Rivista Anarchica Online


Dibattito
guerra

Contro la guerra, certo. Ma ci sono tanti modi, tante posizioni. Come confermano gli interventi ospitati in queste pagine.

 

Riflessioni sulla guerra

Cari compagni,
da ormai 15 giorni infuria la guerra nei Balcani, una guerra palesemente imperialista, visto che il presunto scopo umanitario di proteggere i kosovari è venuto rapidamente meno in virtù del fatto che l’attacco degli USA e dei suoi vassalli al posto di diminuire le sofferenze le ha vistosamente aumentate, com’era peraltro prevedibile e fors’anche, cinicamente, previsto.
Tuttavia, in questi frangenti, è per me inevitabile essere assalito non solo da rabbia e angoscia, ma anche da un senso di impotenza e inutilità.
In effetti che cosa si può fare in queste situazioni, se non dedicarsi alla tanto aborrita, ma in questi frangenti quanto mai necessaria "carità", sperando che almeno gli aiuti giungano a destinazione. Francamente a me di manifestare non va, primo per l’inutilità di ciò, secondo perché queste manifestazioni finiscono sempre per essere schiacciate tra un pacifismo "volemose bene" irrealistico e autoconsolatorio, e un anti-americanismo stereotipato e, spesso, anche reazionario. (non che io non sia anti-americano, anzi non lo sono perché per me gli americani si chiamano Cavallo pazzo e Toro seduto e non Clinton e Clarck).
Spesso, pur con le migliori intenzioni, si finisce per difendere personaggi indifendibili che sarebbe meglio finissero sottoterra, tipo milosevic (lasciate la minuscola) oppure, schiacciati dalla propaganda di regime, per credere alle pagliacciate dei bombaroli democratici (e poi dicono che siamo noi a tirare le bombe...)
E ci si scorda di quello che dovrebbe essere lo scopo degli anarchici (o almeno di coloro che lo sono realmente e non per snobismo) cioè abbattere tutti i governi ed estirpare la vera causa delle guerre, e cioè il dominio dell’uomo sull’uomo. Ma se si continua a perdere tempo con l’animalismo, il liberalismo, e tutte le altre sciocchezze piccolo borghesi, be’ allora rassegnamoci e godiamoci la nostra posta elettronica controllata, la nostra finta libertà, la nostra vera miseria, la nostra prossima guerra.
Tristemente vi saluto - Viva L’Anarchia

Paolo Scarioni

"I’ve been beatup,
I’ve been thrown out but
I’m not down, I’m not down"
(J. Strummer-M. Jones)
from London Calling
THE CLASH
CBS 1979

 

 

Con chi stare

A titolo informativo e per aprire un dibattito provvediamo a divulgare i recenti proclami di Giovanni Lindo Ferretti (voce di C.S.I.) inerenti il conflitto in corso nei Balcani unitamente alla risposta presentata alla stampa dalla nostra associazione. Grazie per l’attenzione.
Cordiali saluti.

per l’associazione Danubio Adriatico
Rosy Nardone

 

 

Sto con i Serbi

Giovanni Lindo Ferretti scrive su Ultime Notizie Reggio del 27-03-99 "Perché oggi sto dalla parte dei serbi"

La guerra del Kosovo è cominciata anni fa. È cominciata pulita, accettabile, in Slovenia, provincia inferiore dello stato di Germania.
È divampata in Croazia, protettorato della diplomazia vaticana, e ha massacrato e smembrato la Bosnia, terra di nessuno quindi proclamata, poi a forza costretta, musulmana. Povera Jugoslavia. Poveri Slavi del sud.
Miserevole Europa, miserevoli europei. Educati civili, sterili e igienici, destinati all’ingrasso, alle diete, alla produzione, al consuma e crepa, ma di nascosto, nella rassicurante pace totale.
Non mi spaventa più la guerra, è vicina. Mi spaventa chi ha consegnato la Bosnia al massacro imponendo l’embargo delle armi a una popolazione aggredita. Vietato difendersi, a maggior gloria del pacifismo. Mi spaventano questi democratici moderni, tanto civili e perbene con la loro futile insensatezza.
I Serbi sono pessimi come tutte le parti in causa nella ex Jugoslavia. I Croati, se possibile, sono peggio. I Bosniaci nel ruolo imposto-accettato di vittime sacrificali, addirittura insopportabili.
Pessime quando non criminali le dirigenze politiche, sociali, religiose.
Non è la prima volta da che la Jugoslavia è stata forzosamente e ipocritamente smembrata che mi trovo a condividere le ragioni dei Serbi.
Sto con i Serbi. Non lo ero a Sarajevo e aspettavo un raid della NATO a distruggere le artiglierie che la martoriavano. Illusi. Altri erano allora gli interessi. Sto con i serbi, chè la democrazia non può ridursi a sola conta "numerica". Già ora in Tibet i cinesi, occupanti militarmente, sono la maggioranza. Fatte le elezioni il Tibet sarà una "democratica" provincia cinese? E il Kosovo "democratica" contrada d’Albania?
Sto con i serbi. Con chi serba nel cuore altre legittimità. Un senso del valore, dell’onore, della vita che non è riducibile ad altro. Contro i serbi un’armata, potente e invincibile per logistica, capacità e intensità di fuoco. Fragile, in realtà, in decadenza, senza terra sotto i piedi.
Non sono anti-americano, tutt’altro, li ammiro per le dimostrazioni di valore in un difficile ruolo che non possono non sostenere. Ma non è questo il caso. Coraggio uomini e donne di Serbia, impastati d’anima e sangue, uomini e donne liberi e fieri, può capitare che oggi sia una buona giornata per morire. A noi restano da pagare le rate dell’assicurazione, squillano i telefonini, qualche preoccupazione di borsa e - " Pronto? Sì, hai sentito, non ci rovineranno mica le vacanze?" Di tutti noi io ho vergogna.

Lindo Ferretti

 

Stiamo con tutti

Perché oggi stiamo anche dalla parte di Croati, Bosniaci ed Albanesi del Kosovo
Con orgoglio e determinazione intendiamo rispondere all’articolo pubblicato da Giovanni Lindo Ferretti su Ultime Notizie Reggio di sabato scorso.
Orgoglio di non riconoscerci in quegli europei "Educati civili, sterili e igienici, destinati all’ingrasso, alle diete, alla produzione, al consuma e crepa".
Determinazione nel ribadire che nell’Emilia Romagna ed in Italia, altri cittadini possono e sanno esprimere idee diverse da quelle espresse da Ferretti, a cui uniscono un impegno di energie proprio di chi "serba nel cuore altre legittimità" rispetto all’attuale situazione nella penisola balcanica. Per questo abbiamo appena fondato A.D.A. l’Associazione Danubio Adriatico, che per l’esperienza dei suoi membri in questa parte di pianeta, intende sviluppare progetti di scambio ed approfondimento culturale con l’area dell’ex Jugoslavia e non solo. Pensiamo che l’esplodere del conflitto nel Kosovo e nella ex Jugoslavia sia da ricondurre ad un complesso di fattori, sviluppatisi attraverso una profonda crisi politica ed economica, che negli anni ottanta è sfociata in un esasperante nazionalismo delle Repubbliche appartenenti alla Federazione della ex Jugoslavia, unitamente a forti pressioni esercitate dagli interessi economici di alcuni paesi occidentali (non ultimo il commercio delle armi).
Come esempio esplicativo ricordiamo il Memorandum dell’Accademia delle Scienze e delle Arti di Belgrado pubblicato sul quotidiano Vecernje Novosti il 24-9-1986, dove veniva esaltato "il popolo celeste", che divenne presto il manifesto per la creazione della Grande Serbia. Molti dirigenti socialisti della ex-Jugoslavia condannarono questo documento, ma non il futuro presidente serbo Slobodan Milosevic.
Nell’articolo pubblicato, il rocker reggiano giudica aspramente i paesi coinvolti nella catastrofe della ex-Jugoslavia: così i croati diventano i peggiori della guerra ed i bosniaci "nel ruolo imposto-accettato (?) di vittime sacrificali, addirittura insopportabili."
Ma i cattivi non sono mai da un’ unica parte.
Nella stessa Serbia coesistono forze umane ed intellettuali di grande spessore (solo a titolo di esempio citiamo i giornalisti belgradesi Stojan Cerovic, Mirjana Tomic e Milos Vasic) , forze spesso perseguitate ed imprigionate esclusivamente per le loro idee, a cui si affiancano foschi criminali di guerra (come il comandante Zeliko Raznjatovic detto "Arkan" ex ultras della squadra di calcio Stella Rossa di Belgrado).
Esempi altrettanto contraddittori possono essere fatti per la realtà Croata e Bosniaca.
Ma il cantante del Consorzio Suonatori Indipendenti diventa involontariamente comico quando ci informa che "Non (lo) spaventa più la guerra".
Allora evidentemente sono la complessità e la profondità di giudizio i grandi assenti dall’articolo a cui vogliamo rispondere. Non è poca cosa.
Questo fustigatore delle democrazie occidentali, prima di sostenere che i serbi sono "uomini e donne liberi e fieri", dovrebbe considerare con un pizzico di attenzione la situazione dei serbi dissidenti, ed i rapporti di Amnesty International in proposito perché nei fatti il governo serbo è assimilabile ad una dittatura.
A noi l’articolo di Ferretti è parso criticabile più che per i contenuti (comunque discutibili, vedi l’assimilazione dell’etnia albanese del Kosovo ai cinesi invasori del Tibet), in particolare per il metodo con cui si è voluta stendere un’analisi superficiale. Ne è scaturita una zuppa indigesta in cui navigano frammenti ossidati di Mishima e rimasugli rosicchiati di Marinetti, si veda in particolare dove la rockstar reggiana scrive "Coraggio uomini e donne di Serbia impastati di anima e sangue, uomini e donne liberi e fieri, può capitare che oggi sia una buona giornata per morire".
Viene da chiedersi di cosa siano "impastati" gli uomini e le donne degli altri paesi.
Viene anche da chiedersi che cosa se ne fanno gli uomini e le donne di Serbia, dell’esortazione dell’Angelo Nero di Cerreto Alpi: "Oggi è una buona giornata per morire".
Qui ci si vuole evidentemente buttare a peso morto dalla parte dei "cattivi", usando frasi ottime per una canzone ma pessime per un articolo. Ma noi, signor Giovanni, sapevamo già che i serbi non sono cattivi, così come sappiamo che i Croati non sono peggiori ed i Bosniaci non sono insopportabili...
Però stupisce che Lei non trovi una parola di compassione e comprensione (tanto per citare un gruppo della sua scuderia) per chi ha perso tutto, per i profughi del Kosovo, per chi fugge da quello che, Lei ci informa, non La spaventa, ma che evidentemente spaventa un enorme massa di umani.
A noi interessa adesso aprire un dibattito e coinvolgere proprio loro, i nostri comuni amici, bosniaci, serbi, croati ed albanesi, mostrare loro il suo intervento, la nostra risposta e continuare a discutere. Siamo infatti un’associazione culturale e le idee ci interessano.

per l’Associazione Danubio Adriatico Rosy Nardone, Valeria Pisi, Ilaria Parisini, Milorad Sepic, Enrico Marani, Giorgio Cavazzuti, Carminio Gambacorta, Francesco Gobetti, Eugenio Morlini,
come semplici cittadini
Valeria Melioli, Andrea Landini, Marco Zanichelli, Anna Rovacchi, Marco Denti

A.D.A
Associazione Danubio Adriatico
tel-fax 0522-321218
e-mail : iperst@tin.it
Reggio Emilia

 

Perché tanti "pacifisti"...

Note di guerra: con la presente intendiamo, in questi giorni di guerra in Kosovo e in Serbia, che speriamo al più presto volgere al termine, ribadire, se ce ne fosse bisogno, la nostra posizione antimilitarista, antistatale e antiautoritaria. Contrari alla risoluzione armata dei conflitti, contrari agli stati, a tutti gli stati, e agli eserciti, a tutti gli eserciti, che degli stati e dei lori interessi politici e economici sono i gendarmi, contrari all’economia di rapina, di saccheggio, agli imperialismi e ai nazionalismi, alle patrie grandi e piccole, siamo perciò naturalmente contrari ai bombardamenti Nato di questi giorni, che non risolveranno i conflitti del Kosovo e che serviranno solo a rinfocolare, come se ce ne fosse bisogno, gli odi etnici e nazionalistici delle tormentate regioni balcaniche.
La logica dei due pesi e delle due misure (perché in Serbia e non in Turchia?) guida l’azione militare degli Stati Uniti e dei loro vassalli, una "logica" di guerra e di dominio planetario che necessita di nemici su cui scaricare e sperimentare la propria copiosa produzione militare.
Conquista di mercati economici, imperialismo militare, creazione e manipolazione del consenso per sviare l’attenzione della società dai problemi interni e dai conflitti di classe e di potere nel nome di un falso e interclassistico nazionalismo e di valori come libertà e democrazia che mai come oggi appaiono vuoti enunciati retorici... questi i veri motivi dei bombardamenti di questi giorni secondo il nostro punto di vista, questi i veri motivi di questa come di altre guerre.
Ma se denunciamo, come molti in questi giorni, i bombardamenti NATO perché utili non a detronizzare Milosevic (come ammesso dalle stesse alte gerarchie militari NATO) bensì a fomentare ulteriore caos nei Balcani, condanniamo, se possibile con ancora più forza e fermezza, il regime autocratico di Milosevic e della sua cricca di generali guerrafondai, veloci in questi anni nel passare dalla vetusta e fallimentare ideologia comunista al becero nazionalismo etnico, trasformismo ideologico con il quale sono riusciti a rimanere saldamente al potere.
La repressione spietata del popolo abanese (e non solo dei presunti "terroristi" dell’UCK), la pulizia etnica, non possono meritare nessuna giustificazione né comprensione. Il primo responsabile di questa guerra è Milosevic, e ci piacerebbe che molti pacifisti e antiimperialisti nostrani scendessero in piazza non solo quando a massacrare sono gli americani. Molti popoli subiscono repressioni indicibili e inenarrabili, molti regimi sono responsabili di repressioni e violazioni di diritti umani (che dire della Cuba comunista di Fidel Castro, della Cina e del genocidio del popolo tibetano, del totalitarismo rosso nella Corea del nord, delle repressioni di regimi autoritari in Africa, in Iran, ecc.?), ma una (gran) parte della sinistra si indigna, unilateralmente e faziosamente, solo per i massacri a stelle e strisce.

Circolo Libertario Carlo Pisacane
Biblioteca Sociale Tullio Francescato
(Bassano del Grappa)

 

 

Le bombe di Daniel

Lettera aperta a Daniel Cohn-Bendit da un libertario che non ha barattato le sue convinzioni con una bella carriera politica

Sono venuto domenica 18 aprile al meeting organizzato al Trianon dai Verdi del 18° arrondissement di Parigi. Volevo capire meglio il vostro punto di vista ed il vostro modo di funzionare e, eventualmente, esprimere la mia opinione, come si faceva una volta nelle riunioni elettorali. In effetti ho capito varie cose.
Alcuni dirigenti si sono espressi su una serie di questioni sulle quali tra i Verdi non ci si strappa i capelli da tempo, come la partecipazione dei giovani, il traffico urbano, l’ostilità nei confronti delle auto e del nucleare, le critiche ai maneggi del comune di Parigi, la liberalizzazione delle droghe leggere.
Ma quando si è cominciato parlare della guerra in Jugoslavia - e quando è stato letto il comunicato che sintetizzava la posizione adottata in mattinata dal Comitato Nazionale dei Verdi - alcune contestazioni si sono rapidamente manifestate nella sala. Tutti a quel punto attendevano la star della serata e le sue spiegazioni. Le nostre aspettative non sono state deluse. Raramente ho sentito un discorso disonesto come il tuo, nonostante che in questi ultimi tempi la materia non fosse certo mancata.
Tu hai presentato l’intervento NATO come una necessità assoluta per salvare il popolo del Kosovo dalla pulizia etnica, dicendo che aveva tardato troppo. Hai ricordato Hitler, Auschwitz, la seconda guerra mondiale. Hai detto che occorre battersi per un Kosovo multietnico, proteggendo in seguito la minoranza serba che vi risiede e continuerà a risiedervi in futuro e che per questo è necessario un intervento militare di terra.
Chi si oppone a questa logica è stato messo sullo stesso piano dei rinunciatari di Monaco ed più generalmente archiviato nella rubrica "veterocomunisti". Ma quando ci sono state delle contestazioni nella sala, tu hai capito bene da che sponda venivano le critiche e, dopo aver detto "potrete rispondere in seguito", per calmare gli animi, tu e i dirigenti del tuo partito, vi siete ben guardati dal dare la parola anche a una sola delle voci che chiedevano di esprimersi. Ma perché sporcare l’immagine di tolleranza dei Verdi in un contesto del genere? La posta doveva essere alta! In effetti voi avete incollato i vari pezzi nella mattinata, avete messo il partito allineato e coperto in ordine di battaglia e ogni intervento che poteva mettere in discussione questa bella unità era da scartare. Mentre a parole criticavate i veterocomunisti, mettevate in pratica i vecchi metodi dell’epoca d’oro del PC, dove le maggioranze erano acquisite al 99,99% e qualsiasi voce dissonante espulsa. I verdi sono un partito giovane, ma le vecchie pratiche riemergono presto.
Quel che succede in Kosovo non è il prodotto del caso; tu hai citato il piano di pulizia etnica, steso dall’accademia delle scienze di Belgrado, e la determinazione di Milosevic a metterlo in pratica per un decennio, e ovviamente non hai taciuto le responsabilità dello stato croato nella propria pulizia etnica. Lo hai paragonato a Hitler, che ha fatto quel che aveva scritto in Mein Kampf. Hai parlato dei rinunciatari di Monaco che osano esprimere dubbi sugli scopi umanitari dei bombardamenti della NATO. Hai detto: siamo tutti responsabili.
Condivido il tuo orrore per quel che succede in Kosovo e per quel che è successo in Jugoslavia da dieci anni. Ma sono in disaccordo totale col resto della tua analisi.
In primo luogo credo che per capire quel che sta succedendo, non è nella seconda guerra mondiale che bisogna cercare degli antecedenti ma in quella che l’ha preceduta e determinata - la prima - quando inizia la spartizione degli imperi multinazionali a beneficio degli stati nazionali che proliferano dappertutto in Europa. La pulizia etnica non fa che spingere alle estreme conseguenze la logica strutturalmente perversa dello stato-nazione che, più che da qualsiasi altra parte, mostra i propri limiti nei Balcani, dove i popoli si sono mescolati per secoli. Le grandi potenze avevano all’epoca accettato delle soluzioni di compromesso; il loro comportamento degli ultimi dieci anni porta piuttosto a ritenere che accettano oggi la soluzione del raggruppamento etnico come un male minore per poter tenere la situazione sotto controllo.
Secondo appunto: saremmo tutti responsabili. Tu sai perfettamente che non siamo responsabili di quel che i nostri rispettivi stati stanno facendo. Nessuno ha chiesto il nostro parere sulle questioni di fondo della società (avrebbero piuttosto tendenza a menarci quando si cerca di darlo), sia che si tratti del nucleare, dei trasporti, delle privatizzazioni dei servizi pubblici, o del salvataggio delle banche sull’orlo del fallimento. A maggior ragione, non viene chiesto il nostro parere - come pure ai parlamenti nazionali - su una guerra che continua a restare non dichiarata. Quel che ci viene chiesto è di schierarci "dalla parte giusta".
Ora, di fronte alla propaganda serba come a quella degli stati occidentali, la sola cosa pertinente che noi possiamo concretamente fare, è di non soccombere all’entusiasmo guerraiolo, è di restare lucidi, di denunciare quelli che cercano di ingannarci.
Ed è di inganno che si tratta, per esempio quando tu racconti che occorre battersi per un "Kosovo multietnico, dove la minoranza serba sarà protetta".
Tu sai perfettamente che gli obiettivi di Rambouillet (l’autonomia del Kosovo) erano un diversivo. Tu sai perfettamente che la pulizia attuale non fa che continuare e completare quella già effettuata in Slovenia, Croazia, Republika Srpska, Herceg-Bozna o nella Repubblica Bosniaca musulmana, dove popolazioni fortemente miste hanno lasciato il posto a mini-stati "puri" all’80-90%. Per dieci anni gli specialisti della questione non hanno smesso di dire che in Croazia, in Bosnia, era orribile, ma che nel Kosovo sarebbe stato molto peggio. Che hanno fatto gli stati occidentali - che oggi pretendono di arruolarci come ausiliari - per aiutare Rugova, per sostenere l’opposizione e gli studenti che si battevano a Belgrado o il grande movimento serbo di diserzione di fronte alla guerra?
Tu sai perfettamente che i bombardamenti della NATO non hanno minimamente lo scopo di proteggere la popolazione albanese del Kosovo ma di mostrare che l’Occidente è capace di battere il pugno sul tavolo, di imporre la propria legge, e che il loro effetto pratico è stato da un lato di accelerare il movimento di espulsione e dall’altro di destabilizzare ogni opposizione interna.
Tu sai perfettamente che la possibilità di una vita in comune degli albanesi e dei serbi nel Kosovo oggi non è più né un progetto né un sogno ma storia antica: l’alternativa sul tappeto è ormai tra un protettorato NATO e la separazione di entità territoriali etnicamente ripulite e/o indipendenti, con tutte le possibili conseguenze di ricomposizione di una grande Albania e di propagazione della guerra ai paesi che sono rimasti finora in disparte.
Tu sai perfettamente che non ha nessun senso dare un assegno in bianco agli stessi stati e agli stessi politicanti che per dieci anni hanno evitato di fare qualcosa per impedire questa ridefinizione etnica e geografica.
Tu sai perfettamente che nessun cittadino di base ha il potere di decidere qualcosa. Che la scelta non è tra l’impotenza e il sostegno alla NATO: l’impotenza non si sceglie. Al più si può onestamente riconoscerla invece di schierarsi dietro gli argomenti della propaganda filoserba o filoccidentale. Ci sono anche quelli che giocano a fare la mosca cocchiera (o del convoglio militare, nel nostro caso), ma è un ruolo riservato alle star e non ai comuni mortali.
Quando tu dici che bisogna che la Francia cominci ad accogliere i disertori serbi, dimentichi che la stessa Francia durante dieci anni li ha espulsi e rimandati a casa loro.
I cittadini di base hanno capito che la diffidenza nei confronti degli stati era di rigore, se no come si può spiegare che mentre Jospin rifiutava l’ingresso dei rifugiati del Kosovo, 300.000 persone si siano offerte di accoglierne a casa loro?
Un’altra posta in gioco poco confessata di questa guerra è la costituzione di un nazionalismo europeo che sia capace di tener testa agli americani, e non è necessariamente nel vecchio e pietoso "roduciamo francese" di quel che resta del PC che lo si può rintracciare. I portabandiera di questo nuovo nazionalismo, è spesso nei ranghi della sinistra multicolore che governa la quasi totalità dei paesi europei che oggi bisogna cercarli.
Ne approfitto infine per mettere il dito su un altro amalgama che tu hai fatto sulla stampa e che ai giorni nostri tenta più di un ideologo "umanitario": l’accostamento tra la rivoluzione spagnola e la guerra scatenata dai nazionalismi post-jugoslavi. Ora, a parte il fatto che è una guerra, che ci sono profughi, deportati, paura, miseria, sofferenze, prevaricazioni contro i civili, come in tutte le guerre, non c’è veramente niente in comune con la guerra civile spagnola. Né il contesto internazionale, né le forze in campo, né i motivi politici, sociali, economici, ideali. Non c’è niente che lega il tentativo di opporsi - attraverso una rivoluzione sociale - al fascismo internazionale che sta dilagando e prepara una guerra mondiale, da una parte, col riciclarsi della burocrazia jugoslava in vari gruppi dirigenti nazionalisti, che in Bosnia non hanno esitato ad allearsi fra loro per marginalizzare i cosiddetti "partiti della cittadinanza", partigiani dell’unità multietnica, dall’altra. La propaganda della NATO non ha niente a che spartire con la rivoluzione spagnola. Purtroppo oggi non ha più niente da vedere neanche con la preservazione della mutietnicità nei Balcani.

Gianni Carrozza

 

 

Non ho portato "A" in edicola perché...

Scusate compagni,
ma non ho ritenuto opportuno portare all’edicola il numero 253 di "Rivista anarchica", per questi motivi: l’intervista di Carlo Ghirardato ad Antonio Russo mi pare superata dai fatti dato che l’Italia, nonostante i suoi interessi in Jugoslavia, partecipa alla guerra; da quando ho visto Pannella, nell’estate 1991, arringare i componenti della polizia croata a combattere contro "Belgrado", senza citare le responsabilità del regime cattolico e nazionalista che governa la Croazia, nella tragedia che scuote i Balcani, ho seguito tali fatti con attenzione particolare. Le dichiarazioni di Antonio Russo sono fatte dal punto di vista Albanese, senz’altro da conoscere ma da integrare con altri punti di vista. Più studio la realtà di questi popoli, più mi rendo conto dei complessi intrecci di interessi che vi sono, e che hanno causato guerre e stragi da parte di tutti: serbi e albanesi, per fare solo due esempi, hanno avuto e tuttora hanno le loro diaspore. Se è vero che l’Italia ha forti interessi economici e commerciali con la Jugoslavia è altrettanto vero che l’Albania è una sorta di protettorato non ufficiale ma di fatto dell’Italia (che controlla le forze armate, i corpi di polizia , i forti, che investe in Albania perché paga gli operai a meno di 100.000 lire al mese!). Ma la cosa che più mi ha reso perplesso è stato l’apprendere dei contati tra SISMI (proprio lui) e Antonio Russo: a pagina 190 di Televideo RAI 2 mercoledì 31 Marzo, ore 23:26 1999 V° schermata, orario della notizia 17:43, c’era scritto: Scognamiglio rassicura Antonio Russo. "Secondo il SISMI, la situazione relativa al giornalista di Radio Radicale, Antonio Russo, è per il momento, sotto controllo". Lo ha detto il Ministro della Difesa, Scognamiglio alle Commissioni Difesa Esteri della Camera. Russo si trova a Pristina ed è l’unico giornalista dei paesi Nato in Kosovo. "Stamani alle 8:30 - ha detto il ministro - vi è stato l’ultimo contatto russo con le nostre autorità di sicurezza, cioè il SISMI. Nella circostanza gli è stato suggerito di diradare i contatti per ragioni di sicurezza".
Sarà una paranoia, ma la politica filo-croata ed antiserba, anzi, antijugoslava, di Pannella, le contestazioni fatte alla Bonino di non interessarsi in modo adeguato, senz’altro di meno che i profughi Bosniaci, ai profughi serbi (la Bonino è il commissario europeo per i rifugiati, nominata a quella carica dal governo Berlusconi, Pannella, Fini), le dichiarazioni di questi esponenti del partito Radicale (Pannella e Bonino) a favore degli interventi militari e di un esercito europeo amico di ..., le testimonianze di miei amici che sono stati al confine jugo/albanese e che mi hanno detto l’abbandono in cui si trovano i profughi del Kosovo in nome del quale si dice sia fatta questa guerra umanitaria (io sono una bestia) e che in realtà sono abbandonati alla loro sorte, mi rendono diffidente, tanto più che questi miei amici sono fotoreporter indipendenti e non mi hanno parlato di particolari attenzioni che il SISMI presta loro.
Speriamo di chiarirci. Ciao

Aldo Tosi

 

Quando Carlo Ghirardato ci ha inviato l’intervista da lui fatta, in febbraio, al suo amico Antonio Russo (a noi allora del tutto sconosciuto), noi decidemmo di pubblicarla sul primo numero possibile (quello di aprile, marzo essendo già completo) nonostante qualche perplessità sulla marcata "tendenziosità" antiserba. Accanto a tesi discutibili, conteneva anche informazioni interessanti. Poi è scoppiata la guerra: di fronte al precipitare degli eventi, è emersa l’insufficienza - sul numero di aprile - della sola pubblicazione dell’intervista a Russo, per affrontare la questione bellica. Quello che doveva essere solo un contributo per comprendere l’intricata questione balcanica (e come tale presentato nel sommarietto precedente l’intervista) diventava improvvisamente l’unico articolo su "A" sull’argomento. Le perplessità iniziali hanno trovato ben altro fondamento. Dopo, però.
Antonio Russo - ultimo giornalista italiano a lasciare il Kosovo - poi, è diventato un personaggio pubblico, prima perché si temeva per la sua sorte, poi per l’intensa presenza sui media, ecc.. Sono saltati fuori anche quei contatti con i servizi segreti militari. Dopo, appunto.
Un’ultima considerazione. La diffusione - e, di conseguenza, la sospensione (anche momentanea) - della rivista è una scelta volontaria, che non può essere sindacata da altri (tantomeno da noi).

La redazione

 

 

Se gli elefanti volano...

Errare è umano, perseverare è NATO. Questa potrebbe essere la variante di un antico adagio, che molto spesso viene ripetuto.
Il vecchio adagio ci fa capire che uno sbaglio può essere considerato un errore, mentre la reiterazione dello stesso è ritenuto premeditazione.
Nella nuova versione invece, quella che ci viene quotidianamente fornita dai mass-media, la NATO può continuare a sbagliare all’infinito senza che una voce rilevi un minimo di premeditazione nei suoi ripetuti errori, a meno che l’obiettivo dell’errore non sia una struttura dei mass-media del nemico, allora in questo caso scatta lo spirito corporativo e qualche critica comincia ad arrivare anche dai supporter più sbracati della jihad nordatlantica contro Milosevic.
Chiaro che, in periodi di "crolli delle ideologie" (quelle di sinistra, perché quelle di destra, e quelle religiose, sono ancora vive e vegete ed anche piuttosto aggressive) come l’attuale, non si può scartare a priori che la NATO sia in buona fede, così come non si può scartare a priori che gli asini possano volare, non avendo ancora nessuno dimostrato il contrario.
D’altra parte non si può nemmeno, per puro spirito d’equità, scartare a priori che tutte le atrocità che hanno commesso, e commettono, le forze armate e i corpi paramilitari serbi in Kosovo siano errori, allo stesso modo in cui non si può scartare a priori che anche gli elefanti, magari con qualche difficoltà in più, possano svolazzare lievi come farfalle.
Forse è veramente impossibile che asini ed elefanti volino, a meno che non si riescano a far entrare dentro uno Stealth.
Forse l’errore più diabolico è sempre stato, è e sarà sempre quell’estrema forma d’aggressione, che la maggior parte degli individui sembra accettare con un senso d’ineluttabilità, come se si trattasse di una calamità naturale, e nota con il nome di guerra, essendo i bombardamenti a tappeto, come le pulizie etniche e le soluzioni finali altrettante mostruose creature di tanta orribile madre.

Patrizio Biagi