertario», 
                        fautore dell’autonomia sindacale ma a loro avviso 
                        deciso a «nascondere dietro il paravento dell’unità 
                        sindacale il [suo] sogno di conquista», e la corrente 
                        massimalista, i cosiddetti «rigidi», convinta 
                        della subalternità del sindacato al partito (G. 
                        Gotta, Ognuno al suo posto, «La Squilla», 
                        19 ott. 1918). In effetti, agli inizi del 1919 l’opposizione 
                        alla linea del Comitato Direttivo si va coagulando in 
                        un blocco anarco-massimalista. Le Commissioni interne, 
                        riconosciute dall’accordo del 20 febbraio 1919, 
                        tendono superare le proprie prerogative sfuggendo al controllo 
                        dell’organizzazione e in qualche modo sostituendosi 
                        ad essa. Dall’agosto 1919, a iniziare dalla fiat 
                        Centro, le Commissioni interne procedono alla elezione 
                        dei commissari di reparto che danno vita ai Consigli di 
                        Fabbrica, ciascuno dei quali nomina un Comitato esecutivo 
                        che a sua volta assume le funzioni di Commissione interna. 
                        Il 17 ottobre la prima riunione dei Comitati esecutivi 
                        dei Consigli costituisce un Comissariato centrale dei 
                        Consigli. Il 1° novembre l’assemblea della Sezione 
                        torinese della FIOM approva «a grande maggioranza» 
                        l’odg. Boero-Garino, favorevole alla «costituzione 
                        dei Consigli operai di fabbrica, mediante l’elezione 
                        dei Commissari di reparto» (p. t. [P. Togliatti, 
                        L’Assemblea della Sezione Metallurgica Torinese, 
                        «L’Ordine nuovo», 8 nov. 1919), mettendo 
                        in minoranza il vecchio Consiglio Direttivo ed eleggendone 
                        uno nuovo, provvisorio, al cui interno Ferrero, pare su 
                        indicazione di G. che declina un primo invito, assume 
                        le funzioni di segretario. Contestualmente, viene istituita 
                        una Commissione di studio sui consigli, alla quale partecipano 
                        anche G. e Ferrero, e che tiene spesso le sue riunioni 
                        nei locali de «L’Ordine nuovo». Da qui 
                        nasce anche la consuetudine con gli ordinovisti e con 
                        Gramsci, che scriverà dei due anarchici in termini 
                        estremamente positivi (Cosa intendiamo per demagogia, 
                        «Avanti!», ed. piemontese, 28 ago. 1920), 
                        e una collaborazione che si esprimerà nel manifesto 
                        Per il Congresso dei Consigli di fabbrica, apparso ne 
                        «L’Ordine nuovo» del 27 marzo 1920. 
                        Al Convegno straordinario della FIOM a Firenze (9-10 nov. 
                        1919) Boero e Garino riescono a ottenere che i vertici 
                        federali consentano all’«esperimento dei Consigli 
                        di fabbrica» intesi come «la continuazione 
                        dell’opera delle Commissioni interne coordinata 
                        con quella dell’organizzazione» (M. Antonioli, 
                        B. Bezza, p. 575). Nell’aprile 1919 G. è, 
                        come rappresentante degli anarchici torinesi, tra i fondatori 
                        dell’Ucai al Congresso di Firenze, dove è 
                        designato quale membro del Consiglio generale. Nel dicembre 
                        dello stesso anno partecipa al Congresso straordinario 
                        della CdL di Torino e presenta una mozione a favore dei 
                        Consigli, ritenuti «ai fini dei principi comunisti-antiautoritari, 
                        organi assolutamente antistatali e possibili cellule della 
                        futura gestione della produzione agricola e industriale». 
                        Quando, nel maggio 1920, si tiene a Genova il Convegno 
                        nazionale della FIOM, difende la linea conflittuale dei 
                        metallurgici torinesi e «deplora la mancanza di 
                        solidarietà del Comitato centrale e della Confederazione 
                        del lavoro» (ivi, p. 590). Nel giugno successivo 
                        interviene con Ferrero al Congresso anarchico piemontese 
                        proponendo il medesimo odg del Congresso camerale e se 
                        ne farà portatore anche al Congresso bolognese 
                        dell’UAI (1°-4 lug. 1920). Protagonista dell’occupazione 
                        delle fabbriche, nel settembre 1920, al Congresso nazionale 
                        della Fiom tenuto a Milano, all’Umanitaria, appoggia 
                        l’odg Ferrero e rimprovera ai dirigenti nazionali 
                        di avere in qualche modo illuso «la massa operaia 
                        che non distingue se il movimento fosse sindacale o politico, 
                        aveva creduto che voi sareste andati fino in fondo, che 
                        voi l’avreste condotta al gran gesto rivoluzionario» 
                        (ivi, p. 625). Nel 1921 entra a lavorare in una cooperativa, 
                        di cui poi diventerà dirigente e che verrà 
                        trasformata in seguito in società per azioni per 
                        evitare di essere fascistizzata. Durante il ventennio, 
                        infatti, rimane a Torino subendo continui arresti e persecuzioni. 
                        Dopo l’8 settembre 1943 riorganizza il movimento 
                        anarchico torinese e dà vita al Circolo di Studi 
                        Sociali. Prende parte alla guerra di liberazione; arrestato 
                        nell’ottobre 1944, viene rilasciato grazie a uno 
                        scambio di prigionieri. Dopo la Liberazione partecipa 
                        alla vita del movimento libertario piemontese ricostituendo 
                        la Scuola Moderna, che pur svolgendo una intensa attività 
                        culturale con l’organizzazione di diverse conferenze 
                        sui più svariati temi, non avrà più 
                        quel carattere formativo dei militanti che aveva avuto 
                        in passato. Dirigente dell’ANPPIA, muore a Torino 
                        nell’aprile 1977. (M. Antonioli – T. Imperato)
 Fonti: ACS, CPC, ad nomen; U. 
                        Marzocchi, Maurizio Garino, «un», 
                        19 giu. 1977.
 Bibliografia: scritti di G.: L’occupazione 
                        delle fabbriche nel 1920, «Era nuova», 
                        1° apr. 1950; L’incendio della Camera del 
                        Lavoro di Torino (1922), in Dall’antifascismo 
                        alla resistenza. Trenta anni di storia italiana, 
                        Torino 1961. Scritti su G: P.C. Masini, Anarchici 
                        e comunisti nel movimento dei Consigli a Torino, 
                        Torino 1951;Trentennio; G. L[attarulo] – R. A[mbrosoli], 
                        I consigli operai. Un’intervista con il compagno 
                        Maurizio Garino, «A», apr. 1971; M. Antonioli, 
                        B. Bezza, La Fiom dalle origin al fascismo, 1901-1924, 
                        Bari 1978, ad indicem; EAR, ad nomem; 
                        MOIDB, ad nomem; M. Revelli, Maurizio Garino: 
                        storia di un anarchico, «Mezzosecolo», 
                        n. 4, 1980/82.
 
 Pompeo Barbieri Giaconi, 
                        Maria Nasce a Cave di Sassoferrato (AN) il 26 settembre 1892 
                        da Sabatino e Filomena Sebastianelli, contadina. Seconda 
                        di quattro fratelli, fino all’età di vent’anni 
                        vive con i genitori, non mostrando interesse per la politica. 
                        Nell’autunno 1911 parte alla volta degli Stati Uniti 
                        per raggiungere un fratello, colà emigrato e si 
                        stabilisce a Peckville. Conosce e sposa Adolfo Ligi – 
                        minatore, anch’egli originario di Sassoferrato –, 
                        diventando un’attivista del locale movimento libertario. 
                        Le autorità indicano in lei e in Ligi due «anarchici 
                        pericolosi, conosciuti come tali e per conseguenza allontanati 
                        e spregiati dall’elemento sano per le loro idee» 
                        (Vice-Consolato in Scranton, 24 apr. 1933). In particolare, 
                        G. è ritenuta la leader dei sovversivi nella colonia 
                        di Peckville e per questo motivo è sottoposta a 
                        sorveglianza. Nell’aprile 1932 spedisce del denaro 
                        a Ernesto Bonomini, «l’uccisore del fascista 
                        Bonservizi». Qualche settimana più tardi 
                        le autorità intercettano una sua lettera per Malatesta, 
                        alla quale è allegato uno chèque, «parte 
                        ricavato dalla festa datasi il primo Maggio in Oldforge, 
                        Pa.» (Polizia politica, 1° giu. 1932). Nel 1933 
                        G. versa una sottoscrizione a «Il Risveglio anarchico» 
                        di Ginevra, in favore del comitato pro figli dei carcerati 
                        politici d’Italia. Sfugge una prima volta ai controlli 
                        e la sua presenza viene segnalata a Ginevra, al fianco 
                        di Luigi Bertoni, ma è lecito nutrire dubbi sulla 
                        fondatezza della notizia. Nel 1935 si trasferisce con 
                        il marito e la figlia a Filadelfia e nel 1937 è 
                        a New York. Benché sia «rigorosamente sorvegliata 
                        da Agenti federali e da privati detectives» (Ministero 
                        degli Esteri, 21 feb. 1938), le autorità statunitensi 
                        ne lamentano ancora una volta la scomparsa e la sospettano 
                        di essersi recata in Spagna a combattere nelle milizie 
                        repubblicane. Stando alle fonti di polizia, durante la 
                        sua permanenza negli Usa G. sembra non avere tenuto alcun 
                        contatto con la famiglia d’origine, a eccezione 
                        di una lettera del dicembre 1940, indirizzata alla cognata 
                        Maria, ma il cui contenuto è in verità rivolto 
                        alla madre. Muore a New York negli anni Settanta. (R. 
                        Giulianelli)
 Fonti: ACS, CPC, ad nomen; ivi, 
                        DPP, ad nomen; ASAN, Questura, Anarchici, b. 
                        11, ad nomen; AFBC, Memorie di compagni. 
                        Adolfo e Maria Ligi, cass. III.19.
 Bibliografia: R. Lucioli, Gli antifascisti 
                        marchigiani nella guerra di Spagna (1936-1939), Ancona 
                        [s.d.], p. 153; A. Martellini, Fra Sunny Side e la 
                        Nueva Marca. Materiali e modelli per una storia dell’emigrazione 
                        marchigiana fino alla grande guerra, Milano 1999, 
                        p. 126.
 
 Virgilia D'Andrea Alcune 
                        sigle e abbreviazioni ACPC 
                        = Antifascisti nel casellario politico centrale, Quaderni 
                        dell’ANNPIA, Roma, ANNPIA, 1989-1994. ACS = Archivio Centrale dello Stato – Roma
 AFBC = Archivio Famiglia Berneri e Aurelio Chessa – 
                        Reggio Emilia
 ANPPIA = Associazione Nazionale Perseguitati Politici 
                        Italiani Antifascisti
 ASMs = Archivio dello Stato – Massa
 «BAP» = «Bollettino dell’archivio 
                        G. Pinelli»
 CdL = Camera del Lavoro
 CLN = Comitato Liberazione Nazionale
 EAR = Enciclopedia dell’Antifascismo e della 
                        Resistenza, 6 voll. Milano-Bergamo, 1968-1989.
 FCL = Federazione Comunista Libertaria
 FGS = Federazione Giovanile Socialista
 IWW = International Workers of the World
 MOIDB = Il Movimento Operaio Italiano Dizionario Biografico, 
                        Roma, Editori riuniti, 1976-1979.
 OVRA = Opera Volontaria di Repressione Antifascista
 SUM = Sindacato Unico Metallurgico
 UAI = Unione Anarchica Italiana
 UCAI = Unione Comunista Anarchica Italiana
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