Malatesta
e il fascismo
Caro Massimo Ortalli,
sono Oscar Greco, studente di Storia contemporanea all'Università
della Calabria, da tempo lettore della rivista, e vorrei un
tuo giudizio sul volume Il buon senso della rivoluzione, a cura
di Giampiero N. Berti, in cui sono raccolti numerosi articoli
di Errico Malatesta.
Nell'introduzione è presentata la figura del Malatesta richiamando
la nostra attenzione sull'importanza assunta dall'anarchico
casertano all'interno del panorama nazionale. L'analisi del
Berti è di indubbio valore, ma mi permetto di dissentire su
un unico punto. Viene infatti affermato che Malatesta, così
come tutti gli anarchici non riconosce "il male minore". Lo
storico sostiene che questa posizione è riscontrabile nell'atteggiamento
di fronte al fascismo del Malatesta che, di fatto, considera
i principi democratici ed il fascismo alla stessa stregua, in
quanto due forme di autoritarismo, finendo così per sottovalutare
il programma mussoliniano. Il Berti inoltre sostiene che il
Malatesta fornisce del fascismo un'interpretazione "classicamente
socialista senza coglierne la natura reazionaria".
Non trovo convincente la tesi del Berti e ricordo che anche
un politico come il conte Sforza, di certo di idee non libertarie,
definendo il Malatesta un "politico fine", aveva messo in rilievo
come il casertano fosse stato il primo a definire il fascismo
come la risposta del padronato industriale ed agrario al "biennio
rosso" ed ai timori che questo aveva determinato nelle classi
dirigenti del paese.
Gradirei una tua opinione a riguardo.
Saluti libertari
Oscar Greco (Rende - Cs)
Risponde Massimo Ortalli
Caro Oreste,
il problema che poni nella tua lettera affronta uno dei nodi
centrali dell'agire anarchico e quindi, come tale, meriterebbe
una riflessione ben più profonda ed ampia di quella che cercherò
comunque di sottoporre all'attenzione tua e dei lettori di "A".
Nico Berti mette giustamente in rilievo la specificità della
distinzione che nella sua analisi sociale Malatesta attua fra
piano etico - vale a dire l'anarchia come fine ultimo e irriducibile
- e piano politico - ossia quello che in una società evoluta,
ad esempio, si esprime attraverso le regole del sistema democratico:
il cosiddetto "male minore", quale Berti lo definisce e col
quale ancora oggi siamo abituati a confrontarci nella pratica
dell'intervento militante.
Altrettanto giustamente Berti fa osservare come Malatesta non
manchi mai di mettere al centro del suo ragionamento questa
distinzione, e ciò in considerazione della permanente attenzione
rivolta alla priorità dell'aspetto etico nell'azione sociale
rivoluzionaria e alla conseguente, assoluta, aderenza ad esso.
Come dicevo, il problema di come rapportarci al "male minore"
si ripropone in continuazione, e quindi siamo ripetutamente
a interrogarci se sia accettabile una eventuale deroga da rigide
concezioni ideologiche o se, al contrario, si debba riaffermare
la nostra stretta adesione ad esse senza commisurarle alla realtà.
La storia ci ha posto di fronte a questo dilemma con momenti
di maggiore o minore drammaticità, ma la inconciliabilità delle
scelte si è posta sempre nello stesso drastico modo. Nella Spagna
del 1936, ad esempio, ci trovammo a scegliere dapprima se andare
alle urne (senza bisogno però di propagandarlo) e successivamente
se partecipare o meno a un governo rivoluzionario. In tempi
più recenti, invece, ci siamo chiesti se, per dare maggiore
incisività alla nostra opposizione etica e sociale alla guerra
in Kosovo, fosse accettabile o meno un'alleanza tattica e temporanea
coi movimenti dell'area cattolica più vicini alle nostre posizioni
antimilitariste; cosa più volte verificatasi nei numerosi comitati
cittadini cui hanno partecipato molti gruppi anarchici.
Il confronto col "male minore", come vedi, è una costante perché
sono rari i momenti nei quali è possibile porre una cesura netta
rispetto all'esistente e quindi assumere una prassi limpidamente
anarchica. Solo etica per usare il concetto di Berti, e non
politica. Ecco perché ritengo non del tutto pertinente l'analisi
di Berti secondo la quale gli anarchici - e Malatesta per primo
- sono portati "geneticamente" a sottovalutare l'importanza
del realismo politico e la necessità di commisurare le proprie
forze e le proprie convinzioni con le contingenze della lotta
quotidiana.
Mi sembra che nei fatti, storicamente, il concetto di "male
minore" non sia mai stato vissuto in termini di estraneità,
ma piuttosto sia stato affrontato in modo empirico, commisurandone
l'importanza e la specificità volta per volta. Senza volere
accreditare gli anarchici e Malatesta di machiavellismo, e onestamente
non ci sarebbe niente di più ingiusto, anche noi tuttavia, di
fronte a situazioni che impongono scelte complesse sul piano
della coerenza, ci poniamo il problema di dover convivere con
realtà che esulano dal nostro percorso.
Restando sul piano degli esempi, è indubbio che tutto quello
che viene dallo Stato non può piacerci, eppure non possiamo
ignorare che, nella situazione attuale, senza una spinta rivoluzionaria
in atto, solo l'esistenza degli ammortizzatori sociali presenti
in alcune normative statali, può mitigare gli aspetti più devastanti
della liberalizzazione selvaggia imposta da un padronato estremamente
aggressivo. Ovviamente, questo non scalfisce di un millimetro
la necessità della nostra lotta antistatale, così come non fa
perdere consistenza all'analisi che vede nell'apparato statale
il vero garante degli interessi capitalistici. È però evidente
che, al momento, esiste una contraddizione fra Stato e capitale
e che esistono differenze reali fra i ruoli di queste due entità:
lo Stato ancora costretto a preservare certi bisogni sociali
la cui fine ne minerebbe il consenso, il capitale intenzionato
ad aumentare profitti e libertà d'azione senza preoccuparsi
delle conseguenze. Ebbene, restando entrambi per noi nemici
assoluti, coi quali è impossibile una qualsiasi forma di contiguità,
resta il fatto che la nostra azione sovversiva può esplicarsi
all'interno della contraddizione facendoci agire, con la nostra
specificità, in un modo o nell'altro. Fermo restando il rigore
analitico, che non ci impedisce di scorgere la vera natura delle
cose e la loro essenza reazionaria e conservatrice, esiste sempre
una considerazione che ci costringe, oggettivamente, a operare
dei distinguo e a valutare nella loro pienezza le differenze
oggettive.
Venendo poi a come Malatesta e gli anarchici a lui contemporanei
hanno letto il fenomeno fascista, non mi pare che si possa affermare
che il fascismo stesso e la debole democrazia dei Giolitti,
dei Nitti e dei Turati siano stati messi su uno stesso piano.
Secondo Berti, invece, l'errore di Malatesta consisterebbe proprio
nel non aver messo in relazione fra loro fascismo e democrazia,
avendoli piuttosto relazionati entrambi all'anarchia, perdendo
così la possibilità di arrivare ad una analisi più appropriata.
Se indubbiamente nell'analisi anarchica si percepisce e si denuncia
con identica lucidità la natura autoritaria e illiberale che
caratterizza entrambi i sistemi (come ad esempio il potere della
maggioranza sulla minoranza) e quindi la loro completa distanza
da ogni ipotesi libertaria, nei fatti, nella concretezza della
lotta, la reazione di Malatesta e dei nostri compagni al fascismo
e il loro reciso rifiuto a qualsiasi forma di compromesso furono
ben più determinati e drammatici che non nei confronti del sistema
democratico. Anche quando questo era rappresentato da perfetti
reazionari come Crispi. Questo, a parer mio, significa che,
al di là della coerenza dell'analisi e dalla sua aderenza ai
principi antiautoritari, si seppero pienamente cogliere le differenze
sostanziali fra i due sistemi di potere, e quindi anche gli
strumenti con cui impostare la lotta contro la reazione. La
speculazione teorica operata da Malatesta è corretta proprio
in questo senso perché, rapportando fascismo e democrazia al
fine vero, etico e pratico, che aveva in mente, e cioè la società
anarchica, coglieva perfettamente il senso del "male minore".
E infatti, da vero rivoluzionario quale indubitabilmente era,
coniugava costantemente la flessibilità pratica con la coerenza
ideologica, adattando le necessità tattiche (ma certo non quelle
strategiche) alla realtà.
Se qualche errore Malatesta ha commesso, si è trattato semmai
di errori iniziali di valutazione della effettiva pericolosità
del fascismo e della sua capacità di autonomia dal potere padronale,
non della sua natura; errori dovuti però al fatto che gli elementi
dell'analisi erano ancora troppo innovativi e fluidi per poter
essere valutati compiutamente.
E se errori hanno commesso gli anarchici nella lotta antifascista,
furono errori di impostazione dovuti alla difficoltà di stabilire
alleanze credibili, errori dunque di tattica legati alla novità
del fenomeno e alla estrema difficoltà di affrontarlo e fronteggiarlo,
non veri errori di interpretazione della natura profondamente
reazionaria e dittatoriale del fascismo. Errori, comunque, che
Luigi Fabbri, con grande anticipo sui tempi, seppe presto neutralizzare
con il suo magistrale La controrivoluzione preventiva.
Del resto il fascismo, come la storia ha dimostrato, non fu
un fenomeno che si esaurì nelle premesse da cui era nato, ma
fu bensì un processo in divenire che lo trasformò da semplice
strumento del potere in entità politica autonoma e indipendente.
Ovviamente, queste mie considerazioni non intendono togliere
nulla alla validità dell'analisi fatta da Berti nell'introduzione
alla bella antologia di testi malatestiani da lui curata. Malatesta
è un personaggio troppo complesso perché il suo pensiero possa
essere ridotto dentro schematizzazioni di qualsiasi tipo, e
la ricchezza e la irripetibilità del suo percorso di vita sono
ancora un patrimonio a cui, per noi anarchici, è felicemente
concesso di attingere a piene mani.
Massimo Ortalli
Ancora sulle biotecnologie/1
Ebbene sì, come compagno, come intellettuale che ha letto
e conosciuto, insegno francese e so che cosa è stato l'89 in
termini di liberazione dalla tirrannide religiosa. Conosco bene
l'uso che della fede è stato fatto - Giordano Bruno, mio conterraneo,
e tanti altri, incarcerati, seppelliti in molte forme, milioni
di persone hanno sofferto a causa della impostazione di una
sola religione.
Proprio come compagno, dicevo, pur estimatore di Lucrezio, "tantum
potuit religio", non trovo nulla di strano nello scrivere Madre
Terra con la maiuscola, ho partecipato alla Carovana tenuta
a Milano in novembre, conosco il C.I.R., come voi, del resto,
e ritengo pienamente legittimo per un libertario avere talmente
a cuore le sorti del pianeta, dal futuro di noi tutti che, è
bene ribadirlo, non viviamo né nella comune di Parigi del 1870,
né nella Barcellona del '73, e neanche su Anarres o su qualsiasi
altro pianeta del sistema solare o fuori di esso. Il nostro
tempo è questo: 2000 dell'era cristiana, anno della morte del
Danubio.
Allora, la questione non è la stupida contrapposizione tra ecologia
e politica, ma quella, esistenziale, di chi siamo noi, umanità,
adesso, di che cosa stiamo facendo alle altre specie, all'aria,
all'acqua, alla terra tutta, a noi stessi. I compagni, per me,
fratelli, del C.I.R., con la loro scelta, molto probabilmente
sarà anche la mia, di "zappare senza padroni", di collegarsi
tra loro e con le realtà in lotta delle metropoli in una rete
mondiale contro i padroni del vapore, che, oggi, sono gli accaparratori
e i modificatori dei semi, i venditori di morte, e, vengo al
nocciolo della contestazione a Maria Matteo, di sentire per
Madre Terra un sentimento simile a quello che un cattolico possa
sentire per la Madonna, non ci vedo nulla di strano. Abbiamo
o no, letto A. Di Nola e De Simone, sul culto delle Dee-madri?
Le divinità ctonie, sopravvissute oltre la persecuzione cristiana,
riflesse nelle varie madonne, erano il matriarcato superstite,
le vestigia di un passato nient'affatto sessista né maschilista.
Amare Madre Terra, per me, vuol dire, in piena libertà e coscienza,
senza spogliarmi neanche per un attimo, o, quantomeno, pur separandomene,
nella poesia, nella passione,nell'amore (amore in tutte le sue
forme, tantriche comprese), della lucidità di un philosophe,
potermi collegare profondamente col posto dove vivo, col tempo
e con lo spazio.
Con l'alternarsi delle stagioni, nonostante el Niño e la Niña,
o comunque, assieme a loro, con il ritorno e la partenza delle
rondini, vuol dire non sentirmi un pezzo di composti chimici
pensanti, messo insieme chissà da chi, chissà per cosa, ma un
essere animale, come il cervo o il tasso, racchiuso e limitato
nel suo ciclo biologico, con una differenza pazzesca, enorme,
rispetto al loro, la capacità di immaginare e perciò stesso
costruire prospetive diverse.
L'amore per Madre Terra, appunto, passa di qui, dall'Utopia
praticata quotidianamente del rispetto per gli altri fratelli,
lotta contro tutte le ingiustizie e gli sfruttamenti, e, contemporaneamente,
pratica di vita il più consona possibile alla non distruzione
delle non rinnovabili risorse naturali (uso di carta recuperata,
alimentazione vegetariana, orticultura urbana,etc.) e lotta
implacabile alle multinazionali che diventano più forti ed oppressive
proprio appropriandosi di queste risorse che, io, e certamente
i compagni del C.I.R., difendono o tentano di difendere e preservare
per tutti.
Avrei moltissime altre cose da dire, per fortuna, anche in ambiente
libertario, non mancano, non solo in Italia, luoghi dove poter
non solo dibattere, ma, concretamente, praticare la lotta per
la vita della Terra unitamente alla lotta per la Libertà.
Nessuna natura senza libertà, nessuna libertà senza libertà.
Salute e libertà.
Teodoro Margarita (Erba - Co)
Ancora sulle biotecnologie/2
Cari amici e cara Maria Matteo,
ho letto il tuo articolo sulle manipolazioni genetiche su "A
rivista anarchica" 258 e poi la lettera di Teodoro e la risposta
sul numero 260 di questo febbraio. Visto che la risposta finiva
con l'invito ad aprire un dibattito vorrei far sentire la mia
voce su questo argomento.
Come ecologista anarchico seguo con particolare attenzione il
settore della lotta contro le biotecnologie. Questa lotta viene
portata avanti da anni da parte dei gruppi più diversi: ecologisti
di ogni tipo, anarchici, e soprattutto milioni di contadini
nel sud del mondo.
Ho letto il tuo articolo con gran piacere e stavo arrivando
alla fine quando ho trovato la frase "questo non significa demonizzare
la manipolazione genetica inquanto tale..".
Ci sono restato male! Ma come si può dopo un'esposizione così
chiara di ciò che le biotecnologie rappresentano, pensare che
sia sbagliato opporsi ad esse a priori? Non ci si oppone
forse a priori all'autorità, allo stato, al nucleare?
ecc..?
Lo si può fare anche nei confronti di questa nuova tecnologia
senza entrare per forza in un meccanismo politico e mentale
di tipo integralista.
Integralista è la scienza, una nuova religione altrettanto cieca
e sanguinaria di qulla vecchia e sicuramente con più morti sulla
coscienza. Se gli ecologisti, intendo quelli veri (rivoluzionari),
si oppongono a priori alle biotecnologie è perché hanno
ben chiaro in mente che alcuni tipi di tecnologie non hanno
una funzione buona o cattiva a seconda di chi le impiega o a
seconda dei laboratori dai quali provengono ma sono utili soltanto
al Dominio e incorreggibilmente dannosi per la natura e noi
denne e noi uomini che vogliono vivere liberi.
Ed anche animali: quello che oggi fanno alle pecore domani lo
faranno subire a noi.
In quali laboratori si potrebbe fare ricerche di biotecnologie
buone? Chi li gestirebbe?
Il metodo di lavoro di posti come i laboratori è intimamente
autoritario e non è possibile una gestione "liberata di essi":
non starebbero in piedi, sono fatti apposta per funzionare in
questo tipo di società. Chiunque abbia in mano certe tecnologie
che permettono di avere in pugno la vita di miliardi di persone
è pericoloso e nemico della libertà. La natura come religione
non c'entra niente in questo discorso. La gente non ha e non
avrà mai la possibilità di avere controllo su questo tipo di
tecnologie (come con il nucleare) per la loro stessa essenza,
che è mortifera: sterilità delle sementi appunto.
Purtroppo per i riformisti non tutto può essere riformato, corretto,
usato in senso libertario;
Molte cose del sistema industriale dovranno essere cancellate
completamente se vogliamo una speranza di vita nel futuro. La
migliore cosa che possiamo fare riguardo al nuovo attacco portato
contro di noi dallo stato-capitale è reagire con estrema forza
e rabbia. Finché ne abbiamo la possibilità; le prospettive che
aprono le biotecnologie nel campo del controllo sociale fanno
sembrare 1984 di Orwell una giacchettata; non vorrò mai
che qualcuno possa essere in grado di manipolare il mio codice
genetico, chiunque sia per qualsiasi motivo. Non mi sembra che
ci sia gran che di integralista in questo. Perciò penso di essere
più d'accordo con Teodoro che con te.
Federico Bonamici (Pisa)
Ancora sulle biotecnologie/3
Occorre dare più spazio al tema delle manipolazioni genetiche;
nell'articolo sul 258 di "A" l'informazione data è stata troppo
semplicistica, parziale per un problema così complesso.
Non si può pretendere di sintetizzare in così poche righe i
danni e le premesse degli O.G.M. (organismi geneticamente manipolati).
A tutti chiedo di procurarsi il dossier sulla Biovalley diffuso
dal C.L.A, (Cp 15, 24024 Bonate Sotto, Bg, CCP 12234241) e il
libro di Vandana Shiva Monoculture della mente ed. Bollati
Boringheri ("Una riflessione sulla protezione della biodiversità
sulle implicazioni della della biotecnologia e sulle conseguenze
per l'agricoltura della preminenza a livello mondiale del sapere
scientifico occidentale").
Non solo molte ricerche hanno evidenziato il rischio di tumori
e di abbassamento delle difese immunitarie (questo già lo sappiamo
dai cibi raffinati, lo zuccchero, il pane, il riso sbiancati,
gli alimenti irradiati, gli antibiotici, le sigarette, le medicine,
il mercurio delle otturazioni dei denti, le vaccinazioni, i
campi magnetici, le radiazioni, la TV, i telefonini, ecc...);
non solo c'è il rischio che si riduca la biodiversità! Stiamo
desertificando il pianeta!
C'è bisogno di sperimentare gli effetti delle patate geneticamente
manipolate sugli animali per sapere che sono dannose? È assurdo
che nel percorso libertario si appoggi ancora questo massacro
legalizzato, questo comodo strumento per l'industria della malattia
(recuperate la lettera di M. Pagano su"A" del febbraio 1996!).
È assurdo parlare di condanna aprioristica degli O.G.M.: sono
già in tavola, da qualche anno. Ancora più inquietante è venire
a conoscenza di persone secondo le quali prima di condannare
le manipolazioni genetiche occorre aspettare che abbiano contaminato
il pianeta giacché questo significa sperimentarli; tanto più
che le conseguenze degli O.G.M. si rivelano solo alcuni decenni
dopo; come avere ancora dubbi sulla loro inaccettabilità, date
le premesse di tale pratica di rendere, ancora una volta, organismi
animali e vegetali in funzione al profitto, alla donna e all'uomo
a danno dell'ecosistema.
La tecnica della manipolazione genetica, in teoria, ha applicazioni
illimitate.
Nessuno/a dovrebbe essere tanto ingenuo/a a tal punto e pensare
che le donne e gli uomini di scienza si manterranno entro i
limiti della moralità se dietro di loro ci stanno interessi
economici delle grandi imprese.
La manipolazioni genetiche (d'ora in poi M.G.) viene fatta su
frutta, verdura e cereali per renderli più nutrienti, non deteriorabili,
e resistenti all'aggressione dei parassiti. La resistenza degli
erbicidi indotta attraverso M.G. è trasmessa anche ad altre
piante costringendo gli agricoltori ad utilizzare un numero
maggiore di sostanze chimiche per estirparle.
Assistiamo alla nascita di nuove malattie e nuovi parassiti
sempre piu forti rispetto i diserbanti e gli antiparassitari
usati finora conosciuti. La trasmissione avviene tramite il
polline e incrociando piante G.M. con piante selvatiche, autoctone,
succede che l'ecosistema esistente venga compromesso gravemente.
Non bisogna stancarsi di ripeterlo.
Questi incroci preoccupano innanzitutto le contadine e i contadini
di agricoltura biologica, coloro che da sempre (da anni combattono
una battaglia da sempre la medesima) considerando le piante
al pari di un fratello o una sorella o comunque quelli che per
difendere le piante da afidi, virus etc... usano il macerato
di ortica, o di aglio, o di quassia, o di equiseto o di assenzio
o di cipolla o di pomodoro, e stanno attenti ai segnali che
le piante e il terreno dicono loro proprio come il nostro corpo
fa comunicandoci che c'è qualcosa fuori posto attraverso i malanni
di stagione o i vari dolori o altre manifestazioni che la medicina
ufficiale di solito tronca, sterilizza, uccide, taglia, "asporta",
agisce sui sintomi e non prende in considerazione la totalità
della persona.
La M.G. è da rifiutare in blocco! sempre e comunque per le sue
premesse.
Nessuno/a scienziato/a deve arrogarsi la manipolazione di un
essere vivente per suscitare un comportamento conforme al proprio
pensiero e modo d'agire.
Il problema non è capire "la ricerca è pagata da poche multinazionali".
(Come è stato evidenziato su "A" 258)
Ci stanno ammazzando Madre Terra sotto i nostri occhi e abbiamo
ancora bisogno di effettuare valutazioni di rischio, verifiche
e controlli cioè che vi dicano, vi scrivano come sulle medicine
o sulle sigarette che continuate a comprare che "nuociono gravemente
allla salute" o sapere - attraverso la sperimentazione sugli
animali "gli effetti collaterali degli O.G.M.!? O la dose letale
(il test "LD 50")?
La scelta della curatrice dell'articolo - Maria Matteo - di
non condannare gli O.G.M. e di essere a favore della ricerca
e della sperimentazione nelle mani e nell'interesse di tutti
(forse per "l'umanità"? o a danno di altre specie?) è a mio
parere inquietante.
Significa non avere compreso a fondo le premesse e le conseguenze
degli O.G.M. e significa mancanza di consapevolezza dell'importanza
dei ritmi naturali e dell'influsso deli astri sugli esseri viventi,
influsso impedito dall'umanità già con la creazione di ibridi
e con l'uso di pesticidi e fertilizzanti chimici che inquinano
per tempo indeterminabile la terra.
In quale caso, chiedo a Maria Matteo, la manipolazione genetica
effettuata in laboratorio è stata di vantaggio dell'umanità
e indipendente dal profitto?
Non mi rallegra per niente sapere che le reti telematiche nate
dall'industria di guerra siano ora utilizzate per comunicare
tra noi e ci permette a fare fronte comune contro i poteri -
non mi meraviglia, anche la nostra è una guerra.
L'accresciuta capacità comunicativa intanto non permette a tutti
di sapere, al di là degli strumenti mentali ("integralisti,
ecologisti e laici"; "scientisti e pagani"??) cosa veramente
ci troviamo di fronte e cosa veramente possiamo fare.
Ci sarà anche stata una bella opposizione a Seattle ma fatto
sta che localmente non si è ancora fatto qualcosa di veramente
forte.
Il CIR propone: associazionismo tra produttori e consumatori
alternativi, i gruppi d'acquisto; la banca dei semi biologici
contro gli O.G.M. e come invito all'autosufficienza; la salute
attraverso l'abolizione della medicina per una riappropriazione
del proprio corpo e del suo linguaggio; un'agenzia di autogestione
che coordina le realtà rurali e nel contempo entra nella metropoli;
un gruppo itinerante di mutuo appoggio; un'economia nostra al
di fuori del "produci - consuma - crepa"; una mappatura dei
siti di sperimentazione degli O.G.M..
Nel mio piccolo: seguirò tutte le possibili azioni sia del CIR,
sia locali; da anni siamo veganiani; ci autogestiamo la salute;
siamo associati ad un gruppo d'acquisto di prodotti biologici
presso l'associazione "gli elfi dell'isola" a Bonate Sotto (Bg);
investiamo nei campi e cerchiamo di renderci autosufficienti
nel consumo di frutta e verdura eventualmente barattiamo zucche.
Non abbiamo permesso che vaccinassero il piccolo Janus; anche
lui verrà questa primavera a raccogliere le erbe e le erbacce
per far macerati, tinture, unguenti; mettiamo a dimora ogni
seme contenuto nella frutta che mangiamo, o li conserviamo in
vista ad una azione suggerita da Fukoka (La rivoluzione del
filo di paglia) e realizzata per reinverdire le zone desertiche.
Occorre fare controinformazione, distribuire nelle biblioteche
comunali, in tutti i posti pubblici, nelle scuole materiale
sugli O.G.M.: noi pensiamo ogni mese a stampare volantini sulle
vaccinazioni, sui trapianti, sull'antipsichiatria, sull'allattamento
al seno, sul consumo critico; invitiamo tutti a spingere i propri
comuni a prendere posizione sulle O.G.M...
Nel comune di Bobbio in Piemonte da settembre sono vietate sperimentazioni
di piante transgenetiche, la coltivazione/l'allevamento di O.G.M..
Motivazioni: per le conseguenze sulla salute dei cittadini,
per i rischi irreversibili all'ecosistema, per la protezione
delle specie autoctone, per l'ulteriore divario che creerebbero
tra paesi ricchi e quelli in via di sviluppo (capisco ben poco
questa parola "sviluppo"...).
Circa la posizione della chiesa cattolica: "dà il via libera
alle sperimentazioni animalie vegetali sia il trapianto d'organi
dagli animali all'uomo, sia il pomodoro modificato. Le motivazioni
del Monsignore Elio Sgreccia, vicepresidente della pontificia
accademia per la vita: "Noi non sposiamo la posizione metafisica
e ideologica di quanti affermano che toccare i geni delle piantee
degli animali significhi mettersi al posto di Dio; anzi, le
biotecnologie vegetali possono risolvere problemi grandiosi:
creare cibo nelle zone affamate, portare cibo nelle zone impervie,
aumentare complessivamente l'offerta di cibo per combattere
la fame nel mondo"
Anche se si chiedono delle garanzie sull'innocuità dei cibi
biotech e viene ritenuta necesaria un'etichetta informativa,
il nuovo corso della chiesa desta stupore Come se non fosse
noto che la politica delle multinazionali e di molti ricercatori
è sempre di minimizzare il problema e di millantare l'innocuità
degli O.G.M. (...)"
(AAM Terra nuova novembre 1999) tel 055 3215729, fax
32 15793
Circa la risposta data da Maria Matteo a Teodoro Margarita sul
n° 260 l'ho trovata inadeguata ad un tema, quello degli O.G.M.,
di cui ribadisco l'esigenza di dare più spazio e incoraggiare
il circolare delle informazioni affinché si comprenda la portata
immensa di questo problema e ci si organizzi sulle azioni. Reagire,
continuare ad informarsi ed informare; prendere i contatti e
anche su rivista "A" pubblicare l'evolversi delle azioini di
collabora al CIR.
Concludo ricordando alcune delle creature della M.G.:
- fragole-pesce, mostra resistenza al freddo grazie ad un gene
prelevato dai pesci dell'artico.
- barbabietola al carciofo, per la coltivazione di zucchero
dietetico si sono ideate barbabietole con gene di carciofo di
Gerusalemme.
- Maiali standard, la loro altezza è di 20-30 cm, i peso è di
30-40 Kg ma nonostante le ridotte dimensioni partoriscono sino
a 24 maiali. Come a dire "carne su misura".
- Api transgeniche, producono maggiori quantità di miele e non
pungono.
Earth First!
Silvia Moroni Paderno d'Adda (Lc)
I
nostri fondi neri
|
Sottoscrizioni. Rosario Conte (La Spezia),
76.500; Antonio Ruju (Torino), 300.000; Giorgina Arian
Levi (Torino), 50.000; Angelo Zanni (Sovere), 20.000;
Nicola Casciano (Novara), 50.000; Pino Cavagnaro (Genova),
50.000; Spartaco (Torino), 10.000; Andrea Albertini
(Merano), 20.000; Sauro Sorbini (Viterbo), 50.000;
Duilio Rosini (Iesi), 20.000; Massimo Bianchi (Vittorio
Veneto), 50.000; Giorgio Nanni (Lodi), 58.000; Aurora
e Paolo (Milano) ricordando Alfonso Failla, 1.000.000;
Gabriella Gianfelici e Claudio Neri (Roma), 20.000;
Monica Giorgi (Bellinzona - Svizzera), 54.000; Patrizio
Biagi (Milano), 15.000; Fausto Scordo (San Colombano
al Lambro), 50.000; Paola Tigrino (Genova), 20.000;
L.D. (Ancona) "ricordando P.I., uomo ineguagliabile,
la sua compagna", 1.500.000; Stefano Valtolina (Vimercate),
50.000; Marco Buraschi (Roma), 50.000.
Totale lire 3.513.500
Abbonamenti sostenitori. Gennaro Genualdo
(Portici), 150.000; Fernando Ferretti (San Giovanni
Valdarno), 200.000; Cariddi Di Domenico (Livorno),
150.000; Rocco Tannoia (Settimo Milanese), 150.000;
Gianluca Botteghi (Rimini), 200.000; Francesco Zappia
(Patti Marina), 150.000; Enrico Pazienti (Roma), 150.000;
Fabrizia Golinelli (Carpi), 150.000; Maurizio Guastini
(Carrara), 500.000.
Totale lire 1.800.000
|
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