Rivista Anarchica Online


 

 

Chi calpesta le leggi?

Cari compagni,
Vi mando questa breve applicazione del metodo deduttivo alla politica.
Giudicate voi se pubblicarla:
1. Nella Costituzione c'è scritto che l'Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali (si tratta del più o meno noto articolo 11).
2. Il presidente della repubblica, il presidente del consiglio, i ministri e i parlamentari (camera e senato) all'atto dell'insediamento giurano fedeltà alla repubblica e alla Costituzione.
Osservazione:
Necessariamente c'è una incongruenza tra 1 e 2 e ciò che sta accadendo in questo periodo, soprattutto con ciò che la nostra classe politica dichiara alla stampa, ai giornali e alla televisione.
Domanda (retorica):
Queste persone hanno mai letto il testo sul quale giurano oppure lo hanno letto ma lo usano per altri fisiologici usi?
Non si tratta ovviamente di difendere la costituzione, ma di chiedersi che se questi signori possono così tranquillamente calpestare le leggi che essi stessi hanno fatto e cui pure dicono di sottomettersi, allora la situazione è un (poco) più preoccupante: ci possono, tramite i media, far bere qualunque cosa e se nessuno coglie l'assurdo significa che mediamente la riflessione è scesa a zero e inglobiamo qualsiasi "verità" ci venga propinata. Accetto critiche. Saluti libertari.

Riccardo Caneba
(Grottaferrata)

Magia e religione

Spettabile
Telefono Arcobaleno, sono incappato casualmente nel vostro sito Internet e ho scoperto che siete i fautori di un'accanita battaglia contro la magia.
La scoperta mi ha sorpreso alquanto. Innanzitutto perché la stampa parla soprattutto della vostra crociata contro la pedofilia (che condivido in minima parte): questo vostro secondo fronte mi era finora totalmente ignoto.
La seconda e più importante ragione del mio stupore è che vi conoscevo - e credo di non sbagliarmi - come un'Associazione fortemente legata ai valori religiosi della Fede cattolica.
Ed è proprio a causa di questa vostra adesione ad una religione che la vostra presa di posizione contro la magia mi sembra un po', come dire, autolesionistica.
A mio modo di vedere (sono un ateo) non esiste, infatti, una sostanziale, netta, inequivocabile differenza fra religione e magia.
Sarà il caso che io mi spieghi meglio, onde evitare il rischio di suonare offensivo: fra ciò che comunemente chiamiamo "religione" e ciò che chiamiamo "magia" esistono, è ovvio, enormi differenze!
Non mi sognerei mai di dire che il Papa e qualche sedicente "mago di Trobbuk" siano la stessa cosa! Il Sommo Pontefice è un'autorità morale che merita rispetto anche da chi, come me e tanti altri, non ne condivide il messaggio. Uno che fa i tarocchi, viceversa, fa solo ridere.
Né mi sogno di dire che i riti religiosi dei cattolici (o dei musulmani, o degli hindu, o degli ebrei...) siano da mettere sullo stesso piano delle macabre messe in scena di qualche fattucchiera da strapazzo. Io, che pur sono ateo, quando assisto ad una messa rimango soggiogato, neanche avessi visto il Palio di Siena: i colori, i rituali, le parole, l'alzarsi e l'inginocchiarsi dei fedeli, le dimostrazioni simboliche di fratellanza (stringersi la mano, condividere il pane e il vino). Ne esco ateo come prima ma affascinato e avvinto. Davanti ad un pisquano che fa le "fatture", viceversa, non riesco a reprimere un opportuno sbadiglio.
Infine - e proprio perché sono ateo! - non posso non attribuire la dovuta considerazione alle molte e importanti iniziative di solidarietà sociale messe in atto da molte religioni e dalla cattolica in particolare. Chi gestisce ospedali nel Terzo Mondo, anche se crede in Dio, ha tutta la mia ammirazione!
Gli "occultisti", viceversa, sono spesso nient'altro che squallidi evasori fiscali.
Le differenze sono sì grandi ma (come dice l'aggettivo stesso: "grandi") sono soltanto differenze quantitative, non qualitative.
Intendo dire che, fatte le dovute distinzioni estetiche e morali, rimane il fatto che magia e religione sono comunque sistemi di pensiero fondati sullo stesso presupposto: la credenza nel soprannaturale.
Chi professa l'una e l'altra crede in entità (esseri, forze, spiriti, dèi) la cui esistenza non è dimostrata, né dimostrabile. Entrambe spingono a credere nell'esistenza dell'anima e alla sua indipendenza dalla vita biologica. Entrambe ci spingono ad amare entità "superiori" benigne, e a temere nefaste entità "infere".
Fatti salvi gli aspetti accessori e quantitativi, dove sta la differenza sostanziale? Qual è il discrimine, il singolo inconfutabile elemento di differenza che ci permetta (e che, soprattutto, permetta a un magistrato!) di dire che una particolare pratica rituale è "religione" mentre un'altra è "magia"?
Certo, potendo chiederlo al vostro Dio (o a qualunque altro dio, per altro), avremmo la risposta giusta. Ma non possiamo farlo perché Dio - da qualche secolo a questa parte - non è ammesso come teste nei tribunali!
Non chiedo certo che ammettiate che la "religione" in cui credete e la "magia" che tanto vi infastidisce siano la stessa cosa. Vi chiedo solo, con uno sforzo di immaginazione, di capire come per uno come me sono sostanzialmente la stessa cosa.
Ci riuscite? Ce l'avete fatta a calarvi, così per gioco, nei panni dell'ateo miscredente?
Bene. Ma, abbiate pazienza, devo chiedere un ulteriore sforzo alla vostra fantasia. Ora che siete saldamente atei (ehi, restateci qualche minuto nei miei panni, altrimenti la seconda parte non riesce) dovete immaginarvi di essere non già degli atei democratici e tolleranti (come io spero di essere) ma bensì degli atei cattivissimi e intolleranti.
Dovete immaginare, cioè, di essere delle specie di Torquemada dell'ateismo.
Indossate, insomma, per un momento i baffoni di un'ipotetico Stalin prossimo-venturo. Di professione: magistrato anticlericale.
Ci siete? Bene ora, così combinati, vi prego di rileggere molto attentamente il progetto di legge numbero 3048 che l'On. Nicola Bono (Alleanza Nazionale), con la vostra collaborazione, ha presentato al Parlamento della Repubblica il 23 gennaio 1997:
Introduzione dell'articolo 610-bis del codice penale, in materia di attività tendenti ad abusare della credulità popolare, e dell'articolo 15-bis della legge 8 febbraio 1948, n. 47, in materia di divieto di pubblicità di attività occultistiche

Art. 1.
1. Dopo l'articolo 610 del codice penale è inserito il seguente: "Art. 610-bis- (Condizionamento della volontà mediante impostura o suggestione).- Chiunque, con impostura o qualunque altro mezzo o attività, suggestiona l'altrui volontà per costringere o determinare taluno a fare, tollerare od omettere qualche cosa, è punito ai sensi dell'articolo 610. La pena è della reclusione fino a cinque anni se il fatto è commesso con abuso del sentimento religioso popolare o se è commesso per procurare a sé o ad altri un vantaggio".

Art. 2.
1. Dopo l'articolo 15 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è inserito il seguente:
"Art. 15-bis.- (Divieto di pubblicità di attività occultistiche o suggestive).
1. Le disposizioni dell'articolo 528 del codice penale si applicano anche all'acquisto, detenzione, esportazione, messa in circolazione di stampati i quali riportano, sotto qualunque forma, accenni o richiami da parte di chiunque pratichi attività definite occulte o riferite a poteri sovrannaturali.
2. Le stesse disposizioni di cui al comma 1 si applicano ad ogni altro mezzo di comunicazione diretta al pubblico, qualunque sia il mezzo di diffusione.
3. La condanna per i reati previsti dai commi 1 e 2 importa la sospensione per un mese dell'attività di pubblicazione, emittenza o diffusione. In caso di recidiva la sospensione è disposta per un periodo da tre a sei mesi".

Art. 3.
1. La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Se vi siete adeguatamente immedesimati nel giudice mangiapreti (nonché mangiamaghi) vi starete già fregando le mani nella prospettiva di mandare in galera per cinque anni tutti i preti che, con "qualunque mezzo o attività" (ad esempio una messa o una processione) hanno determinato taluno a "fare, tollerare od omettere qualcosa" (ad esempio "fare" la carità, "tollerare" il prossimo, "omettere" una violenza) tramite "abuso del sentimento religioso popolare".
Grazie, questo è quanto: prima che vi venga in mente di sequestrare tutte le Bibbie in quanto stampati inerenti "attività definite occulte o riferite a poteri sovrannaturali", potete togliervi i baffi dello Stalin-Torquemada.
Tornare pure ad indossare la mantellina di Van Helsing, con i miei migliori auguri per la vostra caccia a maghi, streghe, vampiri e quant'altro.
Io, per quanto mi riguarda, educherò mio figlio (oltre che a rifiutare caramelle e carezze dagli sconosciuti) a rispettare e a difendere la libertà sua e degli altri.
Chissà che un giorno, diventato adulto, non gli toccherà di lottare per tirare fuori dalla galera i vostri figli, arrestati all'uscita da messa per attività "riferite a poteri sovrannaturali", in violazione del nuovo articolo 610-bis del codice penale. Saluti.

Marco Cimarosti
(Milano)

Faxate in Indonesia!

La PT. Impian Busana, filiale di un'impresa giapponese di abbigliamento, con sede a Berbek nell'isola di Giava, produce per l'esportazione maglieria delle seguenti marche: Mobil, Pincponc, Elle Alle, Queens Gate, Cynthia White, Clothing, Stravin. Le condizioni di lavoro delle sue operaie, il rispetto dei diritti sindacali e umani, la salubrità del luogo di lavoro sono tutti al di fuori delle condizioni minime perché i loro prodotti siano accettabili per i consumatori coscienti.
Preghiamo quindi tutti i giornali di segnalare la cosa invitando i propri lettori a inviare per fax questo testo. A inviare copia del fax fatto alle lavoratrici alla e-mail: ayuni@sby.centrin.net.id.

PT. IMPIAN BUSANA
Berbek Industri III/1
Sidoarjo, East Java
Indonesia
Fax +62-31-8430-506

ENDLESS CO.LTD.
Mr. Tokyo Shimada
(President Director)
2495 Mujinasuka, Oura-machi Gumma - Japan
Fax +81-276-89-1171

(data)
Dear Sirs,
Consumers have become increasingly aware of the social aspects connected with the products they buy. We firmly believe that workers have a right everywhere to a living wage and dignity at workplace. We learn, however, that neither of these basic conditions is granted at your Indonesian factory
PT. Impian Busana, as cases of arbitrary dismissals, irregular labour practices and physical punishment are reported. Furthermore, we understand that a punishment section is in existence, called "manual machine" section, where workers who fight for their rights are segregated and mistreated.
We urge you therefore to:
o Reinstate all dismissed workers and return all transferred workers from the "manual machine" section to their former section;
o Shut down the "manual machine" section which represents an open violation of human rights;
o Accept to fulfil workers' demands for better working conditions. Looking forward to hearing that you have taken action on these matters, we remain

Yours sincerely,
(firma)

Per maggiori informazioni potete rivolgervi a:
Ersilia Monti (Coordi-namento Lombardo Nord/Sud del mondo)
P.le Governo Provvisorio 6,
20127 Milano
tel. 02-26140345
email: ermont@tin.it

(Fonte ACEA)
Testata elettronica di educazione alla pace, allo sviluppo, alla solidarietà, all'ecoequilibrio, ai consumi etici, alle tecnologie ecocompatibili, alla nonviolenza, diretta da Federico Ceratti, aut. trib. milano 577/88

Ma quale volontariato?

Cari compagni,
vi scrivo per denunciare un fatto che si sta verificando in questi giorni e che, purtroppo, quasi certamente si andrà intensificando nei prossimi anni. Mi riferisco a ciò che sta accadendo nelle scuole italiane in vista del nuovo esame di stato. Come ormai è noto a molti, il punteggio verrà espresso in centesimi, non più in sessantesimi. Il massimo della valutazione sarà quindi 100 punti, parte dei quali si otterrà in base al rendimento dell'anno trascorso, un'altra parte ancora in base all'esame orale. Fino a questo punto pare "normale amministrazione", ma la cosa si fa più interessante: pur in minima parte del punteggio finale si ottiene mediante il "credito scolastico", ossia un tot di punti verrà assegnato a quegli alunni che, di loro spontanea (?) iniziativa, avranno preso parte a conferenze, assemblee, proiezioni di film purché o inerenti con il programma svolto, oppure finalizzate allo sviluppo della formazione culturale dell'alunno. Il benevolo ministro della pubblica istruzione ha deciso di fare aumentare il credito scolastico anche a quegli alunni che si dedicano al volontariato.
Ora... secondo il mio punto di vista (e per mia personale esperienza) il volontario è quella persona che decide di utilizzare parte del suo tempo in favore di persone bisognose e che decide di farlo GRATIS, e per gratis intendo senza alcun riconoscimento se non quello datogli dalla soddisfazione personale di aver fatto qualcosa di utile e bello per un altro essere umano che ne aveva bisogno.
E la cosa disgustosa è che adesso centinaia di "alunni diligenti" si affretteranno a fare del buon volontariato non per la bellezza del gesto in sé, e neppure perché sono convinti che ci sia bisogno di un po' di umanità in questo mondo, ma solamente per degli schifosissimi punti! Solamente perché il ministro gli ha promesso poi il biscottino!
E questo che vi porto non è una mia paranoia oppure una mia fobia, ma è la realtà, perché è proprio questa la mentalità che vige fra i miei coetanei: fare volontariato per ottenere punti.
Io spero che qualcuno si renda conto della gravità di questa situazione. Io personalmente mi rivolgo a tutti i miei coetanei (ho 18 anni) e a tutti quelli che, negli anni futuri, si prepareranno ad affrontare l'esame di stato: boicottate! Non fatevi ingannare! Fate solo quello che vi sentite di fare! Se per ottenere dei punti dovete fare del volontariato coatto, allora optate per una media più bassa. Ve ne prego!

Alessandro Casagrande
(Novara)

Una perdita di tempo

A proposito dell'intervento di Paolo Scarioni sul A255, nell'ambito del dibattito sulla guerra, rilevo che l'animalismo viene definito una sciocchezza piccolo-borghese, la cui pratica, per gli anarchici, sarebbe una perdita di tempo rispetto all'obiettivo prioritario di abbattere tutti i governi ed estirpare il dominio dell'uomo sull'uomo, vera causa delle guerre.
Le motivazioni di questa affermazione non compaiono, ma sorge il dubbio che derivino da una conoscenza superficiale dell'idea animalista. Vorrei solo segnalare che una delle basi teoriche di questo pensiero è proprio la riflessione sul dominio e sul concetto di superiorità. Il concetto di superiorità di un essere rispetto ad un altro deriva da una costruzione arbitraria, che si basa in definitiva sulla forza, sul dominio.
Partendo dalle riflessioni e dalle lotte contro le discriminazioni razziali e sessuali, questo pensiero prende in considerazione anche il rapporto tra specie diverse ed allarga i confini del concetto di dominio. La negazione del concetto di superiorità a favore di quello di diversità, comporta, quale base della convivenza tra gli esseri viventi, il rispetto anche per i più deboli. Penso che per gli anarchici tali riflessioni siano una conseguenza naturale dei loro presupposti etici di libertà e uguaglianza;
Un'ultima notazione. L'epiteto di piccolo borghese è stato spesso usato dai marxisti per liquidare le idee e le lotte libertarie. È un dispiacere constatare come questo avvenga anche tra gli stessi anarchici.
Saluti

Luca Bini
(Torino)

L'opinione di un Libertarian

Come i lettori di questa rivista sanno, opera da alcuni anni nel nostro Paese un piccolo movimento "anarco-capitalista". Dopo l'isolata meteora della rivista Claustrofobia (cinque numeri usciti alla fine degli anni '70, frutto dell'opera solitaria di Riccardo La Conca), attorno alla metà degli anni '90 ha incominciato a formarsi un gruppo di giovani intellettuali di diversa provenienza (ognuno la sua), che dichiarava di rifarsi al pensiero libertarian americano, e in particolare a quello del suo più sistematico interprete, l'economista e altro Murray Newton Rothbard.
All'interno del gruppo, che non è mai stato del tutto omogeneo, si è via via sviluppato un dibattito teorico di qualche interesse, e sono emerse differenze, che paiono difficilmente componibili, non solo di metodo, ma anche sui principi fondamentali e sulle preferenze sui diversi possibili stati di cose intermedi (quelli che qualcuno, marxisteggiando, chiama "i problemi della transizione").
La distinzione ha anche riflessi politici; non si deve dimenticare, infatti, che la componente del gruppo che più ha voluto e saputo organizzarsi si è riconosciuta a lungo nell'area leghista, addirittura partecipando con una propria lista alle cosiddette elezioni padane e ancor oggi considera il secessionismo il punto duro della propria strategia. In particolare, questo gruppo si è negli ultimi tempi caratterizzato per una serie di prese di posizione di segno francamente conservatore su una serie di temi come immigrazione, libera sessualità, e in genere libero uso del proprio corpo, entrando in evidente contraddizione con le proprie premesse libertarie, secondo le quali l'auto-proprietà del corpo sarebbe il primo dei diritti di ciascun individuo.
Combinando il secessionismo con la preferenza per il conservatorismo morale, emerge un quadro preoccupante, aggravato dalla valorizzazione del concetto tardo-rothbardiano di "Nazione per consenso". Rothbard, che per tutta la vita ha predicato il più radicale ed eccessivo degli individualismi metodologici, prima di morire scopre che l'uomo non nasce solo, ma in una famiglia, in un gruppo, con una lingua, una cultura, e chiama tutto questo "nazione"; per preservare la premessa libertaria, la nazione di Rothbard è "per consenso", ma il velo è fragile, e la contraddizione irrisolta. Per i nostri libertari-padanisti è un invito a nozze, lo strumento di cui essi hanno bisogno per conciliare l'originario individualismo radicale con quello che alla prova dei fatti si dimostra un comunitarismo su base etnica.
Quel che allora occorre comprendere, anche per formulare un giudizio più preciso sul pensiero rothbardiano e sul segno dell'esperienza anarco-capitalista (almeno di quella della componente che a Rothbard si rifà), è se siamo di fronte a una contingente degenerazione in senso autoritario, ovvero se il vizio non stia alla radice stessa della teoria, sicché i suoi prodotti malati ne sono coerente implicazione e conseguenza.
Innanzitutto una premessa di metodo: il gruppo in questione ha dimostrato di condividere un atteggiamento piuttosto dogmatico e fideistico, che identifica pressoché in toto l'idea libertaria con il pensiero di Rothbard, considerando come altrettante insidie "stataliste" da respingere a priori le gravi obiezioni alle quali quel pensiero si espone.
Nel merito, la nozione fondamentale su cui si incentra - anche quando non evocata direttamente- il dibattito è quella di "proprietà", di "diritto naturale di proprietà". Secondo la concezione rothbardiana, il proprietario è sovrano assoluto non solo del proprio corpo, ma anche dei frutti del proprio lavoro. E qui emerge una prima difficoltà, perché conseguenze estreme vengono fondate su una premessa estremamente incerta: la nozione di lavoro. Per Rothbard, infatti, qualunque atto di occupazione in grado di dimostrare effettività è "lavoro" che legittima la proprietà, anche se in realtà si tratta di un atto di forza in sé improduttivo, come quello di recintare un terreno.
Le conseguenze sono radicali, si diceva, come si ricava da un esempio.

.......

Immaginiamo che quattro proprietari rothbardiani abbiano ognuno un vertice in comune con l'altro, in modo da disegnare un quadrato completamente intercluso, che costituisca res nullius. Immaginiamo ancora che un paracadutista atterri in quel quadrato.
In base alla teoria rothbardiana della proprietà, i quattro proprietari circostanti non hanno alcun obbligo nei confronti del paracadutista: nessuno, per Rothbard, può essere obbligato a un facere e omettere è sempre lecito (ad esempio, la madre che lascia morire di fame il proprio figlio esercita un proprio diritto naturale). D'altra parte, vien sottolineato, il primo carattere della proprietà è la facoltà di esclusione (ius excludendi alios), sicchè il proprietario che lascia morire il paracadutista esercita un proprio diritto anche sotto tale profilo. Per contro, magra consolazione, il paracadutista diviene proprietario della res nullius da lui stesso occupata: la proprietà come gabbia nella quale gli altri ti rinchiudono.
Se non ci piacciono le gabbie, c'è qualche cosa che non va in tale teoria, ed è il suo assolutismo e unilateralismo: si diviene proprietario legittimo indipendentemente dalle condizioni degli altri: ogni proprietario è autocertificato, e cionullameno il suo diritto di proprietà si impone sugli altri, costituendo unilateralmente in loro capo obblighi giuridici, che essi debbono rispettare pena sanzione, indipendentemente da qualunque consenso o considerazione di utilità: esattamente come nelle più vecchie dottrine giuridiche imperativiste. Esattamente come queste, del resto, la dottrina rothbardiana giustifica l'assolutismo del sovrano (in veste di proprietario) con formule di legittimazione sovrannaturali, nel nostro caso sulla "natura" e sul "lavoro", o meglio sul preteso diritto naturale, che deriverebbe da un bruto atto di occupazione originaria.
Tutto ciò è molto new age, ma non sembra in grado di fondare una teoria della libertà, quanto piuttosto una del fondamento legittimo del potere e del comando. Il proprietario ha infatti pieno potere sul territorio che controlla, quindi anche sulle persone che lo occupano, con la sola esclusione della pena di morte.
È ovvio che qui si tocca un punto critico, perché altro sarebbe se tale potere proprietario fosse soggetto alla condizione restrittiva della sua universalizzabilità. Capita invece che tra i padanisti-rothbardiani vi sia chi teorizza esplicitamente che, se un solo uomo divenisse proprietario dell'intero mondo, egli potrebbe esercitare (non si sa come, ma le considerazioni di effettività sono respinte come spurie) il proprio ius excludendi alios nei confronti dell'umanità intera. Un argomento così contrario alle nostre intuizioni morali ci dice che la teoria rothbardiana della proprietà, se queste sono le sue conseguenze, deve essere respinta come non libertaria, anzi, come autoritaria.
Non si direbbe, a questo punto, che vi sia differenza, se non nei presupposti di legittimazione, tra una relazione con un proprietario e una con uno Stato sovrano. Da qui infatti gli equivoci secessionisti: in fondo non c'è grande differenza tra uno Stato "piccolo" e una proprietà "grande": lo Stato piccolo va quindi comunque preferito, anche se illiberale, anche se le sue leggi discriminano omosessuali o tossicodipendenti (si veda la polemica sui "diritti degli Stati" negli U.S.A. contro Washington, pur se in ipotesi Washington garantisse più diritti individuali rispetto alla comunità locale).
Se non v'è differenza sostanziale tra il potere sovrano del proprietario e quello dello Stato, in attesa di secessioni individuali prossime venture, da noi spetta alla Padania rappresentare in qualche modo, riconosciuto imperfetto, la proprietà dei singoli: anzitutto vietando l'immigrazione, considerata alla stregua di una violazione di un pur vago diritto di proprietà dei residenti "che pagano le tasse" sugli spazi pubblici. Si noti che, in realtà, un proprietario sarebbe perfettamente libero di escludere come di ammettere, ma lo Stato (padano), non si sa perché, dovrebbe farsi carico esclusivamente della preferenza escludente. Poco importa se, così facendo, i costi dell'esclusione vengono fatti ricadere su chi non condivide tale scelta, dato che il dogma antitributario vale solo per le prestazioni di assistenza, non anche per quelle di polizia.

.......

Qualunque teoria della proprietà che voglia essere libertaria ed evitare l'effetto-gabbia non può che muovere da una premessa comunista: occorre cioè assumere che, in origine, tutti hanno in comune la proprietà del mondo. Rothbard riconosce la moralità di tale ipotesi, ma la respinge come irrealistica in nome della separatezza degli individui e dell'impossibilità che ognuno possa possedere effettivamente l'intero mondo; egli denota però così limiti di cultura giuridica, dato che l'istituto (privatistico) della comunione ben consente di immaginare che ognuno possa essere proprietario del mondo pro quota. Ecco allora che il comunismo originario non impedisce affatto che le quote possano circolare e dar vita a un mercato, consentendo detenzioni individuali ed eventualmente legittimando la stessa divisione della comunione.
Tale concezione (quella secondo cui il mondo è originariamente di proprietà comune di tutti gli uomini), è dominante nel cristianesimo primitivo, ma non è affatto estranea nemmeno alla tradizione del liberalismo classico. Non si spiega altrimenti, ad esempio, la "clausola di Locke", in base alla quale l'appropriazione è illegittima se ne derivino privazioni per gli altri. E si noti che Rothbard, il quale fondamentalmente recepisce la concezione lockeana della proprietà, ne respinge proprio la "clausola" di ragionevolezza, aprendo così la strada alla aberranti conseguenze indicate.
Analoga impostazione si rinviene in tutti quei liberali classici (compreso Bastiat), per i quali il fondamento giustificativo della proprietà è nella produzione, dunque nell'utilità che, attraverso essa, si procura agli altri. Si veda ai tempi nostri la scuola dei property rights (Demsetz e Alchian), o James Buchanan, secondo i quali la proprietà scaturisce da un contratto, se si vuole da una convenzione, e non mai da un atto unilaterale di imperio accompagnato dall'enunciazione di un mistico diritto naturale.
Ma se nasce dallo scambio, la proprietà ne reca i segni, non essendo pensabile che dall'accordo possa scaturire il dominio di uno degli scambisti sull'altro, o il peggioramento delle condizioni di uno di loro. Nella peggiore delle ipotesi, il non proprietario si sarà quantomeno garantito un diritto di passaggio e di circolazione, nonché, si direbbe, di accesso a una quota di risorse naturali. Ciò intacca allora il mito dello ius excludendi alios, che a questo punto appare più un frutto "legislativo" e imperativo, che non il prodotto di libere interazioni di mercato.
Rothbard muove da una visione restrittiva della natura umana, imperniata attorno al concetto di lavoro stanziale, che attraverso, l'occupazione, fonda il diritto di proprietà. Il nomade non ha diritti sulla terra. Eppure l'uomo è anzitutto un animale dinamico, la sua azione implica movimento; nella sua natura non v'è domanda di proprietà fondiaria più di quanto non vi sia domanda di spazi aperti. Se perciò è lecito fondare diritti sulla natura umana, tra essi vi è sicuramente un qualche diritto di circolazione, che limita ab origine il diritto di proprietà altrui.

.......

I rothbardisti replicano alle critiche, dicendo che certe conseguenze paradossali sono improbabili, e che sono i meccanismi di mercato a porvi rimedio. Tuttavia la risposta è elusiva, perché quelle conseguenze sono comunque ritenute legittime, e anzi talora attivamente difese: come quando si sostiene che in una città privata un'assemblea condominiale potrebbe legittimamente deliberare l'esclusione degli omosessuali, violando così il principio della primazia della proprietà del corpo su quella dei beni, nonché allo stesso tempo contraddicendo l'avversione da sempre manifestata per le decisioni collettive e a maggioranza.
Se poi è vero che il mercato fornisce il sistema di pesi e contrappesi in grado di prevenire le conseguenze indesiderate, vuol dire che la teoria libertaria della proprietà deve incorporare il mercato: vuol dire che la teoria rothbardiana non è autosufficiente, e che deve essere integrata da una componente che qualcuno definirebbe spregiativamente "utilitarista", ma che in realtà esprime una moralità superiore, in quanto prende in considerazione gli interessi legittimi di ciascun singolo individuo. Ad esempio, negando che sia diritto di qualcuno lasciar morire qualcun altro in conseguenza dell'esercizio di un proprio "diritto"; ad esempio, considerando che non si vede in forza di che i nuovi nati dovrebbero essere tenuti a rispettare un assetto proprietario, che non hanno concorso a determinare, se quell'assetto si dimostra per loro svantaggioso.
ooooooo
Ma torniamo al mercato. Il contributo rilevante del movimento anarco-capitalista è l'aver individuato nella teoria del mercato, così come elaborata dall'economia classica e neo-classica (il tanto enfatizzato contributo "austriaco" è sotto tale profilo del tutto riconducibile alla tradizione neo-classica), la meta-istituzione universale dell'anarchia possibile. Se c'è un sistema che consente agli uomini di cooperare in assenza di autorità centrale, questo è il mercato, ossia la rete delle relazioni di scambio tra individui di ogni parte del globo, senza vincoli territoriali.
L'opposto concettuale del mercato è l'organizzazione, che infatti viene invocata ogni qual volta ci troveremmo innanzi a un "fallimento del mercato". Nel suo famoso saggio La natura dell'impresa, l'economista Ronald Coase sostenne che l'organizzazione aziendale, attribuendo a qualcuno il potere di comando, consente di ridurre i costi di transazione, ai quali si andrebbe incontro ove alle decisioni si sostituissero libere interazioni di mercato. L'esperienza ha tuttavia dimostrato come spesso le organizzazioni, produttive o no, aggravino i costi di transazione, piuttosto che ridurli, semplicemente trasferendo la conflittualità all'interno dell'organizzazione, e anzi enfatizzandola in una lotta per il potere.
L'alternativa è quindi tra organizzazione, che, come il realismo politico insegna, è sempre fonte di gerarchia, e mercato, inteso come ambiente delle relazioni paritarie. Lo sviluppo tecnologico mostra che della prima si può ormai far sempre più a meno, ma ciò vale non solo per lo Stato, ma anche per l'impresa capitalistica tradizionale: la distinzione è solo di grado, sulla diversa legittimazione riconosciuta al capo.
Gli anarco-capitalisti nostrani mostrano di non aver compreso nulla di ciò, dato che continuano ad attribuire carattere discriminante a un elemento del tutto estrinseco e formalistico: quello del carattere "pubblico" o "privato" dell'organizzazione. Ma la distinzione è in sé insignificante (il feudo è pubblico o privato?), una volta che a un'organizzazione "privata", come nel caso della città-condominio, sia riconosciuto il diritto a esercitare il monopolio del potere decisionale sul territorio, ossia la sovranità. Di più: in base alla concezione rothbardiana della proprietà, se la Penisola avesse un proprietario, questi potrebbe dotarla essa esattamente delle stesse regole della Repubblica Italiana: per i rothbardiani, questa sarebbe una situazione "libertaria", sol perché privata, anche se del tutto indistinguibile da una corrispondente situazione "pubblica"; anzi, il proprietario sarebbe legittimato a fare anche di peggio!
Non basta proprio essere contro lo "Stato moderno" per essere libertari. Anche nella cosiddetta destra sociale emergono ormai correnti "antistataliste", in nome del primato della comunità; i nostri anarco-capitalisti padani sono ormai su questa strada: essi parlano assai poco di mercato; la loro attenzione è sempre più rivolta verso ogni sorta di organizzazione, anche autoritaria (si veda una recente polemica sul carcere privato), alla sola condizione ch'essa sia privata, facendo pensare a una strana combinazione di nazional-capitalismo e di anarco-collettivismo di destra.
Come ha notato Riccardo La Conca, essi si disinteressano completamente di come il mercato possa realizzare quell'ordine spontaneo privo di autorità centrale di cui parlarono, in epoche diverse e da posizioni apparentemente opposte, Kropotkin e Hayek.
ooooooo
Negli Stati Uniti le più evolute correnti di filosofia politica e analitica libertaria rifiutano l'estremo giusnaturalismo rothbardiano, e affidano la definizione dei contenuti dei diritti di proprietà alle libere interazioni di mercato, che studiano con gli strumenti della teoria dei giochi; si delineano così i termini di un nuovo mainstream anarchico, nel quale potrebbero entro non molto trovarsi a proprio agio tutti i non dogmatici, si tratti di free-market anarchists, ovvero di coloro i quali, provenendo dall'anarchismo classico, hanno fatto propria l'idea della libera sperimentazione dei modelli economici e giuridici: un centro anarchico, direi, che, ricongiungendosi con il gemello separato liberale, recuperi la matrice individualista e liberista, sia pure nella versione del "mutualismo", di tanto anarchismo classico. In questa direzione, è possibile che presto ci si imbatta in Josiah Warren e nel suo Mercato a prezzo di costo. Ma questa è un'altra storia (Phase two).

Fabio Massimo Nicosia
(Milano)

Ciao da Talee

Ciao. Io mi chiamo Talee Giaccone. Non so scrivere, né leggere, né parlare, né far di conto. Sono nato 7 giorni fa, però mio padre dice che voialtri avete una bella rivista. Me la spedite dai nonni? (così vi costa di meno)? Non so chi cazzo sono gli anarchici, però se sono come il babbo non è che combiniamo un granché. Va bé. Vi mando venti sterline, spero bastino per un po'. Saluti libertari

Talee
(Galles - Regno Unito)

Pinelli e Calabresi

Gentile redazione del Corriere della Sera,
nell'intervista curata da Venanzio Postiglione e apparsa sul Corriere della Sera di giovedì 26 agosto 1999, il prefetto di Firenze Achille Serra lamenta l'oblio sceso, secondo lui, sulla figura del commissario Luigi Calabresi: "... dopo la morte di Pinelli l'hanno ucciso tutti i giorni... con un diluvio d'odio che non si è mai visto in Italia... per quella stagione di odio stiamo ancora aspettando le scuse".
Sul caso dell'omicidio Calabresi faranno chiarezza, si spera, i giudici nella revisione del processo a Bompressi, Pietrostefani e Sofri. Per altri non è stato né osservato il culto della memoria né compiuto chiarimento alcuno. Così, in questi giorni, non mi è capitato di leggere su nessun giornale che alle 19.00 del 12 dicembre 1969, nel corso dell'indagine sulla strage alla Banca dell'Agricoltura di piazza Fontana, veniva fermato il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, completamente estraneo ai fatti.
Che Pinelli veniva interrogato la sera stessa e nei giorni seguenti, il 13, il 14 e il 15, senza che questo fermo prolungato, e scaduto per legge la sera del 14, fosse informato il sostituto procuratore Ugo Paolillo. Che lo stesso Pinelli precipitava intorno alla mezzanotte del 15 da una finestra del quarto piano della questura, ufficio del commissario Luigi Calabresi. Che il commissario sostenne nella successiva inchiesta di essere uscito dalla stanza poco prima di mezzanotte per riferire ai superiori sull'andamento dell'interrogatorio. Che Gerardo D'Ambrosio siglò una sentenza (27/10/75) in cui si stabiliva che Pinelli cadde in conseguenza di n cosiddetto "malore attivo". Che la signora Licia Pinelli fece aprire un procedimento contro Luigi Calabresi, rimasto senza esito. Che nessuno si è mai scusato con Licia Pinelli né con Rosa Malacarne, madre di Giuseppe.
Ma si rassicuri il Serra: come vede non tutti gli italiani dimenticano. Di certo non lo fanno gli anarchici.

Stefano Rolli
(Lavagna)

I nostri fondi neri

Sottoscrizioni Elisa Ungaro (Gallarate), 5.000; Antonella e Simo Colombo (Albiate), 50.000; Carlo Mulloni (Cividale), 49.000; Vittoria Farinelli (Ancona) ricordando il fratello Luciano, 50.000; Fernanda Bonivento (Ancona) ricordando il suo compagno Luciano Farinelli, 50.000; integrazione di parte del ricavato della Mostra artisitca in memoria di Marina Padovese promossa lo scorso maggio a Milano dalla Libreria Utopia e dall'Ateneo Libertario, 200.000; Michele Parducci (Carrara), 15.000; Roberto Tomasini (Dronero), 20.000; a/m Marco Pandin, parte ricavato dal tour italiano dei Judas 2 - Pete Wright e martin Wilson - la scorsa primavera, 200.000; Carlino Osio (Milano), 150.000; Massimo Ortalli (Imola) ricordando il compagno Aurelio Lolli, 50.000; a/m Massimo Ortalli, i Gruppi Anarchici Imolesi ricordando il compagno Aurelio Lolli, 50.000; Alfredo Gagliardi (Ferrara), 300.000; a/m Marco pandin, ricavato periodico dalla "Musica per 'A'", 2.000.000; Stefano Quinto (Maserada), 100.000; Enrico Calandri (Roma), 100.000; a/m Zelinda Carloni, Lo Forti (Palermo), 100.000; Paolo Scarioni (Milano), 30.000; Talee Giaccone (Torino), 6.000; ALberto Albertella (Milano), 10.000; Gianoberto Gallieri (Ferrara), 10.000 Gabriella Zigon (Sesto San Giovanni), 33.600; Auroa e Paolo (Milano) ricordando Marina Padovese nel 1° anniversario della morte (1.9.1998), 5.000.000; Renato Girometta (Roma) ricordando Ivan Aiati e Pietro di Paolo, 100.000; Milena e Paolo Soldati (Clermont Ferrand - Francia), 132.000; Pino e maria Fabiano (Cotronei) per la nascita di nostro figlio Antonio Guerriero, 20.000.
Totale lire 8.595.600.

Abbonamenti sostenitori Loriano Zorzella (Verona), 150.000; A.C.G. (Carrara), 150.000; Gian Luigi Melchiori (Villorba), 150.000; Roberto Pietrella (Roma-Vitinia), 150.000.
Totale lire 600.000.