Rivista Anarchica Online


Non solo grandi Maestri
di Fernanda Hrelia

 

Argentina, Bolivia, Brasile, Cuba, ecc.: cronache da un festival aperto anche alle voci giovani e poco conosciute della filmografia latino-americana.

"La cultura europea ha bisogno di quella latinoamericana; ne subisce il fascino e l’influenza forse perché i Latinoamericani non hanno ancora perso la capacità di raccontare", così spiega in sintesi almeno parte dell’interesse e del successo della letteratura latinoamericana, Luis Sepulveda inaugurando il XIII Festival del Cinema Latino Americano, al quale lo scrittore cileno ha partecipato come presidente della giuria.
La presenza di Sepulveda, che da alcuni anni è molto conosciuto e apprezzato anche in Italia, non ha avuto solo il senso di richiamare - giustamente - l’attenzione su una manifestazione che presenta una cinematografia straordinaria sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo; gemellando il Festival del Cinema Latino Americano al Salone del Libro Iberoamericano, che si tiene nella città spagnola di Gijun e di cui Sepulveda è stato il creatore, si è dimostrata la volontà di coordinare le iniziative sull’America Latina in Europa in un unico progetto di approfondimento delle tematiche e di presentazione delle molteplici voci e espressioni della cultura latinoamericana al di là degli stereotipi e delle mode del momento.
Il Festival del Cinema Latino Americano, che negli ultimi otto anni si svolge a Trieste e che è organizzato dall’Associazione per la Promozione della Cultura Latino Americana in Italia (APCLAI) che ha sede a Venezia, si sta confermando come la più significativa manifestazione europea su quanto l’America Latina elabora, progetta, realizza e propone con le immagini; da quest’anno si sta sviluppando la possibilità di presentare almeno parte del materiale filmico anche in altre città d’Italia, come Milano, Roma, Torino, Verona e in Liguria. Grazie agli sforzi che permettono ogni anno questo festival, il cinema dell’America Latina sta guadagnando spazio; per la seconda volta, anche quest’anno è stato presente al Mifed di Milano, vale a dire uno dei più importanti mercati dell’audiovisivo.
Il Festival si articola in diverse sezioni; ci sono pellicole in concorso, una "Sezione Informativa", gli "Eventi Speciali", rassegne a tema (su un autore, documenti di storia del cinema di un paese, retrospettive, documentari, cortometraggi); uno spazio a parte è dedicato alla produzione in video, divisa anche questa in diverse sezioni che vanno dal documentario (come la sezione "Amerindia", viaggio in fotogrammi nel variegato mondo etnico e popolare del continente) alle esperienze più sperimentali dei giovani "film makers" (come gli argentini Pablo Milstein e Javier Rubel, autori del documentario "Malajunta" nel 1996, una riflessione dei giovani di oggi su quello che è stata la dittatura a trent’anni dal golpe militare, o Pablo Reyero che ha vinto il 1° Premio nell’edizione del ‘97 con il documentario "Darsena Sur"), ai filmati sui progetti di cooperazione delle Organizzazioni Non Governative, alle testimonianze audiovisive dei latinoamericani che vivono negli U.S.A., ai serial televisivi, ai video dedicati alla letteratura e alla musica.
Il Festival non è solo l’occasione per il pubblico italiano di conoscere un cinema poco noto; anche a un latinoamericano questa manifestazione offre l’opportunità di vedere ciò che creano in campo cinematografico i vari paesi, vicini geograficamente e culturalmente, eppure resi lontani dalla mancanza di scambio. Solo il cinema di Hollywood non conosce problemi di distribuzione.

 

Tessera sindacale

In questi anni, in occasione del Festival sono stati presenti i grandi maestri, e non solo con le loro opere, a cominciare da Fernando Birri, considerato il padre del nuovo cinema latinoamericano, di cui è stata presentata l’intera filmografia nell’edizione del 1992 e da allora presente ogni anno come presidente della manifestazione.
Birri, nato a Santa Fe in Argentina nel 1925, diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma (è stato assistente tra gli altri di Vittorio De Sica e Cesare Zavattini) è l’autore della prima inchiesta di argomento sociale filmata in America Latina: il documentario "Tire dié". Alla fine degli anni Cinquanta lancia il suo manifesto "Per un cinema nazionale, realista, critico e popolare", che è il primo atto del nuovo cinema latinoamericano. L’attività cinematografica di Birri negli anni spazia e percorre anche le linee più sperimentali, come nel caso di "Org"( il cui protagonista è uno stralunato Terence Hill, smessi per l’occasione i panni del cow boy): è il periodo del cinema "cosmico, delirante e lumpen". Fernando Birri, che è anche poeta, pittore, teorico e docente, creatore del "Laboratorio Ambulante di Poetica Cinematografica" svoltosi in Venezuela, e poi a Roma, Bilbao, Città del Messico, Managua, Bogotà, Luanda, Maputo, Stoccolma, Goteborg, Buenos Aires, è autore di sceneggiature scritte insieme a Garcìa Màrquez e a Eduardo Galeano.
Ospite nel 1996 in occasione della proiezione del suo film: "La naciòn clandestina" del’89, il boliviano Jorge Sanjinés è uno dei più importanti autori cinematografici del continente sudamericano. Famoso per aver introdotto la lingua quechua in un lungometraggio d’autore, nel film "Yamar Malku"("Sangue di condor") del 1969, che forse qualcuno avrà visto in qualche cineclub negli anni ‘70, Sanjinés ha dedicato la sua ricerca cinematografica alle comunità indios dell’altopiano andino, che, dopo un lungo lavoro all’interno delle comunità da parte del regista e dei suoi collaboratori, hanno potuto esprimere in prima persona i loro problemi di identità, raccontare le ingiustizie subite, rivendicare i loro diritti e difendere la loro storia, nelle forme proprie della loro cultura attraverso il mezzo cinematografico.
Nell’edizione del ‘96 una sezione del Festival ha presentato l’intera produzione cinematografica del cubano Tomàs Gutiérrez Alea, fra i registi più prestigiosi del suo paese, scomparso nel ‘95, che l’Italia ha conosciuto almeno con i suoi due ultimi film: "Fragole e cioccolato" e "Guantanamera", arrivati anche nelle nostre sale.
Gutiérrez Alea, che nel 1960 ha firmato il primo lungometraggio del cinema cubano, "Historias de la revoluciòn" che celebrava la liberazione dal dominio nordamericano, ha firmato successivamente una serie di opere nelle quali ha saputo ironizzare su certi aspetti della Cuba castrista usando la leggerezza della commedia e costruendo situazioni esilaranti (certo aiutato dalla bravura degli attori cubani); in proposito basta ricordare "La muerte de un buròcrata" del 1966, in cui un operaio modello viene seppellito insieme alla sua tessera sindacale e la vedova perde così il diritto alla pensione. Dopo una lunga serie di peripezie burocratiche il documento sarà recuperato solo dopo la morte dell’impiegato che impediva la riapertura della bara.

L’unica occasione

Oltre a Cuba, anche il Brasile può vantare una tradizione cinematografica che permette una produzione assai variegata e notevole dal punto di vista qualitativo. Nelle due ultime edizioni è stato dedicato uno spazio al cortometraggio brasiliano, e brasiliano è il film che quest’anno ha vinto il premio per la Miglior Regia: "Policarpo Quaresma, eroe del Brasile" di Paulo Thiago, così come il film giudicato migliore dell’edizione del’97 è stato "Um ceu do estrelas" della giovane regista di San Paolo, Tata Amaral, autrice di un film di grande forza, di riuscito coinvolgimento emotivo grazie alla sceneggiatura, alla regia e all’interpretazione dei due giovani attori, anch’essi meritatamente premiati.
Di questo Festival colpisce anche il fatto che i suoi protagonisti non sono solo i grandi maestri; buona parte dei lungometraggi presentati sono opere prime e numerosi sono gli autori sulla trentina, come nel caso appena ricordato di Tata Amaral, ma è giusto fare ancora qualche nome di giovane autore di talento, come l’argentino Alejandro Agresti e il cileno Andrés Wood, autore di "Historias de fùtbol" premiato come il Miglior film dell’ultima edizione.
Sarebbe doveroso citare molti altri autori, parlare di molti altri film e di esperienze in campo cinematografico in altri paesi dell’America Latina conosciute grazie a questo Festival, che, se è vero che ha bisogno di crescere e migliorarsi dal punto di vista organizzativo, deve anche essere riconosciuto e difeso perché rappresenta l’unica occasione per conoscere il cinema dell’altra America. Ogni anno a metà ottobre al Teatro Miela di Trieste.

Fernanda Hrelia

 

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