Rivista Anarchica Online
E' morto un boia
di A. B.
Dalla sua abitazione di via Hermanos Becquer, l'almirante era solito seguire in automobile il medesimo tragitto
fino alla chiesa di S. Francisco de Borja di calle de Serrano di fronte all'ambasciata americana. A volte, dopo la
messa, usciva dalla stessa porta, a volte usciva invece, attraverso il retrostante palazzo dei Gesuiti, in calle de
Claudio Coello. Il ritorno in ogni caso seguiva sempre lo stesso transito.
Verso la fine dell'estate scorsa quattro giovani affittarono un seminterrato al n. 104 di calle Coello, proprio di
fronte all'uscita posteriore del palazzo dei gesuiti. Dissero di voler aprire un laboratorio di scultura. I quattro
"scultori" costituivano in realtà un commando dell'E.T.A. incaricato di giustiziare l'ammiraglio Carrero Blanco.
Essi iniziarono con calma i preparativi dell'operazione. Sin dall'aprile essi erano a conoscenza delle abitudini
dell'ammiraglio, perché avevano in progetto di sequestrare Carrero Blanco per chiedere in cambio la liberazione
di detenuti politici, ma quando a luglio l'ammiraglio era divenuto capo del governo la scorta era stata rafforzata
ed il piano di sequestro abbandonato. Dopo aver fatto una scorta di attrezzi e di sacchi di plastica, iniziarono, ai
primi di novembre, i lavori di scavo: una galleria di otto metri dalla casa fino al centro della strada con un
prolungamento a T di tre metri.
I lavori procedettero a rilento: uno scavava, l'altro passava la terra all'indietro al terzo che ne riempiva i sacchi
di plastica, il quarto accatastava i sacchi nel locale. Oltre allo scavo c'erano altri lavori da fare, bisognava
puntellare la galleria e preparare le cariche di dinamite, che erano tre, da quindici chili l'una, predisposte per
l'esplosione simultanea con un filo elettrico. Un altro problema: allontanare il più possibile l'interruttore che
doveva comandare l'esplosione stessa, per rendere possibile la fuga. Per questo venne previsto un filo che uscendo
dalla finestra proseguisse all'altezza del primo piano, fino all'incrocio con la calle Diego de Leon, a 50 metri circa.
Questa operazione venne eseguita da due del commando travestiti da operai dell'azienda elettrica.
Tutto era pronto per il 19 dicembre, ma una circostanza imprevista fece rimandare l'esecuzione al giorno
successivo. Poco prima dell'ora stabilita, uno degli "scultori" parcheggiò, in seconda fila all'altezza della galleria,
una "Morris" carica di dinamite, con il triplo scopo di rafforzare l'esplosione, obbligare l'automobile di Carrero
Blanco a passare in mezzo alla strada e dare un punto di riferimento per un osservatore situato all'angolo Coello-Leon (il dispositivo detonatore, alimentato da tre batterie in serie, era sistemato dietro l'angolo e gli addetti non
potevano vedere la via Coello). Quando la macchina dell'ammiraglio fu nella zona "ideale", venne fatto il segnale,
stabilito il contatto elettrico e mentre l'esplosione ancora echeggiava, i quattro "scultori" salivano su una seconda
macchina parcheggiata in via Leon e se la filavano.
Il resto è risaputo: il lavoro fu così ben fatto che l'automobile di Carrero Blanco volò per sei piani, oltrepassò il
tetto di un palazzo e finì su un balcone interno al terzo piano. Le guardie del corpo, scese malconce
dall'automobile di scorta finita contro un muro, non si rendevano conto di dove fosse finito l'ammiraglio. Si parlò
di ascensione al cielo.
La notizia che l'almirante era saltato in aria e che la sua animaccia era volata in cielo, al cospetto del suo dio,
di quel dio crudele tirannico, sanguinario, con il quale il religiosissimo boia pare avesse molta confidenza, ha
riempito di gioia milioni di sfruttati spagnoli, migliaia di rivoluzionari in Spagna ed in tutto il mondo.
Solo, gli spagnoli si rammaricano che l'ultimo viaggio dell'ammiraglio non avesse avuto la compagnia del vecchio
principale di Carrero Blanco, dell'altrettanto pio Francisco Franco, il quale non riesce a lasciare questa valle di
lacrime (a fiumi ne son corse, certo, per merito suo) nonostante ripetuti tentativi di esecuzione (fra i tanti,
numerosi soprattutto negli anni quaranta, ricordiamo quello degli anarchici Granados e Delgado, garrotati
nell'agosto 1963 per un progetto fallito). Si rammaricano di questo gli sfruttati spagnoli, i rivoluzionari, i
perseguitati, i torturati, i carcerati, ma si consolarono pensando che in fondo, se Franco si meritava più di Carrero
Blanco l'esecuzione, era pur vero che l'eliminazione di quest'ultimo, successore designato "del vecchio", assumeva
forse un più attuale valore politico.
Di fronte all'atto di giustizia si sono nettamente discriminati nel campo antifascista i rivoluzionari dai contro-rivoluzionari. I primi (anarchici in testa) hanno condiviso moralmente e politicamente l'attentato e accettato la
prevedibile repressione-vendetta del regime come un prezzo inevitabile, come il prezzo dell'azione rivoluzionaria.
I secondi, Partito Comunista di osservanza moscovita in testa e poi vari esponenti dell'opposizione antifranchista
e democratica, hanno parlato di provocazione, di possibile azione di "ultrà" fascisti (più ultrà di Carrero che era
un "duro"?), poi, di fronte alla circostanziata rivendicazione dell'attentato da parte dell'organizzazione E.T.A. 5,
di atto irresponsabile che avrebbe fatto il gioco del regime.
Certo la eliminazione del capo del governo non ha abbattuto il regime (ma non se l'aspettavano i giustizieri, né
se lo sarebbe aspettato qualunque rivoluzionario), ma ne ha tuttavia scosso la sicurezza e probabilmente affrettato
la fine, mostrando la vulnerabilità dei tiranni ed insieme la decisione dei rivoluzionari. In ogni caso è stato un atto
di giustizia. Certo, morto un papa se ne fa un altro, ma di dinamite in Spagna ce n'รจ molta ed i rivoluzionari iberici
hanno dimostrato di saperla usare bene.
Ai funerali del vice-boia Carrero Blanco era stata inviata anche una corona di fiori del corpo diplomatico cinese
a Madrid. Nota "curiosa", ma ormai non più tanto, dopo tutte le "cineserie" della disinvolta diplomazia maoista.
Ai funerali, Arrias Navarro, vice di Carrero Blanco e suo successore, non sapeva se rallegrarsi o meno per la
promozione: il mestiere di primo ministro si era dimostrato non privo di pericoli.
Il nuovo governo, formato dopo l'esecuzione di Carrero Blanco, sembra segnare una vittoria della burocrazia
falangista sulla tecnocrazia "Opus-deista". Se negli anni '60 gli uomini dell'Opus-dei (una sorta di massoneria
cattolica di origine ed installazione prevalentemente spagnola, ma con diramazioni in vari Paesi) avevano preso
gradatamente il sopravvento alle leve del potere politico-economico (ministeri del Commercio, dell'Industria,
delle Finanze, il Ministero ed il Commissariato del Piano, la Rappresentanza permanente presso la C.E.E.), dal
'69 a oggi erano stati loro tolti i portafogli delle Finanze e del Piano della direzione sia del Commissariato Piano
che della Rappresentanza C.E.E. (anche se in "cambio" era stato loro dato il ministero degli Esteri: a Lopez Bravo
prima, a Lopez Rodò poi). Durante la egemonia tecnocratica dell'Opus-Dei l'economia spagnola aveva visto un
boom senza precedenti nella storia della penisola iberica: in un decennio il reddito pro-capite è raddoppiato e
il Prodotto Nazionale Lordo ha mantenuto elevati saggi di incremento (in media oltre il 7% in termini reali). C'è
da notare che i tecnocrati dell'Opus-Dei provenivano in prevalenza dall'industria privata ed è probabilmente
grazie alla collaborazione tra padroni e potere politico (di cui essi rappresentavano anche personalmente una sorta
di sintesi) che si deve il "decollo" economico che ha quasi tolto la Spagna dall'ambito del sotto-sviluppo.
Con il governo di Carrero Blanco l'unico tecnocrate rimasto era il ministro degli Esteri Lopez Rodò (uno degli
esponenti più rappresentativi dell'Opus-Dei). Con il governo di Arrias Navarro anche Rodò è stato allontanato
dal potere politico. Tutti i portafogli sono stati distribuiti in sostanza a burocrati, cioè ad uomini
dell'amministrazione statale, insieme, del Movimiento (cioè della Falange, il partito unico fascista) che
l'egemonizza.
Lo stesso capo del governo Arrias Navarro è un ex funzionario di polizia, ex sindaco di Madrid (una carica di
nomina governativa e dipendente dal ministero degli Interni) ed ex ministro degli Interni ("de gubernacion") nel
governo Carrero Blanco. Il vice di Arrias Navarro è un ex prefetto. Il nuovo ministro degli Esteri è un diplomatico
di carriera, già sotto-segretario agli Esteri. Funzionari statali sono anche i ministri del Piano, dei Lavori pubblici,
dell'Informazione, del Turismo e del Commercio.
Nella dialettica interna al sistema spagnolo (che, per questa contrapposizione ed alternanza di burocrazia e
tecnocrazia, di "politici" e "tecnici", rammenta da presso quanto avviene nell'Unione Sovietica e all'interno della
nuova classe dominante) l'equilibrio del potere sembra dunque passato, nella fase attuale, dai tecnocrati ai
burocrati. Quali gli effetti sull'economia e sulla politica iberica? In campo politico si prevede un irrigidimento
interno, già marcato del resto sotto Carrero Blanco e prevedibile, data la provenienza sbirresca di Arrias Navarro.
I tecnocrati avevano iniziato una timidissima " liberalizacion" (timidissima e più formale che sostanziale), anche
per "meritassi" l'ingresso nella C.E.E.. I burocrati falangisti sembrano viceversa ritenere pericolose anche le
briciole di libertà concesse dei più moderni repressori dell'Opus-Dei.
In campo economico, il compito che spetta al nuovo governo non è facile. Negli anni '60 i tecnocrati avevano
"teleguidato" lo sviluppo (attraverso una stretta commistione di privato e di pubblico, di capitalismo e di stato)
con una certa abilità, evitando una troppo accentuata pressione inflazionistica ed agganciando in qualche misura
la Spagna alla C.E.E. dalla quale (attraverso le multinazionali, il turismo e le rimesse degli immigrati) pervenivano
gran parte dei capitali. Da un paio di anni, però il saggio di inflazione è salito a livelli pericolosi: nel '73 è stato
addirittura del 15%. Se a questo si aggiunge che la crisi delle economie europee rimanderà in Spagna un gran
numero di emigranti, se si aggiunge che la manodopera spagnola è ancora tra le meno pagate di Europa, che le
rivendicazioni salariali operaie sono di conseguenza destinate a riproporsi, che l'economia spagnola infine
fortemente tributaria di materie prime (i cui prezzi stanno salendo alle stelle), si comprende che per mantenere
il "miracolo" iberico ci vorrà ben altro che il pugno di ferro di un ex poliziotto.
A. B.
Un precedente storico
L'esecuzione di Carrero Blanco ricorda, nella sua meccanica, l'attentato allo zar Alessandro II, organizzato nel
1881 dal "comitato esecutivo" di Narodmaja Volja (Volontà del popolo) a Pietrogrado. Sulla preparazione di
quell'esecuzione (che riuscì, ma con un intervento "di riserva", attraverso il lancio a mano di due ordigni esplosivi,
perché lo zar aveva cambiato tragitto all'ultimo momento) riportiamo un brano tratto da " Il populismo russo"
(Einaudi, 1972, pagg. 412-413).
"Una minuziosa sorveglianza, durata molti mesi, aveva ormai permesso di conoscere esattamente le strade che lo
zar usava percorrere quando usciva dal Palazzo d'Inverno. Ogni domenica andava al maneggio. Dirigeva spesso
i sui passi verso il Canale di Caterina, dove abitava la principessa Dolgorukova, sua moglie morganatica. In un
caso o nell'altro percorreva quasi sempre la Via Piccola dei Giardini (Malaja sadovaja).
Confrontando gli itinerari, apparve evidente che, se lo si fosse attaccato in due punti di passaggio obbligato,
Alessandro II non avrebbe potuto sfuggire ai colpi del 'Comitato Esecutivo'. Sotto la Malaja sadovaja si sarebbe
scavata a una galleria che doveva saltare al suo passaggio. Se il colpo non riusciva quattro compagni muniti di
bombe avrebbero atteso il passaggio dello zar. Zeljabov, armato di un pugnale e di un revolver, sarebbe
intervenuto in caso non fossero riusciti nel loro intento. Non era più un attentato, ma una azione di guerra
partigiana, condotta con la volontà di riuscire ad ogni costo.
Ju. Bogdanovic e la A.V. Jakimova, muniti di passaporti che li definivano coniugi Kobozevy, si presentarono dal
proprietario della casa n. 56 della Malaja sadovaja e gli chiesero di affittare loro un negozio, intendendo
dedicarsi al commercio del formaggio. Ottenutolo, cominciarono a riempirlo di casse e cassette e a servire la
clientela. Ma presto qualche dubbio nacque nella mente dei vicini al vedere questi negozianti così poco desiderosi
di far soldi e tanto ignoranti delle varie qualità di formaggio. Un bottegaio si impensierì della concorrenza che,
comunque, essi potevano fargli e li denunciò alla polizia. Venne operato un sopralluogo col pretesto di
sorveglianza igienica e sanitaria. In un angolo c'era effettivamente un mucchietto di terra fresca che pareva
sospetto. Bogdanovic riuscì a persuaderli che serviva per tenere in fresco i latticini. Saltavano di gioia,
raccontando ai compagni d'averla scampata bella. Suchanov, il responsabile "dell'organizzazione militare", aveva
fatto appena in tempo a saltare a cavallo quando aveva visto arrivare i poliziotti. Se questi avessero guardato un
po' più attentamente dietro quel mucchio di terra, avrebbero visto una galleria che giorno per giorno si
approfondita e si allungava e che aveva già raggiunto il sottosuolo della Malaja sadovaja. Vi avevano lavorato
i due "negozianti", Suchanov, Zeljabov, Frolenko ed altri. Il lavoro, lungo e difficile, aveva portato via un gran
numero di energie e molto tempo prezioso, ma, qualche giorno dopo la perquisizione, la galleria era ormai pronta
a ricevere la dinamite."
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Che cos'è l'E.T.A.
"Terra basca e libertà": questo significato di Euzkadi ta Askatasuna (E.T.A.), in nome dell'organizzazione basca
che ha rivendicato a sé il merito di aver giustiziato il boia Carrero Blanco. Sorta a Bilbao nel 1953 e come
scissione del Partito Nazionalista Basco (P.N.V.), che aveva partecipato attivamente alla lotta antifranchista fin
dal 1936, l'E.K.I.N.-Fer (che solo nel 1959 cambiò la propria denominazione, per assumere quella di E.T.A.) era
composta di giovani militanti, per lo più studenti, che ritenevano indispensabile passare all'azione diretta per
ottenere la libertà dei paesi baschi e per instaurarvi il socialismo. La prima azione spettacolare risale al 1961,
quando un commando dell'E.T.A. fece deragliare un treno che trasportava dei veterani carlisti della guerra civile;
nello stesso anno si tenne la prima Assemblea Nazionale dell'E.T.A.. Due anni dopo, nel corso della seconda
Assemblea Nazionale, venne deciso di sviluppare l'azione armata e l'organizzazione, costituendo nuclei clandestini
di militanti di professione (detti i liberados). A partire dalla terza Assemblea Nazionale dell'E.T.A. (1964), si
vengono differenziando all'interno dell'organizzazione diverse tendenze, che si scontrano nell'interpretare la
vocazione socialista dell'E.T.A.. Nel 1965, infatti, si costituisce l'ala socialdemocratica, che nel corso della quinta
Assemblea Nazionale abbandona l'organizzazione; altrettanto fa il gruppo Kpmunistak, che propugnava la
dissoluzione dell'E.T.A. in favore della costituzione di un movimento comunista spagnolo. Da questa seconda
scissione nasce successivamente il Movimiento Comunista E Spañol (M.C.E.) di tendenza maoista.
Contemporaneamente l'E.T.A. si autodefinisce "movimento socialista rivoluzionario basco di liberazione
nazionale". Continua nel frattempo l'attività dell'organizzazione: nella 1968 un commando dell'E.T.A. uccide il
è torturatore Melitòn Manzanas, capo della delizia politica di San Sebastian: due anni dopo, il processo alla corte
marziale di Burgos contro sei presunti responsabili dell'atto giustiziero si trasforma in un veemente atto d'accusa
contro il regime franchista. Le condanne a morte comminate dai giudici fascisti vengono bloccate sia dalla forte
pressione dell'opinione pubblica internazionale sia da una riuscita azione di un commando dell'E.T.A., che
sequestra il console della Germania federale a San Sebastian, Biehl, per offrire la sua liberazione in cambio della
vita dei sei accusati. Sempre nella 1970 una parte dell'E.T.A. si stacca e costituisce l'"E.T.A. VI Assemblea", di
tendenza trotskista, che alcuni mesi fa si è unita alla Liga Comunista Rivolucionaria (L.C.R., aderente alla
Quarta Internazionale trotskista). Nella sesta Assemblea dell'E.T.A. (conosciuta nel frattempo come E.T.A. V
Assemblea", per contrapposizione all'"E.T.A. VI" o "Los milis", così chiamati per la loro tendenza a sviluppare
una azione prevalentemente militare) si decise di organizzare la lotta su due diversi fronti: quello militare e quello
operaio. Oggi esistono dunque due anime principali dell'E.T.A., fra loro separate: l'E.T.A. V (marxista-leninista
con forti accenti nazionalistici) e l'E.T.A. VI (ormai unificata con i trotskisti e della L.C.R.). Nel programma delle
E.T.A. V si legge che "l'E.T.A. è cosciente che per la costruzione di uno stato basco socialista è indispensabile
contare su uno stato basco indipendente, guidato dal proletariato in una democrazia popolare (...)". Come si può
capire anche da questa sola frase, il programma dell'E.T.A. V è quello tipico delle organizzazioni marxiste
leniniste; quanto all'E.T.A. VI, la sua affiliazione alla Quarta Internazionale trotskista è più che sufficiente per
qualificarla ideologicamente. Non è certo difficile comprendere perché gli anarchici baschi operino al di fuori
dell'E.T.A., parte nella Federacion Regional de Euskadi della C.N.T., parte del gruppo Askatasuna, pubblicando
come organi clandestini di propaganda rispettivamente Euskadi Confederal ed Askatasuna.
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