Globalizzare le reti
Fra il 14 ed il 16 settembre si è tenuto a Toronto,
Canada, qualcosa di più di un convegno di intellettuali
che si occupano di città e territorio.
Lorganizzazione è dellINURA, International Network
for Urban Research and Action, fondato in Svizzera nel 1991
con lo scopo di favorire le interazioni fra movimenti sociali,
urbani e ambientali e ricerca ed analisi teorica, collegando
conoscenza teorica e pratica. Gli iscritti sono 150, quasi tutti
hanno fatto parte di movimenti di lotta, comunisti, anarchici,
libertari, e provengono da 25 paesi: Italia, Svizzera, Paesi
Bassi, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Danimarca, Polonia,
Canada, Estonia, Finlandia, Grecia, Kenia, Nigeria, Austria,
India, Malaysia, Norvegia, Ungheria, Germania, Inghilterra,
Messico, Stati Uniti, Brasile. Malgrado siano vissuti in luoghi
diversi condividono una stessa cultura che li ha fatti da subito
accordare sui principi fondatori: "resistere agli effetti
negativi della globalizzazione e al processo di polarizzazione
dei redditi e della qualità dellambiente; impegnarsi
a favorire lappropriazione di potere di autogestione della
popolazione nei quartieri, comunità, città e regioni;
mettersi in rapporto con lotte sulla casa, occupazione e ambiente".
Molte delle città dove vivono i soci si trovano ad affrontare
limpatto di forze economiche, sociali ed ambientali simili,
e i membri di INURA condividono la consapevolezza che sono necessarie
lotte contro il neoliberismo rampante e contro i governi che
lavorano alla riduzione progressiva dei diritti delle classi
e dei settori sociali subalterni. La rete comprende attivisti
e ricercatori di gruppi politico-sociali, università,
governi locali che utilizzano molteplici metodi di ricerca,
interazione, comunicazione, disseminazione di informazioni,
incluso il lavoro teorico, la produzione mediatica, i documenti
politici, i dibattiti e le storie di esperienze urbane. Ne fanno
parte: occupanti di case e di terre come lorganizzazione britannica
The land is ours (la terra è nostra), o il collettivo
Exodus di Luton, ex appartenti al movimento di occupazione
di case di Zurigo degli anni 80 e ai circoli giovanili italiani
del 1977, i docenti del gruppo di Alberto Magnaghi di Firenze,
attivisti di molte lotte dei residenti a Londra contro gli sviluppi
immobiliari con la parola dordine There is another way
(si può fare in un altro modo).
Lincontro internazionale di Toronto "La città
diversa. Sostenere e governare la città multiculturale"
ha discusso la prassi del dissenso e di resistenza nel mondo
globale con contributi su Messico, Svizzera e Germania, Londra,
Toronto ed ha analizzato i conflitti e le contraddizioni della
ristrutturazione del territorio regionale ed urbano in America
ed in Europa espressa attraverso i centri di produzione globalizzata
postfordista e gli spazi di consumo neofordista. Le tavole rotonde
su ecologia urbana; politiche del lavoro e occupazione; senza
casa, povertà, discriminazione ed esclusione; esperienze
degli immigrati e dei nativi americani, hanno radunato sia studiosi
che appartenenti a sindacati, organizzazioni, gruppi politico-
sociali. Fra i temi dibattuti lintreccio fra lavoro riproduttivo
non retribuito e lavoro produttivo in relazione ai mutamenti
in corso ed auspicabili nei ruoli di genere e la riduzione e
redistribuzione dellorario di lavoro. Il gruppo "32 ore"
di Toronto, sostiene il diritto a un lavoro retribuito in modo
equo, al tempo libero, per la famiglia, la comunità e
per se stessi, in modo da risolvere sia i problemi dei disoccupati
che di chi lavora troppo, senza escludere dal computo il lavoro
riproduttivo. Cito solo due dei tanti esempi presentati di sindacalismo
o attivismo "di frontiera": lUnione degli occupati
negli alberghi e nei ristoranti di Toronto, che ha condotto
efficaci forme di lotte per la qualità del lavoro e i
diritti dei lavoratori, e i "movimenti multirazziali, ambientali
e per la giustizia sociale" contro le forze del mercato
capitalistico di Los Angeles che si avvale dei mezzi di trasporto
pubblici come luoghi di aggregazione politica.
INURA che intende lasciare un proprio segno nei luoghi dove
svolge i propri incontri, per contrastare la recente candidatura
di Toronto per i giochi olimpici, ha organizzato il 15 settembre,
come parte del convegno, lincontro "Sogni Olimpici o incubi
urbani, forum su mega progetti e resistenza", in collaborazione
con il gruppo locale Bread not circuses coalition (coalizione
pane non circhi) ed il Metro network for social justice
(La rete metropolitana per la giustizia sociale). Durante questo
incontro si è affermato che mentre tutti pagano i costi
delle olimpiadi, i benefici sono sempre solo di alcuni. Lesperienza
insegna: sono aumentati i prezzi delle abitazioni a Seul, Barcellona
ed Atlanta con conseguente espulsione delle classi a basso reddito,
ad Atlanta ai senza casa è stato pagato un biglietto
di sola andata, per liberarsi del problema. A Nagano, Giappone,
i beneficiari sono stati i proprietari fondiari più ricchi.
INURA ci ricorda che al di là delle retoriche giustificatorie
sui nuovi posti di lavoro e i vantaggi per tutti, la pratica
dei costi socializzati e dei profitti privatizzati non è
proprio morta, né in Italia né altrove. Ma neppure
la resistenza.
INURA questanno ha pubblicato (e autoprodotto) il suo primo
libro collettivo: Possible urban worlds nel quale gruppi
di azione urbana ed intellettuali che producono teoria sulla
città, presentano una compilazione di molteplici esperienze
pratiche ed analisi teoriche sulle questioni urbane più
pressanti. Questo testo esplora alcuni scenari urbani possibili
alla fine del ventesimo secolo per individuare possibili strategie
comuni fra comunità di città differenti. Il libro
oscilla fra esperienze urbane concrete e considerazioni teoriche,
assembla contributi di accademici noti (David Harvey, Saskia
Sassen, Margit Mayer) ed alcuni gruppi e progetti di movimenti
urbani fra i più innovativi (fra cui i centri sociali
italiani, il collettivo Exodus le occupazioni di terre
e di case The land is ours...). La nostra convinzione
è che queste esperienze, oltre alla loro rilevanza locale
e storica, aprano la strada ad una vita urbana solidale, democratica
e sostenibile. I contributi sono presentati in una formato grande
con molte illustrazioni. È un libro interessante non
solo per intellettuali accademici ed attivisti, ma anche per
chiunque sia interessato alle trasformazioni urbane che caratterizzano
la fine del ventesimo secolo.
Il libro è il risultato della settima conferenza
di INURA Possible Urban Worlds tenuta a Zurigo nel giugno
1997 e continua il dibattito sulle nuove concezioni di azione
locale e su nuove idee per solidarietà, città
democratiche e sostenibili, che sta proseguendo da anni fra
le persone con backgrounds sociali e professionali diversi
che si sono messi insieme nellINURA. Questa rete ha sviluppato
una profonda mutua capacità di comprensione fra i suoi
membri che si sforzano sempre di collegare conoscenza teorica
e pratica in un comune atto di apprendimento.
Per ordinare il libro, che è in inglese, si può
scrivere a Birkhauser Verlag P.O. Box 133 CH-4010 Basel/Svizzera
o inviare una mail a: orders@birkhauser.ch
o mandare un fax al 0041/61/2050792;
oppure guardare nel sito http://www.birkhauser.ch.
Chi volesse associarsi ad INURA può scrivere alla
sede svizzera INURA Nordstrasse 151 CH 8037 Zurich Svizzera
o inviare una mail a: wolff@geo.umnw.ethz.ch
Marvi Maggio
socia e fondatrice dellINURA
Rovistando nella spazzatura
Nel fare zapping la sera del 28 aprile, mi è capitato
di vedere, sullemittente televisiva milanese Sei Milano, qualche
minuto di un programma dedicato al periodo della Resistenza.
Il conduttore, di cui mi sfugge il nome, per introdurre
lospite del programma, un certo Caprara (non ricordo se Luciano
o Massimo, o nessuno dei due) che fu a suo tempo segretario
del Migliore (in arte Togliatti), ha citato, tra laltro, una
frase ascritta a Gramsci: la verità è rivoluzionaria!
A dimostrazione di questo roboante slogan il Caprara è
risalito, nel suo intervento, alla guerra di Spagna e in questo
contesto ha citato, tra i massacrati dogni sorta, anche gli
anarchici. Fin qui nulla da eccepire, anzi.
La cosa curiosa però è che il Caprara, spacciato
per storico giornalista studioso e quantaltro, nonché
alabardiere della verità (con la v maiuscola) più
o meno rivoluzionaria, ha menzionato in particolare luccisione
di "Andrés Nin capo del partito anarchico".
Ora, non è che io voglia definire il Caprara un pressappochista,
ma mi sembra che imbroccare tre baggianate di fila in una sola
frase, sia di fatto poco professionale anche per uno con gli
accrediti di cui egli sembra godere.
Dico questo perché, sebbene io non sia uno storico,
so che Andrés Nin era uno dei dirigenti più in
vista del POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista),
un piccolo partito comunista, non stalinista, i cui riferimenti
politici erano, ovviamente, nel marxismo e non nellanarchismo!
Piccola differenza che il Caprara dovrebbe conoscere bene avendo
militato in un partito comunista stalinista!! Questa è
la prima.
So, pur non essendo uno studioso, che gli anarchici spagnoli
non ebbero capi nel senso politico o partitico del termine.
Vi furono degli esponenti anarchici di spicco come la Montseny,
Oliver, Santillan Durruti, ecc.; oppure vi furono, durante la
rivoluzione, responsabili militari come lo stesso Durruti, Ascaso,
Mera, Ortiz, ecc. Non vi furono capi nel senso che a questa
parola sì da. Questa è la seconda.
So, pur non essendo giornalista, che gli anarchici spagnoli
non furono mai organizzati in nessun partito inteso nel senso
comune del termine. Si organizzarono in un sindacato (CNT) e
in unorganizzazione specifica (FAI), ma non ebbero mai un partito.
Questa è la terza.
La riflessione che mi è venuta spontanea, in quei
pochi minuti di trasmissione che ho visto, è che mi pare
ci sia oggi una forte tendenza a far prendere aria ai denti
e che la verità, che si pretende rivoluzionaria un minuto
prima, non lo è più un minuto dopo, annegata nel
racconto di fatti e circostanze che non si conoscono e che,
per pigrizia mentale o per vizio culturale, non si vogliono
neppure conoscere.
Patrizio Biagi
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