Rivista Anarchica Online


dossier bici

Pedalando è meglio
di GianPiero Spagnolo

Chi se ne va a piedi o in bicicletta si sente libero, non vincolato, può decidere quando, dove e come fermarsi. In auto, invece...

 

Pensiamo a quello che è stata, nelle menti dei pianificatori urbani, per esempio, l'asta definita da Via Dante, Castello Sforzesco con Foro Bonaparte, Parco Sempione e Corso Sempione, a Milano. Una vista scenografica e prospettica di fortissima valenza ambientale: il simbolo di una città bella (e che alla sua bellezza teneva molto) che si espande armoniosamente verso il suo hinterland, corredata di tutto quel che serve per viverci bene. Ampi spazi stradali, larghi marciapiedi, arredo e dotazioni urbane, verde a profusione, senso di grandiosità e di dilatazione dello spazio: in buona sostanza, una prospettiva cittadina di imponente respiro, di ampia vivibilità, di grande "comfort". Ed ora pensiamo a noi, ai nostri tempi attuali. Solo Via Dante, isola pedonale, ha recuperato una dimensione umana: gente sempre in movimento, fittissima frequentazione dei negozi, tavolini dei bar all'aperto, aperitivi presi in compagnia, chiacchiericcio diffuso ed udibile, attenzione alle esigenze del vicino, pali e lampade per l'illuminazione adatti al luogo, aria quasi respirabile, completa assenza di traffico.
Ma da Piazza Cairoli in poi - esclusa la sola zona "autoprotetta" del Castello Sforzesco - e fino a Piazza Firenze, il caos ambientale più totale. Caroselli di vetture, furgoni, furgoncini e motorette, taxi e pullman in sosta, aree verdi inghiottite dai veicoli parcheggiati ovunque, vetture arrampicate sui marciapiedi, sui passi carrai, sugli scivoli agli incroci, segnaletica stradale verticale ed orizzontale, cartelli pubblicitari, semafori, rumore, aria irrespirabile. E' questo lo sviluppo, il progresso, il presente, il futuro ed il futuribile? Queste considerazioni non sono ispirate dal "quanto erano belli i tempi andati". C'è, invece, molto rammarico per tutto quello che si sarebbe potuto fare e che, purtroppo, non è stato fatto o - per meglio dire - che è stato fatto molto male. Quando Milano, negli anni '50, ha pensato di dotarsi (per quanto già in ritardo) della metropolitana, ha fatto un corretto, coraggioso e doveroso passo avanti verso il futuro sostenibile.
Ma quando, negli anni '60, a metropolitana realizzata, ha deciso di eliminare il tram lungo il percorso della stessa, ha compiuto un errore irreparabile, che ha contribuito a portarci al disastro attuale. L'aver considerato che la metropolitana avrebbe permesso il "via libera" totale alle vetture private è il frutto di una cultura tecnica errata che ci ha consegnato dei progettisti capaci solo di vedere l'allargamento delle strade e il dare sempre più spazio alle macchine, man mano che il loro numero aumentava, come unica soluzione, senza prevedere i concetti di "saturazione" o di "compatibilità".

Recupero di spazi

Tornando all'esempio di Corso Sempione, l'Amministrazione comunale milanese ha commissionato (ed ha oggi a sue mani) il progetto esecutivo della ciclabilità da realizzare. Chissà se avrà mai il "coraggio" di concretizzarlo? Se così facesse, Milano ritroverebbe un maestoso viale alberato, contornato e delimitato da tanto verde, da spazi per giochi dei bambini e per normali relazioni sociali, realmente fruibili da parte di tutti gli utenti della strada: dai pedoni agli automobilisti, nel reciproco rispetto. Si, perché l'inserimento della ciclabilità nelle nostre disastrate situazioni cittadine, permette di recuperare tutti quegli spazi che attualmente sono diventati un dominio - illegale e fuori da ogni norma - delle sole automobili. E questo si verifica ovunque, cioè anche, e soprattutto, quando gli interventi per favorire e mettere in sicurezza la ciclabilità vengono previsti nelle zone periferiche e più ignorate della città.
Porre un freno all'invasione delle auto permette, infatti, il recupero di spazi, di ambienti, di situazioni locali: il tutto a favore di chi ha diritto di tornare a vivere il proprio territorio, e di viverlo bene. Attenzione, questo non vuol dire espellere, tout court, le auto dalla nostra vita e dalle nostre città. Significa, invece, ridare ad ognuno (dal pedone all'automobilista) il proprio ruolo, nel reciproco rispetto di regole, di spazi e di luoghi, recuperando quel concetto sociale di equità che permette di trovarsi liberi nel rispetto dell'altrui libertà. L'inserimento della ciclabilità, in sicurezza, nelle nostre città diventa uno strumento (un positivo "grimaldello") per la loro riqualificazione.

Auto e violenza

Se, camminando su un marciapiede, capita di urtarsi fra pedoni, chi ha urtato chiede scusa e riceve, in genere, contemporaneamente, le scuse dell'altro. La stessa cosa succede fra ciclisti: all'occasione ognuno cerca di scusarsi con l'altro ed è anche disponibile a porgere aiuto ed attenzione alla situazione di chi appare più debole. Non succede, purtroppo, la stessa cosa, nel caso in cui ad urtarsi siano due automobilisti. Anzi, apriti cielo! Le liti sono all'ordine del giorno, quando non degenerano in situazioni più pesanti. La delimitazione della corsia stradale e l'abitacolo chiuso delle vetture rappresentano dei presupposti per lo scatenarsi della violenza. Psicologicamente è un fatto ammissibile e studiato. Mentre chi se ne va a piedi o in bicicletta, in generale, si sente libero, non vincolato, può stabilire e decidere quando, dove e come fermarsi, riesce a percepire tutto l'orizzonte ed i dettagli dello spazio che lo circonda, è più votato alla felicità ed al sorriso. Ma - triste realtà - chi va a piedi o in bicicletta, oggi, nelle nostre attuali città, grandi o piccole che siano, è triste, grigio e non ben disposto alla felicità: il suo orizzonte è limitato, la sua aria è cattiva da respirare, i suoi movimenti sono costretti, non si sente libero.
La saturazione degli spazi, gli inciampi in ogni luogo e la continua sensazione di pericolo, la tensione dovuta alla continua situazione di difesa o di allerta, l'impossibilità di spaziare nel campo visivo: sono assilli continui, a carico dei più "deboli" (rispetto ai "forti" motorizzati), provocati dalla saturazione totalizzante dei nostri spazi sociali e fisici da parte dello spropositato numero di automobili che assediano e presidiano la nostra realtà ambientale.
Mentre la pubblicità, sempre più massiccia nel settore automobilistico, ci fa apparire le auto nelle situazioni più improbabili ed irreali: al polo piuttosto che nei deserti, lungo percorsi in isole o in campagne disabitate, su arenili sconfinati o in strade frequentate da sole specie animali. Si vuole convincere noi, costretti nei nostri angusti ed assediati spazi, che la vettura ci porta nella piena libertà, quando è la stessa che ci sta negando la nostra libertà personale. Perché mai, invece, non presentare un nuovo modello di macchina nelle condizioni reali, intruppata in lunghe code ai semafori o lungo le autostrade? Perché mai non evidenziare le statistiche, reali, delle vittime (in quanto morti o scampati, ma con gravi conseguenze fisiche) degli incidenti stradali? Perché mai non evidenziare i guai reali, concreti e rischiosisssimi verso cui va la nostra salute, a livello mondiale?

Il cinguettio degli uccellini

Non si tratta, in realtà, di demonizzare l'automobile: basterebbe collocarla nel suo effettivo ruolo di mezzo di spostamento (solo e quando serve), di mezzo di aiuto ai nostri trasporti (solo e quando è necessario), di mezzo per frequentare località piacevoli (solo nei dovuti modi). Ma nulla di più. Tutti i richiami alla velocità, alla potenza, al rischio, all'esagerazione, sono contro lo spirito dell'essere umano sociale.
Andiamo in bici, andiamo a piedi, usiamo i mezzi pubblici, ma limitiamoci nell'uso spropositato e sconsiderato della vettura: ormai non si tratta più di vedere tutto questo come rischio, ma di costatare come la realtà ci si è già rivoltata contro. E non è proprio vero che, quando passa una macchina, gli uccellini continuano, beati, a cinguettare e se ne fuggono lontano solo quando un mazzo di chiavi viene gettato su un tavolo. Ormai, poveri passerotti, si sono dovuti abituare anche loro, loro malgrado, al rumore dei motori, per sopravvivere.
Cominciamo a disabituarci noi, ed iniziamo o continuiamo a pedalare: oltretutto, fa anche bene, e molto, alla salute.

GianPiero Spagnolo

GianPiero Spagnolo, architetto libero professionista in Milano; coordinatore del Comitato Tecnico di CICLOBBY ONLUS; tecnico e progettista di ciclabilità; coordinatore del gruppo tecnico che ha recentemente (fra l'aprile del '97 e il novembre del '98) progettato di massima ed esecutivamente circa 22 km di ciclabilità in Milano come consulenza al PIM (Piano Intercomunale Milanese), su incarico del Comune di Milano; studioso della moderazione del traffico, delle reti ciclabili e della messa in sicurezza della ciclabilità in ambito urbano ed extraurbano.

 

Ciclobby
via Cesariano, 11
20100 Milano
tel. 023313664

Per chi fosse interessato a saperne di più sulla bici e sulla ciclabilità,
segnaliamo due indirizzi cui chiedere informazioni con relativi siti internet da visitare:

Federazione Italiana Amici della Bicicletta ONLUS
Segreteria: Viale Venezia 7
30170 Mestre (VE)
tel. e fax: 041-938092
Sede Legale: Via Cesariano, 11
20154 Milano
e-mail: fiab@poboxes.com
pagina web: http://www.rcvr.org/assoc/adb/fiab

ECF (European Cyclist Federation)
Main Office , Rue de Londres, 15 (b 3)
B-1050 Brussels, Belgium
tel: +32 - 2 - 512 9827
fax: +32 - 2 - 511 5224
e-mail: office@ecf.com
pagina web: www.ecf.com

Per i dadaisti segnaliamo anche:
Anarcociclista per una rivolta a pedali
http://www.kyuzz.org/anarcociclismo