Rivista Anarchica Online


 

Giornali da dentro

Il 3 e 4 dicembre 1999 si è tenuto a Firenze, (Auditorium del Consiglio Regionale della Toscana, Via Cavour, 4) un convegno sui giornali del carcere organizzato dall'Associazione Pantagruel e dalla Regione Toscana, nell'ambito del progetto Informacarcere.
La mattina di venerdì 3 sono intervenuti: Orietta Lunghi, Presidente della Commissione sul Disagio Sociale della Regione Toscana; Ettore Ziccone, Provveditore Regionale Amministrazione Penitenziaria e Franco Cazzola, Assessore Regionale alla Cultura e alla Trasparenza. Vi sono state inoltre le relazioni delle Associazioni e dei Giornali del Carcere, come l'Associazione Papillon di Rebibbia; La Grande Promessa di Porto Azzurro; Mayday di Bologna; Liberarsi dalla necessità del carcere di Firenze; Magazine 2 di San Vittore e Ristretti Orizzonti del carcere Due Palazzi di Padova.
Il convegno è proseguito nel pomeriggio con gruppi di lavoro su argomenti specifici:
Come far nascere un giornale del carcere e farlo vivere
Come coinvolgere il territorio
L'informazione fatta con strumenti diversi dai giornali
Dopo il convegno quali prospettive future?
Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari
Le custodie attenuate
Istituti Penali Minorili
Il 41 bis e i detenuti differenziati
La mattina di sabato 4 alcuni detenuti e detenute sono intervenuti su temi particolari spesso dimenticati o non risolti come l'ergastolo (La Grande Promessa); la detenzione politica (Pasquale Abatangelo); i bambini e le mamme detenute (Marzia Belloli, intervista registrata da Controradio); gli stranieri in carcere (Imed Mejeri); la pena di morte in carcere (Adriano Sofri).
Hanno concluso i lavori gli interventi di Vincenza Bonifacio, Responsabile della divisione Trattamento e Lavoro del D.A.P. e l'On. Franco Corleone, sottosegretario al Ministero della Giustizia.
Da sottolineare i motivi di fondo di questa iniziativa:
Esiste una realtà positiva che è quella dei giornali del carcere, circa 40 esperienze (più di 10 solo in Toscana, con esperienze importanti come La Grande Promessa di Porto Azzurro, il TG Galeotto della Gorgona, Ragazze Fuori di Empoli, Il Ponte di Massa, Spiragli dell'O.P.G. di Montelupo Fiorentino, Espressioni di Lucca, Taita di Prato, Orti Oricellari 18 dell'Istituto Penale Minorile, per fare alcuni esempi) che impegnano un buon numero di volontari, operatori e soprattutto detenuti e detenute; o
Queste voci, molto diverse tra loro, credono che l'informazione sia un punto centrale per modificare la vita interna del carcere e per incontrare la società esterna che circonda la struttura del penitenziario;
Il convegno di Firenze ha dato l'opportunità a questi gruppi che utilizzano la stampa di un periodico ma anche la radio, la televisione, il cinema, il comunicato stampa ecc… di incontrarsi e di dialogare tra loro e con le istituzioni;
Dal convegno di Firenze nascerà una forma di organizzazione-coordinamento che renda più incisiva, più seria e più vasta l'azione di questi gruppi sparsi nelle varie regioni italiane…
Il convegno ha visto la partecipazione di 200 persone a rappresentare comitati (Silvia Baraldini e Horst Fantazzini), molte associazioni di volontariato (Gruppo Abele, Razzismo Stop, Antigone, Caritas, Centro Francescano di Ascolto, Insieme e altri); giornalisti della R.A.I., emittenti radiofoniche come "Radio Sherwood" di Padova, "Radio Popolare" di Milano, "Controradio" di Firenze e altre.
Zlatomir Tadinac del "TG 2 Palazzi" ha ripreso tutto il convegno per il "telegiornale prigioniero" di Padova.
Purtroppo alcuni detenuti e detenute che avevano chiesto di ottenere un permesso di partecipare al convegno, si sono trovati davanti la solita ottusità di taluni magistrati di sorveglianza i quali sono sempre molto intransigenti quando a chiedere i benefici della legge sono i soliti poveracci senza santi in paradiso, e non i grossi rapinatori di tangentopoli (che peraltro non ci vanno nemmeno in carcere)!
Numerosi e molto complessi come si potrà vedere gli argomenti trattati che meriterebbero ulteriori approfondimenti. Soprattutto sono emerse in modo doloroso le urgenze del sovraffollamento, della fatiscenza delle strutture, del divario nord/sud (ebbene, esiste anche nel mondo carcerario !), degli abusi di potere e di episodi di percosse e di violenze ai danni dei carcerati soprattutto stranieri; della salute e dell'affettività negate; della presenza di malati gravi, di handicappati e di bambini con le loro madri in carcere; del lavoro (inteso come percorso di autonomia economica che porta verso l'esterno, non come ulteriore schiavitù carceraria), dei laboratori, della scuola per i carcerati: esperienze che esistono in maniera difforme e che dipendono unicamente dalla buona volontà di educatori e volontari, i quali peraltro sono in numero esiguo rispetto a una corporazione di agenti di polizia penitenziaria molto agguerrita e molto sostenuta specialmente dai settori più reazionari e senza alcuna preparazione (diciamolo: la maggior parte degli agenti ha un licenza media scarsa: impossibile dialogare con loro!).
Il G.I.S.C.A. (Insegnanti carcerari) ha sollevato la questione di croniche mancanze di materiale didattico, dai computer fino a un semplice libro di testo.
La "pena di morte in carcere" è quella morte quotidiana, della quale ha parlato a lungo e con passione Adriano Sofri.
A tutti i partecipanti è stato consegnato materiale documentativo con presentazioni dei vari giornali del carcere e delle attività svolte dai medesimi, nonché mozioni e denunce (come quella, terrificante, proveniente dalla Sezione Alta Sorveglianza di Parma, firmata da una trentina di prigionieri).
Questo materiale si può richiedere alla sede di Informacarcere c/o Regione Toscana, Via G. Modena 13 - 50121 Firenze.

DOCUMENTO APPROVATO DALL'ASSEMBLEA DEL 4 DICEMBRE:
Si costituisce a Firenze formalmente il "Coordinamento Informazione e Giornali del carcere" che è rappresentato fino al dicembre 2000 dalle seguenti esperienze: Mayday (Bologna), La Storia di Nabuc (O.P.G. di Aversa), Ragazze Fuori (Empoli), Ristretti Orizzonti (Padova), Liberarsi dalla necessità del carcere (Firenze), Centro di Documentazione Gruppo Abele (Torino) e un giornale di un Istituto Penale Minorile (d'ora in poi IPM) che sarà designato tra i numerosi periodici esistenti in queste realtà.
Al Coordinamento si possono iscrivere tutte le esperienze interessate che producono periodici e che fanno informazione nel carcere e sul carcere, versando una cifra simbolica di 20.000 lire sul conto corrente dell'Associazione Pantagruel.
La segreteria sarà svolta per questo primo anno da Informacarcere, presso la Regione Toscana, la stessa che ha curato il convegno.
Il Coordinamento insieme al Ministero della Giustizia organizzeranno a Rebibbia in aprile un secondo incontro nazionale che servirà a:
1) presentare i dati della ricerca/ censimento ragionato sui giornali del carcere e sulle voci dell'informazione. Ricerca coordinata da Luigi Cairola, detenuto in articolo 21 del carcere di Massa, a cui daranno un aiuto i giornali che rappresentano il Coordinamento e tutte le altre voci interessate.
2) Fare un ulteriore riflessione, individuare e articolare meglio i compiti del Coordinamento.
3) Rinnovare e ridiscutere la segreteria e l'organo rappresentativo. I giornali che in questo anno svolgono il lavoro di rappresentanza di questo Coordinamento chiedono al Ministero
che venga individuato un loro referente presso il DAP o di venire consultati su quello che viene elaborato a livello del DAP sull'informazione in generale e sui giornali in particolare. o
Che venga concessa un'autorizzazione ai delegati delle esperienze dell'attuale rappresentanza per poter incontrare le redazioni dei giornali esistenti nelle carceri e gruppi di detenuti che volessero iniziare un'esperienza con nuovi periodici o utilizzando altri strumenti di informazione.
Sarà compito di coloro che sottoscrivono il presente documento, in questi mesi:
Aiutare i giornali e le esperienze di informazione che ce lo chiedono a superare i vari problemi che devono affrontare nella loro quotidianità.
Instaurare un rapporto con l'ordine nazionale dei giornalisti per trovare, anche in questo soggetto, persone disponibili ad appoggiare corsi di formazione per rendere più alto il livello dei giornali.
Facilitare la nascita di altre esperienze

Mayday, Marcello Mattè
La Storia di Nabuc, Claudio Flores
Ragazzi Fuori, Barbara Antoni
Ristretti Orizzonti, Ornella Favero
Liberarsi dalla necessità del carcere, Giuliano Capecchi
Gruppo Abele, Susanna Ronconi e Patrizia Brigoni, Giornale da designare dagli IPM

Patrizia "Pralina" Diamante

 

Anticlericali a Pisa

A conclusione di una serie di iniziative fra cui la mostra Eppur si muove! La stampa anticlericale in Italia fra Otto e Novecento, e lo spettacolo Storie di inquisizioni curato da Mario Coglitore, Fabio Santin e Rino De Michele, si è svolta sabato 27 novembre 1999 la giornata di studio organizzata dalla Biblioteca Franco Serantini in collaborazione con la Domus Mazziniana, dedicata a Galileo Galilei e Giordano Bruno nell'immaginario sociale dei movimenti popolari fra Otto e Novecento. Un folto pubblico ha riempito la sala convegni della Domus Mazziniana ed ha seguito con attenzione e passione le varie e dense relazioni.
Adriano Prosperi dell'Università di Pisa ha aperto i lavori con un'affascinante relazione dal titolo Note sulle ricerche e l'edizione dei documenti processuali di Galileo Galilei e Giordano Bruno, che ha ripercorso le vicende della scoperta, davvero intricate e degne di un film di spionaggio, delle carte processuali del tribunale del Sant'Uffizio relative ai casi dei due "martiri del libero pensiero". Altre relazioni hanno trattato gli aspetti artistici e culturali della diffusione del mito di Galilei e Bruno, in particolare Federico Tognoni, ha parlato dell'iconografia di Galileo nell'arte; Concetta D'Angeli ha analizzato la produzione dei drammi e delle opere teatrali in genere, dedicate a Galileo Galilei, prodotte a cavallo del secolo; Fernando Mastropasqua, si è soffermato sul Galileo di Brecht, mentre Maurizio Antonioli ha descritto l'ambiente culturale libertario. Maria Turchetto e Alessandro Volpi hanno presentato due interessanti relazioni sulla diffusione del razionalismo e del materialismo in Italia. L'intervento di Volpi si è soffermato, in particolare, sulla lettura dei testi positivisti, in particolare le opere di Darwin, a Firenze immediatamente dopo l'Unità d'Italia, con un'analisi accurata della composizione delle biblioteche circolanti e popolari. Un altro gruppo di interventi ha analizzato la storia dei movimenti sociali e popolari anticlericali riguardanti in particolare la Toscana. Hanno presentato nuove ed inedite ricerche Franco Bertolucci con una relazione su La geografia dell'anticlericalismo in Toscana fra Otto e Novecento; Giorgio Sacchetti, su gli Anticlericali in piazza. Le agitazioni "pro Ferrer" in Toscana (1909-1910) - questo saggio sarà pubblicato prossimamente su "A") - e Lorenzo Gestri, Galileo versus la Madonna di Sotto gli Organi. Insorgenze anticlericali e immaginario collettivo a Pisa tra '800 e '900. In ultimo è stato presentato, da Pietro Finelli, uno studio sulle radici del pensiero e dell'azione anticlericale del filosofo Giovanni Bovio che tanta influenza ha avuto nella formazione dei movimenti anticlericali e politici fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.
Il particolare approccio metodologico e l'argomento sono state le novità più interessanti di questa giornata di studi. Difatti è la prima volta che veniva affrontato, con una comparazione storica, il tema della diffusione popolare dei "miti" galileiano e bruniano fra Otto e Novecento attraverso un'indagine multidisciplinare che ha coinvolto studiosi e ricercatori di discipline diverse che spaziavano dalla letteratura alla sociologia, dalla filosofia alla storia sociale. Ora siamo in attesa di vederne pubblicati al più presto gli atti.

L'eretico
Biblioteca Franco Serantini
Largo Concetto Marchesi 56124 PISA
Tel. 050 570995 Fax 050 3137201
e-mail: bfspisa@tin.it

 

Toulouse e dintorni

Dopo 16 ore e mezzo di viaggio in treno eccoci alla stazione di Toulouse. Sono le cinque e mezzo del mattino e la seconda giornata del convegno L'anarchismo ha un futuro? inizierà solo verso le nove. Dopo un paio di caffè per riprenderci, sacco in spalla partiamo alla scoperta della città. Tutto è buio e immerso nel sonno. Le visite di rigore: il Pont Neuf (che comunque ha qualche secolo), la cattedrale, le piazze, le vetrine delle librerie, ecc.
La giornata è serena, la temperatura mite, ma il sole tarda a levarsi (ma che ora è? da noi è già chiaro!). Poi in metrò fino all'università.
Siamo in perfetto orario, ancora un caffè e poi dentro al chiuso delle aule.
Una visita rapida nella sala di ricezione dove troviamo i dossier delle relazioni, le bancarelle dei libri e delle riviste, altri caffè, succhi di frutta, ecc. e soprattutto compagni e compagne che si danno da fare per far funzionare tutto nel migliore dei modi.
Nell'aula magna le relazioni sono già iniziate. Tra il pubblico attento vedo facce conosciute, nella pausa ci sarà il tempo per i saluti. Alla fine delle esposizioni, richieste di chiarimenti, puntualizzazioni, contestazioni,... Mi chiedo sempre come fanno; il mio tempo di digestione di un intervento è lungo, migliora se lo vedo scritto. Cerco di indovinare le ragioni di chi partecipa alla discussione: chi è, a cosa si riferisce, chi sta citando... Mi informerò più tardi.
Nella pausa di mezzogiorno (ottimo il pranzo, buono il vino fatto da non so quali frati, che comunque sono riusciti a trovare il paradiso in terra) i saluti, le nuove conoscenze, i progetti, le attività...
Nel pomeriggio si riprende, puntuali, il che non può che far piacere a noi svizzeri, sempre a disagio con i ritardi endemici degli incontri italiani. Altre relazioni (sulla "rivoluzione", sull'economia), altri interventi che cercherò di assimilare ai miei ritmi.
Alla sera, con una buona compagnia internazionale, torniamo in città per la cena. Scarpiniamo dappertutto, come stamattina presto, alla ricerca del ristorante tipico di cui qualcuno ha sentito tessere le lodi. Alla fine ci rendiamo conto di essere stati s... Carrozzati in giro alla ricerca dell'ideale di bellezza femminile, incarnato in una giovanissima e graziosa cameriera. Comunque il cibo si dimostra buono e abbondante, all'altezza del vino locale, la compagnia pure.
Il giorno dopo, non devo mancare assolutamente al seminario su Anarchia e Internet. Le relazioni buone, molto dense, documentate, interessanti, sono seguite da una discussione molto accesa in parte ideologica in parte tecnica sui sistemi di controllo, che posso seguire solo parzialmente (chissà perché i francesi devono sempre stravolgere i termini tecnici o renderli incomprensibili foneticamente?). A mezzogiorno altro momento conviviale, sempre buoni il cibo, il vino, la compagnia e l'organizzazione.
Nel pomeriggio mi perdo una relazione che ha suscitato un vivace dibattito (ne vedo solo la coda), ma sono stato a chiedere aiuto per cercare di risolvere un problema per il sito anarca-bolo e le spiegazioni sono state lunghe. Comunque non voglio mancare l'intervento finale di Mimmo, un po' l'anima del convegno, inserito nel ciclo Liberare l'anarchia, che inizierà dopo quello di Salvo, cattedratico e chiuso nella parte letta, bello e arioso nella risposta a braccio. Un anticipo della relazione di Mimmo, che di suo vi aggiunge pure una gestualità che tiene viva l'attenzione dei presenti, ormai stremati dal terzo giorno del convegno. Gustoso negli aneddoti, puntiglioso nelle polemiche, l'esposizione suscita molti interventi da parte dei compagni presenti. Un buon finale per tre giornate intense. Un interrogativo resta da sciogliere: ma i compagni tedeschi, inglesi, scandinavi, austriaci, e dell'est e del sud dove sono?
Ancora una visita alla sala per l'acquisto di libri e riviste, lo scambio di indirizzi e impressioni e poi via verso la stazione, col peso del sacco che si è triplicato, per le 16 ore e mezzo del viaggio di ritorno. Sul treno il tempo trascorre leggendo, discutendo degli interventi uditi e degli stimoli ricevuti, parlando dei compagni conosciuti, e preparandoci all'impegno del giorno dopo: la visita in Ticino dei "bulgari" (si può dire?) di Reggio.
Sabato, il ritorno a casa, frastornati dalle tante ore di viaggio e dalle poche di sonno.
Domenica mattina, tempo splendido, le ultime verifiche, tutto dovrebbe funzionare al meglio.
I compagni di Reggio arrivano puntuali (toh! comincia a essere un'abitudine) a Mendrisio e iniziamo la visita i luoghi "storici" dell'anarchismo in Ticino. Passando da Capolago, giungiamo a Lugano, poi al CSOA Il Molino al Maglio, dove mangiamo un piatto di pasta assieme ai prodotti portati dai compagni di Reggio (in Ticino non riusciremo mai a competere con l'organizzazione anche solo culinaria di S. Martino in Rio, ma abbiamo fatto del nostro meglio). L'ambiente è ottimo, le occasioni per fare amicizia molte.
Nel pomeriggio visita nel Locarnese (il museo Casa Anatta al Monte Verità di Ascona, La Baronata a Minusio), poi il ritorno al Maglio per il bicchiere della staffa e i saluti di rito. Tutto è andato bene. A un'altra occasione, qui o giù.

Riflessione finale: L'anarchismo ha un futuro? Il nodo non è stato sciolto, ma finché ci saranno individui, compagni, gruppi che avranno piacere a stare assieme, discutere, sognare, agire per un mondo più giusto e più libero, ci sarà almeno la possibilità perché questo futuro possa avverarsi.

Zampanò

 

Il premio Ciampi a Lalli

Prima o poi qualcuno se ne doveva accorgere: Lalli ha ricevuto il premio ciampi 1999, ed è francamente un tributo obbligato nonché dovuto. In mezzo alle macerie del cantautorame italico si è fatta largo con tenacia senza svendere un minimo della sua integrità artistica, ed il mondo non ha potuto fare a meno di accorgersi di lei. Il buon Massimo Pirotta le ha letto la motivazione (scritta di suo pugno) con la voce rotta dall'emozione. La riportiamo qui sotto:
ALL'ATTENZIONE DI FRANCO CARRATORI / PREMIO CIAMPI
Un meritato riconoscimento a Lalli, musicista capace di più sguardi, vocalist di sicuro talento e performer dalle multiple raffigurazioni sonore.
Alla sua più che decennale carriera, lontana da odierni sovraccarichi multimediali, da falsi orpelli decorativi e posizionata nei percorsi autoproduttivi.
Un'artista a tutto campo che differenziandosi sa dar sfoggio ad indelebili pentagrammi nel raccontare e nel raccontarsi.
I tragitti nella memoria, il battito della poesia, il solido ponte fra plurime tradizioni e nuove istanze divulgatrici.
Una sintesi di parole e suoni che è nitida fotografia e che immediatamente diviene storia.
Musica capace di più espansioni, ricca di particolari e di soffi ideali, fra passioni, ricordi, desideri, gioie, forme di vita in movimento.
Seppur con le dovute differenze, un agire artistico votato alla massima libertà espressiva come quella del nostro amato Piero Ciampi.
Vorremmo anche sottolineare che, nonostante un'attività concertistica sempre più intensa, Lalli ci fece gradita sorpresa improvvisando un'esibizione al Bloom di Mezzago a sostegno della rivista assieme a Stefano Giaccone (che era temporaneamente in Italia per lo spettacolo teatrale con Ferdinando Bruni "Urlo a Kaddish"). Se mi si consente un appiccicoso et mieloso sbrodamento finale, direi proprio che noi le vogliamo bene...

Mario Bossi

Il sogno dei Saharawi

Sono ormai sette anni che la popolazione saharawi attende lo svolgersi del referendum di autodeterminazione e per l'ennesima volta è stato rinviato. Ultima data: dicembre 1999. L'opinione internazionale era convinta che quella sarebbe stata la volta decisiva. Invece no. Il processo di identificazione degli aventi diritto al voto non riesce a trovare una via d'uscita e la situazione d'impasse si protrae vanamente.
Chi sono i Saharawis, questo popolo che ci evoca luoghi lontani, grandi distese e uomini blu? Perché il Marocco persegue nella sua politica di invasione ed occupazione illegittima di un territorio che non gli appartiene?
La vicenda ha inizio nel secolo scorso e rappresenta uno dei casi più emblematici per il diritto internazionale perché riguarda sia aspetti politici che giuridici e mette in crisi - non era necessario attendere i bombardamenti della Nato sulla Serbia - il ruolo e l'efficacia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Ma è bene procedere con ordine ed introdurre storicamente l'esistenza e le sventure di questo popolo così orgoglioso da definirsi "gente del deserto".
Con la Conferenza di Berlino del 1884, convocata dalle potenze europee per concordare la spartizione del continente africano, veniva riconosciuta la sovranità spagnola sul Rio de Oro che verso la fine degli anni cinquanta, era trasformato in due province del tutto equiparabili a quelle spagnole. Questa forte presenza straniera ebbe in realtà l'effetto di indurre nuove forme di organizzazione sociale, diverse da quelle tradizionali, che si formarono sulla base di un sentimento anticoloniale.
Il primo atto giuridico a sostegno della lotta del popolo saharawi è la risoluzione n. 1514 adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 14 dicembre 1960, cd. 'Dichiarazione sulla concessione dell'indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali'; essa sanciva la fine del colonialismo ed invitava le potenze coloniali a far in modo che le popolazioni ed i territori non ancora autonomi potessero pervenire all'indipendenza attraverso un processo di autodeterminazione. Nel 1963 veniva creato dalle Nazioni Unite il Comitato Speciale per la Decolo- nizzazione - per favorire l'applicazione della risoluzione n. 1514/1960 - che inscriveva il Sahara Spagnolo nella lista preliminare dei territori ai quali concedere l'indipendenza. Ogni anno l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottava una risoluzione per sollecitare lo svolgimento di un referendum per l'autodeterminazione del popolo saharawi. Nel 1972 veniva adottata la risoluzione n. 2983 che affermava esplicitamente "il diritto inalienabile del popolo saharawi all'indipendenza" e "l'appoggio (delle Nazioni Unite) alla lotta che esso porta avanti per l'esercizio di questo diritto" pregando tutti gli Stati "di offrire ogni aiuto morale e materiale per questa lotta".
Nel 1973 nasceva il Fronte Polisario (Fronte Popolare per la liberazione del Sakiet el Hamra e Rio de Oro) definito in conformità al diritto internazionale 'movimento di liberazione nazionale'. Esso 'è l'Ente che rappresenta il popolo saharawi nell'esercizio del diritto all'autodeterminazione e possiede una personalità giuridica internazionale che gli consente di essere il titolare di quel diritto'.
Il Fronte Polisario partecipa oltre che alle sedute dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, anche a quelle di altre organizzazioni internazionali ed è ad esso, che le Nazioni Unite fanno riferimento in tutte le loro risoluzioni.
Il 1975 è un anno chiave per il popolo saharawi. Alla Corte Internazionale di Giustizia (organo delle Nazioni Unite) veniva richiesta, dall'Assemblea Generale, l'emissione di un parere al fine di accertare quale fosse lo status del Sahara Occidentale al momento della sua colonizzazione e quali fossero i legami giuridici di questo con il Regno del Marocco e con l'insieme mauritano. Alle due domande la Corte Internazionale di Giustizia dava risposta il 16 ottobre 1975: in merito alla prima questione la Corte affermava che 'sulla base degli elementi che le erano stati forniti, al momento della colonizzazione spagnola il Sahara Occidentale era abitato da popolazioni nomadi, socialmente e politicamente organizzate in tribù e situate sotto l'autorità di Capi che le rappresentavano' ritenendo che il territorio non rivestisse lo status di terra nullius (terra di nessuno). Alla seconda domanda la Corte rispondeva in modo più articolato e complesso concludendo che 'tenuto conto della particolare struttura dello Stato cherifien, gli elementi che le erano stati sottoposti circa un esercizio effettivo di autorità da parte del Marocco non stabilivano alcun legame di sovranità tra questo Stato ed il Sahara Occidentale'. (...) Nonostante la chiara indicazione favorevole all'autodeterminazione del popolo saharawi contenuta nel parere appena citato, il 6 novembre 1975 una marcia di civili marocchini penetrava indisturbata nel Sahara Occidentale realizzando una vera e propria invasione di territorio altrui e suscitando una forte riprovazione formale delle Nazioni Unite.
Successivamente, il 14 novembre 1975, veniva stipulato l'Accordo Tripartito tra Spagna, Marocco e Mauritania con il quale la Spagna abbandonava definitivamente il Sahara Occidentale e si realizzava la cd. 'colonizzazione africana' di uno Stato africano su di un'altra entità africana.
Nonostante le risoluzioni dell'As- semblea Generale delle Nazioni Unite, legittimo l'esercizio del diritto all'autodeterminazione per il popolo saharawi e nonostante il parere consultivo della Corte di Giustizia delle Nazioni Unite, neghi l'esistenza di una sovranità del Regno del Marocco sul Sahara Occidentale, il popolo saharawi non ha ancora avuto la possibilità di esercitare il proprio diritto all'autodeterminazione, per rendersi definitivamente indipendente od annettersi al Marocco. Mentre imperterriti gli amministratori marocchini perseguono la politica di occupazione, non curanti delle continue sollecitazioni delle Nazioni Unite e di numerosi Stati. (...) Non rimane che prolungare l'attesa fino al mese di luglio 2000 - nuova data per lo svolgimento del referrendum - e sperare che si realizzi le volontà dei saharawis, in un clima di libertà e sicurezza.
Sempre che gli Stati Uniti non ritengano necessario intervenire militarmente per risolvere la controversia: ormai le norme della Carta delle Nazioni Unite non hanno più senso e la guerra è divenuta l'unico strumento per risolvere le controversie internazionali. La diplomazia ha lasciato il posto agli armamenti e la ragionevolezza è stata sostituita dalla corsa al profitto.
C'è un buon motivo per ritenere che i saharawis potranno stare tranquilli: nonostante la forte presenza di fosfati nel loro territorio sarebbe sconveniente aggravare lo squilibrio politico-sociale esistente in quella zona.
Il peso politico del Marocco è tale da far prevalere la scelta di tenere soggiogato un popolo piuttosto che rompere gli schemi internazionali. Immaginate la scelta strategica del governo marocchino di aprire le frontiere all'intera popolazione che inevitabilmente si riverserebbe sulle coste del Mediterraneo, con grave preoccupazione dei governi europei.
Non resta che sperare. Sperare nella ragionevolezza, nella supremazia del diritto e nel buon senso.
Cos'altro dire quando si ha notizia che quest'anno il Marocco riceverà dall'Unione Europea un aiuto di 281 milioni di dollari mentre ne spende un milione ogni giorno, per occupare illegalmente buona parte del Sahara Occidentale?
Nulla, solo buona fortuna!

Giulia Fumagalli

Per informazioni e contatti rivolgersi a:
Associazione di solidarietà con il popolo Saharawi
Ban Slout Larbi
via Risorgimento, 61
50019 Sesto Fiorentino (Fi)
tel. 055/4210030
fax 055/4496369

 

Il silenzio dei pacifisti

Ci avete fatto caso? Per la guerra che i russi hanno scatenato contro i ceceni, con i furiosi combattimenti a Grozny, non si è mosso nessuno. Ma proprio nessuno. Sarà che la Cecenia è lontana, sarà che i ceceni non riscuotono grandi simpatie, sarà che sono famosi per le loro mafie che intrallazzano a Mosca, però questo silenzio è impressionante. Soprattutto se si pensa al "rumore" per la guerra in Kosovo. Allora tutta, ma proprio tutta, la sinistra italiana si è mobilitata: volantini, manifesti, cortei, articoli sui giornali, bandiere americane bruciate... Adesso nemmeno uno straccio di manifestazione, neppure una conferenza stampa. Di bandiere russe bruciate neanche a parlarne. Viene il sospetto che i pacifisti italiani non abbiano superato l'estate e siano tutti morti. Misteri d'Italia.
La stranezza è resa ancora maggiore se si pensa alle analogie tra i due conflitti.
I "ribelli" ceceni vogliono l'indipendenza da Mosca così come i "ribelli" kosovari volevano staccarsi da Belgrado. Una piccola regione (in entrambi i casi) voleva la sua autonomia rispetto al grande stato. E le armate del grande stato sono intervenute per soffocare la rivolta. È la logica che tutti conosciamo. Che dovrebbe far scattare in piedi tutti quelli che si riconoscono negli ideali della sinistra. E invece la sinistra (perfino gli anarchici e i libertari) fa distinzioni poco comprensibili. Perché i serbi vogliono essere dominatori tanto quanto (fatte le debite differenze quantitative) i russi. I ceceni non sono né peggiori né migliori dei kosovari: mafiosi i primi (passate la banale generalizzazione), trafficanti di droga i secondi.
Comunque sempre di guerra si parla e lo slogan che ha avuto tanto successo per il Kosovo (questa guerra è ingiusta perché è una guerra) dovrebbe valere anche per la Cecenia. E invece no, nessuno urla contro l'ingiustizia della guerra. Perché questo diverso atteggiamento? Beh, la differenza tra i due conflitti c'è ed è molto chiara: per difendere i ceceni non sono intervenuti gli americani. E sì, la differenza è tutta qua. Quando ci sono di mezzo gli "odiati yankee" il sangue ribolle e (per non lasciare dubbi) giustamente. È ovvio che il primo obiettivo per chi vuole cambiare la situazione esistente è l'opposizione a chi esercita il maggiore potere in Occidente. E gli italiani fanno parte dell'Occidente. E gli americani (cioè Casa Bianca e Pentagono) sono i padroni dell'Occidente. Fin qui tutto chiaro. Ma gli anarchici, i libertari, vale la pena di ricordarlo in questi tempi di grande amnesia, sono contro tutti i poteri. Quindi contro il potere americano come contro quello russo. Perché come cantava l'amico Fabrizio De André "non ci sono poteri buoni". Eppure si nota un certo "codismo" degli anarchici e dei libertari verso le parole d'ordine della sinistra ex, post, sempre comunista. Misteri d'Italia.
Ma, fatto ancora più incomprensibile, l'attuale dirigenza russa non è certo comunista, i dirigenti di partito sono stati sostituiti da mafio-affaristi (in molti casi sono sempre le stesse persone soltanto riciclate nelle funzioni sociali), l'esercito russo non è più l'armata rossa. Perché allora la sinistra marxisteggiante italiana ha ancora questa reverenza verso il Cremlino? E perché perfino gli anarchici e i libertari vengono influenzati da questa reverenza e si accodano al silenzio della sinistra? E scendono in piazza quando la sinistra marxisteggiante decide che una guerra è ingiusta? Misteri d'Italia.
Arriviamo al nocciolo del problema: gli anarchici sono di sinistra? Fanno parte di "questa" sinistra? La risposta è duplice: sono di sinistra se per sinistra si intende la lotta contro l'oppressione sociale, lo sfruttamento, per l'eguaglianza, per il rispetto (meglio sarebbe dire la completa accettazione ed esaltazione) delle differenze, per la libertà di tutti. Gli anarchici sono di sinistra anche quando sono contro il capitalismo. E non soltanto come sistema economico, ma anche come sistema di dominazione. Ma si possono collocare in "questa" sinistra, quella con cui scendono in piazza? La risposta non può che essere negativa. La critica al "principio di autorità"li differenzia in modo inequivocabile. La critica allo stato come forma istituzionalizzata del dominio li rende estranei al vocabolario di questa sinistra e di tutta la sinistra. Che è statalista. E allora come si può manifestare contro una guerra condotta dagli americani e tacere su quella fatta dai russi?
Ed è poi vero che gli anarchici sono contro "tutte" le guerre? Nel 1936 gli anarchici spagnoli cercarono di costruire una rivoluzione sociale, ma contemporaneamente facevano la guerra contro l'esercito di Francisco Franco. E tanti anarchici (non solo loro certo) accorsero in Spagna per combattere. Cioè per fare una guerra. Sbagliavano? Non sembra.
Altro nocciolo del problema: si deve avere la lucidità per distinguere tra guerra e guerra, senza cadere nello sloganismo, nelle parole d'ordine ripetute per conformismo sinistrese. Meglio lasciare il conformismo (che poi significa ottusità) a questa sinistra. E ovviamente alla destra. Ma agli anarchici, proprio per le idee di cui sono portatori, questa stupidità non è concessa.

Luciano Lanza