Rivista Anarchica Online


arte

Quelli di "Arte degenerata"
Intervista di Maria Mesch al gruppo Entartete Kunst

Si chiamano con l'originale denominazione nazionalsocialista, utilizzata nella guerra contro l'arte moderna. Ma operano oggi. Qui spiegano come.

Prima di tutto: una domanda un po' in ritardo visto che dovrei sapere chi sto intervistando, ma dato che vi ho conosciuto via posta elettronica - chi siete?

Non è un segreto che EntarteteKunst sia nata in seno alla ex-colonna bolognese del Luther Blissett Project, come bollettino aperiodico dedicato al vandalismo artistico, alla guerriglia comunicativa, al furto creativo, al boicottaggio estroso, al plagio e a tutte quelle forme di arte radicale, anti-arte o avanguardia che dir si voglia, che si generano nella moltitudine e trasformano lo stato dell'arte presente. Chi siamo ora non ha poi molta importanza, e comunque non rispondiamo mai a domande di questo tipo.

Vi chiamate "Entartete Kunst", che è la definizione data all'epoca dai nazisti all'arte non omologata, non di regime - come mai usate questo nome?

Il perché del nome è presto detto…
Come hai ricordato, Entartete Kunst, ovvero "arte degenerata", era il termine usato dal partito nazionalsocialista tedesco per stigmatizzare l'arte moderna che, con il suo punto di vista soggettivo e individualistico, veniva considerata veicolo di anarchia politica e culturale, tanto che Hitler ne ordinò esplicitamente la repressione. Nel luglio 1937 venne inaugurata un'esposizione di arte moderna a Monaco di Baviera, si intitolava per l'appunto "Entartete Kunst", e doveva servire paradossalmente come esempio da non imitare, come monito agli artisti e a tutta la gente che potesse trovare attraente tale forma d'arte.
Oggi non si organizzano più mostre/mostruosità simili, anche se il fantasma dell'arte degenerata, associato inevitabilmente a quello del "veleno corrosivo per la gioventù" (cioè la pornografia, nella celebre definizione che ne diede l'onorevole Aldo Moro in sede Costituente), viene di tanto in tanto rispolverato e agitato a fini politico-polizieschi da un composito schieramento di specialisti del controllo sociale. Al di là del folklore reazionario, lo shock e lo scandalo sono diventati in qualche modo parte integrante del sistema dell'arte, e questo significa anche che tutta una serie di soggetti fino a poco tempo fa violentemente emarginati e sottoposti a trattamenti criminali (pensate ad Artaud) hanno potuto riprendere la parola e legittimare - non senza difficoltà - le proprie forme di espressione e di vita (pensate a Hermann Nitsch o Annie Sprinkle, per esempio, o, per altri versi, al processo di artistizzazione dell'hard). L'arte in quanto istituzione separata si è da tempo completamente decomposta, lo notava già Walter Benjamin, ed è stata completamente assorbita nel ciclo della produzione di merci culturali, tanto da costituire sempre più un processo sociale dai confini estremamente labili. Se la questione del "cosa è arte" è definitivamente tramontata, bisogna allora chiedersi "quando è arte" e quali sono i processi per cui questa legittimazione avviene. Il fatto che l'intellighenzia dell'arte si sia mossa a sostegno di Alexander Brener, dopo che questi era intervenuto su un quadro di Malevic disegnandovi sopra con lo spray, non ci deve far dimenticare il fatto che le stesse persone non hanno mosso un dito per difendere Piero Cannata, che infatti si è fatto quattro anni di manicomio e qualcuno in meno di galera.
A noi interessa documentare soprattutto l'operato di chi agisce in maniera radicale su questi processi e su questi meccanismi, spiazzando i tradizionali codici di fruizione/interpretazione dell'arte, e contaminandoli con altri elementi alieni, siano essi la teoria politica, la tecnologia, la corporeità o l'astrazione. Se oggi venisse organizzata un'altra Entartete Kunst, pensiamo a buon diritto che la maggior parte del materiale meriterebbe di essere ricavato dai nostri archivi e dai nostri cattivi maestri. Ecco dunque spiegato il nome.
C'è poi anche una questione di stile, un fattore non indifferente, che trova riscontro nell'uso improprio dell'arte di propaganda totalitaria, secondo una prassi già attuata strategicamente da gruppi radicali come la NSK, la Neoist Alliance o la Chiesa del SubGenio.

Riceviamo le vostre segnalazioni da tempo. Da quando e come funziona EntarteteKunst, quante mail inviate, a chi, com'è il rapporto con i lettori?

EntarteteKunst non ha periodicità fissa, la maggior parte dei testi che vengono spediti per posta elettronica è in italiano, anche se in alcuni casi è possibile che venga diffusa una versione in lingua originale (di solito inglese). Tutto il materiale pubblicato sul bollettino viene successivamente catalogato nell'archivio, dove vengono anche inserite le rassegne stampa ed eventualmente alcuni approfondimenti relativi ai temi trattati.
Gli iscritti a EntarteteKunst ammontano a circa 500, ovviamente non è possibile calcolare quante persone effettive ricevano i nostri bollettini, dal momento che spesso vengono postati su altre mailing-list o rigirati da singoli iscritti ad altri destinatari. Per iscriversi e ricevere di volta in volta i nuovi aggiornamenti basta inviare un messaggio intitolato "subscribe EntarteteKunst" all'indirizzo <info@EntarteteKunst.org>. È possibile (e ben accetto) anche spedire testi pertinenti ai temi trattati, specificando "Testo consigliato per EntarteteKunst": se non saranno off-topic verranno pubblicati nel primo numero disponibile. Va da sé che tutto il materiale divulgato è rigorosamente anticopyright, liberamente piratabile e citabile. A ciascuno secondo i suoi bisogni!
Oltre all'archivio-rivista e alla newsletter, EntarteteKunst.org ospita anche alcuni "dipartimenti" informali dedicati a diversi ambiti della produzione immateriale, non ultima la produzione sonora: è recentissima, ad esempio, la collaborazione del dipartimento musica degenerata ad un nuovo progetto del collettivo di musicisti romani Aliens In Roma, di cui presto si sentirà senz'altro parlare…

Come vedete l'uso dell'e-mail per la diffusione di informazioni 'non omologate'? Da un lato è molto più accessibile per diffondere notizie, ma c'è anche un rischio riguardo alla credibilità delle stesse (non che nei media tradizionali questa sia poi tanto scontata) - io stessa ricevendo le vostre segnalazioni ad un certo punto temevo si trattasse di siti 'finti'...

Indipendentemente dal contenuto delle informazioni, affermare che la posta elettronica, e più in generale la trasmissione molti a molti, abbia rivoluzionato le forme della comunicazione, è ormai una banalità di base.
Per quanto riguarda la questione della credibilità, ovvero la sempiterna dialettica del vero e del falso, la nostra risposta è: importa davvero?
Qualsiasi strumento di comunicazione, da sempre, è giocoforza un artificio necessario, un simulacro, una messa in scena consensuale o meno. Non ci possono essere principi etici di corretta informazione da impartire, dal momento che la manipolazione è un dato non rinegoziabile della società dell'informazione.
Se poi guardiamo indietro nella storia, ci accorgiamo anche che l'opposizione tra vero e falso è sempre stata sfruttata dai poteri dominanti per accaparrarsi il monopolio sulle forme della comunicazione sociale, per stabilire una gerarchia tra chi è autorizzato a prendere la parola e a interpretarla (la Verità Ufficiale, così come la Storia Ufficiale) e chi no.
La possibilità di trasformare, riscrivere, falsificare, creare e ricontestualizzare gli eventi è la risorsa principale per l'affermazione di una critica proveniente dal basso, dagli umori della moltitudine: usare il falso come arma di lotta, come facevano i buffoni nel medioevo, significa allora scatenare il conflitto dentro e contro questo monopolio, non tanto per ristabilire una qualche verità alternativa, quanto piuttosto per stimolare il potere costituente del desiderio. Ogni narrazione ha la sua verità nel desiderio e nella comunità che la sorregge. Falsificare la realtà significa in fondo costruirla.
Gli esempi più clamorosi vengono proprio dalla rete, dove almeno fino ad oggi è stato estremamente facile produrre confusione cooperativa, sia per azioni estetiche o ludiche (pensa a Darko Maver), ma anche per interventi più specificamente etici e politici, come i vari fake site del gruppo americano RTMark, che sono arrivati a dar fastidio molto in alto (George Bush Jr. e il WTO, tanto per dirne due) o la comunicazione-guerriglia blissettiana. Questo sposta radicalmente i termini della questione. Se poi pensiamo che il famigerato "incidente del Tonchino", che diede di fatto inizio alla guerra del Vietnam, si è scoperto essere un clamoroso falso…

Tra le segnalazioni mi ricordo anche quella dei dischi abbandonati nei negozi. Se non ricordo male era un'iniziativa contro il copyright, forse in Olanda...

Sicuramente ti riferisci al progetto Droplift, però è un'iniziativa americana, non olandese. La tattica del "furto al contrario" ha sempre riscosso un certo fascino, ricordo che anni fa la disciolta London Psychogeographical Association attuò un azione di reverse booklift, mettendo negli scaffali delle librerie inglesi copie di deliranti pamphlet cospirazionisti, in cui si denunciava la collusione di Carlo d'Inghilterra con il Satanismo, la guerra segreta tra Vaticano e Buckingham Palace e altre farneticazioni del genere, attribuite a un cavaliere cristiano massone…
Tornando a Droplift, si tratta di un CD con una trentina di brani plagiaristi, ovvero composti principalmente utilizzando campionamenti non autorizzati di musiche altrui. L'aspetto più divertente è che gli "autori" hanno diffuso in rete un kit per autoprodurre in maniera quasi industriale il CD (con tanto di copertina, etichette e dettagli di packaging) e poi distribuirlo nei negozi della propria zona. Iniziative simili, furto al contrario a parte, non sono affatto nuove in campo musicale, dove del resto i conflitti di interesse sulla proprietà intellettuale sono emersi con chiarezza già da tempo. Ora la guerra del copyright è definitivamente scoppiata su scala planetaria, basta vedere la recente legislazione italiana in materia, scritta praticamente sotto dettatura delle multinazionali del software, per non parlare delle continue dispute legali che vengono sollevate da chi vorrebbe patentare ogni singolo aspetto dell'esistenza, dagli algoritmi ai nomi ai codici genetici. Nei prossimi anni ne vedremo sicuramente delle belle…

Maria Mesch

ed ecco i link per visitare i siti citati:

EntarteteKunst, periodico d'arte degenerata:
info@EntarteteKunst.org

NSK, Neue Slowenische Kunst - Virtual Embassy
http://lois.kud-fp.si/embassy/

Chiesa del SubGenio
http://www.subgenius.com

Aliens In Roma
http://www.aliensinroma.com

RTMark
http://www.rtmark.com

Archivio LBP in italiano 1994-99
http://www.lutherblissett.net

The Droplift Project
http://www.droplift.org

IAA, Istituto per l'Autonomia Applicata
http://www.appliedautonomy.com

 

(da EntarteteKunst_n.79_del_03_09_2000_
Applied Autonomy Technology Review
September/October 2000)

Roboprotesta

L'alleanza sovversiva
tra artisti e ingegneri

di Nick Montfort

La rivolta di Seattle contro l'incontro del World Trade Organisation dello scorso anno ha avuto dei momenti quasi da fantascienza, con la polizia in assetto antisommossa bardata come Tartarughe Ninja, di fronte a una corporate city chiamata Niketown. Se l'Istituto per l'Autonomia Applicata (IAA) proseguirà per la sua strada, il futuro della disobbedienza civile sarà ancora più strano. Questo team di artisti ha già progettato una nuova forma di resistenza: la protesta robotica.
L'IAA, un gruppo di artisti anonimi fondato nel 1988, ha costruito già tre devastanti automi. Nel suo sito web, il gruppo dichiara di voler sviluppare tecnologie per "l'emergente mercato dell'insurrezione culturale". Mentre altri ricercatori modellano i robot per lavorare in ambienti fisicamente nocivi agli esseri umani, l'IAA sta costruendo robot per parlare senza paura in zone dove la libertà di espressione è sottoposta a drastici giri di vite. L'IAA prende tecnologie sviluppate per interessi industriali, istituzionali e militari, e le usa per attaccare e sovvertire quegli stessi interessi.
Finora l'IAA ha costruito tre macchine per la disobbedienza civile. La prima, un robot mobile antropomorfo chiamato di volta in volta Pamphleteer ["libellista"], Little Brother o Petit Frère, distribuisce propaganda sovversiva ai passanti. Il suo compagno di lotta, GraffitiWriter, funziona più o meno come una stampante ad aghi telecomandata che usa una serie di bombolette spray come testina e i marciapiedi come carta. GraffitiWriter è stato usato più di 200 volte in sette città, tra gli altri da una truppa di Girl Scout, un homeless e un poliziotto. Una versione su scala maggiore di questo robot, chiamato StreetWriter, è nelle fasi finali di sviluppo. Montato sul paraurti di una macchina, può dipingere enormi messaggi sulla strada con caratteri leggibili dal tetto di un grattacielo o da aerei a bassa quota. Sebbene dipingere i marciapiedi o le strade possa essere bollato come "anti-sociale", questi robot in un certo senso stanno solo imitando alcune forme di promozione pubblicitaria: Reebok recentemente ha commissionato a un artista di New York alcuni graffiti pubblicitari sui marciapiedi e sulle strade senza alcun permesso.
Pamphleteer è stato costruito per dare agli attivisti il fascino di un volto metallico. Nel sito web della IAA si dichiara che il robot intende "bypassare il condizionamento sociale che inibisce la capacità degli attivisti di distribuire propaganda capitalizzando l'estetica dell'attrazione". I progettisti hanno persino dato al robot una voce infantile. Una ironica ricerca dell'IAA dimostra come le prestazioni di Pamphleteer siano nettamente superiori a quelle di un attivista umano: il robot distribuisce molti più volantini e lavora ininterrottamente per molto più tempo. La prova - secondo lo stile di John Henry [un membro dell'IAA] - è stata condotta agli angoli delle strade, ma secondo l'IAA Pamphleteer è ormai pronto per l'uso in centri commerciali, edifici governativi e uffici - tutti luoghi in cui normalmente agli umani è vietata la distribuzione di opuscoli. L'IAA vuole sfruttare il fascino tecnologico di questo robot per criticare le istituzioni che normalmente vendono se stesse con lo stesso glamour high-tech. (...)
Il torchio da stampa di Gutenberg potenziò la Riforma Protestante e la Rivoluzione Americana. I fax hanno aiutato il crollo del Muro di Berlino, e la posta elettronica sta incrinando le dittature di tutto il pianeta. I robot entrano così in una grande tradizione che applica le tecnologie di frontiera per alimentare il dissenso politico.

Nick Montfort

http://www.appliedautonomy.com