Rivista Anarchica Online


ricordando Lamberto Borghi

Educare cioè educarsi
di Francesco Codello

Lo scorso dicembre è morto a Firenze, a 93 anni, Lamberto Borghi, una delle figure più significative della pedagogia non solo italiana.

Ho conosciuto Lamberto Borghi a fine maggio del 1979, in occasione di un convegno internazionale sul tema: "L'educazione attiva oggi: un bilancio critico" svoltosi a Rimini presso quella scuola straordinariamente attiva che è il C.E.I.S.
Naturalmente lo conoscevo già, o meglio conoscevo alcuni dei suoi scritti, a cominciare da quel classico e fondamentale testo che è Educazione e autorità nell'Italia moderna (1951), nel quale egli rileggeva la storia dell'educazione e dell'istruzione italiana privilegiando i contributi delle correnti di pensiero laico e libertario, rispetto ad una storiografia tradizionalmente più legata alla storia del potere politico ed economico.
Lamberto Borghi nasce a Livorno nel 1907 e, giovanissimo, si laurea a Pisa nel 1929. A partire dagli anni trenta stringe un'importante amicizia con Aldo Capitini considerato poi come una delle personalità più significative del nostro tempo: "Capitini fu per noi il portatore di doni, il partecipe delle gioie, il consolatore degli affanni, il suscitatore delle tensioni, l'amico sorridente di ogni ora, eppure altresì il severo cultore dei valori, spronante all'impegnata attività" (Maestri e problemi dell'educazione, Firenze, 1987, p. 229).
Nel 1940 viene costretto all'esilio negli USA, perché ebreo e quindi colpito dalle leggi razziali fasciste, dove diviene Fellow of Philosophy all'Università di Yale e collabora con Ernst Cassirer.
Questi anni statunitensi sono ricchi di scambi e confronti con Cassirer, Kilpatrick, Dewey, De Santillana, e con i fuoriusciti italiani come Salvemini, Caffi, Chiaromonte.
Tornato in Italia, nel 1949 ottiene la libera docenza in Pedagogia e insegna nelle Università di Pisa, Palermo, Torino, finché nel 1955 è chiamato a ricoprire la cattedra di Pedagogia presso la Facoltà di Magistero dell'Università di Firenze, nella quale rimarrà fino al raggiungimento dei limiti di età nel 1982 per diventare poi professore emerito.
L'itinerario culturale di Lamberto Borghi parte dal suo personale e profondo approccio con la realtà sociale che stimolerà le riflessioni pedagogiche di tutta la sua ricerca conducendolo da posizioni progressiste e pacifiste fino ad abbracciare un anarchismo etico sempre più convinto e solido.
Egli è generalmente noto per essere stato il principale interprete e diffusore del pensiero di John Dewey e dell'attivismo pedagogico in Italia.


Società aperta

Risale infatti ai primi anni cinquanta la pubblicazione di testi che segnano marcatamente la discussione pedagogica e l'intero panorama culturale. Libri come John Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti (Firenze, 1951), Saggi di psicologia dell'educazione (Firenze, 1951), Il fondamento dell'educazione attiva (Firenze, 1952), Il metodo dei progetti (Firenze, 1953), L'educazione e i suoi problemi (Firenze, 1953), Educazione e scuola nell'Italia di oggi (Firenze, 1958) portano al centro della discussione le teorie dell'attivismo pedagogico, preludio alla pedagogia libertaria. Siamo in un'epoca nella quale la cultura, anche quella pedagogica e psicologica, è dominata dall'attualismo cattolico e dalla filosofia marxista della terza internazionale, pertanto sostenere un pensiero laico, libertario e pragmatico all'interno delle accademie universitarie e nelle riviste culturali non è certo cosa semplice e tantomeno facile. Si tratta di inserirsi con convinzioni e proposte innovative nello scontro e la complementarità delle due "chiese" che hanno segnato e ancora condizionano lo sviluppo di questo nostro paese.
Egli per primo, nella storiografia dell'educazione e della scuola così pesantemente indirizzata in senso cattolico e comunista, coglie ed evidenzia le contraddizioni mortali della ideologia marxista e socialista, sia nella sua versione rivoluzionaria che riformista, laddove non tiene conto del rapporto tra mezzi e fini, anche nell'ambito dell'educazione: "Essi non si proposero mai con serietà il problema che scaturiva dal loro intento contraddittorio di volere allo stesso tempo un'educazione all'autogoverno e alla società comunitaria in armonia colle finalità ultime del socialismo e un'educazione al potere proletario nel periodo di transizione rivoluzionaria del sistema capitalistico in quello comunistico. Essi non seppero indicare una via la quale superasse questa contraddizione fra fine e mezzi, contraddizione che traeva alimento dalla loro interpretazione dialettica della storia" (Educazione e autorità nell'Italia moderna, Firenze, 1951, p. 103).
Con questa convinzione egli propone le teorie di John Dewey come alternative al dogmatismo catto-comunista. Ciò che di Dewey viene valorizzato è il suo pragmatismo fortemente ancorato a valori forti e chiari, il nesso che egli stabilisce tra scuola e società, tra l'autogoverno scolastico e quello sociale, tra individualità e comunità, la critica decisa all'autoritarismo nelle sue varie forme e nelle molteplici ideologie dominanti. Questa concezione così aperta della società e il valore profondo della democrazia vera, la coerenza tra mezzi e fini, la ricerca etica di una nuova società fondata sull'autogoverno e la democrazia diretta, rappresentano per Lamberto Borghi l'essenza vera e attuale del pensiero di John Dewey, la sua natura essenzialmente libertaria che poi egli stesso svilupperà e amplierà.


Democrazia educativa

Non solo egli contrappone dunque la democrazia educativa e scolastica alle ideologie di Chiesa e Stato ma con straordinaria lungimiranza anticipa di oltre quarant'anni la discussione su statale e privato e pubblico, in riferimento alla gestione della scuola: "La scuola pubblica si distingue dalla scuola di Stato perché questa ha storicamente assunto caratteri accentrati, perché lo Stato è stato finora uno Stato nazionale e ha perseguito finalità sezionali, divisive degli uomini, finalità di potenza e quindi ha promosso nelle sue scuole l'inculcazione della fedeltà alle istituzioni, il culto dei governanti, l'indottrinamento nei principi stabiliti dall'alto e nei programmi fissati dal centro, l'incondizionata approvazione delle ideologie e delle direttive dei poteri politici. L'influenza politica sulla scuola deve cessare se questa deve assumere un carattere educativo, il carattere che per definizione le compete" (L'educazione e i suoi problemi, Firenze, 1953, p. 123).
L'alternativa è una scuola fondata su un processo di autoistituzione all'interno della comunità, una vera scuola dell'autonomia, in un contesto di relazioni sociali libertarie e federaliste. Non a caso tra i suoi maestri egli annovera Carlo Cattaneo piuttosto che Mazzini, Salvemini piuttosto che Turati o Labriola, Kropotkin al posto degli epigoni del socialismo autoritario (Maestri e problemi dell'educazione, Firenze, 1987).
L'attenzione e le riflessioni intorno ad una pedagogia che esca dalle secche e dai limiti imposti dalla cultura dominante portano Lamberto Borghi ad impegnarsi attentamente a tessere relazioni internazionali contribuendo in maniera decisa ad introdurre in Italia il pensiero di autori ed esperienze assolutamente innovative e rivoluzionarie che contribuiranno ad accendere una fiaccola di libertà e di antiautoritarismo nello stagnante dibattito pedagogico nostrano. Assieme ad altri autori come Tina Tomasi, Antonio Santoni Rugiu, Aldo Visalberghi, Francesco De Bartolomeis e altri, egli caratterizzerà e guiderà un processo di rinnovamento della pedagogia non solo italiana, nel segno della cultura laica e libertaria, che coniughi dimensione scolastica e civile della libertà.
Non è un caso che egli assuma la direzione di quella prestigiosa rivista della Nuova Italia, Scuola e città, subentrando ad uno dei suoi maestri, quell'Ernesto Codignola che perviene alle istanze democratiche della scuola attraverso un percorso diverso da quello di Borghi, muovendo da una cultura etico-religiosa, ma che non gli impedisce di creare quell'esperienza straordinaria di Scuola-Città Pestalozzi a Firenze nel 1945 e poi, dal 1950, la rivista Scuola e città.


Scuola e società

Numerosi sono gli articoli e i saggi che Lamberto Borghi scrive in questa rivista negli anni cinquanta e sessanta, alcuni ripresi in opere diverse e ora contenuti in quella bella antologia curata da Goffredo Fofi ed edita dalla nostra Elèuthera (La città e la scuola, Elèuthera, 2000), che egli ha appena avuto il tempo di sfogliare prima di morire.
Ma, come abbiamo sopra affermato, il suo impegno è stato anche sempre rivolto ad introdurre in Italia il pensiero e l'opera di straordinari, e spesso misconosciuti o boicottati, autori che muovendosi nel solco e nella tradizione democratico-libertaria, hanno contribuito in modo decisivo al rinnovamento della pedagogia internazionale. Basta scorrere il catalogo della collana "Educatori antichi e moderni" dell'editrice La Nuova Italia di Firenze, per trovare tracce evidenti del suo lavoro per questa storica casa editrice. Dobbiamo a Lamberto Borghi e alla sua influenza diretta o indiretta la traduzione italiana di opere, oltre che di Dewey, anche di Kilpatrick, Neill, Lane, Krishnamurti, Cattaneo, Kallen, Suchodolski, Capitini e altri.
Gli anni sessanta sono anni di sviluppo delle concezioni di John Dewey e di insistenti sottolineature sul rapporto esistente tra scuola e società, sul nesso imprescindibile che lega l'educazione allo sviluppo sociale, sulla necessità che la scuola non sia altro rispetto alla comunità, ma che si immerga profondamente nella vita sociale per portarvi un originale apporto nel senso della modernizzazione e nell'ampliamento degli spazi di libertà e autonomia.
Opere come Educazione e sviluppo sociale (Firenze, 1962), Scuola e comunità (Firenze, 1964), Scuola e ambiente (Firenze, 1964) ribadiscono il ruolo attivo dei processi educativi nell'opera di democratizzazione dell'intera società e segnano la necessità di un impegno militante da parte degli insegnanti e dei pedagogisti in genere a favore del profondo rinnovamento dell'intera società senza però trasformare questo impegno in uno sterile attivismo senza ideali, ma al contrario, egli ribadisce costantemente la necessità di saldare il suo pragmatismo filosofico con valori ed ideali molto precisi e forti.
Insomma Lamberto Borghi rappresenta emblematicamente la figura di intellettuale "disorganico" opposto a quei chierici catto-comunisti che tanto hanno contribuito a sfasciare e distruggere ogni istanza libertaria nell'Italia di questi ultimi cinquant'anni. Non ci si deve stupire quindi che egli si appelli al pensiero di un anarchico come Paul Goodman per denunciare il falso mito di quell'educazione progressiva che sfocia nel permissivismo della società dell'opulenza snaturando ogni vera tensione autenticamente libertaria e che faccia sue le considerazioni di Carl Rogers quando denuncia una formazione tutt'altro che integrale della personalità così come si configura l'educazione dell'uomo a una dimensione, conformista, rigido, docile (L'educazione attiva oggi: un bilancio critico. Introduzione, Firenze, 1984, pp. IX-XIII).
Negli anni ottanta cura, assieme ad Aldo Visalberghi un'altra significativa collana della Nuova Italia, "Scuola e educazione nel mondo", che contribuisce non poco a sollecitare il confronto a livello internazionale sulle problematiche scolastiche ed educative di attualità pubblicando, tra gli altri, contributi di autorevoli studiosi stranieri come Arnould Clausse, Torsten Husen, Bogdan Suchodolski, Carleton W. Washburne, Edmund J. King, Robert Dottrens, Abdou Moumouni, Alfred Sauvy, Alain Girard, e altri.


Maestro, nel senso socratico

La pedagogia di Borghi si configura sempre come ricerca infinita della natura sociale della condizione umana e l'educazione, a suo avviso, è sempre creazione del nuovo e mai riproduzione dell'esistente. La dimensione libertaria del suo pensiero si può trovare compiutamente espressa in un'intervista del 1987 (L'educazione permanente, Volontà, n° 1/87) nella quale si può leggere: "Secondo me, non c'è educazione che non sia auto-educazione. Educare significa soprattutto apprendere. Per me vale più l'apprendimento, che la trasmissione da una persona ad un'altra, da un'istituzione ad una persona. Voglio dire che l'importante è quello che uno riesce a sviluppare da se stesso, sia da un punto di vista psicologico, sia da un punto di vista sociologico. Non vi può essere formazione che non sia autoformazione. In questo senso educazione e libertà coincidono. Educare significa essenzialmente educarsi."
Quando l'educazione avviene attraverso il tentativo di formare un individuo dall'esterno abbiamo la coincidenza tra educazione e autorità. Proprio quello che la pedagogia libertaria sostiene da sempre, da Godwin a Neill, Lamberto Borghi lo assume come fondamento della sua concezione educativa e come perno centrale della critica all'autorità.
Borghi è stato un maestro nel senso socratico: mite ma fermo e deciso nelle sue convinzioni, ha saputo risvegliare in più di una generazione di studiosi, di insegnanti, di uomini e donne alla ricerca della propria verità, gli aspetti più autentici del proprio essere liberi. Al contempo ha spinto a desiderare altrettanta libertà per i propri simili.
Noi siamo convinti che Lamberto Borghi possa stare di diritto in quell'ideale galleria di maestri di verità e di libertà, che ognuno di noi custodisce gelosamente in un proprio angolo e spazio personale.
Gli ultimi anni della sua vita, condivisi assieme alla sua compagna Angela lo hanno portato a stringere sempre più stretti rapporti con quella parte del movimento anarchico rappresentata dalla rivista "A", dalla rivista Volontà (e successivamente dalla rivista Libertaria), dal Centro studi libertari/Archivio Pinelli di Milano, e con individualità che hanno condiviso con lui quella ricerca di un anarchismo che, pur fortemente ancorato ai valori di sempre, non ha mai rinunciato alla ricerca di un significato attuale delle sue proposizioni, senza dogmi né certezze chiesastiche.

Francesco Codello

Bologna, 21 aprile 1991 - Lamberto Borghi
e (a destra) Carlo Daglio nel corso di un
convegno su Pietro Kropotkin (foto
Biblioteca Libertaria "A. Borghi" di Castel
Bolognese)