Rivista Anarchica Online


 

Di sconfitta in sconfitta

È uscito, per i tipi delle Edizioni Colibrì di Paderno Dugnano (pagg. 127, 7,00 euro + spese di spedizione postale, fax 02 99 04 28 15, e-mail: colibri2000@libero.it), Di sconfitta in sconfitta di Vincenzo Guagliardo, una riflessione sull’esperienza brigatista condotta alla luce di una critica del rito del capro espiatorio. Il lettore che si aspetti di trovare in queste pagine una “storia” delle Brigate Rosse, con eventuali rivelazioni sensazionali o notizie inedite, rimarrà probabilmente deluso.
Infatti, nonostante sia possibile leggervi in filigrana le coordinate principali di tale storia, dagli esordi del partito armato, con la scelta impegnativa e sofferta della clandestinità, fino al caso Peci ed alle sue laceranti conseguenze, la testimonianza proposta in queste pagine scaturisce da esigenze completamente diverse, che nulla hanno a che vedere con la ricerca dello scoop giornalistico o con la storiografia accademica, ma partono invece dal presupposto di un punto di vista soggettivo, che l’autore, protagonista in prima persona delle vicende a cui si fa riferimento, imprime a tutte le sue argomentazioni in proposito.
Con la legge Gozzini e con la legislazione degli anni ottanta e novanta in materia di riabilitazione sociale dei detenuti egli potrebbe dare una soluzione individuale alla propria vicenda giuridica, che, in termini prosaici, abbrevierebbe di qualche lustro la sua permanenza in carcere.
La strada che sceglie, invece, è quella della soluzione collettiva, che passa attraverso la rinuncia al privilegio individuale garantito dalle leggi premiali (e la sua critica: “una legge premiale – scrive – è un ossimoro: una legge dovrebbe garantire un diritto e/o minacciare una pena, non già fondarsi su un premio, che è l’esatto contrario di un diritto.”), e si risolve in una sincera adesione alla battaglia abolizionista, nel contesto della quale Guagliardo mette radicalmente in discussione la cultura della pena attraverso la critica del rito del capro espiatorio.
In questo rito, e nella sua persistenza millenaria, che si incarna, dopo la rivoluzione francese e fino ai giorni nostri, nella fenomenologia del sistema penale e carcerario, Guagliardo individua la radice principale delle manifestazioni di violenza che hanno funestato la storia dell’uomo. La sua riflessione sul tema dell’abolizionismo si colloca pertanto con estrema consapevolezza nel contesto di una presa di posizione inequivocabilmente non-violenta, alla luce di un’esperienza di vita vissuta che conferisce alla sua testimonianza un’autorevolezza ineludibile.

Riccardo Meloni