Rivista Anarchica Online


 

 

Malatesta e il fascismo

Caro Massimo Ortalli,
sono Oscar Greco, studente di Storia contemporanea all'Università della Calabria, da tempo lettore della rivista, e vorrei un tuo giudizio sul volume Il buon senso della rivoluzione, a cura di Giampiero N. Berti, in cui sono raccolti numerosi articoli di Errico Malatesta.
Nell'introduzione è presentata la figura del Malatesta richiamando la nostra attenzione sull'importanza assunta dall'anarchico casertano all'interno del panorama nazionale. L'analisi del Berti è di indubbio valore, ma mi permetto di dissentire su un unico punto. Viene infatti affermato che Malatesta, così come tutti gli anarchici non riconosce "il male minore". Lo storico sostiene che questa posizione è riscontrabile nell'atteggiamento di fronte al fascismo del Malatesta che, di fatto, considera i principi democratici ed il fascismo alla stessa stregua, in quanto due forme di autoritarismo, finendo così per sottovalutare il programma mussoliniano. Il Berti inoltre sostiene che il Malatesta fornisce del fascismo un'interpretazione "classicamente socialista senza coglierne la natura reazionaria".
Non trovo convincente la tesi del Berti e ricordo che anche un politico come il conte Sforza, di certo di idee non libertarie, definendo il Malatesta un "politico fine", aveva messo in rilievo come il casertano fosse stato il primo a definire il fascismo come la risposta del padronato industriale ed agrario al "biennio rosso" ed ai timori che questo aveva determinato nelle classi dirigenti del paese.
Gradirei una tua opinione a riguardo.
Saluti libertari

Oscar Greco (Rende - Cs)

 

Risponde Massimo Ortalli

Caro Oreste,
il problema che poni nella tua lettera affronta uno dei nodi centrali dell'agire anarchico e quindi, come tale, meriterebbe una riflessione ben più profonda ed ampia di quella che cercherò comunque di sottoporre all'attenzione tua e dei lettori di "A".
Nico Berti mette giustamente in rilievo la specificità della distinzione che nella sua analisi sociale Malatesta attua fra piano etico - vale a dire l'anarchia come fine ultimo e irriducibile - e piano politico - ossia quello che in una società evoluta, ad esempio, si esprime attraverso le regole del sistema democratico: il cosiddetto "male minore", quale Berti lo definisce e col quale ancora oggi siamo abituati a confrontarci nella pratica dell'intervento militante.
Altrettanto giustamente Berti fa osservare come Malatesta non manchi mai di mettere al centro del suo ragionamento questa distinzione, e ciò in considerazione della permanente attenzione rivolta alla priorità dell'aspetto etico nell'azione sociale rivoluzionaria e alla conseguente, assoluta, aderenza ad esso.
Come dicevo, il problema di come rapportarci al "male minore" si ripropone in continuazione, e quindi siamo ripetutamente a interrogarci se sia accettabile una eventuale deroga da rigide concezioni ideologiche o se, al contrario, si debba riaffermare la nostra stretta adesione ad esse senza commisurarle alla realtà. La storia ci ha posto di fronte a questo dilemma con momenti di maggiore o minore drammaticità, ma la inconciliabilità delle scelte si è posta sempre nello stesso drastico modo. Nella Spagna del 1936, ad esempio, ci trovammo a scegliere dapprima se andare alle urne (senza bisogno però di propagandarlo) e successivamente se partecipare o meno a un governo rivoluzionario. In tempi più recenti, invece, ci siamo chiesti se, per dare maggiore incisività alla nostra opposizione etica e sociale alla guerra in Kosovo, fosse accettabile o meno un'alleanza tattica e temporanea coi movimenti dell'area cattolica più vicini alle nostre posizioni antimilitariste; cosa più volte verificatasi nei numerosi comitati cittadini cui hanno partecipato molti gruppi anarchici.
Il confronto col "male minore", come vedi, è una costante perché sono rari i momenti nei quali è possibile porre una cesura netta rispetto all'esistente e quindi assumere una prassi limpidamente anarchica. Solo etica per usare il concetto di Berti, e non politica. Ecco perché ritengo non del tutto pertinente l'analisi di Berti secondo la quale gli anarchici - e Malatesta per primo - sono portati "geneticamente" a sottovalutare l'importanza del realismo politico e la necessità di commisurare le proprie forze e le proprie convinzioni con le contingenze della lotta quotidiana.
Mi sembra che nei fatti, storicamente, il concetto di "male minore" non sia mai stato vissuto in termini di estraneità, ma piuttosto sia stato affrontato in modo empirico, commisurandone l'importanza e la specificità volta per volta. Senza volere accreditare gli anarchici e Malatesta di machiavellismo, e onestamente non ci sarebbe niente di più ingiusto, anche noi tuttavia, di fronte a situazioni che impongono scelte complesse sul piano della coerenza, ci poniamo il problema di dover convivere con realtà che esulano dal nostro percorso.
Restando sul piano degli esempi, è indubbio che tutto quello che viene dallo Stato non può piacerci, eppure non possiamo ignorare che, nella situazione attuale, senza una spinta rivoluzionaria in atto, solo l'esistenza degli ammortizzatori sociali presenti in alcune normative statali, può mitigare gli aspetti più devastanti della liberalizzazione selvaggia imposta da un padronato estremamente aggressivo. Ovviamente, questo non scalfisce di un millimetro la necessità della nostra lotta antistatale, così come non fa perdere consistenza all'analisi che vede nell'apparato statale il vero garante degli interessi capitalistici. È però evidente che, al momento, esiste una contraddizione fra Stato e capitale e che esistono differenze reali fra i ruoli di queste due entità: lo Stato ancora costretto a preservare certi bisogni sociali la cui fine ne minerebbe il consenso, il capitale intenzionato ad aumentare profitti e libertà d'azione senza preoccuparsi delle conseguenze. Ebbene, restando entrambi per noi nemici assoluti, coi quali è impossibile una qualsiasi forma di contiguità, resta il fatto che la nostra azione sovversiva può esplicarsi all'interno della contraddizione facendoci agire, con la nostra specificità, in un modo o nell'altro. Fermo restando il rigore analitico, che non ci impedisce di scorgere la vera natura delle cose e la loro essenza reazionaria e conservatrice, esiste sempre una considerazione che ci costringe, oggettivamente, a operare dei distinguo e a valutare nella loro pienezza le differenze oggettive.
Venendo poi a come Malatesta e gli anarchici a lui contemporanei hanno letto il fenomeno fascista, non mi pare che si possa affermare che il fascismo stesso e la debole democrazia dei Giolitti, dei Nitti e dei Turati siano stati messi su uno stesso piano. Secondo Berti, invece, l'errore di Malatesta consisterebbe proprio nel non aver messo in relazione fra loro fascismo e democrazia, avendoli piuttosto relazionati entrambi all'anarchia, perdendo così la possibilità di arrivare ad una analisi più appropriata. Se indubbiamente nell'analisi anarchica si percepisce e si denuncia con identica lucidità la natura autoritaria e illiberale che caratterizza entrambi i sistemi (come ad esempio il potere della maggioranza sulla minoranza) e quindi la loro completa distanza da ogni ipotesi libertaria, nei fatti, nella concretezza della lotta, la reazione di Malatesta e dei nostri compagni al fascismo e il loro reciso rifiuto a qualsiasi forma di compromesso furono ben più determinati e drammatici che non nei confronti del sistema democratico. Anche quando questo era rappresentato da perfetti reazionari come Crispi. Questo, a parer mio, significa che, al di là della coerenza dell'analisi e dalla sua aderenza ai principi antiautoritari, si seppero pienamente cogliere le differenze sostanziali fra i due sistemi di potere, e quindi anche gli strumenti con cui impostare la lotta contro la reazione. La speculazione teorica operata da Malatesta è corretta proprio in questo senso perché, rapportando fascismo e democrazia al fine vero, etico e pratico, che aveva in mente, e cioè la società anarchica, coglieva perfettamente il senso del "male minore". E infatti, da vero rivoluzionario quale indubitabilmente era, coniugava costantemente la flessibilità pratica con la coerenza ideologica, adattando le necessità tattiche (ma certo non quelle strategiche) alla realtà.
Se qualche errore Malatesta ha commesso, si è trattato semmai di errori iniziali di valutazione della effettiva pericolosità del fascismo e della sua capacità di autonomia dal potere padronale, non della sua natura; errori dovuti però al fatto che gli elementi dell'analisi erano ancora troppo innovativi e fluidi per poter essere valutati compiutamente.
E se errori hanno commesso gli anarchici nella lotta antifascista, furono errori di impostazione dovuti alla difficoltà di stabilire alleanze credibili, errori dunque di tattica legati alla novità del fenomeno e alla estrema difficoltà di affrontarlo e fronteggiarlo, non veri errori di interpretazione della natura profondamente reazionaria e dittatoriale del fascismo. Errori, comunque, che Luigi Fabbri, con grande anticipo sui tempi, seppe presto neutralizzare con il suo magistrale La controrivoluzione preventiva. Del resto il fascismo, come la storia ha dimostrato, non fu un fenomeno che si esaurì nelle premesse da cui era nato, ma fu bensì un processo in divenire che lo trasformò da semplice strumento del potere in entità politica autonoma e indipendente.
Ovviamente, queste mie considerazioni non intendono togliere nulla alla validità dell'analisi fatta da Berti nell'introduzione alla bella antologia di testi malatestiani da lui curata. Malatesta è un personaggio troppo complesso perché il suo pensiero possa essere ridotto dentro schematizzazioni di qualsiasi tipo, e la ricchezza e la irripetibilità del suo percorso di vita sono ancora un patrimonio a cui, per noi anarchici, è felicemente concesso di attingere a piene mani.

Massimo Ortalli

 

Ancora sulle biotecnologie/1

Ebbene sì, come compagno, come intellettuale che ha letto e conosciuto, insegno francese e so che cosa è stato l'89 in termini di liberazione dalla tirrannide religiosa. Conosco bene l'uso che della fede è stato fatto - Giordano Bruno, mio conterraneo, e tanti altri, incarcerati, seppelliti in molte forme, milioni di persone hanno sofferto a causa della impostazione di una sola religione.
Proprio come compagno, dicevo, pur estimatore di Lucrezio, "tantum potuit religio", non trovo nulla di strano nello scrivere Madre Terra con la maiuscola, ho partecipato alla Carovana tenuta a Milano in novembre, conosco il C.I.R., come voi, del resto, e ritengo pienamente legittimo per un libertario avere talmente a cuore le sorti del pianeta, dal futuro di noi tutti che, è bene ribadirlo, non viviamo né nella comune di Parigi del 1870, né nella Barcellona del '73, e neanche su Anarres o su qualsiasi altro pianeta del sistema solare o fuori di esso. Il nostro tempo è questo: 2000 dell'era cristiana, anno della morte del Danubio.
Allora, la questione non è la stupida contrapposizione tra ecologia e politica, ma quella, esistenziale, di chi siamo noi, umanità, adesso, di che cosa stiamo facendo alle altre specie, all'aria, all'acqua, alla terra tutta, a noi stessi. I compagni, per me, fratelli, del C.I.R., con la loro scelta, molto probabilmente sarà anche la mia, di "zappare senza padroni", di collegarsi tra loro e con le realtà in lotta delle metropoli in una rete mondiale contro i padroni del vapore, che, oggi, sono gli accaparratori e i modificatori dei semi, i venditori di morte, e, vengo al nocciolo della contestazione a Maria Matteo, di sentire per Madre Terra un sentimento simile a quello che un cattolico possa sentire per la Madonna, non ci vedo nulla di strano. Abbiamo o no, letto A. Di Nola e De Simone, sul culto delle Dee-madri? Le divinità ctonie, sopravvissute oltre la persecuzione cristiana, riflesse nelle varie madonne, erano il matriarcato superstite, le vestigia di un passato nient'affatto sessista né maschilista. Amare Madre Terra, per me, vuol dire, in piena libertà e coscienza, senza spogliarmi neanche per un attimo, o, quantomeno, pur separandomene, nella poesia, nella passione,nell'amore (amore in tutte le sue forme, tantriche comprese), della lucidità di un philosophe, potermi collegare profondamente col posto dove vivo, col tempo e con lo spazio.
Con l'alternarsi delle stagioni, nonostante el Niño e la Niña, o comunque, assieme a loro, con il ritorno e la partenza delle rondini, vuol dire non sentirmi un pezzo di composti chimici pensanti, messo insieme chissà da chi, chissà per cosa, ma un essere animale, come il cervo o il tasso, racchiuso e limitato nel suo ciclo biologico, con una differenza pazzesca, enorme, rispetto al loro, la capacità di immaginare e perciò stesso costruire prospetive diverse.
L'amore per Madre Terra, appunto, passa di qui, dall'Utopia praticata quotidianamente del rispetto per gli altri fratelli, lotta contro tutte le ingiustizie e gli sfruttamenti, e, contemporaneamente, pratica di vita il più consona possibile alla non distruzione delle non rinnovabili risorse naturali (uso di carta recuperata, alimentazione vegetariana, orticultura urbana,etc.) e lotta implacabile alle multinazionali che diventano più forti ed oppressive proprio appropriandosi di queste risorse che, io, e certamente i compagni del C.I.R., difendono o tentano di difendere e preservare per tutti.
Avrei moltissime altre cose da dire, per fortuna, anche in ambiente libertario, non mancano, non solo in Italia, luoghi dove poter non solo dibattere, ma, concretamente, praticare la lotta per la vita della Terra unitamente alla lotta per la Libertà.
Nessuna natura senza libertà, nessuna libertà senza libertà.
Salute e libertà.

Teodoro Margarita (Erba - Co)

 

Ancora sulle biotecnologie/2

Cari amici e cara Maria Matteo,
ho letto il tuo articolo sulle manipolazioni genetiche su "A rivista anarchica" 258 e poi la lettera di Teodoro e la risposta sul numero 260 di questo febbraio. Visto che la risposta finiva con l'invito ad aprire un dibattito vorrei far sentire la mia voce su questo argomento.
Come ecologista anarchico seguo con particolare attenzione il settore della lotta contro le biotecnologie. Questa lotta viene portata avanti da anni da parte dei gruppi più diversi: ecologisti di ogni tipo, anarchici, e soprattutto milioni di contadini nel sud del mondo.
Ho letto il tuo articolo con gran piacere e stavo arrivando alla fine quando ho trovato la frase "questo non significa demonizzare la manipolazione genetica inquanto tale..".
Ci sono restato male! Ma come si può dopo un'esposizione così chiara di ciò che le biotecnologie rappresentano, pensare che sia sbagliato opporsi ad esse a priori? Non ci si oppone forse a priori all'autorità, allo stato, al nucleare? ecc..?
Lo si può fare anche nei confronti di questa nuova tecnologia senza entrare per forza in un meccanismo politico e mentale di tipo integralista.
Integralista è la scienza, una nuova religione altrettanto cieca e sanguinaria di qulla vecchia e sicuramente con più morti sulla coscienza. Se gli ecologisti, intendo quelli veri (rivoluzionari), si oppongono a priori alle biotecnologie è perché hanno ben chiaro in mente che alcuni tipi di tecnologie non hanno una funzione buona o cattiva a seconda di chi le impiega o a seconda dei laboratori dai quali provengono ma sono utili soltanto al Dominio e incorreggibilmente dannosi per la natura e noi denne e noi uomini che vogliono vivere liberi.
Ed anche animali: quello che oggi fanno alle pecore domani lo faranno subire a noi.
In quali laboratori si potrebbe fare ricerche di biotecnologie buone? Chi li gestirebbe?
Il metodo di lavoro di posti come i laboratori è intimamente autoritario e non è possibile una gestione "liberata di essi": non starebbero in piedi, sono fatti apposta per funzionare in questo tipo di società. Chiunque abbia in mano certe tecnologie che permettono di avere in pugno la vita di miliardi di persone è pericoloso e nemico della libertà. La natura come religione non c'entra niente in questo discorso. La gente non ha e non avrà mai la possibilità di avere controllo su questo tipo di tecnologie (come con il nucleare) per la loro stessa essenza, che è mortifera: sterilità delle sementi appunto.
Purtroppo per i riformisti non tutto può essere riformato, corretto, usato in senso libertario;
Molte cose del sistema industriale dovranno essere cancellate completamente se vogliamo una speranza di vita nel futuro. La migliore cosa che possiamo fare riguardo al nuovo attacco portato contro di noi dallo stato-capitale è reagire con estrema forza e rabbia. Finché ne abbiamo la possibilità; le prospettive che aprono le biotecnologie nel campo del controllo sociale fanno sembrare 1984 di Orwell una giacchettata; non vorrò mai che qualcuno possa essere in grado di manipolare il mio codice genetico, chiunque sia per qualsiasi motivo. Non mi sembra che ci sia gran che di integralista in questo. Perciò penso di essere più d'accordo con Teodoro che con te.

Federico Bonamici (Pisa)

 

Ancora sulle biotecnologie/3

Occorre dare più spazio al tema delle manipolazioni genetiche; nell'articolo sul 258 di "A" l'informazione data è stata troppo semplicistica, parziale per un problema così complesso.
Non si può pretendere di sintetizzare in così poche righe i danni e le premesse degli O.G.M. (organismi geneticamente manipolati). A tutti chiedo di procurarsi il dossier sulla Biovalley diffuso dal C.L.A, (Cp 15, 24024 Bonate Sotto, Bg, CCP 12234241) e il libro di Vandana Shiva Monoculture della mente ed. Bollati Boringheri ("Una riflessione sulla protezione della biodiversità sulle implicazioni della della biotecnologia e sulle conseguenze per l'agricoltura della preminenza a livello mondiale del sapere scientifico occidentale").
Non solo molte ricerche hanno evidenziato il rischio di tumori e di abbassamento delle difese immunitarie (questo già lo sappiamo dai cibi raffinati, lo zuccchero, il pane, il riso sbiancati, gli alimenti irradiati, gli antibiotici, le sigarette, le medicine, il mercurio delle otturazioni dei denti, le vaccinazioni, i campi magnetici, le radiazioni, la TV, i telefonini, ecc...); non solo c'è il rischio che si riduca la biodiversità! Stiamo desertificando il pianeta!
C'è bisogno di sperimentare gli effetti delle patate geneticamente manipolate sugli animali per sapere che sono dannose? È assurdo che nel percorso libertario si appoggi ancora questo massacro legalizzato, questo comodo strumento per l'industria della malattia (recuperate la lettera di M. Pagano su"A" del febbraio 1996!).
È assurdo parlare di condanna aprioristica degli O.G.M.: sono già in tavola, da qualche anno. Ancora più inquietante è venire a conoscenza di persone secondo le quali prima di condannare le manipolazioni genetiche occorre aspettare che abbiano contaminato il pianeta giacché questo significa sperimentarli; tanto più che le conseguenze degli O.G.M. si rivelano solo alcuni decenni dopo; come avere ancora dubbi sulla loro inaccettabilità, date le premesse di tale pratica di rendere, ancora una volta, organismi animali e vegetali in funzione al profitto, alla donna e all'uomo a danno dell'ecosistema.
La tecnica della manipolazione genetica, in teoria, ha applicazioni illimitate.
Nessuno/a dovrebbe essere tanto ingenuo/a a tal punto e pensare che le donne e gli uomini di scienza si manterranno entro i limiti della moralità se dietro di loro ci stanno interessi economici delle grandi imprese.
La manipolazioni genetiche (d'ora in poi M.G.) viene fatta su frutta, verdura e cereali per renderli più nutrienti, non deteriorabili, e resistenti all'aggressione dei parassiti. La resistenza degli erbicidi indotta attraverso M.G. è trasmessa anche ad altre piante costringendo gli agricoltori ad utilizzare un numero maggiore di sostanze chimiche per estirparle.
Assistiamo alla nascita di nuove malattie e nuovi parassiti sempre piu forti rispetto i diserbanti e gli antiparassitari usati finora conosciuti. La trasmissione avviene tramite il polline e incrociando piante G.M. con piante selvatiche, autoctone, succede che l'ecosistema esistente venga compromesso gravemente. Non bisogna stancarsi di ripeterlo.
Questi incroci preoccupano innanzitutto le contadine e i contadini di agricoltura biologica, coloro che da sempre (da anni combattono una battaglia da sempre la medesima) considerando le piante al pari di un fratello o una sorella o comunque quelli che per difendere le piante da afidi, virus etc... usano il macerato di ortica, o di aglio, o di quassia, o di equiseto o di assenzio o di cipolla o di pomodoro, e stanno attenti ai segnali che le piante e il terreno dicono loro proprio come il nostro corpo fa comunicandoci che c'è qualcosa fuori posto attraverso i malanni di stagione o i vari dolori o altre manifestazioni che la medicina ufficiale di solito tronca, sterilizza, uccide, taglia, "asporta", agisce sui sintomi e non prende in considerazione la totalità della persona.
La M.G. è da rifiutare in blocco! sempre e comunque per le sue premesse.
Nessuno/a scienziato/a deve arrogarsi la manipolazione di un essere vivente per suscitare un comportamento conforme al proprio pensiero e modo d'agire.
Il problema non è capire "la ricerca è pagata da poche multinazionali". (Come è stato evidenziato su "A" 258)
Ci stanno ammazzando Madre Terra sotto i nostri occhi e abbiamo ancora bisogno di effettuare valutazioni di rischio, verifiche e controlli cioè che vi dicano, vi scrivano come sulle medicine o sulle sigarette che continuate a comprare che "nuociono gravemente allla salute" o sapere - attraverso la sperimentazione sugli animali "gli effetti collaterali degli O.G.M.!? O la dose letale (il test "LD 50")?
La scelta della curatrice dell'articolo - Maria Matteo - di non condannare gli O.G.M. e di essere a favore della ricerca e della sperimentazione nelle mani e nell'interesse di tutti (forse per "l'umanità"? o a danno di altre specie?) è a mio parere inquietante.
Significa non avere compreso a fondo le premesse e le conseguenze degli O.G.M. e significa mancanza di consapevolezza dell'importanza dei ritmi naturali e dell'influsso deli astri sugli esseri viventi, influsso impedito dall'umanità già con la creazione di ibridi e con l'uso di pesticidi e fertilizzanti chimici che inquinano per tempo indeterminabile la terra.
In quale caso, chiedo a Maria Matteo, la manipolazione genetica effettuata in laboratorio è stata di vantaggio dell'umanità e indipendente dal profitto?
Non mi rallegra per niente sapere che le reti telematiche nate dall'industria di guerra siano ora utilizzate per comunicare tra noi e ci permette a fare fronte comune contro i poteri - non mi meraviglia, anche la nostra è una guerra.
L'accresciuta capacità comunicativa intanto non permette a tutti di sapere, al di là degli strumenti mentali ("integralisti, ecologisti e laici"; "scientisti e pagani"??) cosa veramente ci troviamo di fronte e cosa veramente possiamo fare.
Ci sarà anche stata una bella opposizione a Seattle ma fatto sta che localmente non si è ancora fatto qualcosa di veramente forte.
Il CIR propone: associazionismo tra produttori e consumatori alternativi, i gruppi d'acquisto; la banca dei semi biologici contro gli O.G.M. e come invito all'autosufficienza; la salute attraverso l'abolizione della medicina per una riappropriazione del proprio corpo e del suo linguaggio; un'agenzia di autogestione che coordina le realtà rurali e nel contempo entra nella metropoli; un gruppo itinerante di mutuo appoggio; un'economia nostra al di fuori del "produci - consuma - crepa"; una mappatura dei siti di sperimentazione degli O.G.M..
Nel mio piccolo: seguirò tutte le possibili azioni sia del CIR, sia locali; da anni siamo veganiani; ci autogestiamo la salute; siamo associati ad un gruppo d'acquisto di prodotti biologici presso l'associazione "gli elfi dell'isola" a Bonate Sotto (Bg); investiamo nei campi e cerchiamo di renderci autosufficienti nel consumo di frutta e verdura eventualmente barattiamo zucche.
Non abbiamo permesso che vaccinassero il piccolo Janus; anche lui verrà questa primavera a raccogliere le erbe e le erbacce per far macerati, tinture, unguenti; mettiamo a dimora ogni seme contenuto nella frutta che mangiamo, o li conserviamo in vista ad una azione suggerita da Fukoka (La rivoluzione del filo di paglia) e realizzata per reinverdire le zone desertiche. Occorre fare controinformazione, distribuire nelle biblioteche comunali, in tutti i posti pubblici, nelle scuole materiale sugli O.G.M.: noi pensiamo ogni mese a stampare volantini sulle vaccinazioni, sui trapianti, sull'antipsichiatria, sull'allattamento al seno, sul consumo critico; invitiamo tutti a spingere i propri comuni a prendere posizione sulle O.G.M...
Nel comune di Bobbio in Piemonte da settembre sono vietate sperimentazioni di piante transgenetiche, la coltivazione/l'allevamento di O.G.M..
Motivazioni: per le conseguenze sulla salute dei cittadini, per i rischi irreversibili all'ecosistema, per la protezione delle specie autoctone, per l'ulteriore divario che creerebbero tra paesi ricchi e quelli in via di sviluppo (capisco ben poco questa parola "sviluppo"...).
Circa la posizione della chiesa cattolica: "dà il via libera alle sperimentazioni animalie vegetali sia il trapianto d'organi dagli animali all'uomo, sia il pomodoro modificato. Le motivazioni del Monsignore Elio Sgreccia, vicepresidente della pontificia accademia per la vita: "Noi non sposiamo la posizione metafisica e ideologica di quanti affermano che toccare i geni delle piantee degli animali significhi mettersi al posto di Dio; anzi, le biotecnologie vegetali possono risolvere problemi grandiosi: creare cibo nelle zone affamate, portare cibo nelle zone impervie, aumentare complessivamente l'offerta di cibo per combattere la fame nel mondo"
Anche se si chiedono delle garanzie sull'innocuità dei cibi biotech e viene ritenuta necesaria un'etichetta informativa, il nuovo corso della chiesa desta stupore Come se non fosse noto che la politica delle multinazionali e di molti ricercatori è sempre di minimizzare il problema e di millantare l'innocuità degli O.G.M. (...)"
(AAM Terra nuova novembre 1999) tel 055 3215729, fax 32 15793

Circa la risposta data da Maria Matteo a Teodoro Margarita sul n° 260 l'ho trovata inadeguata ad un tema, quello degli O.G.M., di cui ribadisco l'esigenza di dare più spazio e incoraggiare il circolare delle informazioni affinché si comprenda la portata immensa di questo problema e ci si organizzi sulle azioni. Reagire, continuare ad informarsi ed informare; prendere i contatti e anche su rivista "A" pubblicare l'evolversi delle azioini di collabora al CIR.
Concludo ricordando alcune delle creature della M.G.:
- fragole-pesce, mostra resistenza al freddo grazie ad un gene prelevato dai pesci dell'artico.
- barbabietola al carciofo, per la coltivazione di zucchero dietetico si sono ideate barbabietole con gene di carciofo di Gerusalemme.
- Maiali standard, la loro altezza è di 20-30 cm, i peso è di 30-40 Kg ma nonostante le ridotte dimensioni partoriscono sino a 24 maiali. Come a dire "carne su misura".
- Api transgeniche, producono maggiori quantità di miele e non pungono.
Earth First!

Silvia Moroni Paderno d'Adda (Lc)

I nostri fondi neri

Sottoscrizioni. Rosario Conte (La Spezia), 76.500; Antonio Ruju (Torino), 300.000; Giorgina Arian Levi (Torino), 50.000; Angelo Zanni (Sovere), 20.000; Nicola Casciano (Novara), 50.000; Pino Cavagnaro (Genova), 50.000; Spartaco (Torino), 10.000; Andrea Albertini (Merano), 20.000; Sauro Sorbini (Viterbo), 50.000; Duilio Rosini (Iesi), 20.000; Massimo Bianchi (Vittorio Veneto), 50.000; Giorgio Nanni (Lodi), 58.000; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Alfonso Failla, 1.000.000; Gabriella Gianfelici e Claudio Neri (Roma), 20.000; Monica Giorgi (Bellinzona - Svizzera), 54.000; Patrizio Biagi (Milano), 15.000; Fausto Scordo (San Colombano al Lambro), 50.000; Paola Tigrino (Genova), 20.000; L.D. (Ancona) "ricordando P.I., uomo ineguagliabile, la sua compagna", 1.500.000; Stefano Valtolina (Vimercate), 50.000; Marco Buraschi (Roma), 50.000.
Totale lire 3.513.500

Abbonamenti sostenitori. Gennaro Genualdo (Portici), 150.000; Fernando Ferretti (San Giovanni Valdarno), 200.000; Cariddi Di Domenico (Livorno), 150.000; Rocco Tannoia (Settimo Milanese), 150.000; Gianluca Botteghi (Rimini), 200.000; Francesco Zappia (Patti Marina), 150.000; Enrico Pazienti (Roma), 150.000; Fabrizia Golinelli (Carpi), 150.000; Maurizio Guastini (Carrara), 500.000.
Totale lire 1.800.000