Rivista Anarchica Online


Terra e
libertà
di Luigi Veronelli

Il più noto enologo italiano lancia
un appello ai "giovani estremi", in
particolare dei circoli anarchici e
dei centri sociali. E propone...

Quando mi chiedono cos'è l'anarchia, so solo rispondere: la libertà dell'altro. È sufficiente per vantarmi anarchico?
Sta di fatto che ho dedicato tutta la mia vita alla libertà, mia e altrui con una scelta contadina collegata a Carlo Pisacane.
La fine millennio con l'affermazione della centralità della terra - e di quanto ne segue: l'ambiente e l'agricoltura - dovrebbe rendere chiaro ai giovani estremi che è stato ed è un grave errore non essersene interessati e non interessarsene.
I potenti - che sanno - hanno fatto e fanno di tutto perchè la terra - intesa nelle sue diverse significanze - venga annullata, persa la guerra, della violenza, puntano alla rivincita con la finanza.
L'orrorizzante "globalizzato" della America Online e Time Warner, società di 640.000 milioni di lire è una ulteriore prova. Quante persone si potrebbero togliere dalla miseria con l'impiego corretto di quella cifra mostruosa?
Non accorgersene - giovani estremi e voi in particolare dei circoli Anarchici e dei centri Sociali - è il suicidio.
La lotta deve essere sì nelle città, ma altrettanto certo e più ancora nelle campagne. Contro ogni fraintendimento. È l'esigenza della qualità, soprattutto alimentare, che ci rende più forti e capaci di opporci alla massificazione ed alla protervia globalizzante.
Ho detto le parole che seguono al grande pranzo, in Percoto di Udine, 29 gennaio, offerto alle "autorità", agli uomini di cultura ed ai vignaioli, dopo la proclamazione dei premi Risit d'Aur alla civiltà contadina. Io avevo l'incarico di consegnare il premio alle Donne del Vino, un'associazione che raccoglie le vignaiole che operano, appunto, nelle vigne.

 

Dibattito pretestuoso

V'è un mio racconto mai scritto. Il mio racconto mai scritto sul vecchio che, divenuto cieco, si dispera per l'impossibilità di leggere i libri e, ancor più, di non riconoscere i volti degli amici. Si arrabbia anche di non riconoscere quelli dei nemici, cui rifiutare la mano.
Grazziaddeo le amiche friulane, le Donne del Vino, mi sono vicine. Le riconosco una ad una. Potrebbero essere mie figlie. Lo sono, nei fatti.
Il vino è il canto della terra verso il cielo. Ha i suoi tenori e i soprano, contadini - agricoltori se volete - e contadine che lavorano le vigne e ne vinificano le uve, con tutta la fatica, l'intelligenza e la passione che vigna e vino esigono. I tempi mutano e sempre più le donne si fanno protagoniste. Anche nel mio campicello. Per cui a loro soprattutto chiedo consiglio ed aiuto.
Siamo di fronte a un mutamento sociale di proporzioni inaudite. Fallito il tentativo di schiavizzare l'umanità con la violenza, è in atto quello di schiavizzarla con la finanza. La terra è l'unico reale baluardo in grado di contrapporsi e far fallire il proposito. Loro lo hanno capito. E fanno di tutto per oltraggiarla ed annullarla.
I Risit d'Aur sono nati con il preciso proposito di esaltare la civiltà contadina, e quindi la terra.
Anno via anno, con premi alla cultura di maggior impegno (se di reale impegno non può non essere legata alla terra), ai contadini ed agli artigiani.
La Terra madre. La Donna madre, le uniche capaci di generare. La finanza è sterile, astiosa, implacabile. Corrompe gli uomini, quelli del potere, politici e giornalisti, col danaro.
Primo, rigoroso ordine dei padroni: si metta a margine l'agricoltura, la si ignori quanto più possibile ed è perciò che nei programmi dei partiti l'agricoltura è, nella realtà, assente.
Tre giorni fa in New York, si sono riuniti alcuni sopracciò della politica e dell'economia - pensa té - per combattere la povertà del terzo e del quarto mondo. Ciascuno di loro era coperto di danaro. Non combattevano contro la povertà, davano regole "per la povertà " così che l'orbe terracqueo sia provvisto di schiavi che si prendano carico del lavoro e di padroni che li facciano sopravvivere nei limiti stretti dei "benefici" consumistici.
Le tivvù, i quotidiani, i settimanali, hanno esaltato l'orrorizzante "globalizzo" della America Online e Time Warner, società di 640.000 milioni di lire. Quante persone si potrebbero togliere dalla miseria con l'impiego corretto di quella cifra mostruosa? Lo esaltano anzichè esecrarlo, quell'ipertrofico potere, in mano ad una decina o poco più di persone.
Proprio al contrario la povertà si combatte con l'insegnamento, di luogo in luogo, delle tecniche di coltura della terra e con l'approvvigionamento dei mezzi. Ogni uomo in ogni paese del mondo, anche il più difficile per condizioni climatiche (com'è dimostrato dagli esquimesi) - se è in grado di conoscere le qualità della terra in cui è nato e su cui vive, ed ha i mezzi adatti per coltivarla - si rende libero. È libero.
Questa è l'inoppugnabile verità tenuta nascosta, con rabbiosa protervia, da chi ha bisogno di schiavi.
Ed è proprio per ciò che mi rivolgo alla cultura, ai premiati del Risit e alle Donne del Vino, in primis, perchè mi aiutino nella battaglia intrapresa per eliminare la povertà del nostro Sud.
Nel Sud vi sono più di un milione di olivicoltori che non hanno raccolto le olive, quest'anno, da che il mercato gli offriva il 40% in meno del niente dell'anno scorso.
L'80% del mercato - dicono - è in mano alle multinazionali, Unilever e Nestlé in testa.
Nei supermercati sono in vendita i cosiddetti oli extra-vergine di oliva, a meno di 6.000 lire, quando il costo contadino non può - sottolineo, non può - essere inferiore a 10.000 lire (e dico dell'olio appena franto, non ancora confezionato e senza alcun margine di guadagno).
Basterebbe che "le autorità" provvedessero - e i giornalisti appoggiassero - due elementari norme: "essere olio d'oliva il solo liquido ottenuto dalla sola frangitura delle olive" e "è italiano l'olio d'oliva franto da olive italiane" e quel milione di olivicoltori, da poveri si farebbero benestanti, capaci, anzi costretti, ad assumere manodopera.
È gravissima colpa dei politici, degli economisti e dei giornalisti ignorare questo fatto che non ha nessuna possibilità di smentita.
L'anno scorso, qui in questa sala ho dato il preannuncio delle Denominazioni Comunali. Ciascun comune rivendica il diritto di proteggere e valorizzare i prodotti e manufatti della propria terra con l'esatto nome di ciascuna delle località. È partito l'iter parlamentare ma io affermo: i Signori Sindaci già possono dar atto alla denominazione comunale per ciascuno dei loro prodotti con l'uso del potere notarile.
(Questo, amici dei circoli Anarchici e centri Sociali è un fatto rivoluzionario, in grado di mettere ai margini le multinazionali e di dare lavoro, serio e non flessibile, a milioni di giovani).
Chiedo una seconda volta aiuto agli uomini di cultura e a ciascuno presente in questa grande sala, famosa per la distillazione dei prodotti primi della terra, vinacce e frutti.

Luigi Veronelli