Uno dei tratti salienti dell'idea anarchica,
che ne caratterizza in modo qualificante la natura, è il suo
essere pluralista. Il pluralismo come concezione filosofica
si sostanzia nell'idea che non vi sono culture uniche né tantomeno
è possibile racchiudere lo sviluppo della storia in una concezione
dualistica.
Con questo si vuol dire che sono possibili sempre altre vie
che rappresentano altri possibili percorsi che l'uomo può intraprendere
nel corso della sua esistenza.
Ma in tutto ciò non si riconosce solo l'idea anarchica ma anche
quella liberale, mentre ne sono escluse le filosofie fondamentaliste
e quelle di origine hegeliana (marxismo compreso).
Ma l'anarchismo attribuisce a questa concezione dei significati
più ampi e anche diversi da quelli dell'ideologia liberale.
Innanzitutto il pluralismo libertario si connota attraverso
l'intreccio con la concezione della libertà che oltre ad essere
"libertà di" (chance) è anche "libertà da" (dai limiti costruiti
alla libertà stessa). L'anarchismo è pluralista al suo interno
vale a dire che, dati i medesimi diritti e doveri fondati sull'idea
bakuniniana della libertà individuale che si realizza solo attraverso
la stessa libertà degli altri, e acquisito il concetto kropotkiniano
del naturale e decisivo sentimento e ideale di solidarietà e
mutuo appoggio, considera la società non riconducibile ad una
sintesi né politica, né economica, né culturale (Proudhon),
ma la diversità naturale prelude alla conseguente pluralità
della società. Insomma il pluralismo è insito nella natura delle
cose e non un costrutto filosofico e politico. Ancora una volta
l'anarchismo è essenzialmente una estremizzazione positiva dell'idea
di libertà nella diversità.
Ma proprio quella dimensione della "libertà da" lo qualifica
ulteriormente rispetto alla teoria liberale proprio perché non
ritiene possibile alcuna vera pluralità se non fondata sull'assenza
della disuguaglianza in quanto si tratterebbe piuttosto di una
cristalizzazione di differenze sociali determinate e perpetuate
dal potere e dalla gerarchia. Questo costituirebbe una non pluralità
perché sarebbe solo un'uguaglianza tra disuguali.
Un'idea comune di anarchia
L'anarchismo però non può che essere pluralista al suo interno,
vale a dire che le opzioni diverse all'interno di uguali sono
non solo possibili ma anzi inevitabili pena la fine della libertà,
dunque della pluralità e della molteplicità.
Allora è sufficiente che vi sia una negazione del potere perché
ci sia il riconoscimento nella comune idea di anarchia?
A me pare proprio di no.
Se così fosse invece ogni forma di rifiuto del dominio, o per
essere più precisi della gerarchia che viene prima del dominio,
potrebbe essere considerata come espressione di per se dell'anarchismo.
Invece, dal mio punto di vista, ciò, pur essendo indispensabile,
non è sufficiente. Occorre anche che alla rottura con l'immaginario
sociale dominante segua la consapevolezza della connessione
e della necessaria coerenza tra mezzi e fini. Ma non basta.
È indispensabile anche che al fondo di questa rottura
vi siano dei sentimenti positivi di amore e un'etica della responsabilità.
Solo con queste premesse ritengo praticabile il pluralismo all'interno
dell'anarchismo e quindi conseguentemente nella società.
In altre parole ritengo che la molteplicità sia possibile solo
in presenza di quest'etica anarchica che si fonda sull'estensione
del concetto di libertà (che abbiamo visto sopra) a quello del
rispetto, nel senso che il rispetto di se stessi si può realizzare
solo attraverso il medesimo rispetto degli altri.
Il pluralismo anarchico è pertanto una esaltazione della diversità
come coronamento dell'uguaglianza di libertà e di autonomia
mentre il pluralismo liberale è una istituzionalizzazione ed
una perpetuazione della disuguaglianza e quindi dell'illibertà.
Essere pluralisti significa, secondo una prospettiva libertaria,
considerare che scopi e finalità, anche incompatibili fra di
loro, di esseri umani diversi sono tanti ma non illimitati,
perché, come sostiene giustamente Isaiah Berlin, "la natura
degli uomini, per quanto varia e soggetta a mutamenti, deve
pur sempre possedere un qualche carattere intrinseco, generale,
ché altrimenti non si potrà più dirla umana" (I. Berlin, Il
legno storto dell'umanità, Adelphi, Milano, 1994, p. 124).
Vale a dire che pur in una varietà ampia di scopi esiste uno
specifico dell'umano negando il quale non si può più parlare
di umanità. Nella concezione più radicale del pluralismo liberale
vi è la convergenza con il relativismo, vale a dire che non
esistono valori oggettivi, ma che tutto è accettabile perché
tutto comunque prodotto dall'umano, anche se condizionato da
tempi storici, culturali, economici, politici, psicologici.
Per quanto mi riguarda penso che mentre il pluralismo per essere
tale, secondo una prospettiva libertaria, deve compiersi attraverso
la pratica della libertà, così come l'ho prima espressa, vale
a dire che la libertà non ha limiti ma si sostanzia nella medesima
libertà altrui, così il relativismo è accettabile, sempre da
un punto di vista libertario, solo in quanto non diventa indifferenza
etica.
Una moderna etica anarchica
L'anarchismo quindi è pluralista in quanto si fonda sulla libertà
e relativista fin quando non si sostanzia nella presunta neutralità.
Ecco perché l'anarchismo in conseguenza di ciò è anche portatore
di valori, come la libertà e la solidarietà, che pur esprimendosi
in modi e forme diverse nel corso della storia, rappresentano
l'essenza stessa del suo essere. Questi valori, intesi nella
loro accezione anarchica, sono l'impulso naturale che l'uomo
riconosce nella sua storia e nella sua natura e, attraverso
la consapevolezza razionale ed emozionale e la coscienza della
sua volontà (Malatesta), estende all'intera umanità.
Il pluralismo libertario non gerarchizza le forme sociali e
i valori di cui sono portatrici ma al contempo non azzera i
comportamenti umani dentro un relativismo etico che per sfuggire
alla logica dell'oggettività (azione positiva) esprime un'indifferenza
totale che nega la natura stessa di ogni libertà e solidarietà.
In altre parole voglio dire che, come giustamente fa notare
Kropotkin nella conclusione dell'Etica (di quella parte
a noi conosciuta), una moderna etica anarchica non può risolversi
né nell'accettazione delle prescrizioni sociali tramandate attraverso
l'educazione, né tantomeno può realizzarsi e compiersi sulla
base di ogni singola libertà avulsa da un contesto comunitario
di regole e di principi comunemente e liberamente condivisi.
Il pluralismo anarchico è l'insieme delle risposte autonome
di singoli e di gruppi che riconoscono che l'origine di questa
coscienza etica ha una natura profonda che si sviluppa nell'uomo
per ragioni psicologiche oltre che culturali.
Senza coscienza non vi può essere compimento dell'umanità dell'uomo
e senza pluralismo culturale e sociale non vi può essere libertà
nella diversità. Ma senza valori fondanti non vi è pensiero
anarchico ma piuttosto fondamentalismo religioso, assolutismo
etico, totalitarismo dell'indifferenza.
Affermare con forza la natura pluralista dell'anarchismo non
significa riconoscere ugual diritto di albergare sotto a questa
protezione teorica ad ogni forma di ribellismo, di nichilismo,
di negazione.
Ciò che fa si che il pluralismo sia un valore fondante dell'anarchismo
è la sua natura di espressione delle pluralità di forme e risposte
culturali, sociali, emozionali che si realizzano compiutamente
solo attraverso i valori della libertà e della solidarietà che
sono la ragion d'essere dello stesso anarchismo. Non è infatti
possibile che una idea possa sopravvivere alla sua negazione
e neppure che un movimento (inteso in senso esteso e pragmatico)
possa affermare le proprie ragioni negando nei fatti i presupposti
che lo hanno determinato.
Francesco Codello
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