Rivista Anarchica Online


Una vittoria?
Direi di sì
di Franco Pasello

L'abolizione della naja è comunque una conquista di libertà.
Parola di un obiettore totale che si è fatto 19 mesi di carcere militare e civile.

 

"Da un punto di vista antimilitarista occorre porre l'attenzione sul fatto che l'abolizione della leva non è il frutto di un generalizzato discredito sociale dello strumento e dell'ideologia militare accompagnato da diffuse forme di rifiuto e di insubordinazione all'obbligo , ma un provvedimento in linea con la modernizzazione delle Forze Armate e la riqualificazione dell'immagine dello stesso nella società. (Andrea D. da Umanità Nova del 19 settembre 1999)
"Comunque vada con il servizio civile, l'abolizione della leva militare non è conseguenza di una conquista antimilitaristica; mi sembra al contrario evidente un notevole recupero d'immagine delle Forze Armate, un riaffermarsi dell'ideologia militarista con un nuovo lifting ed al contempo un atteggiamento di abitudine e di indifferenza della società nei confronti della guerra che ci coinvolge sempre più direttamente." (Mauro Zanoni da A/rivista anarchica, novembre 1999)
"L'abolizione della leva obbligatoria, per noi che l'abbiamo sempre sostenuta, è un risultato forte poiché elimina una ipoteca castrante per la vita di migliaia di giovani; quantomeno, da adesso, chi vorrà esprimere la propria vocazione militarista, sia esso maschio o femmina, lo potrà fare, ma chi non aspira a tanto, sarà lasciato in pace (almeno in tempo... di pace). L'esercito professionale non sarà né peggiore né migliore di quello "popolare", vuoi perché le operazioni "delicate" le hanno sempre fatte i "firmaioli" e le truppe speciali (parà, lagunari, ecc.), vuoi perché in caso di eventi bellici la leva sarà subito ripristinata. (Pippo Gurrieri da Sicilia Libertaria settembre 1999)
A parte lo stralcio di un articolo di Pippo, che condivido pienamente, anche se non è tratto da un'analisi specifica della nuova proposta di legge sull'abolizione dell'obbligatorio servizio militare e del suo sostitutivo civile, ho l'impressione che le analisi di Andrea e Mauro, che pure condivido, siano fin troppo sulla difensiva. Non intendo con questa mia entrare nel merito delle analisi dei compagni che sono condivisibili da chiunque nell'ambito dell'antimilitarismo anarchico e libertario ma...
C'è un punto che vorrei dibattere, un punto per il sottoscritto molto importante, direi primario. Se è vero che l'abolizione dell'obbligatorio (ed è bene sottolineare il termine OBBLIGATORIO) servizio di leva, militare o civile, non è, non si può affermare che sia, una conquista dell'antimilitarismo militante, mi sembra che si possa comunque affermare che si tratta di una conquista antimilitarista, e se questa affermazione può sembrare troppo forte, mi correggo affermando che si tratta di una conquista di LIBERTA'.
Libertà individuali e collettive per migliaia e migliaia di giovani che ogni giorno sono costretti ad indossare una divisa e a rispondere signorsì al primo imbecille di turno che si trova ad avere un grado e una stelletta in più; libertà di poter vivere la propria vita senza l'influenza dell'assurdo, infame e anti-individuale obbligo militarista.

 

Solo una concessione?

Mi si potrà obiettare che, in ogni caso, non si tratta di una conquista, di una libertà conquistata dal movimento antimilitarista, da un inconsistente o inesistente movimento antimilitarista, ma di una concessione dello Stato, di un regalo di questo governo per guadagnare in credibilità e... voti. E come ogni cosa concessa, non conquistata, viene comunque ad essere qualcosa di amaro o addirittura un regalo avvelenato. Sia pure, ma questo governo democratico e di sinistra, avrebbe benissimo potuto, considerata l'inconsistenza antimilitarista e pacifista, attuare la ristrutturazione delle Forze Armate in senso efficientista e mercenario, senza alcuna concessione e regalia, senza cioè pensare minimamente all'abolizione di un qualsiasivoglia obbligo-coercizione, facendo così la felicità di sadici marescialli di caserma che amano vedere scattare sull'attenti i poveri soldatini, e nel suo essere di sinistra, preti laici le organizzazioni sindacali del servizio-civilisti e i due partiti comunisti. Chiedo scusa per il semplicismo del tutto ma in verità penso che il governo democratico di uno Stato democratico sito in un'Europa occidentale composta da Stati democratici, si sia trovato costretto, si trovi "costretto" (le virgolette sono d'obbligo) a "concedere".
Penso che le decisioni che prende un governo che si dice democratico nelle sue evoluzioni e/o involuzioni sia comunque influenzato da quanto si muove nella società civile (tanto per usare un termine caro allo zapatismo), anche tenendo conto dei cambiamenti che ci sono stati dal secondo dopoguerra ad aggi, e che di conseguenza certe scelte, leggi e tamponamenti vari delle stesse (come la nuova legge sull'obiezione di coscienza approvata nel luglio del '98 e il servizio militare ridotto a 10 mesi), vengono ad essere "obbligatorie". Provo a mettere in campo alcune considerazioni. Nel settembre del 1976 mi trovavo "ospite" nel carcere militare di Peschiera del Garda con l'imputazione di rifiuto del servizio militare cioè in quanto obiettore di coscienza (politicamente definito obiettore totale o anche non-sottomesso). La mia attenzione veniva attratta da un articolo pubblicato dal Corriere della Sera del 27/9 dal titolo "il '77 anno dei prigionieri di coscienza". Nell'articolo venivano denunciate da parte dell'organizzazione per i diritti umani Amnesty International, le nefadezze, le torture e le varie violazioni dei diritti umani da parte dei governi di tutti o quasi gli Stati del pianeta, specie di quelli a regime dittatoriale. In quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale veniva posto l'accento sulla constatazione che la maggior parte dei prigionieri "politici" erano obiettori di coscienza. "Può giungere come una sorpresa - scrive il giornalista - leggere nel rapporto che in Italia ben 200 persone, in gran parte "testimoni di Geova", sono state condannate per essersi rifiutate di prestare servizio militare: due di esse, che hanno ricevuto una sentenza di 16 e 12 mesi di reclusione sono state "adottate" da Amnesty, che cerca di ottenerne il rilascio".
Negli anni che seguono l'Italia avrà "l'onere" di continuare ad essere citata nel libro nero di Amnesty International; tanti obiettori imprigionati continueranno ad essere "adottati" da questa organizzazione con cui avrò anche modo di polemizzare (Senzapatria, gennaio 1987) per il suo modo di valutare chi in carcere per rifiuto della leva, militare e civile, dovesse essere ritenuto un prigioniero di coscienza. Una costante denuncia, quella di Amnesty, che penso si sia fermata qualche anno fa in quanto non aveva più senso.
Nel 1977 mi trovavo rinchiuso nel reclusorio di Gaeta: sono circa 250 i detenuti che, a parte una ventina per reati cosidetti comuni, cioè compiuti durante il servizio militare, sono stati condannati a pene che vanno dai 12 ai 20 mesi per rifiuto del servizio militare e si trattava di quasi tutti Testimoni di Geova (nel luglio '77 eravamo in sei non "testimoni" ma solo in quattro potevano essere definiti più propriamente "politici"). Una o due volte all'anno venivano tenute in un'ala del carcere delle adunate di preghiera con la presenza dall'esterno di un "anziano" ministro di culto dei Testimoni di Geova, che nell'occasione ebbe a dire che si stavano dando da fare con le autorità per risolvere la questione che li riguardava e che presto si sarebbe risolta. Posso aggiungere che tenendo conto degli altri carceri militari sparsi per l'Italica penisola (Peschiera, Roma, Palermo, Bari, più piccole sezioni carcerarie a Cagliari, Torino e ancora Gaeta) il numero dei Testimoni di Geova detenuti poteva stimarsi in circa 450 unità. Numero destinato ad aumentare. Certo, non si trattava di detenuti combattivi insubordinati, anzi per certi versi erano "collaborazzionisti" con le autorità militari carcerarie o comunque pronti a fare qualsiasi lavoro fosse loro richiesto. Ma comunque facevano numero.

 

Una legge-truffa

L'approvazione della legge che riconosceva e regolamentava l'obiezione di coscienza nel lontano dicembre del 1972, non veniva, così per nulla, grazie al D'Alema di turno, ma in seguito a lotte, prese di posizione, manifestazioni, appelli, obiezioni collettive, conferenze e dibattiti, oltre a denunce (con relative condanne) e autodenunce, e prese di posizione varie sia nel mondo politico che nella pubblica opinione. Certo, è ben risaputo che come legge non era un gran che, lo stesso nel Movimento Nonviolento che tanto l'aveva auspicata non esitò a definirla legge truffa. Quello che faceva storcere il naso erano quelli 8 mesi in più (punitivi) nei confronti del servizio militare, per quei giovani che optavano per il servizio civile sostitutivo, e la commissione esaminatrice che avrebbe dovuto indagare i motivi della loro obiezione. Di fatto la legge escludeva una motivazione politica limitandosi a riconoscere motivazioni religiose, morali e filosofiche.
I relatori della legge si erano anche "dimenticati" di coloro che hanno da sempre rappresentato la maggioranza degli obiettori di coscienza, una maggioranza silenziosa, i Testimoni di Geova, che di fatto hanno continuato a rifiutare l'obbligo della leva anche nella sua variante e opzione rappresentata dal servizio civile.

Inoltre la nuova legge andava a fissare un minimo e un massimo di pena per coloro che si sarebbero rifiutati di aderirvi. Il reato di rifiuto del servizio militare che precedentemente non era riconosciuto (gli obiettori venivano condannati per mancanze alla chiamata e in seguito per diserzione) sarebbe stato sanzionato con condanne dai due ai quattro anni di reclusione militare, ma che in pratica partendo dal minimo di due anni e la sottrazione delle attenuanti generiche portava a condanne che andavano dai 12 ai 20 mesi a seconda del tribunale militare giudicante.
Se per molti, la legge che riconosceva giuridicamente l'obiezione di coscienza attraverso l'istituzione di un servizio civile sostitutivo di quello militare, è venuta ad essere un approdo delle lotte antimilitariste (al limite la legge era solo da migliorare), per altri ha segnato solo un nuovo punto di partenza e una continuazione. E non solo in Italia ma anche in Francia, in Belgio e in altri paesi dove la legge era stata già precedentemente introdotta.
I nuovi obiettori, non-sottomessi e obiettori totali (così definiti per una netta distinzione da chi accettava una leva civile); si facevano forti delle contraddizioni di una legge pasticciata e frutto di compromessi politici-parlamentari, per continuare con il rifiuto dell'obbligo della leva militare/civile, la lotta antimilitarista. Di fatto una legge che si era proposta di evitare il carcere a tanti giovani - oltre che mettere a posto la coscienza a diversi parlamentari "progressisti" e promotori della stessa, veniva ad essere il trampolino di lancio di nuove lotte antimilitariste, di nuovo obiezioni, prese di posizione, dibattiti, conferenze, manifestazioni, contestazioni al potere militare e statale e nuovo lavoro per i tribunali militari. Non sto a riassumere il tutto (ce ne vorrebbero di fogli!!!) ma un'ampia documentazione è rintracciabile sui giornali e riviste del Movimento Nonviolento che di quelli anarchici; in particolare Senzapatria dalla sua nascita nel settembre 1978 al luglio 1997.
Quando Cossiga assunse la massima carica di presidente della Repubblica, ebbe a trovarsi sulla scrivania alcune pratiche inevase dal suo predecessore, dichiarò alla stampa: "per gli obiettori non esiste solo il carcere, ci sono anche i servizi sociali". Di fatto tutte quelle leggi alternative al carcere, erano da qualche tempo una possibilità anche per i condannati dalla giustizia militare, ma di cui probabilmente fino ad allora nessun obiettore aveva usufruito. Il suo predecessore, il socialista Pertini, era uso firmare tutte le domande di grazia che gli pervenivano dagli obiettori Testimoni di Geova incarcerati, come una normale prassi che andasse a sostituire una mancanza legislativa. Ovviamente queste domande di grazia non contenevano un pentimento ma erano solo un espediente per evitare l'anno di carcere.

 

Un "reato" impunito

Già da prima della metà degli anni '90 i tribunali militari hanno iniziato ad infliggere ai sottomessi condanne meno che dimezzate: 4 mesi, 3 mesi e 20 giorni, condanne con la condizionale, condanne da scontare con il beneficio dell'affidamento in prova a servizio sociale e condanne tramutate in pena pecunaria. Negli ultimi anni non seguo più molto da vicino come un tempo l'andazzo del movimento dei non-sottomessi, di quanto si muove attorno alle loro specifiche vicende e compressivamente della giustizia militare. Certo, gli obiettori totali sono aumentati di numero negli ultimi anni e diminuite le iniziative. E il rifiuto dell'obbligatorio servizio di leva, militare e civile, un "reato" impunito.
Anche il servizio civile ha raggiunto i suoi obiettivi. Dal riconoscimento istituzionale che la patria si può servire non solo con le armi all'equiparazione della durata del servizio stesso a quello militare e continuo aumento delle domande di opzione cioè di obiezione. La nuova proposta di legge che intende eliminare l'obbligo della leva e attuare la professionalizzazione delle Forze Armate attraverso un esercito di mestiere aperto anche alle donne, si innesta in una situazione sociale dove comunque e di fatto un obbligo alla leva esiste solo sulla carta. Quanti sono gli aspiranti servizi e civilisti che ogni anno vengono congedati senza aver fatto un giorno di servizio?
Con l'abolizione della leva militare il governo si toglie anche la preoccupazione della grana delle morti di naja; sia che si tratti di incidenti durante le esercitazioni, di vittime del nonnismo o di suicidi di giovani "troppo fragili".

 

La coscrizione resta

E del resto per lo Stato l'obbligo del sevizio militare aveva un senso solo per la funzione pedagogica e di indottrinamento nei confronti della giovane recluta e come sacca di disoccupazione per 300.000 giovani. Compito, il primo, che assolve egregiamente la televisione, i media in genere e perché no anche la scuola. C'è un punto della proposta governativa da analizzare più a fondo e cioè dove parla di ripristino della leva obbligatoria in caso di conflitto. Non è che qualcosa del genere si può ripristinare da un giorno all'altro ed è per questo che penso che abolizione della leva e introduzione di un esercito solo di mestiere non equivale all'abolizione della coscrizione militare. Il giovane (forse di entrambi i sessi) dovrà comunque iscriversi - e lo sara di fatto - ad un apposito registro e avrà l'obbligo di assolvere alla visita di leva per appurare la sua idoneità nel caso di bisogno.
Per tornare al punto di partenza. Può considerarsi una vittoria dell'antimilitarismo l'abolizione dell'obbligo del servizio di leva? Non è forse questo il punto, per gli antimilitaristi antiautoritari deve essere un nuovo punto di partenza e la continuazione di nuove lotte antimilitariste.

Franco Pasello