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Trieste - "Faber" e montature 
 
                
Trieste è una città strana.  
Conservatrice e nostalgica fino all'inverosimile, e all'insopportabile, in varie 
occasioni manifesta una sorprendente disponibilità al discorso libertario. 
In occasione degli spettacoli del Living Theatre di qualche anno (o decennio?) 
fa, molti si fermavano per ore a discutere di anarchia, antimilitarismo, nonviolenza. 
Anche nella iniziativa dedicata a Fabrizio De André, con il video bellissimo 
di Bruno Bigoni e Romano Giuffrida (intitolato "Faber"), è emerso 
l'interesse di centinaia di persone verso le ingiustizie del potere, le ipocrisie 
del sistema borghese, l'emarginazione dei più deboli, l'intolleranza per 
il diverso, il controllo e la militarizzazione delle coscienze. Decine di interventi 
hanno colto l'occasione dell'incontro su De André per riflettere pubblicamente 
su tutto ciò e sui valori alternativi che Faber esprimeva con le sue canzoni 
delicate e poetiche.  
Nel salone affollato della Scuola Interpreti (un palazzo incendiato dai fascisti 
nel luglio del 1920 in quanto sede delle organizzazioni slovene e ora di proprietà 
dell'Università) si è respirata un'aria di vera sensibilità, 
di apertura mentale, di attenzione ai discorsi che permetteva di sperare bene 
per il futuro. E di ottimismo abbiamo bisogno a Trieste, come individui e come 
movimento. Infatti non si è ancora conclusa la vicenda, tormentata e grottesca, 
iniziata qualche mese fa.  
A metà settembre una esplosione aveva fatto scendere dei giovani compagni 
dalla sede del Germinal, in via Mazzini 11. Era scoppiata una "bombetta" 
che, al di là del frastuono, aveva rotto un paio di vetri della sede dell'INCE, 
un istituto economico per l'espansione verso Est del capitale europeo, con sede 
in via Genova, a 150 metri dalla nostra. Ingenuamente dei compagni sostavano nei 
pressi per mezz'oretta e i poliziotti, insieme a degli agenti del SISMI, li fermavano. 
Seguiva il trasferimento in Questura, con tanto di impronte digitali, umilianti 
perquisizioni con denudamenti e, verso la mattina, una perquisizione nella casa 
di uno di loro. Qui venivano identificati altri due ragazzi che stavano dormendo 
e nel giro di qualche ora sorgeva la fantastica accusa contro sei giovani per 
"associazione sovversiva con finalità di terrorismo" (art. 290 
bis: dai 7 ai 15 anni previsti). 
Da notare che la polizia aveva collocato, come fa spesso, una volante sotto la 
nostra sede e aveva visto che i compagni erano scesi dopo l'esplosione e non prima. 
Inoltre gli stessi inquirenti avevano riconosciuto come valida una rivendicazione 
dei Nuclei Territoriali Antimperialisti, una formazione di impianto rigidamente 
marxista leninista che aveva compiuto altre piccole azioni in regione. La montatura 
è proseguita con una campagna di stampa dedicata a gonfiare a dismisura 
fatti di poco rilievo per impaurire l'opinione pubblica con il "ritorno del 
terrorismo" e per giustificare misure repressive varie. Una dichiarazione 
del Prefetto di Trieste forniva, pochi giorni dopo, la chiave interpretativa più 
convincente della manovra in atto che, peraltro, si fonda su basi giuridiche inconsistenti. 
L'ineffabile personaggio, a capo dell'apparato repressivo locale, ha affermato 
con tono perentorio: "A Trieste non si ripeterà l'esperienza di Seattle" 
facendo riferimento alla riunione del G8 sull'ambiente, prevista dal 2 al 4 marzo 
del 2001. 
Al tempo del fascismo, quando veniva in visita qualche importante figura del regime, 
gli anarchici ancora in libertà vigilata (quindi non esiliati, incarcerati, 
confinati) venivano portati in carcere per tutto il periodo della "augusta 
permanenza". E Umberto Tommasini gridava per strada: "Non è colpa 
nostra se domani viene la Regina! Noi non l'abbiamo invitata!". Era il 1925. 
La storia è cambiata solo formalmente? 
  Claudio 
Venza  
Gli "indagati" hanno compilato un opuscolo di controinformazione. 
Per richieste, a contributo volontario, rivolgersi al Germinal, via Mazzini 11, 
34121 Trieste. Telefono 040- 368096 (martedì e venerdì dalle 19 
alle 21)  
 
  
  
                
  
Vapore a Milano 
                
Il 21 febbraio è stata ufficialmente inaugurata a Milano la Fabbrica 
del Vapore, presentata dal Settore Giovani del Comune come "uno spazio che 
sia aperto alle creatività di giovani ma anche saldamente collegato ai 
poli produttivi della realtà milanese(...) un laboratorio di esperienze 
dove sia possibile sviluppare nuovi linguaggi, tecniche e saperi nel campo del 
design, delle arti visive, della musica, della fotografia, dei new media, del 
teatro, della danza, del cinema e della scrittura". Un'apertura azzardata, 
in realtà soltanto di una piccola parte dell'area, ma in compenso in piena 
campagna elettorale e giusto prima dell'abbandono dell'assessore Scalpelli.  
Sarà l'influenza Mediaset nel gruppo di lavoro a fare sì che l'immagine 
del tutto sia molto curata, ma che il contenuto lo sia un po' meno, come delle 
volte può accadere. 
Già da due anni sulle cartine affisse in metropolitana la Fabbrica del 
Vapore è segnalata al pari delle chiese, dei parchi o dei cimiteri. Quando 
si dice che la realtà è fatta di percezioni... qui la strategia 
si avvicina a quella del molto fumo e poco arrosto. Come l'aprire a malapena un'ala 
degli edifici dell'area, e lasciando che il grosso dei ruderi sempre più 
compromessi ma sapientemente illuminati, con di mezzo palco e recinzioni, apparissero 
la serata dell'inaugurazione come già quasi utilizzabili. 
O come molti dei centri esteri citati nei comunicati e al sito www.fabbricadelvapore.org 
che sicuramente possono impressionare chi non li conosce ... infatti non ci sono 
riferimenti per l'Italia ... ma in realtà si tratta di un vecchio indirizzario 
di TransEuropeHalles, rete europea di centri culturali indipendenti (e non comunali), 
con la segnalazione tra l'altro di un indirizzo privato in Lussemburgo visto che 
il centro - all'epoca occupato - non poteva ricevere posta. 
Anziché usarne solo i nomi per fare bella figura, per un Comune sarebbe 
stato più utile prendere atto veramente dell'esperienza estera, il che 
avrebbe significato confrontarsi con quei esempi di centri "nuovi" che 
sono stati voluti da associazioni o iniziative in stretta collaborazione con i 
rispettivi comuni (anche se poi la gestione è affidata ad entità 
indipendenti - mentre per la Fabbrica del Vapore ancora non risulta chiaro quale 
sarà la forma organizzativa finale) e che in gran parte risultano oggi 
collocati in edifici costruiti ad hoc come possono esserlo il Junction di Cambridge 
o il 013 di Tilburg in Olanda - che compaiono pure loro tra i link. In effetti 
l'uso dell'esistente ha valide ragioni pratiche nel caso di occupazioni. In quel 
caso più che di una scelta estetica o di recupero di un patrimonio - testimone 
peraltro di un passato non sempre glorioso, almeno per chi ci doveva passare la 
sua vita lavorativa - si tratta dell'immediata facilità di utilizzo, della 
possibilità di recupero graduale anche con risorse limitate. Mentre il 
denaro (dei contribuenti in questo caso) necessario per una ristrutturazione ufficiale 
permetterebbe a pari costo la nuova costruzione di strutture molto più 
funzionali e con oneri di gestione incomparabilmente minori, nonché addirittura 
parcheggi per il pubblico. 
E in effetti, dopo aver sigillato l'enorme piazzale della Fabbrica del Vapore 
con asfalto e autobloccanti sarebbe stato meglio non indicare l 'Ufa-Fabrik di 
Berlino (vedi "A" 264) come fonte di ispirazione, quando proprio la 
comune dell'Ufa è particolarmente impegnata nell'ecologia, nel rendere 
vivibile le metropoli. 
Ma tutto sommato il portare in esempio esperienze di occupazioni, anche se solo 
estere, fa auspicare una lungimiranza del Comune di Milano anche nel rispetto 
per le innumerevoli realtà autogestite presenti e attive sul territorio 
da anni. 
Poi ci sono le stonature fatte in case, come la richiesta di un affitto quasi 
normale di mercato per gli spazi, a fronte dell'obbligo di segnalare il logo della 
Fabbrica del Vapore su tutte le proprie iniziative. Per mantenere in qualche modo 
una credibilità del logo il tutto implica un controllo sui contenuti. Controllo 
non esplicito, ma evidente, visto che la rinomata giuria estera riunitasi a Milano 
per ben 3 giorni si è trovata di fronte solo ad una piccola parte dei progetti 
presentati - preselezionati a Milano in base al business "plane" (sic) 
- certo liberi di vedere anche i restanti progetti, solo - quando? Ma d'altronde, 
nessuno era obbligato a partecipare al bando... 
   Maria 
Mesch 
 P.S. Ecco alcuni stralci del comunicato del centro sociale milanese Deposito 
Bulk (18.02.2001) 
Milano 001: Il Vapore negli occhi  
(...) siamo convinti che la Fabbrica del Vapore non sarà risorsa utile 
alla concretizzazione delle latenti energie creative che non trovano sbocco in 
città. (...)  
Al contrario se in questa città vuoi svolgere attività culturali, 
di certo puoi ancora contare sulle molte agevolazioni che offrono i centri sociali 
di Milano e le reti di relazione che li attraversano. (...) 
I movimenti culturali più vitali di una città si sviluppano solitamente 
in maniera informale e irrazionale, proprio quelli contro cui vuole porsi la F. 
del V., mentre nei C.S. questi movimenti sono sempre stati tutelati, aiutati, 
con collaborazione reciproca, e soprattutto senza alcuna richiesta di scambio 
politico. 
Sottolineiamo che la F. del V. è sovvenzionata con soldi pubblici, non 
sappiamo quanti ne siano stati spesi, né per le iniziative specifiche, 
né tantomeno per il progetto complessivo, invece i centri sociali non sono 
mai pesati, in alcun modo, sulle casse comunali, se non in termini di repressione. 
(...) 
Alla conclusione del suo primo ciclo, il bilancio delle politiche giovanili della 
giunta Milanese è un deserto d'iniziativa, in cui si profila all'orizzonte 
questo contenitore di prodotti culturali che di per se potranno anche essere di 
valore, ma che derivano questo valore da chi ha (spesso inconsapevolmente) contribuito 
a definirlo in una vita di autoproduzioni, senza ricevere adesso alcun tipo di 
incentivo o riconoscimento formale al proprio lavoro. 
LSOA Deposito Bulk 
  
  
Del fascismo e di altri progetti autoritari 
 
Si è svolto a Bologna il 4 marzo scorso l'annunciato convegno sull'estrema 
destra politica e sociale in Italia. 
Circa 120 persone hanno presenziato al convegno che ha visto presentare le relazioni 
di Giorgio Sacchetti del comitato scientifico della Rivista Storica dell'Anarchismo, 
di Francesco Germinarlo storico che edita molti suoi lavori con Bollati e Boringhieri, 
di Mario Coglitore dell'osservatorio storico della rivista virtuale InterMarx, 
di Cosimo Scarinzi di Umanità Nova, Collegamenti, Sindacalismo 
di Base e collaboratore di innumerevoli altre riviste e periodici, dell'Archivio 
Antifascista, di Claudia Gernigoi redattrice di Alabarda, un giornale locale 
Triestino, della Resistenza Antifascista di Milano e di Oscar Mazzoleni della 
rivista Collegamenti per l'organizzazione diretta di classe. 
A parte Coglitore, assente per gravi motivi famigliari e Germinario che non ha 
comunicato i motivi della sua assenza erano presenti tutti gli altri relatori. 
Di questi erano comunque disponibili le relazioni scritte. 
Il convegno ha visto anche un serrato dibattito da parte di diverse persone convenute. 
Questo appuntamento ha fatto "emergere" il lavoro sotterraneo che da 
alcuni anni ha visto la luce su Umanità Nova, Germinal, Sicilia Libertaria, 
Il Foglio (bollettino della Resistenza Antifascista), lavoro di attenzione 
e controinchiesta sull'attività delle formazioni dell'estrema destra italiana 
ed europea. Lavoro che non si ferma al contemporaneo ma che valorizza la prospettiva 
storiografica (caratteristica di questo convengo bolognese) ed il "lungo 
periodo" nell'analisi della cronaca e dei fenomeni culturali, sociali e politici 
di cui siamo spettatori. Lavoro che non si ferma alla denuncia e alla condanna 
delle formazioni neofasciste neonazionalsocialiste, nazionalbolsceviche etc., 
ma appunta la sua attenzione alle connessioni dei mercenari di Stato con tutti 
i progetti e le strutture dell'autoritarismo. Autoritarismo che si esprime (sarebbe 
quasi superfluo sottolinearlo) anche nei governi della sinistra italiana ed europea 
in particolare sulle politiche di controllo sociale nei confronti della conflittualità 
di classe, dei fenomeni migratori, della repressione delle espressioni autonome 
ed antagonistiche che si manifestano nel sociale. 
I soldati dell'autoritarismo, appunto, qualsiasi sia il colore della casacca che 
indossano, qualunque sia la mimetizzazione della divisa che utilizzano per la 
loro penetrazione nei territori nemici. Il ruolo delle formazioni, delle progettualità 
messe sotto osservazione si accomuna nel combattimento della guerra di classe, 
quella guerra che i tecnici e gli strateghi militari definiscono guerra non convenzionale. 
Nell'oggi questo significa vedere le stesse anagrafi comparire nell'estremismo 
di destra, nelle formazioni mercenarie papaline che combattevano in Croazia, nelle 
formazioni mercenarie israeliane che combattevano in Libano, nelle formazioni 
"patriottiche" che combattevano in Iraq contro l'imperialismo americano 
e, perché no, a fianco dei palestinesi o dei libici ma sempre al servizio 
dell'M6 di sua maestà o delle agenzie governative statunitensi. 
Per venire alla piccola realtà italiana come non pensare, senza bisogno 
di scomodare le vittime della Strage di Stato, alle recenti vicende della banda 
della Uno Bianca con tanto di comitato politico Falange armata e di padrini nelle 
stanze della presidenza della Repubblica. 
Nel convegno non si è mancato di analizzare, accanto a questo putridume 
delle intelligence internazionali, lo spazio politico, culturale e sociale che 
oggi hanno le formazioni della destra estrema. Destra estrema che non necessariamente 
si ispira ideologicamente al fascismo od al nazionalsocialismo. Può comporre 
la propria ideologia sulla base dell'ecologismo profondo, dell'esoterismo, del 
nazionalismo di destra o di sinistra, dell'autonomismo xenofobo, del culto del 
capo, della società e dello Stato organico. 
Un lavoro intenso e doveroso che ci permette di affrontare con maggiore consapevolezza 
le politiche di governo che ci verranno imposte nel prossimo futuro. Politiche 
che possono, di volta in volta, alla bisogna, presentarsi sotto le spoglie dell'Arma 
o del terrorista, del movimento nazionalista o liberale. Politiche che, comunque, 
tendono a governare la compatibilità del sistema con le strategie di annientamento 
con le quali le classi dirigenti affrontano le grandi questioni che si pongono 
al pianeta ed all'umanità. 
Un lavoro che si pone come prologo ad ulteriori approfondimenti sia su un piano 
teorico-filosofico che su un piano di mappatura delle organizzazioni nelle quali 
i soldati dell'autoritarismo si arruolano. 
Le relazioni, i contributi che il convegno ha stimolato, le proposte che emergeranno 
le troverete su: 
www.intermarx.org;  
www.ecn.org/antifa-milano; 
www.ecn.org/uenne. 
Stiamo anche lavorando alla pubblicazione di un volume che raccolga gli atti del 
convegno. 
   
Walter Sini 
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