|  A Barcellona sul clima 
 L'Incontro internazionale contro il cambiamento climatico, 
                  organizzato dalle associazioni Risingtide e Eyfa, si è tenuto 
                  nei locali di Can Masdeu, nei pressi di Barcellona (2-9 febbraio 
                  2002). Can Masdeu è un vecchio casolare situato sulle colline 
                  di Barcellona; da dicembre del 2001 è stato occupato da un gruppo 
                  di giovani, con l'intenzione di creare uno spazio autogestito 
                  dove sperimentare forme di vita alternative alla logica consumista, 
                  recuperando l'uso delle terre abbandonate e praticando il riciclaggio 
                  e la riutilizzazione dei materiali. Eyfa è una rete internazionale 
                  di gruppi ecologisti europei che ha per obiettivo principale 
                  la prevenzione del degrado medio ambientale e dell'ingiustizia 
                  sociale, la sede è ad Amsterdam; Risingtide è una coalizione 
                  internazionale di gruppi ed individui che utilizzano la tattica 
                  attivista come metodo per affrontare il problema, le sue basi 
                  di coordinazione si trovano in Olanda, Gran Bretagna, Germania, 
                  Corea, Australia. All'incontro hanno partecipato 150 attivisti circa, provenienti 
                  da varie ONG delle differenti parti del mondo. Varie sono state 
                  le attività organizzate, tra seminari, conferenze e laboratori 
                  pratici.
 L'esperienza si è rivelata molto positiva, le tematiche trattate 
                  varie: dalle problematiche ambientali, alle politiche economiche 
                  mondiali, dal Protocollo di Kyoto al ruolo delle multinazionali, 
                  dai movimenti indigeni ai processi di privatizzazione e globalizzazione. 
                  Il problema del cambiamento climatico è stato analizzato e discusso 
                  relazionandolo alle problematiche sociali e politiche nel contesto 
                  della giustizia sociale. È emerso chiaramente come a far le 
                  spese della globalizzazione siano sempre i paesi più poveri. 
                  Sono intervenuti direttamente membri di alcune organizzazioni 
                  attive in Nepal, Uruguay, Papua, Sudafrica. Molte persone provenivano 
                  da esperienze di "azione diretta". Ad esempio, per quanto riguarda 
                  la situazione in Sudafrica, Dudu (una giovane attivista) ci 
                  ha parlato delle privatizzazioni messe in atto nel suo paese 
                  negli ultimi anni, con conseguente aumento dei costi di beni 
                  primari come acqua e luce. Negli ultimi mesi c'è stato un gran 
                  movimento di protesta contro la Eskom, l'impresa che ha effettuato 
                  tagli dell'elettricità in gran parte delle case. Per contrastarla 
                  è sorto un gruppo di giovani volontari che s'incarica di riallacciare 
                  illegalmente l'elettricità, dove questa sia stata tagliata.
 Durante le conferenze si sono visionati anche video, tra cui 
                  ne segnalo uno, molto divertente, in cui vengono mostrate le 
                  azioni contro la costruzione della diga nella piana di Itoiz, 
                  in Spagna. (I membri del collettivo Solidarios con Itoiz hanno 
                  svolto una campagna enorme negli ultimi 5 anni, riuscendo anche 
                  ad attaccare manifesti sulla cupola del Vaticano). Oltre alla 
                  parte teorica, sono stati realizzati inoltre corsi su tecniche 
                  di arrampicata, creazione di siti internet, teatro di strada, 
                  realizzazione di manifesti, elettricità per case occupate, giocoleria. 
                  Uno dei punti più importanti è stato quello della comunicazione 
                  con la gente, del ruolo svolto dai media e della criminalizzazione 
                  che sta subendo l'attivismo con le nuove leggi europee e mondiali 
                  "anti-terrorismo". Quello che sembra essere emerso come volontà 
                  generale è l'uso dell'umorismo, della fantasia, della creatività 
                  dell'arte, del gioco e della comunicazione come armi e come 
                  metodi di lotta. Chiaramente, dopo le ultime manifestazioni, 
                  sarebbe un imperdonabile errore cadere nella trappola della 
                  violenza. Quello su cui invece si è voluto puntare è stato il 
                  "come" arrivare alla gente, soprattutto ora che l'informazione 
                  è sempre più manipolata e controllata. Tra i presenti c'erano 
                  anche alcuni dei collaboratori del network indymedia.
 Le giornate sono state molto intense (si poteva scegliere tra 
                  3-4 attività contemporaneamente), la cucina e le mansioni di 
                  pulizia si sono svolte in maniera comunitaria, turnandosi di 
                  giorno in giorno e la sera c'è stato tempo per fare festa, mettere 
                  su musica e divertirsi. È stato montato, inoltre, uno spazio 
                  per scrivere lettere a prigionieri politici detenuti nelle varie 
                  carceri del mondo. (Per molti di noi si è trattato della prima 
                  lettera a un detenuto).
 L'ultimo giorno si è tenuto un incontro presso l'Ateneo popular 
                  de Nou Barris (ex-fabbrica occupata 20 anni fa, oggi centro 
                  culturale e sede di una scuola di circo), in cui ci si è relazionati 
                  con alcune delle persone del quartiere (4 gatti a dire la verità), 
                  dove sono emerse tra le altre cose le problematiche del movimento 
                  di occupazione a Barcellona, che sta subendo sempre più repressione 
                  e ghettizzazione, soprattutto in vista della riunione della 
                  UE che si terrà il 15 e il 16 marzo nella città. Ma ci si è 
                  lasciati con un SEGUIREMO ADELANTE, che dà per certo che il 
                  movimento non si fermerà.
 
  Francesca Palombo e-mail: bellashtoria@yahoo.com
 
 Per contatti:
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 e-mail: eyfa@eyfa.org
 
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    Il cantastorie Trincale, Berlusconi e noi
 Tra gli episodi che dimostrerebbero, secondo 
                  gli avvocati del presidente del consiglio, l'incompatibilità 
                  ambientale" tra Milano ed il processo Berlusconi-Previti, è 
                  stato citato il cantastorie Franco Trincale - un siciliano 
                  (compaesano di Pippo Baudo, a cui dedicò una caustica ballata) 
                  da oltre un trentennio trapiantato a Milano. In occasione di 
                  una sua performance in piazza del Duomo, un passante non avrebbe 
                  gradito una sua ballata non proprio simpatetica per il nostro 
                  Silvio e ne sarebbe nata una quasi-rissa. Conclusione degli 
                  avvocati: via da Milano e rotta decisa sul tribunale di Brescia. 
                  Franco Trincale è un nostro vecchio amico. Pubblichiamo qui 
                  di seguito il testo scritto da un nostro redattore (già pubblicato 
                  a suo tempo da Sicilia libertaria) in occasione di un'iniziativa 
                  promossa nel 1999 dal Comune di Militello, in occasione del 
                  trentennio di attività artistica di Trincale.
 
 Conosco Franco Trincale da una trentina d'anni. Lo incontrai 
                  durante quella bella, calda, indimenticabile stagione di lotte 
                  e di speranze libertarie che si schiuse nel maggio '68 e durò... 
                  tanto. Quanto non lo so: per certi aspetti, dura ancora oggi.
 Con la sua chitarra, con le sue ballate, con il suo stare in 
                  mezzo alla gente, nelle piazze, nei cortei, Franco era un personaggio 
                  che certo non passava inosservato. Era un "compagno del PCI", 
                  ma non aveva niente a che spartire con l'apparato burocratico 
                  e un po' perbenista del grande partito. Franco  lo sentivi 
                  subito  era "un compagno", uno che, per istinto prima 
                  ancora che per ragionamento o analisi ideologica, stava dalla 
                  parte dei lavoratori, dei disoccupati, dei senza-casa ("La casa 
                  è di chi l'abita, è un vile chi l'ignora" cantava 
                  in quegli anni, in uno dei suoi numerosi lp autoprodotti), del 
                  popolo.
 Insieme abbiamo fatto numerosi comizi  io parlavo, lui 
                  cantava e parlava  e sempre mi colpiva la sua innata, 
                  strabordante capacità di entrare in sintonia con la gente, di 
                  accalappiarne l'attenzione, di muovere al contempo i sentimenti 
                  e la ragione. Non ebbi mai l'occasione di assistere ad un suo 
                  spettacolo all'estero, tra i nostri emigranti, nel bacino della 
                  Ruhr o in Belgio. Ma credo di riuscire ad immaginare quali potenti 
                  sentimenti, quale viscerale coinvolgimento le sue ballate, la 
                  sua testimonianza, la sua carica umana riuscissero a smuovere.
 La coerenza non è mai stata il suo forte  e Franco, 
                  da gran figlio di..., lo ha sempre rimarcato. È stato 
                  più volte militante comunista. All'indomani di un violento sgombero 
                  poliziesco, nelle case occupate di viale Tibaldi a Milano, strappò 
                  pubblicamente la tessera del partito - salvo poi rientrare, 
                  dopo non molto, nei ranghi del PCI. In quell'epoca lo intervistai 
                  per la rivista anarchica "A" e ne disse di cotte e di crude 
                  sui tradimenti della "sinistra storica". Salvo poi...
 Con noi anarchici ha sempre avuto un rapporto aperto, sincero, 
                  anche conflittuale: noi non siamo un partito ed un irregolare, 
                  come Franco basilarmente è, ha sempre saputo di poter 
                  trovare dalle nostre parti porte aperte e disponibilità al confronto: 
                  soldi pochi o niente, lavoro mica tanto, ma disponibilità tanta. 
                  Noi non abbiamo dimenticato che, in occasione di una Befana 
                  benefica al teatro Lirico, il 6 gennaio 1970, nel pieno della 
                  caccia all'anarchico e della criminalizzazione del nostro movimento, 
                  Franco cantò dal palco il suo "Lamientu" per la morte dell'anarchico 
                  Pinelli. Mentre "l'Unità" scriveva in quei giorni di "oscura 
                  morte del ferroviere anarchico", Franco attingeva al suo patrimonio 
                  più sentito  quello della cantata siciliana e della sua 
                  lingua  per gridare la sua, la nostra verità. Con coraggio 
                  e finezza d'animo. Controcorrente.
 Un ultimo flash. Franco Trincale a Carrara, in casa di mio suocero 
                   il vecchio Alfonso Failla, siracusano, adamantina figura 
                  di militante antifascista (13 anni tra carcere e confino), siculo 
                  fino al midollo anche se (o proprio perché) da decenni residente 
                  sul continente. Alfonso era vecchio, depresso, ammalato, dopo 
                  aver fatto comizi di fuoco per decenni in tutt'Italia, si era 
                  come ripiegato su se stesso. Ma con Franco quella notte fu un 
                  parlare per ore ed ore, in siciliano. Potenza del calore umano, 
                  della Sicilia e anche dell'anarchia.
   Paolo Finzi    Antimilitarismo/1
 Il diciannovenne obiettore totale Malik S. di 
                  Berlino, dal 3 gennaio 2002 è stato nuovamente posto in arresto 
                  per 21 giorni. Malik aveva ricevuto la cartolina per il servizio 
                  di leva l'1 novembre 2001. Si è presentato il 3 novembre alla 
                  "sua" unità a Bteitenburg presso Itzhoe e da allora ha coseguentemente 
                  rifiutato tutti gli ordini. Fino ad oggi gli sono stati inflitti 
                  tre arresti disciplinari con una durata complessiva di 56 giorni. 
                  Le forze armate federali si allontanano, in questo caso, dalla 
                  prassi vigente che consiste nel non infliggere nessun arresto 
                  di durata superiore ai 63 giorni. Con questo quarto arresto 
                  Malik è rimasto segregato in una cella di sei metri quadrati 
                  per 77 giorni.
 Può uscirne una volta al giorno, accompagnato da soldati di 
                  guardia. Gli è concessa soltanto un'ora di tempo per le visite. 
                  Le forze armate cercano, con questi mezzi spropositati, di spezzare 
                  la volontà dell'obiettore. Inoltre le forze armate hanno sporto 
                  denuncia contro Malik S. per insubordinazione.
 In questo caso può essere condannato a tre anni di carcere. 
                  Malik è un pacifista: rifiuta ogni tipo di servizio militare 
                  per ragioni di coscienza. Poiché il servizio civile è parte 
                  costitutiva dei piani di guerra civili-militari, il riconoscimento 
                  ufficiale della sua obiezione di coscienza non costitutisce 
                  per lui un'alternativa. Obiettori di coscienza riconosciuti 
                  come tali, in caso di proclamazione di stato di guerra, possono 
                  essere chiamati nelle unità di supporto all'esercito per un 
                  tempo indeterminato. Il servizio civile è un servizio militare 
                  senza armi al quale conseguentemente Malik vuole obiettare. 
                  Ma, secondo le norme del diritto vigenti, nessun arresto deve 
                  avere, comunque, un carattere punitivo. L'arresto deve "favorire 
                  la disponibilità a svolgere il servizio militare". Poiché i 
                  precedenti 56 gioni di arresto non hanno ancora spezzato la 
                  decisione responsabile né la volontà di Malik, gli ulteriori 
                  21 giorni non lo porteranno a ad assoggettarsi all'esercito. 
                  Questo ulteriore arresto è illegittimo, perché ha esclusivamente 
                  un carattere punitivo.
 Chiediamo il rilascio immediato di Malik. La violenta imposizione 
                  del diritto totale del potere contro gli obiettori totali attraverso 
                  l'arresto è illegale. Questo mezzo è del tutto inutile nel caso 
                  degli obiettori totali, perché la loro decisione non si può 
                  piegare.
 Campagna contro la coscrizione militare obbligatoria, il servizio 
                  militare obbligatorio e l'esercito.
 Info: www.graswurzel.net
  (a cura della Cassa di solidarietà antimilitarista) 
    Antimilitarismo/2
 Il processo al nonsottomesso Orazio Plantone di 
                  Massafra (Taranto), che si doveva tenere lo scorso 3 marzo presso 
                  il Tribunale di Udine, è stato rinviato a novembre presso lo 
                  stesso tribunale.   
                   (a cura della Cassa di solidarietà antimilitarista) 
    Sono 
                    stati gli anarchici?
 Sull'Unità del 6 marzo scorso è apparso, 
                    sotto il titolo "Sono stati gli Anarchici", uno scritto di 
                    Fulvio Abbate che ci fa piacere ripubblicare integralmente. 
                    
 Questa storia che a mettere la bomba al Viminale "sono stati 
                    gli anarchici ", così come l'ha pronunciata senza pensarci 
                    due volte il ministro degli Interni è discutibile sia nella 
                    forma sia nella sostanza, e deve dunque insospettirci per 
                    la sua prevedibilità. Questa storia che "sono stati gli anarchici 
                    " stilla, insomma, bugie e forse perfino calcolo politico 
                    quindi, fra Scajola e gli anarchici, dopo aver fatto mente 
                    locale alle sequenze peggiori della storia repubblicana, agli 
                    atti e ai verbali relativi alla vicenda della bomba di piazza 
                    Fontana, alle trame, alle reali responsabilità dei fascisti 
                    della P2 e delle istituzioni deviate della cosiddetta "strategia 
                    della tensione" dopo aver rivisto tutto questo brutto telegiornale, 
                    almeno personalmente scelgo di schierarmi senza alcun dubbio 
                    accanto ai compagni di Giuseppe Pinelli.
 E ancora questa storia che "sono stati gli anarchici" dovrebbe 
                    ricordare che le campagne di criminalizzazione della sinistra 
                    iniziano colpendo ciò che per definizione è ritenuto "l'anello 
                    più debole" dello schieramento che qui, per semplicità diremo 
                    "progressista": gli anarchici appunto.
 Quanto a me ho scoperto già da molti anni di preferire il 
                    pensiero libertario alle parole che legittimano sempre e comunque 
                    il bene insindacabile delle autorità, almeno da quando un 
                    vicino di banco iscritto alla Giovane Italia, vedendomi sotto 
                    braccio il giornale "Umanità Nova".
 Disse esattamente così: " Sai, fino a quando eri comunista, 
                    ti potevo anche rispettare, ma da anarchico mi fai davvero 
                    schifo". Dov'era il discrimine? Il discrimine, allora come 
                    oggi, riguarda esattamente la questione della delega e dunque 
                    la repressione e del controllo delle idee. Che tipo di carriera 
                    abbia fatto il tipo che disse così, davvero lo ignoro. So 
                    però che, strada facendo, ogniqualvolta c'era da trovare una 
                    risposta che desse una pienezza ideale o piuttosto non facesse 
                    rinunciare al bisogno di una prospettiva ampia, ho sempre 
                    fatto ritorno al germe, anzi alla spora iniziale della sinistra, 
                    al pensiero anarchico.
 L'ho fatto leggendo "L'uomo in rivolta" di Albert Camus, ma 
                    anche grazie agli spiccioli di vissuto che mi hanno donato 
                    alcuni libertari spagnoli, come Diego Camacho, che ha passato 
                    dodici anni nelle carceri di Franco, mentre stavamo a bere 
                    insieme in un bar di Toulouse. L'ho fatto ancora riflettendo 
                    sulla fine ingloriosa del socialismo reale. Mi torna in mente 
                    che, sempre su queste pagine, nei giorni del dibattito intorno 
                    all'ennesima "Cosa" chiesi espressamente che accanto al recupero 
                    della tradizione azionista-repubblicana e liberalsocialista 
                    avvenisse anche un richiamo a Camillo Berneri, un intellettuale 
                    anarchico che aveva dialogato con Gramsci e con Gobetti, assassinato 
                    dagli stalinisti a Barcellona nel maggio 1937. Qualunque cosa 
                    dicano coloro che accusano di "massimalismo" chi fa dell'indignazione 
                    una prassi morale, piaccia o meno, viviamo anche di idee, 
                    anzi, di ideali, che per certuni, magari, casi sono gli stessi 
                    che hanno portato a combattere nella Resistenza gli uomini 
                    delle Brigate Libertarie "Bruzzi-Malatesta " di Milano e Giuseppe 
                    Pinelli a venire misteriosamente giù dalla finestra di una 
                    questura.
 Chissà se il ministro Scajola ha mai avuto dimestichezza con 
                    questo genere di scelte
 Ci piacerebbe saperlo.
  Fulvio Abbate
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