Rivista Anarchica Online


culture libertarie

Clonati o mutanti
di Ruben Prieto

Quale ruolo per gli anarchici oggi. L’opinione di uno dei fondatori della Comunidad del Sur, in Uruguay.

In tutti gli ambiti della vita, tanto nella parte “sviluppata” come in quella “non sviluppata” del mondo, gli esseri umani sono sulla via del liquidare gli antichi significati e di crearne di nuovi. Nostro compito, demolire le illusioni ideologiche che ostacolano questa creazione.

C. Castoriadis

Una cultura libertaria (confluire di libertà e solidarietà che si fanno trama di “mondi di vita”, è un processo infinito di creazioni al fine collettive, ma aventi origine da iniziative personali o di piccoli gruppi. In questo senso potremmo affermare che sia risultato di un agire antico, da sempre presente nella storia e ogni volta inedito. Sintonizzare la creatività degli esseri umani su di un tempo libertario – così come avviene nel linguaggio – significa essere in grado di, in uno stesso atto, sintetizzare tradizione e novità.
Nella storia dell’umanità questa istanza compare in potenza e in conflitto con le altre opportunità che si aprono all’agire della nostra inesplicabile specie. Tuttavia il suo emergere è inestricabilmente legato alle opposte, contraddittorie, molteplici forme che da sempre animano la vita sociale.
L’autoritarismo e la dominazione, quali tecnologie per affrontare le innumerevoli minacce che circondano le società, strumentalizzarono presto le “invenzioni” socioculturali che i gruppi umani erano venuti precisando. L’emergente autoritario incontrò un campo fertile nella radicale immaturità che caratterizza gli esseri umani e nella debolezza dei loro intenti associativi.
Le leggi naturali, ineludibili quanto parzialmente comprese, condizionarono fortemente le risposte di quella seconda natura che sono le culture. Queste diedero luogo all’apparire di leggi imposte da regimi dispotici, i quali ricorrevano alla loro sacralizzazione per assicurarsi obbedienza.
È tuttavia evidente il persistere di una smania di superamento dei limiti imposti per ricercare soluzioni ispirate a un’altra trama, a un altro immaginario. Di una tensione verso una gestione solidale e senza dominio dei problemi esistenziali che gli individui devono affrontare e che li inducono ad organizzarsi in forma sociale.
Kropotkin nel “Mutuo appoggio” sottolinea il doppio versante che configura lo sviluppo della storia sociale. Approfondisce il tema delle risposte che sorgono quando le istituzioni, forti della legittimazione autoritaria, svelano la propria anima repressiva e il volto dell’ordine che garantisce la dominazione. In questi momenti la storia accelera e irrompe la rivolta degli oppressi e di quanti hanno una visione chiara, evento nel quale la critica al reale si coniuga con il progetto di un’alternativa. Ove le capacità istitutive si confrontano con le strutture istituite, vale a dire imposte dalla violenza e dalle tradizioni, si evidenziano il senso della proposta e della sperimentazione libertarie.
La resistenza e la creazione si alimentano mutuamente e da questo campo di forze scaturiscono tre differenti modalità di risposta: “una parte dei ribelli si impegna a purificare le istituzioni... (un’altra parte) a elaborare forme più evolute di libera convivenza, una volta di più basate sul mutuo appoggio. Nel medesimo tempo un’altra parte di quanti si ribellarono... prende a distruggere le istituzioni mutualistiche per, in luogo loro, imporre il proprio arbitrio, accrescere le proprie ricchezze e consolidare il proprio potere”.


La nascita dell’anarchismo

Tutte le idee sono erronee, vale a dire, contraddittorie e irrazionali, se le s’intende in un’accezione esclusiva e assoluta.

J.P. Proudhon

La nascita dell’anarchismo è da inscrivere nel solco di ciò che l’ha preceduta, e dev’essere intesa come una elaborazione teorica e tarda del primitivo o naturale anelito degli uomini verso la libertà e la solidarietà.
La collettiva edificazione umana – non esiste cultura a partire da esseri isolati – è profondamente condizionata dai desideri di coloro che potrebbero svilupparla, soggetti a loro volta limitati dai processi di socializzazione che li circondano. Da ciò la varietà delle culture apparse in aree ed epoche differenti; da ciò i cambiamenti che, includendo la possibile sparizione, interessano le innumerevoli creazioni culturali, considerate come totalità quanto nelle loro espressioni parziali.
D’altra parte la nuova società emerge e cresce dall’ambito che la precede, in un processo di concatenazione infinito. Ciò presuppone la sovrapposizione di due aggrovigliate sequenze, le quali abbracciano sia i movimenti che intendono sconfiggere le forme caduche mediante la rivoluzione, sia le forze conservatrici impegnate nella loro riforma dall’interno. Intento quest’ultimo che si traduce nella modifica di ciò che è necessario mutare perché il tutto si conservi.
Nel primo caso, la rivoluzione rappresenta un’accelerazione della storia, che può essere o meno accompagnata da violenza, e che si produce quando le frustrazioni sociali si accumulano fino a raggiungere un livello insopportabile. Ma soprattutto, la rivoluzione rappresenta l’emersione di valori, soluzioni ed esperienze che i soggetti sociali hanno ricercato, accumulato e proposto nel solco della storia e contro la storia.
A differenza delle culture dominanti, il progetto libertario è incompatibile con ogni tipo d’imposizione. L’autonomia e l’autogestione esigono una trasformazione della società tanto a livello di struttura, quanto delle varie articolazioni funzionali, includendo la singola cellula. Come sottolinea Castoriadis, una società autonoma non è concepibile senza soggetti autonomi, in grado di darsi regole proprie ed estranei a meccanismi di eterogestione. Parallelamente deve prodursi l’emersione di un mondo istituito che miri a generalizzare l’autogestione e si riveli in grado di attivare dispositivi di critica e rigenerazione permanenti.
La dimensione dell’anarchismo che qui si rivela ne sottolinea le differenze rispetto ai dogmatismi e ai riduzionismi contemporanei. Un progetto sociale organico presuppone l’avvio di un processo autogestionario che possa generare alternative, quanto contrastare le proprie degenerazioni e rispondere alla necessità di rigenerazione delle istituzioni create durante il percorso.
Nostro luogo paradossale quali anarchici si definisce nell’arco che unisce la sponda delle forme sociali imposte – e che ci include come individui forgiati dal sistema dominante – al progetto utopico cui ci riferiamo trattando d’anarchismo – dovremmo in realtà parlare di anarchismi, dato che la valorizzazione della differenza ne rappresenta un aspetto fondamentale.
Questa dualità coinvolge l’afflato libertario nel suo complesso. Le modalità per raggiungere ciò che è desiderato si caricano di sensi di polarità opposta. Si tratta di prodotti meticci e portatori di informazione “genetica”, vale a dire ereditata e contraddittoria, vettore di aspetti che la debilitano dall’interno. D’altro lato il meticciato in generale, più che risultato di libera scelta, è assimilabile a una violazione. Il sistema dominante innocula la propria patologia nel processo creativo generando distorsioni, reintroducendo caratteri indesiderati e contribuendo a produrre forme degenerate.
Da ciò, la necessità che l’esperienza libertaria e autogestita dal proprio emergere produca “antivirus” capaci di individuare le deviazioni prima che il nuovo venga compromesso o snaturato.

Arte, amore e anarchia

Esiste un fattore comune che ci permette di applicare lo stesso termine a una danza rituale, a una rappresentazione di un oggetto naturale e a un simbolo plastico di uno stato emozionale.

Herbert Read

Un primo sforzo riguarda l’intelligenza della complessità del culturale, quale espressione di libertà e solidarietà. Imprescindibile diverrà la comprensione di altre importanti caratteristiche dei portatori del nuovo. Una dittatura può essere decretata, e il mercato già offre una panoplia di strumenti di provata efficacia per imporre soluzioni autoritarie – repressione, imposizione, dittatura –, le quali alla fine risultano inevitabilmente caduche. Tuttavia la solidarietà e la libertà, come l’arte e l’amore, sono aliene da qualunque legittimazione che implichi violenza o mera accettazione. Non esiste scienza – e meno ancora socialismo scientifico –, né tecnologia capaci di creare amore, arte e ancor più anarchia, intesa come ordine senza dominazione né coazione.
L’intento di concretizzare queste idee, quanto le realizzazioni che debordano dal mero teorizzare, necessitano un alto grado d’integrazione e d’integrità da parte degli attori coinvolti. In realtà una integrazione partecipata è possibile soltanto riuscendo a essere al medesimo tempo autori, gestori e attori del testo libertario tradotto in scenario di nuova cultura.
Durante un incontro realizzato a Venezia nel 1984, riguardo al tema del “Vivere l’anarchia” sottolineavamo come l’esperienza, la conoscenza e il piacere siano possibili solo attraverso gli altri. Il soggetto del vivere l’anarchia non può essere l’io personale, quanto “l’incontro”, il complesso di persone che si risolve in un “noi”, da non intendere come semplice somma di unità.
Alla luce dell’esperienza della Comunidad del Sur, superate minacce esterne e limiti interni e riusciti ad evitare gravi fallimenti, possiamo testimoniare il valore del pensiero di Landauer. E’ divenuto evidente come volere e potere non possano essere scissi, e come di conseguenza “il socialismo è possibile e impossibile in qualunque epoca; è possibile quando sono presenti uomini adatti che lo desiderano e lo realizzano, ed è impossibile quando gli uomini non lo vogliono, o solo pretendono di volerlo senza poterlo realizzare”. D’altro lato fare implica sapere ciò che si sta facendo, e in questo senso “lo stato è una situazione, una relazione tra gli uomini che assicura il dominio, che viene distrutta stabilendo altre relazioni, comportandosi con gli altri in modo diverso”.
Nella medesima occasione sollecitammo il movimento libertario ad aprirsi a una maggiore interazione, appello che ribadiamo: “la peggiore povertà si radica nella scarsità di confronto e di critica solidale, di apporti e segnalazioni”. Oggi dovremmo annotare come la creazione di una cultura libertaria sia all’ordine del giorno non solo tra gli anarchici, e come parallelamente al processo di globalizzazione neoliberale in atto si stia assistendo a una proliferazione di iniziative ispirate alla libera sperimentazione e alla creazione di alternative.
La promozione di forme libertarie d’intervento sociale nel secolo che stiamo inaugurando rappresenta una esigenza esplicita, da affrontare recuperando una memoria ricca di realizzazioni e aprendoci a nuove prospettive, attenti ai caratteri emergenti del nostro tempo.
La memoria riconduce alle innumerevoli invenzioni che il movimento anarchico concepì grazie al proprio radicamento culturale. I sindacati rivoluzionari, gli atenei popolari, le libere università, le scuole alternative, comunità e organizzazioni autogestite costituiscono un capitale insufficientemente socializzato e dal quale non abbiamo ancora tratto pienamente profitto, sia in senso conoscitivo, sia dello sviluppo di nuove esperienze, le quali potrebbero accrescerne ancora complessità e ampiezza.
La memoria collettiva deve essere supportata dal reciproco riconoscimento delle diverse espressioni libertarie, e dalla conseguente valorizzazione di ricchezza e varietà. “Riconoscimento che – come sostiene Castoriadis – non è una semplice operazione mentale, ma anche e soprattutto affetto”. (...)


La deboleza delle iniziative libertarie

Gli uomini sono liberi e uguali mentre lottano per conseguirlo.

Eduardo Colombo

In sintesi e cercando di avviare un dialogo che possa essere utile alle esperienze libertarie attuali, desideriamo esporre le conclusioni a cui siamo giunti nel nostro relativamente lungo cammino. Conclusioni che fanno dolorosamente parte della nostra esperienza personale, e che René Lourau definì “virtù” delle iniziative autogestionarie “fintanto queste non si pieghino, equiparandosi alle forme efficienti del sistema capitalista, anche a rischio di essere emarginate o di fronte alla minaccia di estinzione”.
Concisamente e rimandando a uno scritto precedente (1), l’esperienza accumulata e arricchita dal contatto con altre simili si articola in due postulati:
1. Le esperienze libertarie nascono premature e pertanto minacciate dalla propria organica debolezza. Gli “anarchismi prematuri” corrono rischi evidenti di fallimento causa l’immaturità delle loro cellule (le persone autonome) e dei loro organi (le istituzioni autonome). Buber nel saggio “Sentieri in utopia” sosteneva che la realizzazione di un socialismo libertario era minacciata da “fallimenti non assoluti”, definiti in opposizione ai fallimenti tipici del socialismo autoritario. “Dobbiamo edificare un’autentica comunità utilizzando i materiali reattivi del nostro momento storico, liberi da romanticismi e vivendo nel presente”.
Il secondo è complementare:
2. L’ambiente nel quale nascono gl’intenti libertari è profondamente inquinato, e minaccia l’emersione di forme, modalità e valori differenti. La pressione esercitata dal sistema statale/capitalista impedisce la germinazione di culture organicamente ricche, che contrastino l’imperante monocultura di esseri e prodotti.
La tenaglia rappresentata da questi due fattori contribuisce a creare un campo carico di violenze esterne e debolezze interne, l’interagire delle quali pone a rischio il futuro delle esperienze e delle modalità scelte.
Assumersi la responsabilità di partorire una cultura libertaria, in chiara opposizione al sistema dominante e in epoca di globalizzazione, è possibile a partire dalla presa di coscienza delle difficoltà e della condizione in cui si vengono a trovare individui e forme associative. Correndo il rischio di ripeterci, proponiamo un agire solidale che ci coinvolga come movimento e che favorisca la creazione di una rete che superi frontiere e particolarismi ideologici. Gli interventi che avvieremo dovranno comprendere e accettare la maggior differenza d’espressione possibile. Dovranno valorizzare pienamente i mezzi disponibili, e in particolare le tecnologie informatiche, come già avviene in movimenti attuali che evidenziano chiara affinità con le premesse di fondo dell’anarchismo.
Alcune puntualizzazioni scaturite dalla nostra esperienza di vita paiono inoltre opportune:
- Le esperienze libertarie devono affrontare un pericolo d’isolamento dovuto al silenzio oppressivo al quale i mezzi di comunicazione di massa tendono a condannarle. Il contesto sociale generale impone da parte sua una sorta di assedio, dovuto alla propria e inerente resistenza al cambiamento.
- Le esperienze autogestionarie, sia parziali, sia comunitarie, attraversano momenti in cui devono confrontarsi con la riproposizione al loro interno di forme burocratiche e specializzate, e si frammentano. I partecipanti tendono ad assumere atteggiamenti dipendenti o ritornano a subire l’influenza disgregante della famiglia d’origine.
- Appare fondamentale definire strumenti di analisi e autoanalisi atti a sviluppare processi di apprendimento centrati sul superamento della cultura della dipendenza e del lamento, che inficia qualunque campo sperimentale. Al di là della rivolta individuale, all’origine di ogni iniziativa sociale o personale, persistono atteggiamenti che ripropongono figure d’autorità o dinamiche di dipendenza. La dipendenza è a sua volta legata al soddisfacimento di gratificazioni secondarie e si traduce in resistenza al cambiamento.
- È inoltre necessario moltiplicare le forme di controllo partecipato, contrastando la tendenza a rimuovere l’esistenza di istanze istituenti, le quali invece rappresentano il fondamento di strutture basate in accordi liberamente assunti. Diviene di conseguenza centrale la promozione di reti federali ispirate a un agire politico a dimensione umana, e che possano operare su scala locale, regionale e internazionale.
I compiti sono numerosi e di ampia durata, ragione per iniziare ora a portali avanti.
L’importante è mantenere motivazione e responsabilità rispetto ai progetti che andremo a elaborare, affrontando le difficoltà dei momenti di apparente stasi. Luce Fabbri, quale summa di vita e di idee, così si esprimeva:
“Il socialismo libertario, che a differenza degli altri progetti non fonda la propria vittoria nella conquista del potere, è l’unica utopia che non sia stata sconfitta dagli avvenimenti nel campo teorico. Nella pratica, nel concreto accadere del quotidiano, il progetto anarchico è tuttavia abituato alle sconfitte... Il secolo XXI non sarà facile. Dagli ultimi anni del millennio, noi che non abbiamo perduto la fede nella solidarietà lanciamo un messaggio di socialismo nella libertà, che giunge da un’esperienza molto amara e lunga, ma che ancora produce frutti di serenità interiore e speranza. La speranza che necessita per affrontare le sfide che si avvicinano”.

Ruben Prieto
Comunidad del Sur
traduzione di Massimo Annibale Rossi

1. “Futuros inesperados, anarquismos prematuros”, relazione presentata all’incontro “¿Tiene un futuro el anarquismo?”, realizzato all’Università di Tolosa, Le Mirail, 27-29 ottobre 1999.