Rivista Anarchica Online



a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Le memorie di un terrorista sonoro

Si è già scritto qualche tempo fa, e proprio su queste pagine, di Eugene Chadbourne addirittura come di un terrorista sonoro. Faccia simpatica e temperamento generoso, Eugene è un virtuoso della chitarra e di mestiere fa il musicista giramondo. Non si tratta di un musicista qualsiasi, però: è un praticante convinto e testardo dell’autogestione totale e delle formule musicali più azzardate, uno sperimentatore esagerato ed un ricercatore instancabile.
Le sue canzoni sono state definite come “l’arsenale della musica contro”, e - credetemi - non è un’esagerazione da rockgiornalisti arrapati.
L’attività di Eugene si estende, con un’approssimazione per difetto, in migliaia di concerti, centinaia di collaborazioni e una lista disumana di registrazioni su cassette, album e cd: tutti - tranne uno - rigorosamente autoprodotti e venduti di persona ai concerti oppure pubblicati in giro per il mondo da etichette indipendenti ed estremiste come Fundamental, Parachute, Watt, Leo, Rastascan, ReR, Intakt, Alternative Tentacles, Ictus, etichette ben conosciute agli appassionati di quella musica che non riesce a restare costretta nei binari del pentagramma e delle definizioni di genere.
Oggi non vi parlerò dell’Eugene Chadbourne musicista, bensì dell’Eugene Chadbourne scrittore. E non vi racconterò delle cose nuove: non è più un segreto per nessuno che è proprio lui che si nasconde dietro la firma del fantomatico Dr. Chad, a.k.a. Eddie Chatterbox...
Ebbene sì, sono frutto della sua mente anarcoide le cronache di avventure musicali impossibili e le recensioni corrosive e gli interventi furiosi su Maximum Rock’n’Roll, Sound Choice, Spex, Forced Exposure e quant’altro c’è di meglio nella stampa indipendente musicale d’oltreoceano...
Di Eugene Chadbourne sono stati recentemente pubblicati due libri: nonostante siano entrambi grosso modo riconducibili al filone saggistico/autobiografico, sono due cose abbastanza diverse tra loro come impostazione, premesse, costo e contenuto.

“Bye bye DDR” riassume in un centinaio di pagine fitte l’esperienza diretta di Eugene, musicista che ha suonato nei paesi dell’Est prima durante e dopo la caduta del muro di Berlino: una cronaca avvincente e curiosa ben farcita di annotazioni brillanti, dove sono sparsi volentieri spunti per sorridere, ghignare e riflettere. Tutt’altro che un resoconto scritto da un turista americano nel senso deteriore del termine, tanto per intenderci.
Sono storie e riflessioni di un musicista girovago che, come i piccoli organizzatori locali che tengono letteralmente vivo il circuito “a parte”, prende il treno e ti da appuntamento alla stazione, il musicista girovago con le valigie strapiene di materiale da scambiare.
È quello che te lo porti a casa e dopo la doccia crolla sul divano o sul letto, quello che ti parla in inglese americano per mezz’ora filata e che s’impegna ad ascoltare i tuoi tentativi di discorso nella sua lingua, quello con cui si mangia insieme (non al ristorante: basta un panino in fretta, un minestrone o una pastasciutta alla buona fatta a casa), quello che ti porta una foto delle figlie e ti chiede di spedirgli le cartoline.
Ecco: Eugene è proprio il tipo di persona con cui si fa subito amicizia. È il tipo di musicista che riesce a ficcarti in testa i suoi accordi obliqui e contamina i tuoi sogni con l’immagine di chitarre maltrattate e miti della musica popolare americana che si rivoltano nella tomba. È il tipo di musicista che, quando lo riaccompagni in stazione il giorno dopo, ti assale la malinconia: lui è dietro il vetro del finestrino e tu, di qua, improvvisamente galleggi in un mondo più grigio e più triste.
Lasciamo perdere queste smancerie e torniamo ai libri (ebbene, ho una voglia matta di rivederlo e di assistere ancora ad una sua performance!). In “Bye bye DDR” Eugene racconta frammenti di vita “da estraneo” nei luoghi del socialismo, parla della gente che frequenta i circoli culturali improvvisati nei retrobottega e nelle biblioteche di quartiere, parla di un mondo che è cambiato e che una volta c’era e adesso non c’è più né domani ci potrà più essere.
Chadbourne sa offrire una scrittura leggera, mirabile nella semplicità nel saper cogliere le sfumature nelle frasi della gente, e scrive del prima e del durante e del dopo come un amico sa raccontare le storie piccole di un mondo lontano, storie che scopri incredibilmente simili come odore e sapore alle tue piccole storie di provincia.
Limitare Chadbourne a questo ruolo di cronista sarebbe comunque ingiusto e comunque non sufficiente a completare il mosaico bizzarro del suo personaggio: Eugene non incarna lo spirito del viaggiatore romantico con la chitarra in spalla, eppure sa osservare luoghi, persone, gesti ed inflessioni della voce dei suoi interlocutori con precisione quasi poetica. I suoi appunti non sono solo cronache di viaggio ma, soprattutto, cronache di incontri e scontri di culture.
Questo aspetto così caratteristico e speciale del suo stile narrativo, abbondantemente aromatizzato da un sarcasmo pungente e dissacrante, è amplificato nell’altro suo libro “I hate the man who runs this bar”, che si propone già in copertina come una “guida di sopravvivenza per veri musicisti”.

Concepito e realizzato come un vero e proprio manuale suddiviso in capitoli (del tipo lista degli organizzatori dall’A alla Z, rapporti con le etichette discografiche etc.), il libro è stracolmo di citazioni tragicomiche, dialoghi e vignette paradossali, ammiccamenti e buoni consigli (buoni nel senso di utili ed intelligenti).
I personaggi ed i fatti raccontati in questo libro (tutti i nomi dei locali e dei gestori sono stati cambiati, per proteggere gli innocenti) sono così assurdi, ma così assurdi da costituire ciascuno un caso letterario: memorabili le descrizioni del fantomatico “Beppe del piccolo circolo comunista di Udine” e del famosissimo jazzista che invita il misconosciuto musicista di provincia alle sessions per il nuovo album, per poi fargli passare una serie incredibile di disavventure.
“Bye bye DDR” ha l’aspetto e la consistenza di un libretto autoprodotto, ed è stampato da Ridgeway Press, una piccola casa editrice indipendente attiva dal 1974, un centinaio di pagine, costa US$12. Una piccola curiosità: l’ultima dozzina di pagine del libretto contiene stralci di lettere, vignette e disegnetti fatti da Carsten Scheinpflug, un fan irriducibile che ha seguito Eugene in uno dei suoi ultimi tour in Germania a cavallo di una bicicletta.
“I hate the man who runs this bar” -nonostante il contenuto e la simpatica foto di copertina- si presenta come un libro “serio” pubblicato da una casa editrice “seria”, cioè la californiana Mix Books, specializzata in pubblicazioni musicali didattiche (anche in senso non ortodosso, come in questo caso).
Conta quasi 200 pagine, ci sono molte foto e molte informazioni, in coda note bio/discografiche minuziose e fatte bene anche se per forza di cose incomplete, e costa US$30.
Credo sia francamente impossibile trovare entrambi nel nostro paese, a meno di un clamoroso colpo di culo in una libreria internazionale. Ecco quindi i recapiti degli editori.

Ridgeway Press, p. o. box 120, Roseville MI48066 USA.

Mix Books, 6400 Hollis St., Emeryville CA94608 USA (fax 001-510-9230369).

Mix Books ha anche un sito internet tramite il quale si possono anche ordinare i libri: l’indirizzo è http://www.mixbookshelf.com.

Marco Pandin