Rivista Anarchica Online


immigrazione

Trasporto bestiame
di Maria Matteo

Dopo l'ennesima tragedia nel canale di Sicilia, con decine di clandestini morti nel naufragio di un'altra "carretta del mare", si è riproposto il solito balletto delle responsabilità e dell'ipocrisia.

Anni fa, era estate, mi è capitato di dormire una notte in una stazione di servizio sull'autostrada. Poco lontano era parcheggiato un camion pieno di vitelli. Per tutta la notte ne ho sentito i lamenti, lo scalpitio degli zoccoli, la frenetica ricerca di un po' d'aria, di spazio. Quella notte, per la prima volta cominciai a capire le ragioni dei vegetariani. Quelle bestie, allevate per il macello, subivano nelle loro ultime ore una vera e propria tortura. Intorno regnava la più totale indifferenza. La sofferenza altrui, senza compassione, non è che un rumore di fondo. Gli animalisti libertari ci invitano spesso a riflettere sui limiti del nostro umanesimo che limita il "comune sentire", la com-passione appunto, alla specie umana. Non sono diventata vegetariana ma, da allora, ho cominciato ad interrogarmi.
All'inizio di marzo si è consumata nel mare di Sicilia l'ennesima tragedia. Un guscio di noce carico di 40, 50 forse 60 disperati è colato a picco. I pochi superstiti devono la vita agli uomini del peschereccio "Elide" che per tre ore hanno trainato la barca in avaria e, dopo il ribaltamento, si sono prodigati per salvare quante più persone possibile. L'unità della Marina militare Cassiopea, dopo essersi rifiutata di trainare la carretta dei migranti, ha di fatto assistito senza intervenire alla morte di uomini, donne e bambini.
Ne è seguito il consueto balletto di accuse e controaccuse: i militari, ovviamente hanno difeso la loro condotta asserendo che le condizioni del mare non consentivano un intervento diverso da quello effettuato. La magistratura ha aperto la rituale inchiesta, i giornali hanno recitato il coccodrillo altrettanto rituale in questi casi. È probabile che tante persone perbene si siano commosse per la fine di queste persone morte come bestie durante un trasporto finito male. Ma in pochi, pochissimi hanno cominciato ad interrogarsi.


Senza documenti, senza identità

La com-passione, il "comune sentire" in questi casi si ferma all'emozione del momento, quella che ci fa sentire umanamente solidali di fronte alle altrui disgrazie. Gli stessi uomini, le stesse donne, gli stessi bambini smettono di essere "umani" quando sbarcano, cercano una casa, un lavoro, un ambulatorio, una scuola. Di colpo si trasformano in un problema di "ordine pubblico" e le loro sofferenze divengono solo un fastidioso rumore di sottofondo, come quello degli zoccoli di vitelli imprigionati su un camion. Carne da sfruttare nei cantieri, nei campi, nelle produzioni nocive, da internare nei centri di detenzione, da cacciare quando non serve più.
Così di fronte alla morte in mare di qualche decina di sudanesi, palestinesi, namibiani si continua a parlare di "incidente", "fatalità". Al più ci si interroga sull'efficienza dei soccorsi, ci si commuove per qualche minuto.
Le responsabilità, quelle vere, restano sullo sfondo, sottaciute se non ignorate. Sono le responsabilità di chi ritiene che le merci possano circolare liberamente ma non le persone. Le responsabilità di uno Stato che nega ai migranti, ai profughi la possibilità di entrare nel proprio territorio. Le responsabilità di chi erige muri per difendere i propri privilegi, di chi in questi anni ha costruito un apparato legislativo che di fatto legalizza la schiavitù. Gli uomini annegati al largo di Lampedusa, come quelli che muoiono soffocati nei container dei camion o schiacciati nelle gallerie ferroviarie non sono vittime di "incidenti" ma vengono quotidianamente assassinati dai governi degli Stati della civile Europa, culla della democrazia, del diritto, della tolleranza e della libertà. Principi validi solo per coloro che hanno avuto la ventura di nascere nella parte "buona" del pianeta. Gli altri devono restarne fuori. Non sono soggetti di diritto, sono clandestini, senza documenti, senza identità. Pagano cifre altissime per fare viaggi rischiosi, su navi strapiene, gestite da delinquenti senza scrupoli.
Ma i famigerati scafisti, non diversamente dai trafficanti che in passato gestivano la tratta degli schiavi verso le americhe, non sono che l'ultimo anello di una catena al cui capo stanno i padroni e padroncini di casa nostra cui una manodopera a poco prezzo, ricattabile e licenziabile senza fatica è assai gradita. A quelli che non servono, che perdono il lavoro e non lo ritrovano la legge riserva un soggiorno in quelle galere per immigrati chiamate "Centri di permanenza temporanea" ed un rapido viaggio di ritorno nei paesi d'origine. Paesi poveri, spesso in guerra da cui sono partiti per sfuggire la fame o le persecuzioni.


Legalizzazione della schiavitù

Di questo devono ringraziare il governo di centro-sinistra, quello dei girotondi per la legalità, che con la legge 40/'98, la cosiddetta Turco-Napolitano, ha istituito i CPT. Gli attuali governanti, saliti al potere con una campagna elettorale giocata sui temi della xenofobia e del razzismo più bieco, non potevano essere da meno dei loro predecessori. La legge 795/'02, la Bossi-Fini, in via di approvazione in Parlamento, trasforma il permesso di soggiorno in contratto di soggiorno: potranno entrare legalmente in Italia solo coloro che, tramite apposite agenzie, siano stati ingaggiati per un lavoro, perso il quale, nel giro di sei mesi piomberanno nella clandestinità. Gli imprenditori nostrani divengono di fatto i padroni della vita degli immigrati alle loro dipendenze. I lavoratori stranieri che non accetteranno i ritmi, gli orari di lavoro e le retribuzioni loro imposte rischieranno il rimpatrio.
Siamo di fronte alla legalizzazione della schiavitù. Chi infatti oserà ribellarsi ad un sopruso, lottare contro turni massacranti, denunciare la carenza di misure di sicurezza o la nocività dell'ambiente? Chi sciopererà per ottenere una migliore retribuzione o semplicemente la parità salariale? In compenso la legge impegna il datore di lavoro a garantire un alloggio agli immigrati che assume. Niente più problema della casa, niente persone sulle panchine o nei sottoscala... grazie alla legge Bossi-Fini potranno dormire direttamente in fabbrica!
La durata massima della permanenza nei CPT viene estesa a due mesi. Nuove galere verranno costruite per i richiedenti asilo politico, che vi verranno rinchiusi, magari per mesi ed anni, finché la loro richiesta non verrà esaminata e quindi accettata o respinta. La destra nostrana mostra di saper efficacemente coniugare efficienza e razzismo e, per non gravare sulle spalle dei contribuenti nostrani, stabilisce che le spese per le prigioni per i clandestini verranno sostenute utilizzando i soldi versati in contributi dai lavoratori stranieri.
La Marina militare, la stessa che il venerdì di Pasqua del '97, speronò ed affondò la nave albanese Kater I Rades facendo trecento morti, la stessa che ha assistito senza intervenire al naufragio al largo di Lampedusa, avrà il compito di pattugliare i mari e respingere o catturare i migranti.
Già sappiamo che le cronache dei prossimi mesi ed anni ci riserveranno altri "incidenti", altre "disgrazie", altre carrette affondate con il loro carico umano.
A noi l'impegno che le urla disperate di chi affoga, di chi muore perché nato nel posto sbagliato, di chi viene imprigionato e cacciato perché clandestino, non siano un mero rumore di fondo.

Maria Matteo