Rivista Anarchica Online


Medio Oriente

Il coraggio della debolezza
di Francesco Codello

 

Non c’è mai una guerra fino in fondo giusta, accettabile, giustificabile, ma alcune sono forse più tragiche di altre. Come quella in corso tra israeliani e palestinesi.

Il coraggio della debolezza: potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il concetto chiave di questo articolo.
Le tragiche ed eterne questioni mediorientali hanno raggiunto in questi mesi dei punti di drammaticità elevati e sconcertanti. Ancora sangue su sangue versato ora da palestinesi ora da israeliani, uomini, donne, bambini, giovani e anziani, ora vittime ora carnefici, in nome di un Dio, di una Patria, di uno Stato, di un’ideologia, di un Potere e di un Contropotere, di un pezzo di deserto di sassi e di pietre, di un diritto “divino” o di un fondamentalismo storico, di una “verità” o di una “rivelazione”.
Da tanti, anzi da troppi, anni assistiamo impotenti e disarmati ad un conflitto, ad una tragedia, che lascia sul terreno un’infinità di vittime.
Non c’è mai una guerra fino in fondo giusta, accettabile, giustificabile, ma alcune sono forse più tragiche di altre. E questa è proprio una di queste perché la contesa riguarda due principi apparentemente e parimenti inoppugnabili: quello degli israeliani e quello dei palestinesi ad avere una terra su cui vivere e su cui crescere.
Ma in realtà è la ricerca di una terra sulla quale semplici uomini e semplici donne possano vivere liberamente che occorrerebbe sostenere e conquistare. Una terra dove prevalga il diritto alla debolezza rispetto a quello della forza, dove alberghi la ragione della propria relativa individualità e dove la solidarietà sia il cemento dell’unione comunitaria.

Una piccola goccia

Allora le ragioni israeliane e quelle palestinesi sono in realtà quelle di uno Stato e quelle di un Potere che calpestano le aspirazioni di due popoli.
Secondo questa prospettiva è ovvio che non ci si può schierare né con Sharon né con Arafat perché essi rappresentano questo Stato e questo Potere e personificano una logica di dominio e di terrore. L’unico pacifismo veramente autentico e coerente è quello anarchico, quello cioè che nega ad ogni potere il diritto di “continuare la lotta politica con le armi” perché è il dominio in quanto tale che produce la guerra.
Naturalmente queste posizioni non fanno che accentuare la nostra utopia, la poca concretezza di queste idee ma non ve ne sono altre per poter uscire da questa struggente tragedia. I pochi pacifisti israeliani e palestinesi che si muovono secondo una prospettiva libertaria non sono altro che una piccola goccia in un oceano? Certamente! Ma forse per questo hanno rinunciato a testimoniare la loro diversità con i rischi e i pericoli che ciò comporta? Assolutamente no! Pertanto noi non possiamo che fare lo stesso, consci che la nostra debolezza è in realtà la nostra forza.
Ma è necessario anche fare un po’ di chiarezza. Perché troppi “marpioni” della politica “alternativa” stanno spacciando la propria mala fede per una ragione di pace e di progresso dell’umanità. Come si può sposare in modo così acritico la causa della Palestina nonostante quanto sta succedendo? Certo si può e così viene fatto da una sinistra italiana ed europea che ha abdicato del tutto a quei valori così ormai stancamente citati che sono propri di una tradizione così significativa della cultura storica occidentale. Come si può fare il pacifista militante schierandosi solo contro i carri armati israeliani e non contro le imprese suicide e demenziali dei gruppi terroristici palestinesi, come si può pensare e sostenere come una giusta causa (o ammiccare comprensione) quelle azioni che schierano i giovani imbottiti di esplosivo che si immolano facendosi saltare in aria tra altri giovani colpevoli solo di essere israeliani?
Occorre essere coerenti fino in fondo e ribadire il proprio dissenso e apporre il proprio diniego ad ogni forma di terrorismo, di Stato o di “popolo” che sia.
Certo, agli occhi della Politica il nostro pacifismo è sterile e poco pratico, è insomma debole, ma la debolezza della propria coerenza e della propria integrità è una garanzia sicura e certa, forse l’unica, per la vita e la salvezza degli innocenti e delle vittime dell’odio alimentato da ogni forma di dominio e di coercizione, politica, religiosa, economica e culturale.
Capisco molto bene che ribadire ragioni “utopiche” possa sembrare inutile oppure inconcludente ai fini della risoluzione di una complessa e storica questione come quella arabo-israeliana. Ma devo sottolineare come tutte le ipotizzate o praticate soluzioni prospettate da ONU, UE, ecc., si sono rivelate ancor più inefficaci e soprattutto costruite su dei presupposti che costituiscono la negazione stessa della ragione e della pace, proprio perché sono fondati su logiche di potere e statali e quindi destinate a entrare in rotta di collisione tra di loro.
Quindi non resta che sapere con certezza che solo un Medio Oriente fondato su altri valori può garantire una convivenza tra uomini e donne diversi ma uguali.
Questa consapevolezza porta ad accettare anche l’estrema debolezza di questa prospettiva in questo momento così difficile e tragico ma anche la certezza che non vi sono scorciatoie o altre soluzioni in grado di garantire una diversa realtà.
Anche qui, d’altro canto, non mancano gli esempi concreti di pratica della solidarietà tra uomini e donne di Israele e della Palestina, testimonianze viventi che indicano che altre vie sono sempre possibili se la volontà umana supera la logica del dominio e della disuguaglianza.

Le logiche del Potere

In questi momenti d’altro canto, l’esperienza recente e passata, ci ha insegnato che la via della libertà e dell’autonomia non passa attraverso l’adesione ad una bandiera rispetto ad un’altra, quando queste rappresentano di fatto due diversi ma speculari poteri che trovano nell’odio e nella guerra terroristica la ragione della loro esistenza e del loro rafforzamento.
Forse vedere immagini di bambini addestrati alle armi è più accettabile che non vedere quelle degli eserciti “regolari” in azione?
Occorre dunque tanto coraggio per ammettere la debolezza delle proprie ragioni di fronte ai titani della Politica. Ma è di questo che forse abbiamo bisogno per aiutare gli esseri umani a liberarsi dalle logiche del Potere e del dominio comunque mascherato.
È triste constatare che tra la gente che vive in Europa riaffiora sistematicamente uno spirito antisemita, che si tornano a colpire simboli e persone che appartengono alla storia e alle genti ebraiche, che non ci si indigna di fronte a luoghi comuni, battute, risate che hanno per oggetto gli ebrei. È avvilente leggere intere pagine di quotidiani e di settimanali di sinistra che amplificano solo le ragioni del mondo arabo (lo stesso che per primo ha sempre manipolato, sfruttato e talvolta calpestato i diritti del popolo palestinese usandolo a propri fini di sporca politica interna o internazionale). È umiliante per la nostra etica libertaria sentire le condanne feroci (come devono essere) della strage di Jenin e dei tentativi di occultamento messi in atto dal terrorista Sharon e non sentire la stessa forte e chiara indignazione per tutti i morti degli attentati dei kamikaze palestinesi.
Non possiamo dimenticare che in Israele siano potute vivere esperienze forti e uniche di micro-società alternative alla logica del capitalismo imperante, che ci siano state e ci siano ribellioni e diserzioni dalla politica del militarismo, né come sia ancora possibile aprire spazi di dissenso e di lotta nei confronti del Potere. Ma non risulta che tutto ciò, o altro, possa albergare e sopravvivere né tra i palestinesi, né tra gli altri popoli arabi.
Insomma non si tratta solo di essere equidistanti tra due Poteri ma di difendere con forza le ragioni di tutti gli uomini e le donne che desiderano vivere una vita diversa. Né la bandiera dello Stato israeliano, né quella dello “Stato” palestinese ci appartengono e quindi lasciamole sventolare ad altri.

Francesco Codello