Rivista Anarchica Online


musica

(Non) per cantare
a cura di Stefano Starace

la musica dei poveri e dei Mercanti

Della canzone italiana Fabrizio De André rimane probabilmente la personalità contro più rappresentativa e il suo patrimonio artistico e umano è universalmente riconosciuto dalla società civile nel suo complesso. Ma se in tanti si sentono idealmente al fianco dell’artista, del suo impegno e persino del suo pensiero trasversali, raramente si possono riconoscere esempi che in qualche modo ne ripercorrano l’attività. D’altronde, soprattutto oggi, e in special modo nel nostro Paese, come si potrebbe argomentare con (im)pudica dignità di puttane e transessuali, di barboni e di mendicanti, di ladri o di assassini, di zingari, disadattati, minoranze… In effetti ci vorrebbe molto, ma molto coraggio.
In una delle oasi italiane del benessere, la Brianza lombarda, il trio Mercanti di Liquore sembra voler viaggiare ufficialmente controcorrente. La lezione del cantastorie genovese l’avevano assorbita già da qualche anno quando cominciavano a proporsi come cover-band della migliore canzone d’autore della nostra penisola e soprattutto, appunto, di Faber.
L’attività artistica dei giovani lombardi ha inizio nella metà degli anni Novanta: dopo una piccola ma significativa serie di soddisfazioni a concorsi e festival, una giovane band denominata Zoo pubblica l’interessante disco Musicamezzanima (Ed. Epic Sony Music). L’album presenta felici commistioni tra musica popolare e rock, canzone d’autore e musica elettronica; il suono del gruppo ha una sua originalità e freschezza tanto che in poco tempo si guadagna simpatia e stima del pubblico e della critica.
Dei sei componenti della band fanno parte Lorenzo Monguzzi, Piero Mucilli e Simone Spreafico che di lì a poco sviluppano il progetto parallelo dei Mercanti di Liquore a testimonianza dell’amore per la canzone d’autore: …una sorta di esigenza epidermica da soddisfare. I propositi riguardanti quel periodo sono tanti e l’idea di mischiare musica e immagini, poesia e recitazione – per esempio con il suggestivo spettacolo “Gente Invisibile, un omaggio a Fabrizio De André e a tutti quelli che hanno raccontato storie sbagliate” – è soltanto quella che si concretizza più naturalmente nell’immediato. Il giovane trio, ribattezzato power-folk per l’energia che riesce a sprigionare dal vivo nonostante la scarna strumentazione (fisarmonica, chitarra folk e chitarra classica flamencata), dopo una valanga di concerti ha pubblicato il Cd “Mai paura” comprendente, oltre a brani originali, anche una serie di canzoni del modello De André, venuto nel frattempo a mancare. Ed è stata strameritata la partecipazione, un anno dopo, alla serata in ricordo di Faber organizzata dalla famiglia De André al Teatro San Felice di Genova; ad invitarli è proprio il regista Pepi Morgia in persona. Al fianco di artisti come Roberto Vecchioni, PFM, Mauro Pagani, Massimo Bubola, Adriano Celentano, Vasco Rossi… la personale rilettura di Geordie è tra quelle più apprezzate dal pubblico e divenuta in seguito un singolo. I Mercanti, inoltre, promuovono a lungo il film-documentario “Faber” insieme ai registi Bruno Bigoni e Romano Giuffrida. È di pochi mesi fa la pubblicazione di “La musica dei poveri”, l’ultimo disco che apre probabilmente il nuovo e definitivo assetto della band milanese.
Praticamente dismessi i panni di cover-band, Lorenzo e soci firmano dieci brani nuovi di zecca, ripescano Brigante se more (Musica Nova) e Viva la rosa (tradizionale francese), assume infine di un nuovo colore Frankenstein del proprio repertorio. A dare una mano al gruppo sono, tra gli altri, Andy (Bluvertigo), Angapiemage Persico (violinista di Davide Van De Sfroos), Luca Urbani alle voci (Soerbia) e Mariangela Pastanella voce e chitarra classica nella deliziosa Lacrime amare. Dalla magistrale introduzione al disco – il drammatico ammonimento di Fra’ Bastiano, ben sonorizzato, tratto dal film Il marchese del grillo – ci si avvia in un percorso musicale ricco (si riconoscono trombone, flauto, percussioni, bouzuki, basso) quanto efficace che fa da corollario a testi di interessante fattura. E qui si ritrovano tematiche e simbolismi, contraddizioni e contrasti drammatici della moderna società: la triste e consapevole spensieratezza del barbone e il “superfluo” dei benestanti dei “quartieri signorili”, l’(anti)eroe per forza, la disobbedienza civile ai poteri costituiti, il consumismo, il viaggio come mezzo di conoscenza di culture altre, tratti di religiosità. Coraggiosa e disarmante (e sofferta) è la denuncia della nativa Lombardia in cui è facile volerti male, di sorrisi non ne fai e ti piace maltrattare. In La musica dei poveri si dichiara invece un’appartenenza come a un cappotto rattoppato e il passaggio la musica è dei poveri diventa un inno. Nel disco, nella disposizione dei brani, questa traccia poteva essere il giusto finale di un percorso di esperienze, di percezioni, di sentimenti, di ricordi… Pensiamolo ugualmente così, ma solo a struttura circolare.

Stefano Starace